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Autore: _elanor_    27/06/2008    3 recensioni
La mia prima storia è dedicata a Lily, James, Severus, Sirius e Remus: delle loro vite ai tempi di Hogwarts. Questo è il primo capitolo, in cui vengono presentati i personaggi nell'arco della serata che precede la loro partenza per Hogwarts. Spero che vi piaccia quanto a me è piaciuto scriverla
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Remus Lupin, Severus Piton, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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7

 

 

 

 

Il grande segreto

 

 

 

 

Il tempo si era fatto più mite e due mesi erano volati veloci, spazzando via la neve invernale e riscoprendo i teneri germogli che erano sopiti sotto di essa. Con l’arrivo delle belle giornate, i ragazzi riprendevano ad uscire per godersi il ritorno del sole sotto le fronde degli alberi che tornavano lentamente a verdeggiare.

E in quel sabato la maggior parte degli alunni del castello erano appunto distesi sull’erba, accanto al Lago Nero. Alcuni studiavano, altri chiacchieravano. C’era chi giocava con i frisbee, chi passeggiava, chi leggeva accoccolato alle radici di un grosso tronco.

Sirius, invece, aveva preferito passare la mattinata in camera, disteso sul letto tra le soffici coperte, con un piede scoperto che si intirizziva leggermente. Era decisamente troppo stanco per unirsi agli amici, che invece si erano alzati ed erano scesi a fare colazione, per poi spaparacchiarsi al sole nel parco. Proprio non capiva come facessero loro tre a trovare le forze. Eppure anche loro come lui, quella notte non avevano dormito praticamente niente.

Avevano passato l’intera nottata in giro per il castello. Ormai lo facevano talmente spesso che ne aveva perso il conto. Di solito, uscivano le notti del venerdì e del sabato, quando il giorno dopo non avevano lezioni.

Erano certi che ormai il castello non avesse più segreti per loro, o quasi. L’avevano perlustrato dappertutto: nei sotterranei, su per le torri, lungo ogni corridoio, dentro qualsiasi apertura. Scostando una statua al quarto piano avevano trovato un passaggio che portava dritti giù accanto all’aula di Pozioni, cosa che gli aveva notevolmente facilitato il passaggio da una lezione all’altra. E un ragazzo del terzo anno, Gabriel, aveva svelato a James l’ingresso alle cucine, che erano diventate tappa fissa nei loro viaggi notturni. Gli elfi domestici che sgobbavano lì dentro erano un ammasso di amorevoli e servizievoli esserini disposti a soddisfare ogni loro desiderio, altro che quel vecchio muffito di Kreacher; così ogni volta tornavano in camera con le pance gonfie di ciambelle glassate, torte di melassa, sandwiches al formaggio e altre leccornie.

Le loro uscite erano sempre memorabili. E non solo per loro, ma anche per quell’adorabile carogna che era Gazza. Infatti ogni volta gliene combinavano una nuova per farlo indispettire. Una volta avevano aperto tutti i lavandini dei bagni del secondo piano, provocando un allagamento tale che allo scorbutico custode ci erano volute due ore per asciugare tutto. un’altra, invece, avevano incantato le sedie di un’intera aula in modo tale che corressero per tutta la stanza come dei cavalli impazziti. Un’altra volta ancora avevano fatto bere a Mrs. Purr, l’adorata gatta del custode, del latte mischiato ad una pozione che aveva reso il pelo dell’animale multicolore per due settimane.

I loro scherzi erano ogni volta più elaborati e grotteschi. Gazza si era quasi preso un esaurimento nervoso: era più strano e schivo del solito, e fermava gli alunni lungo i corridoi per interrogarli ed ispezionare le loro borse. E, naturalmente, tutta la scuola cominciava a chiedersi chi fosse la mente geniale e folle che stava dietro a quelle opere di bricconeria. Non si faceva che parlare di loro lungo i corridoi, e c’era chi aspettava la fine della settimana solo per sapere quale altra ne avrebbe combinata questo misterioso burlone. Se avessero saputo che si trattava di ragazzini del primo anno...

