Il nonno dei re dei ladri
Un bambino guardò il padre
preoccupato, i suoi grandi occhi neri erano confusi e continuava a stringere la mano del padre con tutta la
forza che gli era possibile.
Il padre era un uomo dai capelli
scuri e ricci, il naso era aquilino e il mento fiero, i suoi occhi erano di un
inteso verde mare, lo stesso colore del
mare del sud della Francia in cui il bambino aveva giocato fino a poche ore
prima.
-Papà-pronunciò il bambino quella
parola con fare incerto mentre il padre gli sorrideva amorevole.
-Su Arsène, non fare i capricci.
Non vorrai fare attendere il nonno? Ricordati che è un uomo che ama far
aspettare ma non attendere- disse l’uomo al figlio.
Il bambino negò con la testa ma
in realtà non voleva andare dal nonno, ne aveva paura e sapeva soltanto che portava
il suo pesante nome.
Il giovane Arsène se lo
immaginava come un vecchio arcigno e cattivo.
Il padre parve intuire il
turbamento del bambino e lo caricò sulle sue spalle dicendogli- Coraggio, così
spaventiamo il nonno- e da quella posizione l’uomo solleticò i fianchi del
piccolo, provocandogli ilarità.
I due camminarono lungo una tipica città marina
del sud della Francia, ovunque il piccolo Arsène poteva scorgere il mare.
Il bambino felice ridacchiò e
mostrò un po’ troppo la sua gioia, iniziando a calciare così forte sul petto
del padre che quest’ultimo fu costretto a sgridarlo.
Arsène si calmò subito,
nonostante che il padre fosse molto dolce con lui era comunque riuscito ad
insegnarli la disciplina.
La casa del nonno era una
palazzina elegante che riusciva a distinguersi in qualche modo dalle altre.
Appena furono davanti alla porta,
il padre d’Arsène bussò al capannello, ad aprirli accorse una bella domestica
dal sorriso simpatico che fece un commento divertita a vedere il bambino sulle
spalle del padre.
Subito dopo che gli ospiti
entrarono in casa, la domestica li guidò verso il soggiorno: una stanza ariosa
e confortevole con dei bei divani di stoffa verde.
Il soggiorno aveva una grande
vetrata che permetteva di osservare il mare e appena il bambino la vide, volle
scendere dalle spalle del padre e le corse incontro entusiasta.
Sia la domestica che l’uomo
sorrisero a quella reazione.
-Accomodatevi pure, signor Lupin.
Vostro padre arriverà a breve(1)- spiegò la domestica e uscì dalla stanza.
Poco dopo, un rumore secco si
sentì lungo il corridoio.
Arsène si voltò ,distraendosi dal
panorama, sentendo quel rumore rimanendo
vicino alla vetrata, finalmente avrebbe
conosciuto quel nonno di cui aveva tanto sentire parlare.
Comparve infine alla porta,
Arsène Lupin, il principe dei ladri, ormai invecchiato.
Si reggeva su un bel bastone di legno e fu aiutato a sedersi dalla sua
domestica.
-Grazie signora Martine - le
sussurrò sincero- Può andare adesso- le ordinò tranquillo e la donna si affettò
ad ubbidire.
Nella stanza rimassero i due
uomini e il bambino.
Un sorriso d’amore comparve sul
vecchio viso del anziano- Henri (2),figlio
mio!- disse il nonno aprendo le braccia e il figlio si affrettò a chiederle in
un abbraccio.
Padre e figlio rimassero
abbracciati per un profondo attimo mentre il piccolo Arsène li osservava rapito
ma anche intimorito.
Sciolto l’abbraccio, Henri indicò al bimbo d’avvicinarsi e questo,
seppure titubante, si avvicinò.
Il nonno lo scrutò a lungo e
commentò- Sei cresciuto tanto-
Il bambino rimase in silenzio,
lui non ricordava per niente quel anziano dagli occhi verdi e il naso aquilino
come suo padre.
-Aveva due anni quando l’hai
visto l’ultima volta- spiegò Henri e il nonno apparve soddisfatto della
risposta.
-Puoi sederti, caro- disse
l’anziano al bambino e questi si sedette sul divano opposto a quello del nonno.
-E’ un po’ timido- il padre di
Arsène giustificò il comportamento del figlio - Ma è molto bravo. Pensa che ha
costruito già la sua prima maschera.
