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Autore: Palindromo_    03/03/2014    2 recensioni
"Sentì le mascelle schioccare nel vuoto a pochi centimetri dal suo viso, poi più nulla. Allora era questo che si provava nel passare nell'Altro Lato? Aprì cautamente gli occhi, ma non vide il bianco candore del regno dei morti. Era sempre nella sala, ma stavolta qualcuno si era messo tra lei e la creatura, qualcuno che mai e poi mai avrebbe pensato l’avrebbe difesa."
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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01. Risveglio



 

Elettra si svegliò come sempre al canto sgraziato del gallo, scivolò pigramente fuori dalle calde coperte e aprì le finestre per permettere alla fresca brezza del mattino di schiarirle le idee, ancora avviluppate dal sonno. Davanti ai suoi occhi la città di Palo con le sue alte torri di alabastro le diede il buongiorno. Le bandiere nere del lutto sventolavano ancora lungo tutte le vie della città e vi sarebbero rimaste anche dopo la cerimonia funebre del tardo pomeriggio. Lei conosceva quel ragazzo, lo aveva visto spesso nella Piazza del Mercato, ma sinceramente non ci aveva mai parlato, così come la maggior parte dei suoi concittadini, disperati probabilmente più  per la vulnerabilità della città che per la morte di un ragazzo così giovane. Vagò con gli occhi fino a trovare quel vicolo, dove i fiori non ancora appassiti adornavano una sorta di altare su cui svettava quel volto sorridente. Lei aveva visto cosa era successo, aveva visto quelle figure scure gettarsi sul Protettore e smembrarlo. Aveva sentito la carne lacerarsi, l’odore acre del sangue riempire l’aria e  le urla che erano diventate lamenti agonizzanti. Scosse energicamente il capo e chiuse gli occhi tentando di scacciare l’immagine di quella testa che le rotolava vicino ai piedi, quella smorfia di orrore e quel sangue che sembrava non smettesse mai di scorrere. Si allontanò dalla finestra provando a distrarsi e si avviò verso il bagno, sperando di annegare il suo turbamento nella vasca piena di acqua calda. Nel denso vapore che le scivolava sulla pelle Elettra si guardò allo specchio. Accarezzò con lo sguardo  la massa riccia di capelli rossastri e il corpo minuto e proporzionato. Risalì incontrando le labbra dischiuse e le lentiggini chiare che popolavano le sue guance. Alla fine si fissò negli occhi : occhi verdi, di un verde salmastro, quasi come quello del mare in burrasca. Occhi che la tradivano sempre, che proprio non riuscivano a celare le tempeste che le si scatenavano dentro. E adesso quegli occhi ricambiavano il suo sguardo curioso ma preoccupato. Chissà cosa sarebbe successo adesso a Palo. Insomma una città senza Protettore non poteva certo pretendere di sopravvivere a lungo e di certo il Fuoco non sarebbe tornato a mostrarsi così presto. Erano morte troppe persone in troppo poco tempo. Forse il mare si sarebbe ingoiato tutto, o forse il Governatore avrebbe fatto dividere la città accorpandola agli altri distretti, o semplicemente avrebbe raso tutto al suolo risolvendo definitivamente il problema. Le campane la riportarono bruscamente alla realtà. Tese l’orecchio in attesa di sapere quante ore la dividevano dal funerale e contò sette rintocchi. Il tempo era poco per lei che aveva così tante cose da fare. Concluse il suo bagno e si precipitò nell’orto dove, preso un grosso cesto, iniziò a riempirlo di tuhka, deliziosi frutti neri come la cenere. A raccolta finita si avviò verso la caotica Piazza del Mercato, dove ben presto individuò il banchetto della madre che la accolse raggiante. C’era da dire che il crollo dell’economia delle Terre Nuove non aveva provocato poi danni così gravi alla città di Palo che forse riusciva a mantenere ancora la sua vivacità, né tantomeno  alla famiglia di Elettra che non aveva mai goduto di grande ricchezza ma ora riusciva a vivere serenamente grazie al commercio e al baratto che stava prepotentemente riacquistando spazio.
La Piazza era la zona della città che la ragazza preferiva, l’unica di tutte le Terre Nuove che ancora non si era trasformata in un deserto: caotica e colorata offriva la possibilità di vedere volti nuovi e scoprire merci mai viste prima, per non parlare poi di quei profumi di spezie, frutta e stoffe che le solleticavano le narici. Le giornate passavano veloci e l’imbrunire arrivava fin troppo in fretta, ma quella sera i banchi iniziarono a chiudere molto prima del solito.

