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Autore: AuraNera_    04/03/2014    2 recensioni
Non serve superare degli esperimenti genetici per essere speciali. Si può scampare alla morte... o essere posseduti.... non saperlo è pericoloso.... ma se ne sei a conoscenza, come va a finire? Qual è il tuo futuro? Perché combattere? Per chi?
Ma soprattutto..... contro chi?
Genere: Drammatico, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Valkyria.

“Ora stai attenta, questo salto sarà un po’ impegnativo, dovremo usare la frusta.” La mia voce spaccò il nero silenzio della notte, mentre continuavo a correre. Dietro di me sentii Lucy mugugnare un “mmm” e questo mi fece capire che aveva capito. Buon per lei. Tirai fuori la mia frusta, nera e lunga, un po’ stile Catwoman. Tirai una fugace occhiata a Lucy dietro di me. Aveva pronta in mano la sua, ancora da allungare. Difatti assomigliava ad un frustini come quello dei faraoni, ma la cordicella si poteva allungare. O diventare una palla di metallo chiodata. Lo scettro,  l’altra sua arma, non avevo ancora capito bene a che serviva. Tecnicamente un falcetto, come il mio. Io, oltre la frusta, su cui potevano spuntare spine, avevo una sorta di falcetto seghettato (appunto) che si ingigantiva diventando una vera e propria falce. I falsi nomi, poi, erano una cosa che sceglievamo noi, quindi in modo diverso. Il mio falso nome, Valkyria, era stato preso (ovviamente) dalle figure mitologiche delle valchirie, messaggere degli dei nordici. Io ero stata la prima a finire in quella situazione, assieme ad Echo, la mia sorella maggiore. Non si sarebbe mai detto che la ragazza coi capelli celesti e lo sguardo sangue fosse la sorella di una mora con gli occhi nocciolina.  Forse è perché io sono.... cambiata,per così dire. Se ve lo state chiedendo, sì, Kathleen Seven era il mio vero nome.  Echo si è sempre chiamata così, ma non è più l’Echo di una volta. Intendo dire che ora quel nome le si addice perfettamente, perché lei non è più un vero essere umano... anzi, nessuno di noi lo è più o lo è mai stato. A parte il capo. Lui è normale, almeno chimicamente. Forse è marcio dentro, per fare quello che fa. Ma è un padre generoso con tutti noi. Tornando alla questione dei nomi falsi, Lucy si chiama Egypt. Il suo nome se lo è scelto mentre progettavano il vestito, che è una sorta di mummia faraonica egizia. E questo spiega il frustino e lo scettro, e anche tutte le fasce che ha addosso.  Un po’ Egypt mi fa impressione: sembra che il suo falso nome non derivi solo dal costume ma da quello che è: un mezzo spirito. Uno spirito tenuto legato al mondo della vita tenacemente da “qualcosa”: dopo la morte del corpo lo spirito non è riuscito ad accedere al mondo della morte ed è rimasto intrappolato. Sembra uno strano racconto, ma non fa così schifo come quello che è successo a me o a Echo. Io lo trovo impressionante. Ma non è importante per adesso. Entrambe balzammo giù dal tetto e facemmo schioccare la frusta che si legò ad un comignolo. Atterrammo molleggiando sul muro della casa. Nessuna lamentela da parte di Egypt. E’ atterrata bene, quindi. Molto brava. Ci arrampichiamo su svelte e ritiriamo le fruste. “Tu sai chi è il nostro obbiettivo?” La voce di Egypt si mescolò al suono del Bigbang mentre riprendevamo a correre: le tre del mattino. Dovevamo sbrigarci. Ripresi a correre in silenzio, aspettando che l’ultimo rintocco del grande orologio di Londra si estinguesse. “Sì. Se non sbaglio è uno dei segretari del boss, però ha dato le dimissioni dopo una lavata di capo per un ritardo e ha detto che non deve ripagargli i favori perché in cambio non lo ricatterà con i suoi nemici. Il boss si è fatto restituire i soldi comunque e noi dobbiamo eliminare questo tizio prima che spifferi tutto.” Finii di dare informazioni e lasciai che il freddo silenzio della notte si insinuasse tra me e la mia compagna. Corremmo per un altro po’, ognuna con i propri pensieri. Poi ci fermammo come unite da un sol pensiero. “Bersaglio agganciato” mormorai. Un signore sulla quarantina stava svoltando l’angolo da solo e si guardava attorno. Colto sul fatto. Stava andando dagli avversari del boss per consegnare le informazioni, contenute nella valigetta. “Allora, piano: io lo spavento, tu lo immobilizzi, mi aspetti, lo ammazziamo e facciamo scomparire le tracce del suo tradimento. E poi – guardai fisso Egypt – dovrai...” “... firmare il muro col suo sangue. Lo so. E l’idea mi fa abbastanza schifo.” Sospirò lei restituendomi lo sguardo. Sospirai a mia volta “Lo so. Ma vai tranquilla.” E saltai giù dal tetto, lasciando Egypt  ai suoi pensieri. A metà del volo presi la forma di un corvo e feci un giretto. Non sembrava interessato a fermarsi, così dedussi che non era ancora vicino al luogo dell’appuntamento. Ora.... come spaventarlo? Atterrai e mi trasformai in un gatto nero. Forse era superstizioso. In ogni caso i gatti erano molto silenziosi  grazie ai cuscinetti che avevano sotto le zampe. In più sono incredibilmente agili. Così mi arrampicai sopra una ringhiera e seguii il tizio. Camminava veloce.... forse si aspettava di venir attaccato all’improvviso? Bingo. Ma non gli