Naturalmente, gli incantesimi e le fatture che i quattro impiegavano per i loro scherzi spesso erano molto avanzate per il loro livello di studio e richiedevano settimane intere di preparazione. Si partiva ad organizzarli la domenica pomeriggio e si passava la settimana a cercare nei tomi della biblioteca il modo per realizzarli. Sirius e James studiavano più per quelle bravate che per il resto delle materie, come dimostravano i loro scarsi risultati. Tanto che Remus spesso li rimproverava spronandoli a lasciar perdere e concentrarsi di più, anche se poi non gli negava mai il suo aiuto con i compiti.

Alla fine, anche quel vecchio brontolone di Remus aveva ceduto; e al contrario di ciò che aveva detto la prima volta che erano sgattaiolati fuori sotto il fantastico mantello che rende invisibile di James, era sempre stato presente a quelle evasioni notturne. Solo poche volte era mancato, per via delle sue solite assenze.

Sirius si tirò a sedere sul letto.

Già, le sue solite assenze… Negli ultimi due mesi, il ragazzo era partito altre due volte, ed ogni volta era stato via tre giorni, tornando a scuola stanco e malaticcio, come se fosse lui quello malato e non sua madre. E se i suoi calcoli erano esatti, sarebbe sparito di nuovo di lì a poco, forse proprio l’indomani.

No, quel ragazzo nascondeva qualcosa, ne era certo. Tutta la situazione era troppo strana. E era inutile che James continuasse a ribadire il contrario. < Tu sei fissato, Sir. Falla finita con questa storia > gli ripeteva l’amico ogni volta che accennava all’argomento, sostenuto da energiche scosse di testa di Peter. Ma Sirius sapeva che non si sbagliava affatto.

E la cosa che lo mandava in bestia era che Remus non avesse detto niente. Erano amici ormai, loro quattro. Erano un gruppo, una squadra perfetta. Che cosa c’era di tanto vergognoso e tremendo che il ragazzo non gli potesse dire, che dovesse custodire tanto segreto, tanto da spingerlo a mentire spudoratamente? Perché era talmente ovvio che quella della madre malata era una balla, che non capiva come quel testone di James si ostinasse a non rendersene conto. Forse per via di quel suo lato ingenuo e credulone da eterno bambino che di certo, Sirius ne era sicuro, non lo avrebbe mai abbandonato.

Comunque era deciso a far luce su quel mistero. Anche a costo di fare tutto da solo, avrebbe scoperto quale era il grande segreto di Remus Lupin.

 

 

 

ef

 

 

 

< Ehi, hai sentito che ha combinato stanotte? >

< No, stavolta che ha fatto? >

< Pare che ha incollato i tappeti dei corridoi del terzo piano al soffitto >.

< Ma và? >

< Si! Ti giuro! >

< No! Non ti credo! Quello è pazzo! >

< Già, chissà chi sarà… >

James sorrideva, disteso sull’erba, ascoltando i discorsi delle due ragazze di Corvonero che si avviavano verso il Lago. Era proprio compiaciuto di sé. Oramai lui e gli altri tre erano i ragazzi più popolari e discussi del castello, anche se nessuno lo sapeva.

Remus era seduto accanto a lui, scrivendo in una lunga pergamena. Erano solo le undici di sabato mattina, e lui già pensava ai compiti. Peter, invece, addentava un grosso panino con prosciutto e maionese che si era portato via dal tavolo della colazione.

< Ciao, ragazzi. Già svegli di domenica mattina? >. L’accento francese di Pauline Olives colpì le sue orecchie dall’alto.

< Ehi, Olives. Si, non avevamo sonno. Tranne quello scansafatiche di Sirius. Ehi, Mary, ci sei anche tu? > si rivolse a Mary Nelson, che gli sorrise gentile.

< Ciao Lily > sentì Remus salutare la ragazza dai capelli rossi accanto a Pauline, che ricambiò con un cenno della mano.

< Vi unite a noi? > chiese ancora James.

< Volentieri! > rispose Pauline sorridendo, come anche Mary.

