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Autore: December Moon    09/03/2014    0 recensioni
Rita e il marito Edmondo fanno parte dell'aristocrazia romana post-risorgimentale, Renzo è un giovane ragazzo, bello e di talento, che vuole arrivare alla vetta più alta della società. Un'occasione perfetta gli verrà offerta su un piatto d'argento, ma riuscirà a destreggiarsi tra gli intrighi e a farcela grazie al suo sangue freddo oppure una passione incontrollabile, straziante, impossibile, distruttiva lo rovinerà per sempre?
Genere: Drammatico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
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Erano già passate alcune settimane da quando Renzo aveva iniziato a lavorare in quel caffè. Il lavoro gli piaceva, conosceva un sacco di gente ogni giorno e spesso le donne gli lasciavano una sostanziosa mancia, non potendo scambiare più di due paroline con quel bel cameriere in quanto egli era socialmente molto inferiore rispetto a loro. Aveva fatto amicizia con tutto il personale del locale e con alcuni clienti fissi, che ormai lo invitavano a giocare a carte con loro.
Una sera, alle sette, orario di chiusura del caffè, Renzo, il quale era stanco e con un gran mal di testa, non vedeva l'ora di tornare a casa e di buttarsi a letto per dormire fino all'alba. Stava già pregustando il momento in cui avrebbe appoggiato il suo corpo stanco sul materasso quando a rovinargli i piani ci pensò Alessio, che proprio quella sera voleva invitare l'amico a bere, dato che aveva finalmente ricevuto un piccolo aumento.
- Renzo! Mio caro! Stasera non voglio sentire storie, andremo insieme alla locanda a bere qualcosa! Offro io, chiaramente.
- Non lo so Alessio, ho un gran mal di testa. - disse lui con tono sommesso mettendosi una mano sulla fronte bollente.
- Dai, un goccetto e ti passerà. Forza, andiamo. Stasera berremo vino a sentirci male, ho già detto al capo che domani non ci saremo.
- Ah sì? Grande!
- Non voglio tornare a casa prima dell'alba. La vedremo insieme, l'alba, Renzo. - diede una vigorosa pacca sulla schiena all'amico.
Improvvisamente Renzo si dimenticò del suo mal di testa e insieme mangiarono un boccone al volo preparato dalla stessa donna che aveva indicato al ragazzo dove trovare il signor Antonio. Quella donna, Maria, trattava i due ragazzi come se fossero stati i suoi due figli. Ogni volta che cucinava per loro qualcosa chiedeva sempre se il piatto fosse di loro gradimento, sempre pronta a dargliene una seconda porzione. Maria aveva sempre il sorriso sulla bocca. Era una donna grassa e allegra, con lunghi capelli biondi sempre raccolti in una crocchia a sua volta nascosta da un fazzoletto legato in testa. Lavorava in quel caffè ormai da quindici anni e aveva tre figli di trenta, ventinove e ventidue anni, tutti e tre maritati con delle “brave ragazze, belle e simpatiche” come aveva avuto modo di verificare lei stessa. Nonostante fossero passati tanti anni, le abitudini e i vizi di mamma non li aveva affatto dimenticati, soprattutto perché i due ragazzi gli ricordavano proprio i suoi figli. Spesso raccontava ad Alessio e Renzo dei suoi tre ometti che a natale sarebbero andati a trovare lei e il marito, di cui parlava molto meno spesso. Alessio e Renzo sapevano solo che si chiamava Gaetano e faceva il muratore, ma non lo avevano mai visto né sapevano che aspetto potesse avere.
- Grazie mille, Maria, questa zuppa era davvero ottima. - le disse Renzo, sempre in modo molto garbato.
- Davvero ottima, sì. - ripeté Alessio che aveva già la testa altrove.
- Voi due, fate i bravi ragazzi stasera. Non bevete troppo e non cacciatevi nei guai.
- Oh no, no, non ti preoccupare! - le rispose Alessio.
I due ragazzi, dopo la cena, si congedarono da Maria e passeggiarono per le vie della città invase da gente che tornava a casa a piedi oppure in carrozza. C'era gente per tutti i gusti: dai mendicanti che chiedevano una monetina agli operai ai borghesi e videro perfino una coppia di nobili in carrozza.