Il nonno guardò ammirato il
nipote e gli domandò- Quanti anni hai?-
-Sei anni- rispose il bambino
sentendosi nuovamente scrutato dall’anziano, eppure non aveva più paura dei
suoi occhi, avevano qualcosa di infantile (3).
Il nonno rimase stranamente in
silenzio, dopodiché guardando il figlio e poi rivolgendosi, dolcemente, al
nipote disse- Ti andrebbe un biscotto, Arsène?-
Al cenno di assenso del più
giovane, l’anziano si alzò con un po’ di fatica dal divano e intervenne il
figlio allarmato.
-Non sarebbe meglio chiamare la
domestica?- domandò.
-Non essere sciocco, Henri. Sono invecchiato ma
non sono decrepito. Andiamo Arsène- rivolse l’ultima frase al nipote e, senza
farsi vedere da questo, fece un occhiolino complice al figlio.
Il vecchio Arsène e il giovanissimo si
incamminarono verso la cucina, il più giovane saltellava davanti al nonno allegro e incosciente.
La cucina era un luogo spazioso
dove vi era un piccolo tavolo rettangolare di legno chiaro con delle sedie dai
cuscini a strisce rosse e bianche: era una cucina casareccia e molto
mediterranea nello stile, un tempo avrebbe stonato con il gusto impeccabile del
principe dei ladri ma non adesso.
Rapidamente il bambino si
arrampicò su una delle sedie in attesa.
L’anziano lo guardava con la coda
dell’occhio mentre apriva una delle credenze di legno chiaro della cucina e ne
estrasse un bel barattolo dai colori vivaci.
Il nonno poggiò il barattolo sul
tavolo e lo aprì con più forza del necessario, il bambino avido infilò subito
una mano in esso estraendone un classico biscotto al burro e , altrettanto
avidamente, lo portò alla bocca.
L’anziano Arsène ridacchiò alla
scena- Secondo tuo padre, saresti timido?- domandò scherzoso- Quello non è
l’atteggiamento di un bambino timido- continuò e poi prese un biscotto anche
lui mentre il nipote si riserviva.
-Dimmi Arsène, sai che porti il
mio nome?- domandò il nonno mentre spezzava il biscotto e lentamente masticò
uno dei pezzi.
Il bambino annuì.
-Ti piace?-
La risposta del bambino fu
semplice, sincera e lapidaria- No, è brutto- e poi aggiunse un sorriso aperto
un po’ canzonatore, l’anziano a vedere quel sorriso rimase stupito … era il
sorriso che quando era stato giovane,
era diventato il simbolo della strafottenza.
-Vedo che la tua “ timidezza” non
ti blocca a dire la verità- commentò ironico il nonno e ,appoggiando una mano
su una guancia, domandò al bambino come avesse costruito la maschera di cui
aveva accennato l’esistenza il padre in soggiorno.
Al piccolo Arsène si illuminarono
gli occhi e iniziò un resoconto dettagliato.
L’entusiasmo del bambino si
leggeva nel movimento frenetico delle mani e dalla voce che ogni tanto
aumentava di tono.
Finito il resoconto, l’anziano
ladro si congratulò con il bambino e gli chiese come mai avesse voluto
indossare la maschera a scuola, la risposta lo lasciò piacevolmente sorpreso.
-Per fare colpo su una bambina-
dichiarò candidamente il piccolo continuando a sorridere.
Il nonno si unì al suo entusiasmo
con una risata.
-Buon sangue non mente. Devi
sapere che ci sono due cose che caratterizzano i Lupin: l’amore per le donne e
per il furto-
Il bambino annuì.
Il nonno continuò- E che siamo
precoci, il mio primo furto è avvenuto a
sei anni, tuo padre a sei anni già volteggiava con una farfalla e rubò
per scherzo un prezioso libro dalla sua scuola. Tu ,invece, già sai costruire
le maschere, è una tecnica molto difficile da realizzare quindi sii fiero di
te-
Arsène aveva gli occhi illuminati
e domandò entusiasta al anziano come avesse rubato la collana della regina Maria
Antonietta(4).
-Non era più la collana di Maria
Antonietta, apparteneva a una donna che conoscevo. Magari un’altra volta ti
racconterà tutto, ci sono molto punti che dovrei spiegarti prima- tagliò a
corto, stranamente, il nonno- Perché non vieni più vicino a me Arsène?-
domandò facendogli cenno
d’avvicinarsi.
