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Autore: Cesca91    06/03/2014    3 recensioni
Dopo la fine della quinta stagione di Squadra Antimafia, ho pensato di ingannare l'attesa per la nuova stagione scrivendo un seguito della storia per chi, come me, sta immaginando e costruendo momenti e scene nella propria testa. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate voi, premettendo che sono una fan della coppia Rosy - Domenico quindi la mia storia si concentra principalmente su loro due, MA NON SOLO ;) Buona lettura!
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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20. Sei felice? 
 
- Posso?
- Sì, vieni…
Lara entra nell’ufficio di Domenico, la testa bassa ma come ruote ferme sull’asfalto, ma il serbatoio pieno di rabbia e orgoglio. Non è stato il migliore dei periodi, questo, per loro due. E poi lei non è una che lascia le cose a metà, mai leggere un libro senza arrivare al finale. E’ come lasciare una porta sempre aperta, guardarsi sempre indietro e mai avanti.
- Tieni -, poggia un foglio bianco piegato in due sulla scrivania, quindi guarda negli occhi Calcaterra aspettando una sua reazione. Lui apre il foglio, resta sbigottito.
- Che significa questo, Lara?
- Quello che c’è scritto.
- Beh, qui c’è scritto che chiedi le dimissioni…
- Infatti.
- Mi devi una spiegazione, non credi?
- Ancora? Ancora ti devo spiegare? Ma non ti è chiaro niente, Domenico?
- No, Lara, non mi è chiaro il tuo comportamento.
- Ah no? Allora lascia che ti spieghi che da quando ti sei messo in testa di proteggere i nemici io sono stata buttata fuori in strada.
- Ancora con questa storia, Lara? Mio dio non ne posso più, ma lo vedi quanti casini ci sono da affrontare tutti i santi giorni? Non ho tempo per subire anche le tue pesantezze…
- Pesantezze? Questo posto era casa mia, Domenico. Sei tu che mi stai cacciando, se non te ne fossi accorto.
- La colpa è mia? E cosa avrei fatto per cacciarti?
- Tutto e niente, decidi da solo, mi tieni fuori dalle indagini come fai con tutta la squadra fino a che non ti senti costretto a renderci partecipi, perché giustamente arriva un momento in cui hai bisogno di noi e allora ti ricordi che esistiamo, che lavoriamo con te -, sentenzia lei con ironia.
- Mi sembra che questo discorso lo abbiamo già affrontato o sbaglio?
- Sei tu che mi hai chiesto spiegazioni. Io non ho niente da aggiungere a quello che già c’è scritto nel foglio. Me ne vado, fine della questione.
- Questo lavoro è anche tuo… Se non sei d’accordo con i modi in cui agisco mi dispiace, sono fatto così e a qualcuno probabilmente sta bene. Se non sei d’accordo col fatto che io mi lasci aiutare da Rosy, allora è un altro discorso.
- Che c’entra Rosy?
- C’entra, perché sai io ci scommetto il culo che è questo che ti dà più fastidio.
- No, sai cosa? E’ che penso di averti fatto un favore a prenderla. Adesso è al chiuso, al sicuro, e tu potrai vederla quando vorrai.
- Non ti ho chiesto io di prenderla, o sbaglio?
- Senti, non ho voglia di discutere, le discussioni con te mi sfiniscono. Chiudiamola qua, passa le dimissioni a Licata e fammi sapere cosa decidono.
- Abbiamo bisogno di te…
- Adesso avete bisogno di me? Sono stata al muro per mesi, Domenico, mesi… Perché tu eri troppo impegnato a cercare Biancaneve in mezzo ai boschi per renderti conto che io ti aspettavo tutte le sere a casa e che volevo costruire una vita vera con te. Non ti sei mai accorto di quanto ci tenessi a noi, di quanto le mie intenzioni fossero serie. Invece per te sono stata solo uno stupido passatempo, il tentativo di fare una vita normale mentre la testa viaggiava altrove. Credi che non me ne accorgessi che tu pensavi a lei, mentre stavi con me? Eri solo tu lo sciocco che non se ne accorgeva.