< No, grazie > le fece eco la voce leggermente altezzosa dell’amica rossa. Lily, la solita.

< E dai, Lily. Tanto non abbiamo niente di meglio da fare! > la supplicò Pauline.

< Ma, avevamo detto di ripassare… >

< Quello lo possiamo fare anche dopo. Abbiamo ancora un intero finesettimana > intervenne Mary. < Dai, su! >

La rossa sospirò pesantemente, e fece scivolare giù dalla spalla la borsa, appoggiandola sul prato. Le tre si sedettero sul soffice manto erboso, accanto ai ragazzi. Era raro che le compagne di classe passassero il tempo con loro, specie quando erano in compagnia della Evans. Dato l’astio che la ragazza provava per lui e Sirius, situazioni come quella non si presentavano quasi mai.

< Avete sentito dell’ultimo scherzo che… > cominciò Mary.

< Si, sappiamo già tutto > disse James, prima che la compagna potesse finire. Peter sogghignò; non era proprio capace di fare l’indifferente.

< Secondo me, chiunque c’è dietro a tutto questo è davvero un mito! > commentò un’eccitata Pauline.

Lily non sembrava molto interessata dall’argomento: aveva gli occhi fissi verso il lago, e a quanto pareva era intenzionata a non incrociare lo sguardo del moro nemmeno per sbaglio.

< Tu invece, Evans, che ne pensi? > chiese James.

La ragazza rispose senza guardarlo. < Penso che, chiunque sia, deve avere qualche rotella fuori posto. E che sta facendo passare guai a tutti >.

< Mamma mia, che esagerata che sei! > disse stizzito James.

< Non sono esagerata > parlò di nuovo la ragazza, stavolta puntando i suoi occhi versi su di lui per la prima volta dopo molto tempo dall’ultima volta che lo aveva fatto. Talmente tanto che James quasi rimase colpito dal particolare colore delle sue iridi, di un verde intenso e luminoso. < Gazza ha raddoppiato la sicurezza e non fa che perquisire i ragazzi. L’altro giorno mi ha tenuto dieci minuti lungo un corridoio. Sono anche arrivata tardi a Incantesimi >.

< Oh, poverina! > la schernì il moro.

< Ragazzi, la piantate per favore? > intervenne Pauline. James si passò una mano tra i capelli senza staccare gli occhi dalla rossa che lo squadrava con astio; era sempre più scostante quella ragazzina con lui. Lily distolse velocemente lo sguardo, puntandolo in direzione del castello. Il ragazzo notò un sorriso radioso nascere sul viso della compagna, e la sua mano sollevarsi in segno di saluto.

Si voltò in direzione del punto che fissava la ragazza. Il gruppetto degli alunni di Serpeverde del primo anno era vicino all’ingresso del castello. Uno di loro, uno spilungone magro e pallido dai capelli corvini scomposti, l’unico che indossava la divisa, era fisso sulla ragazza. Era a Severus Piton che era rivolto quel caloroso saluto. Ma lui non sembrò gradirlo, dato che distolse frettolosamente lo sguardo senza ricambiarla.

Lily parve turbata da quel comportamento, ma non disse una parola, mentre il suo sorriso la abbandonava rapidamente.

< Litigato con Mocciosus? > chiese ghignando James.

< Ti ho già detto di non chiamarlo in quella maniera, Potter > rispose acida la ragazza.

< A proposito, Lil > intervenne tra i due Mary, < Come fai a essere amica di un Serpeverde? Lo sai come la pensano su quelli che vengono da famiglie di babbani, no? >

< Lui non la pensa come loro >.

< E tu che ne sai? > chiese James, sistemandosi meglio gli occhiali sul naso.

< Lo so, perché lo conosco > rispose la ragazza, con un tono che non ammetteva repliche.

 

 

 

ef

 

 

 

Severus era seduto al solito tavolo in biblioteca, seminascosto dalla consueta pila di grossi tomi ingialliti dal tempo. Con la schiena curva, leggeva un capitolo lunghissimo di Storia della Magia, mentre aspettava l’arrivo di Lily, come ogni sabato pomeriggio. Era ormai un rito per loro quello dei compiti di sabato. E più che un motivo per ripassare, oramai era diventata una scusa per chiacchierare un po’. L’appartenere a due Case diverse, purtroppo, limitava il tempo che i due avevano da trascorrere insieme.