Il bambino spostò la propria
sedia verso il nonno incuriosito,
quest’ultimo lo stava nuovamente osservando profondamente e non proferendo più
parola: questo mise in agitazione il nipote.
Con molta delicatezza, l’anziano
prese il viso del bimbo tra le mani continuandolo a scrutare, un piccolo
sorriso imbarazzato comparve sulla bocca del più giovane Lupin.
Non sapeva cosa stava facendo il
nonno e improvvisamente gli sembrava nuovamente cattivo come aveva sospettato
in precedenza.
Con un dito l’anziano
accarezzò il lato del viso dove un
giorno si sarebbero pronunciati gli zigomi di Arsène, il mento e il naso.
Il nonno osservava i lineamenti
del piccolo come l’esperto di fisionomia che era, altrimenti come avrebbe
potuto costruire quelle incredibili maschere che l’avevano quasi portato alla
follia di non riconoscere il proprio volto?(5)
Infine lo sguardo verde mare
dell’anziano si incrociò con quello nerissimo
del giovane, un guizzo infantile passò negli occhi del più adulto dei
due.
-Hai lo sguardo dei Lupin-
dichiarò l’adulto e poi ripassò
nuovamente il dito sugli appena accennati zigomi del più piccolo – Non avrai
dei lineamenti marcati, hai preso chiaramente dalla famiglia asiatica di tua
madre(6). Lo sguardo però è francese-
Il bambino stava ormai guardando
perplesso il nonno e questi lo liberò dalla sua stretta, si tirò un po’
indietro con la schiena ,come per ammirare meglio un dipinto, e commentò- Sì, diventerai
un bel uomo. Non quanto me- scherzò.
-Ad essere sinceri, tuo padre non
ha neanche ereditato metà del mio fascino- un sorriso giocherellone comparve
sul viso dell’anziano e con lo stesso tono scherzoso continuò- Non dirglielo
però , potrebbe offendersi-
Il piccolo Arsène ridacchiò e
complice dichiarò che non avrebbe detto mai nulla.
-Bene, allora andiamo di là. Papà
si starà domandando che fine abbiamo fatto- l’anziano porse la mano al piccolo
e l’accettò con gioia e insieme tornarono in soggiorno, accompagnati dal rumore
secco del bastone dell’inafferrabile
Lupin I.
Lupin I e il futuro Lupin III si erano incontrati per la prima
volta.
Note dell’autrice
Ho adorato scrivere questa storia. In questo periodo sto leggendo le
avventure di Arsène Lupin di Maurice Leblanc (lo scrittore originale) e mi
hanno ispirato per scrivere questa ff.
Volevo scrivere qualcosa sia sul originale Arsène Lupin che il
nipponico Lupin III ed è uscita questa storia.
Ecco le altre note.
(1)Quando scrivo di personaggi francesi preferisco che usino il “voi”,
perché in francese è la forma formale al posto del “lei”
(2) Il nome di Lupin II lo inventato io, sia Maurice Leblanc che Monkey
Punch non parlano rispettivamente degli eredi e degli avi dei loro
protagonisti. Ad ogni modo ho scelto questo nome perché la madre adorata di
Arsène Lupin originale si chiamava Henrietta e Henri è corrispettivo maschile.
(3) Il carattere del personaggio di Maurice viene descritto come un
uomo giocherellone, orgoglioso e con qualcosa d’infantile negli occhi:
chiaramente Monkey Punch ha preso molto dal personaggio, si può dire che il
nipote sia molto simile al nonno, ad esclusione della sua classe che è ineguagliabile.
(4)Questo avvenimento c’è dei racconti di Maurice Leblanc. Ho voluto rendere l’età di sei anni, un’età sacra per
la famiglia Lupin in cui ,per la prima volta, fanno qualcosa di sensazionale legata all’arte del
furto.
(5) Maurice non descrive mai completamente la fisonomia del viso il suo personaggio, anzi dice che lui stesso ,con
tutte le maschere e ruoli che interpreta, a
volte ha difficoltà a riconoscere il suo vero volto.
(6) Lupin III è mezzo francese e mezzo giapponese. E’ confermato nella
II serie la 118 puntata ( Wikia power inglese versione)