- Adesso lo so, Lara. Mi dispiace che le cose siano andate così, credimi ci ho provato, ma c’era una forza più grande di me che mi impediva di arrivare fino in fondo con te. Non ho scelto io di innamorarmi di lei piuttosto che di te, è successo. Ti chiedo scusa se mi sono comportato male, per quel che può servire. Ma pensaci bene a questa decisione, proviamo a ripartire da zero e a dimenticare quello che è stato, concentriamoci sul nostro lavoro che è la cosa più importante, adesso.
- Forse è la più importante per te… Non ti rendi conto, vero? Il mio zero sei stato tu, Domenico. Eri tu, tutte le volte che volevo lasciarmi qualcosa alle spalle e cercavo qualcuno a cui aggrapparmi per ricominciare. Mi sono aggrappata a te tutte le volte e non mi sono accorta che tu mi portavi sempre più in basso. Solo ora mi rendo conto che non ho bisogno di te per risalire, ho bisogno di me stessa e ho bisogno di farlo altrove, lontano dal passato, lontano dai fantasmi che non mi fanno dormire la notte, lontano da mia sorella, da Rosy, da te, da tutti… Là fuori c’è la luce, qui dentro mi sento al buio, me ne devo andare.
Lara lascia l’ufficio di Domenico senza neppure attendere una sua risposta, perché l’unica cosa che voleva sentirsi dire era una valida motivazione per restare, per non andare via, perché quel posto poteva diventare la casa di entrambi. Invece Domenico è rimasto solo in un castello troppo grande con tutti i casini che si trascina dietro da troppi mesi. E se fosse lui la causa di ogni male?
- Calcaterra sei un disastro vivente -, sentenzia lui sferrando un pugno alla scrivania, i denti stretti e il dispiacere che gli cola lungo la fronte come sudore nel giorno più caldo dell’anno. La sua vita è uno scaffale di fallimenti e non sa da quale ripiano cominciare, per mettere ordine.

Catania è silenziosa, oggi. Le pistole hanno smesso di sparare, la gente di morire. Per ora.
Nella stanza dell’ospedale psichiatrico giudiziario, Rosalia Abate guarda la tv appesa nell’angolo alto del muro di fronte a lei. I piedi chiusi in un paio di stivali neri consumati dalle strade, le braccia conserte, i capelli sciolti lungo le guance rosee. Ha il viso sereno, oggi.
La guardia incaricata di piantonare la sua cella batte al cancello, “c’è una visita”, la informa. Rosy si alza sui fianchi, quindi si appoggia all’inferriata del letto che batte contro il muro. Il cancello si apre, lei sorride.
- Buongiorno.
- Ciao Domenico.
Il poliziotto entra nella stanza con un sacchetto di carta bianco fra le mani, la felicità sulla faccia come se fosse il sole. Le pieghe del suo viso non nascondono i suoi sentimenti, mai.
- Ti ho portato la colazione!
- Grazie, non dovevi…
- In realtà è la colazione dell’ospedale, ma invece di mandarti un infermiere brutto e di poche parole te l’ho portata io.
- E io che pensavo che stavi diventando un uomo galante.
- Lo sono sempre stato.
Domenico le sorride, quindi le porge una rosa rossa che nascondeva dietro la schiena, nell’altra mano. Rosy ha un’esplosione di gioia sul viso, gli occhi brillanti. Erano anni che qualcuno non le comprava un fiore, pensando a lei di fronte ad una serra piena di colori. Con la mano destra prende la rosa e la stringe fra le dita, il naso abbandonato fra i petali che questa mattina profumano di verità e belle giornate. Lui si accomoda sulla sieda sistemata accanto al letto, poi si guarda attorno. In quella stanza hanno vissuto insieme i giorni peggiori, si sono scambiati silenzi e parole che Rosy non riusciva a pronunciare. La pelle bianca e stanca, lo sguardo spento come il cuore di suo figlio, smarrito chissà in quale parte della Sicilia, un paio di lacrime lungo le guance smunte. “Mi manca dare la caccia a te”, le aveva detto. Perché qualsiasi cosa appariva più sopportabile del sapere che Leo non c’era più e che era suo, il sangue sul sedile dell’altalena consumata dal sole, abbandonata all’ex colonia. Erano rimasti solo loro due, pronti a salvarsi a vicenda. Loro due anche oggi, come ieri.
- Ti vedo bene.
- Sto meglio.