Sembrava che la stanchezza dopo la giornata di lavoro fosse svanita improvvisamente. I due ragazzi ridevano, scherzavano e camminavano allegri. Una volta arrivati alla locanda era già buio e subito si sedettero ad un tavolo ordinarono una bottiglia di vino rosso.
- Dì, - disse improvvisamente Alessio facendo trasalire Renzo che si stava quasi addormentando sul tavolo. - Perché non ti fai la fidanzata?
- Troppo coinvolgimento non mi piace. No, le donne ti fanno sentire in gabbia e a me non piace, sai? E poi quando avrei occasione di vederla, che se non sono a lavoro sono a casa a dormire? “Non pensi mai a me, non mi ami, per te la nostra relazione non conta nulla”, non fanno che dirti. No, grazie, sono solo e sono contento.
- Sei mai stato fidanzato? - gli chiese Alessio dopo una lunga pausa passata a fissare l'amico che incominciava a sentirsi a disagio.
- Ma chi? Io? Ti prego, preferisco stare da solo per tutta la vita che incatenato.
- E allora da chi hai sentito tutte queste cose?
- Mauro. E Mattia. Mauro e Mattia, sì, proprio i nostri coinquilini. Spesso li sento parlare di donne.
- Che begli esempi! Mauro ha 35 anni e ancora non si è ammogliato e Mattia è un ubriacone! Cosa vuoi che ne sappiano loro di una relazione? Sai cosa vuol dire stringere una donna e giurarle amore eterno? No, vero? No, naturalmente, sei ancora troppo giovane per capire.
- Ma cosa ne vuoi sapere tu, che hai solo quattro anni in più di me! - gli urlò Renzo ridendo già ebbro della mezza bottiglia di vino che aveva bevuto.
- Io ho amato, ecco come faccio a sapere. Lei era perfetta. Mora, due occhi azzurri che ti pietrificavano da quanto erano belli, sincera, orgogliosa, dolce, un amore. Quello che facevo con lei non era sesso, era amore, ne sono sicuro. La amavo, ci amavamo, ogni volta che facevamo l'amore ci sussurravamo dolci parole e poi stavamo a letto abbracciati per ore, ma poi, si sa che le belle cose non possono durare per sempre. Lei un giorno si è ammalò di tubercolosi e poi morì. Poco tempo dopo aver scoperto della sua malattia, i suoi genitori la chiusero in casa e non mi permisero di vederla. Ogni giorno passavo sotto casa sua e tiravo un sassolino alla sua finestra. Lei si affacciava per un momento e io la salutavo lanciandole un bacio, poi, più nulla. Non si affacciava più, la persiana della sua finestra era sempre chiusa. Un giorno, mentre stavo passando vicino alla chiesa dove di solito lei andava con la sua famiglia, vidi un corteo funebre. Col cuore alla gola corsi, poi, con orrore vidi che il corpo nella bara era il suo. Quel corpo che tante volte avevo stretto a me, che avevo desiderato,baciato, amato sarebbe diventato polvere.
- Ragazzi, che roba! Perché in tutto questo tempo non me lo hai mai detto? Potevo aiutarti a superare la cosa.
- Figurati. È successo che ancora dovevamo conoscerci. - dopo aver pronunciato quella frase alzò un braccio e subito una cameriera arrivò. - Ciao bella, portaci un'altra bottiglia, per favore. - disse con amarezza.
- Subito! - rispose lei.
La cameriera era molto carina, aveva una voce allegra, era sorridente, aveva i capelli e gli occhi castani ed era magra. Avrà avuto la stessa età di Renzo, il quale la trovò interessante.
- Niente male la cameriera, però. - aggiunse Renzo guardandola mentre camminava verso il bancone.
- Vai, campione, fammi vedere di cosa sei capace. Quando torna voglio che sfoderi le tue armi migliori.
- Ti farò vedere io. Se riuscirò a farmela mi offrirai da bere per una settimana intera.
- Ci conto, veh.