sarebbe bastato. Passammo vicino a una casa con il giardino nascosto da una siepe, ma al cancelletto era appostato un cagnolino. Era un terrier, piccolo e adorabile, abbaiò solo un attimo, ma il tizio sobbalzò come se gli fosse appena esplosa una bomba nascosta lì vicino. Fece un balzo di più di tre metri atterrando per terra. Mi trattenni nello sghignazzare, anche perché sarebbe uscito un “Miiiiiiaaaaaaaaaaoooooo!!” assai poco gradevole. Guardai un alto. Egypt ci seguiva dai tetti e si premeva una mano sulla bocca per non ridere. Mossi la coda una volta. Avevamo avuto lo stesso pensiero. Così.... il tipo aveva paura dei cani... Feci un cenno d’assenso ad Egypt (in pratica scodinzolai nuovamente guardandola, e provateci voi a fare un cenno d’assenso sottoforma di gatto!). Lei saltò da un tetto all’altro e sparì dalla mia vista. Sapevo dove si stava dirigendo e io dovevo portare il traditore da lei. Dritto verso la morte. Lasciai le sembianze di gatto nero e mi trasformai in un'altra creatura del medesimo colore, una sorta di cane molto grosso, simile a un pastore belga molto lupesco e con il pelo aggrovigliato. Il ritorno dell’animagus Sirius Black, in pratica. Provai a ringhiare e quando mi decisi che facevo abbastanza paura corsi dietro a l’uomo. Pensavo che ci sarebbe rimasto secco. Quando mi vide sbiancò e iniziò a correre, strillando come una donnina, gli occhi fuori dalle orbite. E cadde nella nostra trappola. Si accorse del vicolo cieco e iniziò a gemere. Io ripresi le mie sembianze umane. Era strano non avere più la coda. Lui riaprì gli occhi e mi vide. “M-meno male! M-mi hai s-salvato da q-quella creatura f-feroce!” e si mise a strisciare verso di me. Io sfoderai il mio sorriso sadico. Facevo davvero paura, caspita. E se non lo dico io, lo diceva lui. Gli mancava solo la bava alla bocca e poi sarebbe stato un soggetto perfetto per un ospedale psichiatrico. Aveva fatto dei passi avanti e Egypt era apparsa dietro di lui. “Bu” gli sussurrò all’orecchio. Lo immobilizzò con le fasce che aveva attorno alle braccia. Sapevo che sotto le fasce decorative c’era un dispositivo che ne creava di nuove. Lui spalancò la bocca per urlare. “Tappagli la bocca!” sbottai io. Lei non mi lasciò nemmeno finire che già aveva tramutato quel tipo in una sorta di mummia... che si muoveva ancora. “La prudenza non è mai troppa” gorgogliai “sei stato previdente, ma chi si mette contro il capo.... farà la tua stessa fine” mi girai verso Egypt, che aveva fissato i capi delle fasce in modo che facesse l’effetto di una mosca impigliata in una tela di ragno. Osservai con attenzione “Che artista” mormorai “Ora finisci l’opera” Lei annuii. Si girò a guardarlo ed estrasse lo scettro. Questo piccolo gesto catturò particolarmente la mia attenzione. Dopotutto non sapevo che tipo di arma fosse. Lo scettro si mosse: la parte finale ricurva prese la forma di spirale e dal vuoto in mezzo venne fuori una lama, dritta e sottile. Un pugnale. Ottimo per cominciare. Lei lo fece roteare un paio di volte in mano e poi, veloce come un lampo, lo tirò. Un attimo dopo lo sentimmo cozzare contro il muro, assieme al rumore di schizzi di sangue. Ma il pugnale era ancora nella mano di Egypt. Non era propriamente un pugnale, quindi. Guardai il tizio. Era morto. Schizzi di sangue ovunque. E una lama completamente rossa. Allora capii. La sua arma era un pugnale a lama da lancio. Erano parecchie lame sovrapposte e con un particolare movimento una o più di esse si potevano staccare. Ma poteva essere anche usato normalmente per squartare le persone. Recuperai la sua valigetta. Poi guardai Egypt. “Firma” le dissi. Lei intisse la mano della pozza di sangue e si avvicinò al muro. Era una calligrafia molto elaborata, carina. Incastonò la lama insanguinata nella coda della Y. “Ora possiamo andare” disse una volta finito. “Solo un attimo.” Scattai una foto “Il boss vuole vedere.” Ci arrampicammo nuovamente entrambe sul tetto e corremmo ancora. Verso la nostra casa. Mi girai verso Egypt, silenziosa e pallida. “Stai bene?” le feci io. “Non.... avrei mai pensato.... che io sarei arrivata al punto di uccidere qualcuno. Costretta o meno” la sua risposta, poco più di un sussurro, si estinse. Io sospirai “Il destino ci riserva dei risvolti, delle azioni poco piacevoli... a quanto pare non ci possiamo fare nulla. E’ colpa di quello che siamo.” Non parlammo per un bel pezzo. “Suppongo... che tu abbia ragione.” Non una sola parola ruppe il silenzio della note dopo questo discorso. Era davvero crudele. E lei che voleva essere finalmente una normale adolescente.



Angolo nascosto nel nulla:
Salve, popolo di fantasmi! Sono tornata col secondo capitolo, tanto non gliene importa nulla a nessuno! *sorride come se fosse una bella cosa* Avrete notato che qui parla Valkyria, e in ogni capitolo parlerà una persona diversa, più avanti anche più persone nello stesso capitolo. Beh, se avete avuto il tempo di leggere, ce lo avete di certo per recensire! Per favoooore! Anche se non vi piace potreste dirmi cosa non vi piace a potrei lavorarci su! Beh.... aspetto e spero. Arrivedershi, ragassuoli!

  
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