- Sono contento, mi rasserena il pensiero che stai meglio…
- Ma che ci fai qua, Domenico? Vai a lavorare invece di perdere tempo con me…
- Io sto lavorando.
- Con me?
- Sì. Sono venuto a dirti che domani cominciamo.
- Cominciamo cosa?
- Tu cominci a parlare ed io ad ascoltare, o l’hai dimenticato?
- No, sbirro, stai tranquillo. Io mantengo le promesse.
- Lo vedo -, replica Domenico. I suoi occhi si colorano di trasparenze e nostalgia, come se nelle parole di Rosy a volte lui ritrovasse circostanze che li hanno visti protagonisti. Come quando lei era tornata a prendersi Leonardino. Era una promessa anche quella e lei l’aveva mantenuta. Lui era ancora vivo e Domenico anche. Con il bambino è andato via un pezzo di entrambi, forse Rosy per sempre. Certe vite non si spengono mai da sole.
- Non che ci sia molto da sapere, adesso che io sono sparita non so come potrebbe muoversi De Silva.
- Beh, Rachele non si fa sentire da un po’… Da quel giorno che ti sei fatta beccare.
- E’ la tua collega che mi ha beccata.
- Sai che vuole andare via?
- Ah si? -, sentenzia Rosy, le sopracciglia ad arco di gabbiano, gli occhi spalancati al cielo. Sembra che la cosa la entusiasmi più che incuriosirla.
- A quanto pare ho fatto un po’ di casini, sai, dice di non trovarsi più bene, non si sente a casa.
- E’ per il lavoro o per altro?
- Più per altro che per il resto.
- Calcaterra sei un rubacuori.
- Lo ero, prima di chi capire a chi appartenere veramente.
- Non siamo di nessuno. Solo di noi stessi.
- Certo, finchè non troviamo qualcuno che ci completi. Siamo persone a metà, ricordatelo.
- Lo so, lo so… - Rosy abbassa il capo fra le ginocchia, lo sguardo basso e i sensi di colpa agitati come alberi durante un uragano.
- Stai pensando a Leo?
- Tu lo pensi mai?
- Io sempre…
- Una volta mi piacerebbe andare a trovarlo, se è possibile…
- Vedrò cosa posso fare.
- Grazie. Adesso vai, non voglio trattenerti troppo.
- Non sei tu che mi trattieni, sono io che ho piacere a restare.
- Nessuno ha voglia di rimanere al mio fianco, Domenico.
- Beh, Rosy, chiamami nessuno allora. Che ti piaccia o no, io ci sono e tu non sarai l’ennesima persona che mi ricorderà quanto è sbagliato, difficile, controcorrente, sopra ogni regola e tutte quelle parole di condanna che siamo buoni ad usare solo per gli altri. Non ho mai visto nessuno fare solo scelte giuste e se una cosa, che per tutti è sbagliata, mi fa star bene, allora per me è la cosa giusta.
- Non è giusto vivere così.
- La vita mette alla prova sempre le persone migliori, ricordalo.
- Io sono una criminale -, Rosy si autoaccusa, Domenico sorride. - Che c’è? A che pensi?
- Una volta mi dicesti che parlavo come uno sbirro… Potrei dirti lo stesso, parli come una criminale latitante.
- Sono i ruoli che ci sono capitati.
- No, Rosy, sono quelli che abbiamo scelto. Ciò che ci è capitato è diverso ed è bellissimo.
Rosy tira un sospiro lungo quanto la fine del mondo, poi alza gli occhi al cielo. Le parole belle, i per sempre e le promesse la spaventano. Lei è una per cui le cose arrivano il mattino e vanno via la sera dopo. Ci crede ben poco alle persone che restano e non fa che domandarsi tutti i giorni perché Domenico lo faccia. Lei non gli ha chiesto di esserci, di restare. Ma quando apre gli occhi lo trova puntualmente al suo fianco, una mano tesa verso di lei più che verso se stesso. Negli ultimi tempi è stato capace di mettere a repentaglio tutta la sua vita, ogni cosa di sé, compreso il suo lavoro, pur di correrle incontro e proteggerla e salvarla e coprirla. Probabilmente è ancora ferma al primo episodio di questa vicenda, Rosy, e dovrebbe chiedersi piuttosto perché Domenico faccia tutto questo per lei e non perché non vada via.