La giovane e bella cameriera tornò con in mano una bottiglia piena. Il suo sguardo si posò su di Renzo e lo guardò compiaciuta. Quello sguardo lo fece svegliare definitivamente.
- Lascia che ti aiuti, lascia. - Le accarezzò la mano che teneva la bottiglia. - Come ti chiami?
- Marta. - disse lei, che era già arrossita fino alle orecchie.
- Marta, che bel nome, mi piace. Io mi chiamo Lorenzo, ma chiamami pure Renzo. A che ora stacchi, Marta?
- Alle due, Renzo.
- Mi piace come pronunci il mio nome. - Le sussurrò questa frase in un tono sensuale a poca distanza dal collo della ragazza che, prevedibilmente, trasalì.
- Devo... Devo andare, Renzo. - si staccò dal ragazzo e si allontanò.
- Se si girerà di nuovo a guardarmi, significherà che avrò vinto la scommessa, perché lei sarà per forza mia. - Renzo sussurrò questa frase ad Alessio, che guardò anche lui Marta con la coda dell'occhio.
Prima di tornare al bancone, Marta si girò a guardare Renzo ancora per un momento. Quest'ultimo le sorrise.
- Che classe, ragazzo mio. Tu farai strada con le donne, chissà se riuscirai a passare la notte con lei.
- Con calma, con calma. Le ragazze hanno bisogno di essere rassicurate, bisogna farlo dicendole paroline dolci, facendole sentire uniche inizialmente e poi trattandole male, allora sì che saranno in tuo possesso e si offriranno loro spontaneamente.
- E tutto questo? Sempre Mauro e Mattia?
- No. L'ho imparato io da solo questi anni.
- Guarda, ti sta ancora guardando. Chiedile di unirsi a noi, dai.
- No. Anzi, ora ce ne andremo e  non la saluterò nemmeno. Torneremo tra qualche sera qui e lei brucerà di desiderio per me.
Renzo alzò la mano proprio mentre Marta si trovava al bancone e chiese ad un'altra cameriera il conto.
- Ora guarda, sicuramente andrà dall'altra a chiederle se può portarci il conto lei stessa.
Mentre Renzo diceva queste parole,  vide chiaramente che Marta stava facendo tutto ciò che lui aveva previsto. La ragazza giunse con il sorriso sulle labbra e mostrò il conto a Renzo che, senza nemmeno rispondere, indicò Alessio alla cameriera. La ragazza capì subito e si fece pagare da Alessio.
- Arrivederci Marta, e buon lavoro. - le disse quest'ultimo per congedarsi.
La ragazza gli sorrise e rispose con gratitudine, aspettandosi un gesto simile anche da Renzo, ma non appena si girò si rese conto che questo si stava già facendo strada tra i tavolini e non l'aveva nemmeno degnata di uno sguardo, si girò e portò via tutto infuriata, imbracciando le bottiglie con rabbia ancora sotto lo sguardo di Alessio. Ma chi si credeva di essere quello stronzo per trattarla così? Solo perché era bello, non significava che poteva giostrarsela come gli pareva. Lei pretendeva rispetto. Altri uomini spesso le facevano proposte e lei sempre garbatamente rifiutava, ma una volta che avrebbe accettato, ecco la delusione dietro l'angolo!
"Ti sta bene, Marta!" si diceva. "Ma chi speri di trovare in questa bettola? Il principe azzurro? Qui il più pulito ha la rogna! E quel Renzo è stato davvero uno stronzo a trattarmi così. Io sono favolosa, non merito un trattamento tale."
Tutta la sera fu di cattivo umore, poi, alle due, tornò a casa sua, che era proprio di fronte alla strada, si cambiò d'abito buttando rabbiosamente quello che usava per lavorare su una sedia, si mise a letto e incominciò a piangere.
