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Autore: Memento_B    27/06/2008    2 recensioni
Le tre bambine erano sedute sui divani posti dall’altra parte della grande sala. Lì vi era più luce ed allegria; le tre confabulavano fra loro per poi ridacchiare sommessamente, ben attente a non farsi sentire o vedere dalla madre. La più grande era Bellatrix, aveva sette anni ed era una bambina bellissima. Ira e vergogna si leggevano nei suoi occhi molto espressivi, spesso lanciava sguardi carichi d’odio e rancore verso la madre. Andromeda aveva cinque anni e fisicamente assomigliava molto alla sorella, ma quando sorrideva vi si poteva scorgere una traccia di bontà ben rara nei Black. Narcissa quel giorno compiva tre anni. Seppur piccola non le fu risparmiato l’abito elegante di pizzo nero.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Black, Bellatrix Lestrange, Famiglia Black, Narcissa Malfoy, Ted Tonks
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Missing moments'
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Sltyherin

Londra, 1962
13 agosto



Erano le nove di sera di una serata particolarmente calda di agosto. Su due poltrone di pelle nera con rifiniture dorate in uno dei tanti salotti di casa Black al primo piano arredato con mobili in stile barocco e con un meraviglioso affresco sul soffitto erano seduti Druella e Cygnus. Lui leggeva un libro, o perlomeno così lasciava intendere alla moglie che fissava con aria truce il giardino illuminato dalla luna.
Di tanto in tanto scambiavano qualche parola riguardo la loro odierna visita a Grimmauld Place o riguardo l’impellente bisogno di Bellatrix di materiale scolastico. La bambina, infatti, avrebbe preso per la prima volta l’Espresso per Hogwarts. Non c’erano dubbi riguardo la Casa di appartenenza, sarebbe stata certamente a Serpeverde, così come tutta la sua famiglia prima di lei. Sarebbe stato un disonore avere una figlia a Tassorosso o, peggio, a Grifondoro. Per quel che riguardava Corvonero, le cose erano diverse o almeno non sarebbe stata diseredata all’istante.
<< Incredibile! >> esclamò Druella, la voce fredda resa acuta dalla rabbia << Incredibile! Di nuovo incinta! Oh, ma tua sorella sa benissimo che quello che Orion prova per lei non è certo amore. Eppure, Sirius avrà un fratello! >>
<< Lo chiameranno Regulus, se maschio. Altrimenti Cassandra >> l’informò Cygnus, senza alzare lo sguardo dal libro e senza ascoltare veramente la moglie.
<< Non m’importa come si chiamerà! Io ho sempre stimato tua sorella, ma ultimamente si comporta da… da idiota! >> sibilò la donna, rossa in volto per la rabbia. Non capiva come potesse una donna intelligente e forte come sua cognata innamorarsi di una persona come Orion a tal punto da perdonare i troppi tradimenti, i maltrattamenti, le violenze subite e tutto il resto.
Walburga era completamente abbandonata al se stessa, non aveva alcun aiuto dal marito, e così cresceva Sirius da sola e presto avrebbe avuto un altro bambino a cui badare, un altro bambino da crescere da sola. Druella al suo posto non avrebbe taciuto, non avrebbe sopportato, ogni traccia d’amore presente nel suo cuore verso quell’essere sarebbe stata dilaniata dalla rabbia e dall’odio, perché nessun amore è tanto forte da permettere di erodere la propria dignità.
Walburga ne risentiva. Ne risentiva il suo fisico, ormai non più bello come quello di una volta, ne risentiva il suo animo, la sua psiche, il suo essere, ogni giorno era per lei una continua pena, una continua lotta contro se stessa, spaccata in due dall’amore e dall’odio che provava per suo cugino, ed ogni volta che tentava di dire basta le si lacerava ulteriormente il cuore. E così da donna forte qual era, Walburga diventò una donna fragile e dispotica.
Quel che più irritava Druella era l’atteggiamento della famiglia nei confronti della donna. Tutti conoscevano quella situazione, pochi cercavano di darle una mano nei limiti del possibile, molti davano la colpa a Walburga. Non era una vera donna, dicevano, altrimenti non si sarebbe lamentata una sola volta, anzi, avrebbe amato il marito ancora di più.
<< Comunque sia, la visita a Diagon Alley non può essere rimandata oltre. Saremmo dovuti andare giù molto tempo fa >> disse Cygnus, chiudendo il libro << Le bambine ne saranno felici >>
<< Bambine? Credevo fosse chiaro che sia Andromeda sia Narcissa sarebbero rimaste qui! >> Druella contava infatti di lasciare le sue due figlie minori ad Hilde, l’elfo domestico.
<< Oh, Meda e Cissy mi hanno chiesto di venire, comprendile, non riuscivano più ad aspettare, e così ho promesso loro che sarebbero venute con noi >> spiegò Cygnus, lui adorava le tre figlie, avrebbe esaudito qualsiasi loro richiesta se Druella non l’avesse impedito, e poi crescere ed educare i figli era, a suo parere, un’attività riservata solamente alle donne, i padri di famiglia avevano il compito di mantenere economicamente e moralmente moglie e figli.
<< Comprenderle, certo >> borbottò Druella << Questa non è comprensione, così le vizi e i vizi non aiutano a crescere, non aiuti me ad educarle. Le accontenti sempre, bastano quei due occhi da cerbiatto di Andromeda a farti perdere la ragione! Ci ritroveremo tre figlie viziate, saranno sulla bocca di tutti, perché la gente parla, eccome se parla! >>
<< Ma… >> Cygnus voleva ribattere, trovando oltre modo eccessiva la reazione di Druella. Ci ripensò. << Ad ogni mondo, manterrò la mia promessa >>