Quando gli aveva offerto il suo aiuto per vendicare Claudia, non aveva previsto di arrivare a questo punto. La vita li ha sorpresi ad innamorarsi fra le indagini, una fuga e qualche sparatoria. Un colpo di troppo ha cambiato le cose per Rosy una volta per tutte e ha unito i loro destini come colla sulle mani, di quella che da bambini era bello far asciugare e strappare via, come un sottile velo che solleticava la pelle. Loro non si sono strappati, mai.
Domenico fa una carezza delicata a Rosy, quindi si alza dalla sedia e si muove verso la porta, sotto lo sguardo sereno di lei. Poi si volta un ultimo istante, per guardarla bene e stamparla nel suo petto, bella com’è oggi.
- Oh ma lo sai che il tipo qua fuori ha i baffi sporchi di cioccolata? Gli dev’essere piaciuta la colazione, a lui! Ma che ridi? Dico davvero!
Rosy esplode in una risata immensa quanto grande è il cuore del suo sbirro, spalanca le labbra fin dove arriva la faccia e gli butta addosso la sua felicità in forma di denti bianchi e occhi lucidi. E’ divertita, è contenta. Oggi è contenta per davvero, forse come non lo era da così tanto tempo. Domenico resta fermo sul posto, incantato e catturato. Com’è bella ai suoi occhi quando ride. Com’è bella e basta. Gli sembra che stia esplodendo il mondo nel suo stomaco, tutto ciò che gli è concesso sono lunghi respiri faticosi quanto non amare la donna che è sotto il suo sguardo. E più la osserva, più capisce di aver fatto la scelta migliore del mondo, contro la disapprovazione di quasi tutti. Capisce che per troppo tempo si è negato ogni cosa, ogni felicità, si è negato di scoprire che ciò che lo faceva stare bene era a pochi passi da lui, sotto la canna della sua pistola, dietro le sue sbarre, appena dietro i suoi occhi quando di sera si chiudevano e vedeva solo lei. Capisce che Rosy è il suo posto nel mondo, chè potrebbe stare ovunque con lei ma starebbe bene in ogni caso. Perché non lo ha capito prima? Perché ci ha messo così tanto? Perché ha passato le giornate a chiedersi come potesse fare per vivere questo amore, quando in realtà la maniera più bella per sentirsi suo è semplicemente guardarla?
E’ questo che lo rende vivo e umano. E’ stare fermo su un frammento di universo, a fissarla mentre il suo sorriso si chiude timido a poco a poco, non appena Rosy si rende conto che Domenico la guarda in quel modo là, un modo speciale. E qualcuno dovrebbe vederli, dovrebbe immortalarlo il modo in cui la guarda lui. Come un uomo che sospeso nello spazio ammira le luci del mondo accendersi poco alla volta. E poi il suo non sarebbe amore? E perché complicarsi le giornate a cercare vicoli ciechi del pianeta in cui nascondersi e fare l’amore, se amarsi è già soltanto questo? Se amarsi è già soltanto un paio di occhi che brillano quando stringono addosso la vera bellezza del mondo. Rosy gli ha guarito l’anima, gli salva il respiro tutte le volte in cui lo guarda semplicemente o gli regala il più bel sorriso di sempre, come quello di oggi. E a Domenico verrebbe voglia di inginocchiarsi al centro del mondo e ringraziare il cielo per aver stretto nelle manette, un giorno all’aeroporto, i polsi di una donna che aspettava solo qualcuno che le desse un buon motivo per cambiare. Domenico potrebbe essere quel motivo, e mentre lui la aiuta a cambiare vita, lascia che lei la cambi a lui. E meglio di questo non poteva veramente chiedere, no. Niente di meglio di un sorriso come il suo, mentre i capelli lunghi le cadono morbidi lungo le guance puntellate da nei, imbarazzo e un pizzico di amore, dipinto negli occhi umidi di felicità. Perché più forte di un bacio o di una carezza stretti al muro è il linguaggio degli occhi di due come loro, che si scambiano così le più grandi lettere d’amore, frasi che non voleranno via col vento e le illusioni. E per una volta nella vita, Rosy ci sta credendo veramente. E Domenico questo lo sa. 
 
  
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