Il caldo sole pomeridiano si apprestava alla sua discesa quando la Piazza si svuotò e tutti fecero ritorno alle loro case, per indossare l’abito bianco del lutto e velarsi il viso. E quando le campane suonarono un unico profondo rintocco dalle case uscirono tutti e formarono una lunga processione a cui faceva capo il feretro e la famiglia del ragazzo, riconoscibile dagli abiti neri. Intonarono canti e invocazioni durante la processione e accompagnarono il morto sino alla grande pira funebre che si ergeva altissima nella campagna, appena fuori dalla città. Qui la madre prese il corpo del figlio e baciandolo lo depose sull’estremo letto, mentre il padre lo coprì con un lenzuolo su cui erano incisi canti e preghiere che gli avrebbero permesso di arrivare sano e salvo nell’aldilà. Al che calò il silenzio e la lunga fila di cittadini si mosse verso il corpo per dare l’ultimo saluto al ragazzo. A Palo era tradizione che tutti dessero un ultimo bacio al defunto prima che il celebrante appiccasse il fuoco. Anche Elettra era in fila. Sentiva le donne piangere, i bambini agitarsi e gli uomini  sussurrare previsioni apocalittiche per il futuro.

Dopo un tempo quasi infinito riuscì finalmente ad avvicinarsi alla pira. Osservò il volto del ragazzo e le cuciture scure con cui le donne avevano tentato di rimettere a posto i resti. Sembrava un inquietante pupazzo pieno di sabbia e molto probabilmente mancavano anche dei pezzi dato l’andamento del lenzuolo che evidenziava vuoti dove avrebbero dovuto esserci le mani e le dita dei piedi. Quasi trattenendo il respiro la ragazza allungò una mano verso quel volto tremendamente contratto e sfigurato, accarezzandolo piano, per l’assurda paura di poterlo disturbare nel suo sonno. Poi avvicinò piano la bocca alla guancia del ragazzo, ma quando le sue labbra lo sfiorarono immediatamente si levò una vampata che fece sussultare e indietreggiare tutti i presenti. Elettra stessa rimase come paralizzata da quel calore che sentiva fluire dentro e fuori da lei, quel calore così piacevole, che la riempiva e non le faceva male. Quando si allontanò vide che del corpo non era rimasto altro se non cenere fine e leggera che l’aria pungente della sera faceva danzare nell’aria come fosse neve. Sentì gli occhi di tutti addosso e all’improvviso la realtà attorno a lei non fu altro che voci indistinte e colori. La folla la inglobò e urlando di gioia la portò sino al Palazzo del Governatore, sfondando la porta e riversandosi dentro, riempiendo i bui corridoi di rinata speranza. Piombarono nella sala consigliare nel bel mezzo di un’accesa discussione ma non ci fecero neppure caso. Un uomo disse qualcosa di indistinto, lei non riuscì neppure a sentirlo, ma ben presto una grossa mano ruvida le afferrò il braccio e la spinse al centro della stanza. Non sapeva bene cosa fare e al tempo stesso una nuova consapevolezza era appena fiorita in lei e guidava i suoi passi che da incerti divennero sempre più decisi. Lei aveva il potere, lo sentiva scorrere come lava rovente nelle vene e quando alzò lo sguardo sentì come le fiamme ardessero persino nel verde dei suoi occhi. Guardò il vecchio Governatore con  consapevolezza. Era il momento di combattere, lo sapeva.
E di certo non si sarebbe tirata indietro.

 

  
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