Londra, 1962
14 agosto

Era mattina, la famiglia Black era riunita nella sala da pranzo e consumava la colazione.
<< Oggi, finalmente, andremo a Diagon Alley >> annunciò Cygnus << E’ ormai tempo che Bellatrix abbia il suo materiale scolastico >>
<< E ovviamente dovrete essere tutte e tre presentabili d’aspetto e impeccabili nei modi >> impose Druella << Più del solito >>.
Andromeda, che conosceva il significato di quelle parole che aveva sentito fin troppe volte, protestò << Ma fa caldo per vestirsi in nero… >> Bellatrix e Narcissa la osservarono sgomente. Loro non avrebbero mai avuto il coraggio di protestare. Spostarono quindi lo sguardo sulla madre per studiarne la reazione.
Druella se lo aspettava. Andromeda era sempre restia ad obbedire, protestava sempre, insisteva nel vestirsi con vestiti colorati, correre, gridare, differenziarsi dalle sorelle. Eppure Druella la preferiva alle sue sorelle, era così intelligente, vispa, era certa che sarebbe diventata qualcuno. << Allora vorrà dire che indosserai il vestito verde scuro >>
Bellatrix e Narcissa erano incredule, loro avrebbero sicuramente ricevuto uno schiaffo e basta. “Ma se ha fatto così, avrà i suoi motivi. Motivi giusti e buoni” pensò subito dopo Bellatrix.
Druella si alzò. I segni dell’età non tardavano ad arrivare; i capelli biondissimi iniziavano a diventare bianchi, attorno agli occhi apparivano le prime rughe. Ma era sempre bellissima.
Tornò nella sua stanza e rimase a lungo davanti allo specchio, cercando di assumere un’aria severa. Non si rendeva conto che la sua aria era già severa, non aveva bisogno di sforzarsi. Lei amava le sue figlie più di ogni altra cosa al mondo, e fu per loro che undici anni prima decise di cambiare radicalmente carattere, fu solo per prepararle al mondo esterno, così crudele e ingiusto, dove non c’era spazio per comprensioni. Rinunciò così a quella vita piena di frivolezze che tanto le piaceva. Indossò uno dei suoi vestiti migliori e raccolsi i capelli in uno chignon.
Narcissa era Druella in miniatura. Bellatrix tentò di imitarla per tutta la giornata, emulando comportamenti ed espressioni. Andromeda era quasi estranea alla famiglia. I capelli castani erano raccolti in due code fermate da due enormi fiocchi dello stesso colore del vestito, un’aria allegra e un sorriso che metteva in mostra i due vuoti lasciati da i denti da latte caduti. << Andremo con la Metropolvere? >> chiese, ansiosa e curiosa di provare quel mezzo di trasporto.
<< Certo che no, idiota! >> le rispose Bellatrix.
<< La Metropolvere non è consona ad una famiglia Purosangue, e poi ci sporcheremmo. Bellatrix, modera i termini, tua sorella non ha il sangue sporco, quindi non hai alcun diritto di maltrattarla >> disse Druella, senza alcuna emozione sul volto << Ci Smaterializzeremo >>.
Poco dopo si Materializzarono all’interno de The Leaky Cauldron, tutti –tranne Andromeda- ignorarono i capannelli di maghi dall’aria sudicia e le altre famiglie di maghi, passarono a testa alta nel mezzo del locale, per poi uscire in un cortile.
<< Come si raggiunge Diagon Alley? >> chiese Andromeda al padre, il quale le avrebbe certamente risposto al contrario della madre.
<< Così >> rispose Cygnus, colpendo tre volte il muro con la punta della bacchetta. Apparve un buco, che s’ingrandì fino ad aprirsi in un arco. Quel che le tre sorelle videro le lascio senza fiato, Bellatrix inclusa.
Non avevano mai visto così tanta gente in una volta sola, così tanti maghi ammassati in una sola via. Chi usciva dalla farmacia, chi comprava un calderone, chi pieno di buste continuava ad entrare e ad uscire dai negozi, bambini fissavano desiderosi manici di scopa, donne si lamentavano del prezzo della merce, chi si gustava un gelato dei Fortebraccio, chi contava i soldi rimanenti, chi era fermo con alcuni amici o parenti in un angolo a chiacchierare. Diagon Alley era un agglomerato di gente, colori e confusione e Andromeda si era già innamorata di quella via.