Era molto nervoso. Lo era da quella mattina, quando aveva visto l’amica in compagnia di Potter a chiacchierare tranquillamente sull’erba. Quella scena l’aveva urtato così tanto che quasi non aveva toccato cibo. Se la sua migliore amica fosse diventata amica anche di quel deficiente di Potter non sapeva se l’avrebbe potuto sopportare.

Era un cretino, quello lì. Un egocentrico in costante ricerca di attenzioni. E proprio non capiva come facesse a riscuotere tante simpatie, lui e il suo amichetto Black.

Una piccola mano ossuta colpì la sua spalla provocandogli un intenso dolore. Si voltò già sapendo a chi apparteneva quella mano.

< Lily, ahi! E questo perché? >. La ragazza gli stava di fianco, vestita con un maglioncino a righe sgargianti e semplici jeans chiari, e i capelli raccolti in sue treccioline che gli ricadevano sulle spalle, osservandolo con aria seccata.

< Mi spieghi che ti ho fatto? > chiese, sfilandosi la borsa dalla spalla e sedendosi pesantemente sulla sedia accanto a lui.

< Niente, perché? >

< Allora, perché stamattina non mi hai salutata? > chiese lei irritata, fissandolo con occhi severi. Era davvero arrabbiata con lui.

< Perché non ti ho vista… > rispose Severus con un filo di voce, distogliendo lo sguardo colpevole.

< Non mentirmi > disse ancora più scocciata lei. < Mi hai visto benissimo. Allora? Come mai? >

< Perché… > cominciò, ma si interruppe subito. La ragazza lo fissava ancora con quel suo sguardo severo, e lui si sentì avvampare. < Perché stavi parlano con quel Potter… Immagino che ormai siete diventati amici >.

Lily distolse lo sguardo, e la sua smorfia irritata si tramutò in un sorriso divertito. < Che scemo che sei, Sev! > disse ridendo con la bocca coperta da una mano.

< Perché, scusa? >

< Perché il giorno in cui io e James Potter diventeremo amici, una meteora colpirà la terra provocando la scomparsa dell’intero genere umano >. Severus non poté fare a meno di ridere delle parole della ragazza. Lei si voltò verso di lui, osservandolo con gentilezza. < Sai quello che penso di quello spocchioso egocentrico, Sev. >.

Severus le sorrise in risposta, felice delle parole del’amica. E insieme si misero a studiare.

 

 

 

ef

 

 

 

Nella stanza del dormitorio, Sirius, James e Peter attendevano l’ora della cena ingannando il tempo con una partita a carte. Il sole fuori dalla finestra era basso, tingendo il cielo di riflessi arancioni, e inondando la stanza con raggi d’oro.

Remus uscì dal bagno, involto nel suo accappatoio cremisi, strisciando le ciabatte sul pavimento.

< Ehi, Rem. Giochi anche tu? > chiese James, mescolando le carte tra le mani.

< No grazie > rispose l’altro, estraendo dal suo baule biancheria intima, un paio di Jeans e una felpa grigia, decisamente vecchia e logora.

< Ma scendi a cena con quello schifo di felpa? > chiese James ancora.

< Non vengo a cena. La McGranitt mi aspetta nel suo studio. Devo partire di nuovo > rispose Remus mentre si infilava frettolosamente gli indumenti.

< Ah, ok > rispose semplicemente James, continuando a mescolare le carte.

Sirius ghignò e scese dal letto, passeggiando per la stanza. Proprio come immaginava.

< Ragazzi, io devo andare. La McGranitt mi aspetta > disse Remus, avviandosi verso la porta.

< Allora ci vediamo tra tre giorni, Rem > lo salutò Sirius. L’altro rimase qualche istante immobile davanti alla porta semiaperta, con la mano sul pomello. Si voltò appena in direzione dell’amico, ma non incrociò il suo sguardo. Ancora una volta quell’espressione colpevole e imbarazzata. Ne era certo, nascondeva qualcosa.