Renzo e Alessio invece, una volta usciti secondo Renzo in modo trionfale, decisero di andare a festeggiare da un'altra parte, in un'altra locanda ancora. Lì non ebbero l'occasione di provarci con nessuna, in quanto troppo ubriachi. Passarono la serata a buttare giù una birra dopo l'altra e a ridere sguaiatamente per ogni minima cosa ma nessuno ci faceva caso: tutti in quel locale erano ubriachi marci. C'era chi urlava, chi si era addormentato sul tavolo, tuttavia si sentivano due voci spiccare su quelle degli altri: in due stavano causando una violenta rissa. Uno addirittura ruppe un boccale di birra in testa all'altro. Per questo motivo, alle quattro del mattino, ci fu una retata dei carabinieri, i quali portarono via i due uomini e cercarono di fermare tutti i clienti del locale, ma Alessio, Renzo e pochi altri riuscirono a scappare, non tanto spaventati, quanto divertiti.
- Alessio i carabinieri! Alessio! - gridava Renzo completamente ubriaco. Alessio si chiedeva come facesse Renzo a correre così velocemente senza cadere quando aveva notato che non riusciva nemmeno a camminare senza barcollare. Anche Alessio era decisamente ubriaco, ma riusciva ancora ad avere coscienza di ciò che stava accadendo intorno a lui. Prima che Renzo corresse fuori come un idiota, pagò all'oste il conto e poi corse fuori a cercarlo.
- Renzo! Renzo! Dove ti sei cacciato? Mannaggia a te!
Non appena sentì una voce che urlava: "Alessio! Mi hanno catturato!" e una voce che replicava: "Smettila di urlare o sbatto in cella pure te!" Alessio andò in quella direzione e vide che un carabiniere sui 40 anni con due grossi baffi neri reggeva Renzo da sotto le ascelle.
- Dì un po' ragazzo, è il tuo amico quello? - chiese a Renzo.
- Alessio! Alessio! - urlò lui di tutta risposta.
Alessio nell'assistere a quella scena per poco non scoppiò a ridere in faccia al carabiniere, ma si trattenne per non cacciare lui e il suo amico in guai ancora più grossi.
- Ehi tu, prenditi il tuo amico e andate a dormire. È già tanto se non ti vomiterà addosso! - disse il carabiniere visibilmente irritato.
- Sissignore! - urlò Alessio.
- Fai poco lo spiritoso, per stavolta sarò buono, ma la prossima volta vi sbatterò in carcere.
- Arrivederci signor carabiniere! - disse Alessio mentre prendeva Renzo dalle mani dell'uomo in uniforme. Si mise un braccio dell'amico intorno al collo e camminarono diretti verso casa.
- Alessio l'alba! - disse Renzo guardando il cielo che stava incominciando a schiarirsi.
- Sì, Renzo.
Alessio fece sedere l'amico per terra e poi gli sedette accanto.
- Alessio sei il mio migliore amico. - disse Renzo.
Alessio lo guardò stranito, l'alcool lo aveva davvero cambiato! Renzo non aveva mai detto queste smancerie da quando si conoscevano!
Guardata l'alba, tornarono a casa barcollando.
Lo stesso giorno, più tardi si venne a sapere che quei due uomini avevano litigato e si erano picchiati perché uno, quello a cui era stato rotto il boccale in testa, aveva detto che moglie dell'altro era una sgualdrina. La notizia fece scalpore in tutta la città e per alcuni giorni non si parlò che di quello.
- Oh, Alessio, usciamo una volta insieme e riusciamo a rimorchiare, a ubriacarci come degli irlandesi e assistiamo a una rissa con tanto di intervento di carabinieri, rischiamo di farci arrestare e abbiamo anche visto l'alba insieme! Dovremmo uscire più spesso! - disse questo in tono decisamente troppo alto mentre l'amico lo stava sistemando a letto. Il sole era già alto nel cielo e gli altri coinquilini si erano appena svegliati e stavano ridendo di Renzo.
- Non lo avevo mai visto così ubriaco! Anvedi! Abbiamo svezzato il ragazzino. Grande Ale! - dicevano tutti.
Anche ad Alessio veniva da ridere, ubriaco com'era anche lui, ma cercava di contenersi. Mise Renzo a letto, lo rassicurò sul fatto che sarebbero usciti di nuovo e poi se ne andò barcollando nella sua stanza e addormentandosi non appena toccò il letto. Si svegliò la sera alle sette, cenò con i coinquilini e si rimise a dormire. Renzo invece dormì come un sasso fino al mattino seguente.
   
 
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