La bambina continuava a girarsi e rigirarsi, fissando vetrine e persone dall’aspetto stravagante, fermandosi di tanto in tanto ad ascoltare le conversazione altrui.
<< Bellatrix ha bisogno di un calderone >> disse, fermandosi davanti al primo negozio che incontrarono.
<< E come lo vorresti comprare senza soldi, Miss Intelligenza? >> chiese Bellatrix con pesante sarcasmo nella voce << E’ ovvio che dobbiamo andare prima alla Gringott, lo sa perfino Narcissa! >>
Le bambine non furono per niente colpite dall’edificio bianco della banca, loro vivevano in un palazzo più grande, lussuoso ed inquietante di quello.
Superarono la porta bronzea ed Andromeda si fermò poco prima della porta argenta, alzò il capo e lesse ad alta voce << Enter, stranger, but take heed of what awaits the sin of greed, for those who take, but not earn, must pay most dearly in… >>
<< Andromeda! >> la chiamò Druella, voltandosi. << Non farmi pentire di averti portato con noi >>
Andromeda raggiunse la famiglia di corsa, un paio di folletti li accompagnarono in un grande e affollato salone di marmo, dove centinaia e centinaia di folletti seduti dietro a dei banchi svolgevano il loro lavoro.
Mentre Cygnus, accompagnato da un folletto, andò a prelevare i soldi necessari, le quattro rimasero nel grande salone. Duella era al centro della sala, le braccia conserte e un’aria snob, Bellatrix era accanto a lei e cercava di imitarla, Narcissa si guardava attorno a bocca aperta (che fu prontamente richiusa da un gesto secco della madre) ed Andromeda contava e saltava sulle mattonelle con l’aria di divertirsi molto finché non fu richiamata dalla madre.
<< L’anno prossimo resterai a casa, da sola >> le sibilò la donna, per nulla contenta del comportamento della figlia.
Appena uscirono dalla banca, comprarono il telescopio in un negozio non molto lontano dall’edificio. Mentre una commessa tentava di esaudire le difficili richieste di Druella per quel che riguardava il telescopio, Andromeda fissava incantata gli oggetti esposti nelle teche, toccando tutto quel che era a portata di mano e lasciando varie impronte sui vetri e sugli oggetti, ricevendo occhiate di rimprovero dalla commessa poiché li aveva appena lucidati.
Subito dopo andarono in farmacia, dove comprarono una scorta d’ingredienti per Bellatrix, nonostante non fosse segnata sulla lista.
Andarono poi in un negozio in cui erano esposti diversi oggetti, alcuni dall’aria pericolosa, altri colorati. Andromeda e Narcissa furono stregate da un oggetto che faceva cadere i capelli a chiunque lo toccasse e la più grande si costrinse a non farlo toccare a Bellatrix (Bellatrix, infatti, riteneva i suoi capelli il suo più grande tesoro dopo la madre), la quale era attratta da oggetti impolverati che non promettevano nulla di buono. Comprarono un set di provette di cristallo ed una bilancia di ottone, anche se Druella avrebbe preferito comprare il modello in platino, ma era decisamente poco pratico.
Comprarono un calderone in peltro, e poi entrarono nel Ghirigoro per comprare i testi scolastici. Lì si divisero. Druella cercava i libri di Trasfigurazione e di Storia della Magia, li trovò subito ed attese a lungo alla cassa. Cygnus ci mise più tempo a trovare “Teoria della Magia” poiché si fermò a parlare con un collega del Ministero, Andromeda doveva cercare il libro di Incantesimi e “Gli animali fantastici: dove trovarli”, ma ben presto si perse fra le pagine di un volume di Quidditch, mentre Narcissa si era persa nel negozio, stringendo al petto “Mille erbe e funghi magici” e “Infusi e pozioni magiche”.
<< Le Forze Oscure: guida all’autoprotezione… Che cosa stupida >> mormorò Bellatrix << Come se volessi proteggermi dalle Forze Oscure, io, che appena finirò Hogwarts diventerò Mangiamorte! >>