Appena Remus si fu chiuso la porta alle spalle, Sirius schizzò verso il baule di James, cominciando a grufolare al suo interno.

< Ehi, Sir, ma che fai? > chiese uno stupito James, abbandonando le carte sul letto.

< Lo seguo > rispose tranquillamente il moro, estraendo dal baule il mantello che rende invisibili.

< Che cosa? > fece Peter.

< Voglio scoprire dove va ogni dannatissimo mese > continuò rovesciando il contenuto della sua borsa di scuola sopra la coperta scarlatta del suo letto a baldacchino.

< Ancora questa storia?! > sbottò James irritato. < Cazzo, Sir, la tua è proprio un’ossessione! Ma quando ti rassegnerai al fatto che… >

< Sentite > scattò Sirius verso gli altri due. Non si era mai sentito tanto sicuro di sé. < Voi siete liberi di pensare quello che vi pare. Ma io so che Remus nasconde qualcosa, e state certi che lo scoprirò >.

Gli altri lo guardavano a metà tra lo sgomento e il rassegnato. Nel suo viso c’era un’espressione che non ammetteva repliche.

< Quindi > continuò, infilando il mantello nella borsa, < fate pure come volete. Ma io lo seguo >.

< Aspetta > sentì dire James, quando aveva ormai raggiunto la porta. < Vengo anche io. Voglio proprio vedere che faccia farai, quando capirai che ti sbagli alla grande >.

Sirius osservò l’amico con aria impassibile. Poi si rivolse verso l’altro, che ancora era seduto sul letto di James. < Pete, vieni anche tu? >. Peter esitò per qualche minuto, e poi si unì agli altri due. Insieme, scesero di corsa le scale del dormitorio e uscirono dalla sala comune. Si infilarono in un bagno accanto allo studio della professoressa McGranitt, dove si nascosero sotto il mantello. Era la prima volta che usavano il mantello di giorno, quando i corridoi erano percorsi dagli alunni, ma per loro fortuna in quel momento non c’era molta gente in giro per il castello, dato che la maggior parte dei ragazzi si trovava in Sala Grande per la cena.

In silenzio, attesero davanti alla porta della McGranitt, dalla quale dopo pochi minuti uscirono l’austera professoressa seguita dall’amico. Cominciarono a pedinarli a qualche metro di distanza, evitando di urtare i pochi ragazzi che c’erano in giro. La professoressa prese a scendere i gradini che conducevano ad un’uscita secondaria del castello, costeggiando le serre di erbologia, fino al grande parco.

< Lo starà accompagnando ad una carrozza > sussurrò James all’orecchio del ragazzo dagli occhi di ghiaccio. Ma la professoressa continuò a scendere verso il parco, in direzione di un grosso albero dai rami irrequieti, il Platano Picchiatore. Si fermò proprio di fronte a questo, e anche gli altri si arrestarono a poca distanza da loro. Sirius poteva scorgere il volto di Remus. Sembrava più accigliato del solito.

< Professoressa > disse d’improvviso l’amico, interrompendo il silenzio che li aveva accompagnati fino a quel momento. < Non c’è bisogno che mi scorti fino alla Stamberga. Ormai, conosco la strada > concluse, accennando un debole sorriso. La professoressa lo guardò con occhi gentili. Era la prima volta che Sirius vedeva quell’espressione sul volto di solito severo e duro della donna, e si meravigliò che anche lei potesse apparire gentile.

Poi, la donna estrasse la bacchetta e disegnò un invisibile striscia verticale nell’aria, in direzione dell’albero incontrollabile. Una delle radici si abbassò, e d’improvviso i rami costantemente in movimento del Platano di immobilizzarono. Sotto il mantello, Sirius sgranò gli occhi e spalancò la bocca. Sentì gli altri due trattenere il respiro, come stava facendo anche lui.

Remus mosse qualche passo in direzione dell’albero.