Un bambino di undici anni dai capelli rossi ebbe l’ardire e l’infelice idea di fermarla << Scusa… io mi sono perso, non è che sai dirmi dov’è Madama McClan? Mia madre è lì, è lei la strega in famiglia, mio padre e Babbano e io… >>
<< E tu devi sparire, Mezzosangue >> sibilò Bellatrix, imitando in modo straordinario la madre in tono e postura << Possa crepare tua madre, per aver infangato il nome di mago, possa crepare tuo padre, per averti generato e possa crepare tu, sudicio ibrido, per aver rivolto la parola a me, Bellatrix Black >>.
Quando uscirono dal negozio, andarono a comprare la divisa per Hogwarts da Madama McClan. Bellatrix stava provando l’uniforme, che le stava davvero bene o perlomeno la faceva sembrare una vera ragazzina di undici anni, quando la porta si apri nuovamente, facendo entrare una famiglia composta da tre persone: I Black diedero un rapido sguardo, sembravano Purosangue, ma c’era qualcosa di strano nella donna e nella figlia.
<< Hogwarts? >> chiese Madama, con tono stanco e annoiato.
<< Oh, no >> rispose il padre << La piccola Apolline andrà a Beauxbatons come la madre. Sapete, mia moglie è francese, ed è una Veela >>.
<< C’era qualcosa di bestiale in quella. Beh, meglio una mezza Veela di un Mezzosangue >> commentò a bassa voce Druella, decidendo poi che la divisa di Bellatrix era perfetta << Vedrai, ti starà d’incanto con i colori di Serpeverde, ma ora andiamo a pranzo >>.
<< Bebaton? >> chiese Narcissa, avvicinandosi ad Andromeda mentre andavano a pranzo. L’aveva sentita nominare qualche volta, ma non aveva mai chiesto informazioni, così decise di farsi spiegare da Andromeda qualcosa.
<< Beauxbatons, Cissy, Beauxbatons. E’ una scuola francese, non si sa molto. Fu fondata nel 1300 credo, e se guardi le divise capisci che si trova nel sud della Francia, infatti sono leggere. Non è raro trovare una Veela o un suo discendente fra gli allievi, sai? >>
<< Mah, bestie antipatiche e snob >>
<< In questo modo sembri tu l’antipatica e snob >> replicò Andromeda << Che fai? Parli come Bellatrix? >>
Dopo il pranzo la famiglia, con grande felicità da parte di Andromeda, fu costretta ad andare da “Accessori per il Quidditch” per una curiosità di Cygnus.
Andromeda fissò estasiata tutti quei manici di scopa, innamorandosi della Comet 260 ma non disprezzando la Scopalinda 3.
Alla fine Bellatrix li trascinò da Olivander, non vedeva l’ora di possedere una bacchetta.
Olivander era un uomo sulla quarantina con grandi occhi velati, Narcissa aveva quasi paura a sostenere lo sguardo. Mezz’ora dopo Bellatrix stringeva contenta la sua bacchetta di Tiglio, 11 pollici con corda di cuore di drago.
<< Sono contenta che questa sia la tua bacchetta, non mi piacciono molto le bacchette di Castano o quelle di Tasso, trovo poi insulse quelle con crine di unicorno, già la piuma di Fenice è più decente, ma la corda di cuore di drago è perfetta >> commentò Druella.
La loro ultima tappa fu il Serraglio Stregato e lì Bellatrix lesse le varie targhette sotto le gabbie, in cerca del suo animale.
Per primi esaminò i gatti. Potevano percepire presenze quali spiriti, ma quello poteva farlo anche da sola, anche se non poteva vedere persone sotto il Mantello dell’Invisibilità come quei gatti. Ma nessuno ad Hogwarts sarebbe mai andato in giro sotto i Mantelli dell’Invisibilità, no? Bellatrix li scartò non appena lesse che potevano essere vendicativi se maltrattati.
Lei amava maltrattare cose, animali e persone e quella palla di pelo bianca che la fissava con occhi languida la istigava alla violenza.
Osservò poi i rospi, anche se con scarso interesse. Mandavano via gli insetti e potevano consegnare dei messaggi. Brutti, un po’ più utili dei gatti, ma sempre brutti.
Finalmente si avvicinò alla gabbia delle civette e dei gufi. Pesavano circa tre chili, alti settanta centimetri, apertura alare di un metro e ottanta centimetri, orgogliosi, era bene non dare totale indipendenza… Oh, erano perfetti. Quando tornarono a casa, Bellatrix aveva il suo gufo bruno.