< Signor Lupin > lo chiamò la donna. La sua voce non era algida come di consueto. Remus si voltò per guardarla. < Di recente, ho sentito parlare di un certo Damocles Belby, uno scienziato guaritore laureato in creature oscure, che si ha intrapreso una ricerca sulla base di recenti studi fatti sui lupi mannari, come lei.

< Pare che stia cercando un antidoto che inibisca le pulsioni istintive durante la luna piena. Naturalmente, ancora la ricerca è in via sperimentale, ma forse tra qualche anno riusciranno a trovare una cura adatta >.

Remus sorrise gentilmente alla donna, con occhi spenti. < Grazie dell’informazione, professoressa >.

La donna gli sorrise in rimando. < A domani, Remus >. Poi si voltò, percorrendo a ritroso la strada verso il castello.

Remus, invece, si voltò verso il Platano, arrivando fino alle radici del grosso tronco, dove scivolò all’interno di un’apertura tra di esse, scomparendo alla vista. Pochi attimi dopo, i grossi rami del Platano Picchiatore ripresero ad agitarsi.

Sotto il mantello che li nascondeva al resto del mondo, Sirius e gli altri rimasero immobili per qualche minuto, stupefatti da quello che avevano appena scoperto.

Remus Lupin, l’amico riservato e gracilino che divideva la stanza con loro, un lupo mannaro.

< Che ti avevo detto, James? > parlò Sirius, con poca voce e gli occhi sgranati, girandosi verso l’amico che ancora fissava l’irrequieto albero con la bocca spalancate, come anche Peter. < Avevo ragione io; Remus nascondeva qualcosa >.

 

 


Eccomi di nuovo qui. Questo capitolo l'ho scritto molto velocemente. Come sempre, non sono convinta al 100%. Ma, bè, spero che vi piaccia almeno un pochino.

 

Passanto ai ringraziamenti:

 

jomarch: Grazie mille per la tua recensione fiume, mi è piaciuta da impazzire. Per quanto riguarda il mantello e come James lo scopre, credo che se io fossi stato suo padre, conoscendo il suo carattere mai nella vita gli avrei permesso di mettere le mani su un oggetto ghiotto come il mantello dell'invisibilità, sapendo quanti danni avrebbe potuto farci. Per quanto riguarda Severus, si hai perfettamente ragione, quello che ha fatto è crudele ed egoista. Ma daltronde alla fine si è reso conto dei suoi errori, e ha cercato di fare ammenda. Inoltre il fatto del padre babbano senzaltro gioca una parte fondamentale nel suo carattere e nelle sue scelte future: è come se scegliendo le arti oscure e schierandosi con Voldemort lui volesse punire tutto ciò che il padre rappresentava, tutta la sofferenza che gli aveva inflitto, anche se non si rendeva conto che così facendo avrebbe perso la cosa più importante che avesse mai avuto. Ok, la smetto. Spero che recensirai anche questo capitolo. Adoro i tuoi commenti. Ciao alla prossima!

 

Micia_Loves_Draco: Grazieeee! Sono felice che della tua dipendenza... (hihihi!!). A parte tutto, mi fa piacere che ti stai appassionando al mio James. Devo essere sincera, all'inizio anche a me non piaceva molto; è stata un pò una sfida per me questo personaggio. Ma ormai li adoro tutti e cinque. Non ce n'è uno che ami di meno dell'altro (mi sento molto materna...). Continua a seguirmi e a recensire, è sempre una gioia leggere ciò che ne pensi. Ciao al prossimo capitolo!

 

JDS: Grazie mille! Lo immagino che non avrai tutto il tempo da dedicare a leggere le fic, ma mi fa piacere che trovi sempre un posticino per me e la mia storiellina! Sono felice che anche lo scorso capitolo ti sia piaciuto. E che anche i personaggi ti piaccioni. James è un po' viziatello, è vero, ma che ci vuoi fare è figlio unico e tanto atteso... quel caro bambinone di James! Spero che recensirai anche questo capitolo. Ciao ciao!

 

Grazie a tutti quelli che leggono soltanto. Spero che continuerete a seguire la mia storia. E che continuerete a recensire.

 

M.

 

 

 

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