Londra, 1962
31 agosto

Era tardo pomeriggio, Bellatrix era in camera sua, seduta sul letto ed osservava il sole tramontare dietro i cipressi e gli abeti e si ritrovò a pensare che quello sarebbe stato l’ultimo tramonto che avrebbe visto dalla sua camera prima di Natale. Perché ovviamente sarebbe tornata a casa, non sarebbe rimasta ad Hogwarts in compagnia di Mezzosangue per nulla la mondo.
Era stregata dall’idea di essere finalmente diventata indicesse, di essere stata ammessa alla più prestigiosa scuola di Magia, di entrare finalmente ed ufficialmente nella società magica, avrebbe reso fieri i suoi genitori, avrebbe mantenuto alto il nome dei Black, avrebbe umiliato tutti quei Mezzosangue come le aveva insegnato sua madre, si sarebbero pentiti di aver preso il treno per Hogwarts insieme a lei, Bellatrix Black, futura serva dell’Oscuro Signore. Avrebbe fatto amicizia con i figli delle più importanti e migliori famiglie Purosangue, avrebbe lottato per mantenere alto l’onore dei Serpeverde, la sua futura Casa, perché lei era certa che sarebbe finita lì.
Quel che proprio non riusciva a concepire era la presenza di Mezzosangue o, peggio, di surrogati dei maghi, i nati Babbani. Loro non erano e non sarebbero mai stati veri maghi, potevano risultare anche i migliori a scuola, ma non sarebbero mai diventati famosi nella società della Magia, sarebbero rimasti per sempre i retti qual erano. Non magici, ma nemmeno Babbani. Semplicemente, erano la Feccia della società.

Hogwarts, 1962
1 Settembre

<< Black, Bellatrix >>
<< SERPVERDE >>
Bellatrix raggiunse il tavolo della sua Casa, consapevole che da quel momento non era più Bellatrix Black, primogenita di Cygnus e Druella Black ma era Bellatrix Black, studentessa di Serpeverde.



Ringraziamenti:
-Si ringrazia Chiara, che ha gentilmente provato –inutilmente xD- a postare questo capitolo per me.
-Ringrazio tutti coloro che hanno commentato, vorrei spendere una parola di più ma vado di corsa, scusatemi.

Note:
-Apolline, la bambina citata, è proprio la madre di Fleur.
- Passo l’estate alla villa estiva, priva di connessione, perciò non so ogni quanto potrò copiare dalla carta al pc e postare, scusatemi nuovamente.

  
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