POV GINNY
Ginevra correva, ormai senza fiato,
da cinque minuti nella
Foresta Proibita. Era una notte buia e ventosa, illuminata solo da
qualche
raggio di luna piena che riusciva a penetrare tra le fronde irte di
rami aguzzi.
Sembrava che le ombre degli alberi rinsecchiti si allungassero e si
dilatassero
fino a ghermirla e a strapparle i capelli. I lamenti del vento e gli
ansiti
della ragazza erano solo alcuni dei suoni che pervadevano il bosco.
La rossa inciampò in una
radice che si srotolava dal terreno
e cadde sbattendo malamente sulle mani, graffiandosi le ginocchia e
sporcandosi
di fango e foglie secche. Sentì in bocca il sapore ferroso
del sangue quando si
morse la guancia e anche quello terroso della polvere. Un ringhio e un
grattare
di unghie –artigli, realizzò- risuonò
da dietro la sua testa e la fece
rabbrividire. S’irrigidì, improvvisamente
immobile, cercando di rendere
impercettibile ogni respiro. Per un po’ di tempo non
percepì alcun suono, alcun
movimento ma, proprio quando stava per girare il volto, la Bestia le
saltò
addosso e la azzannò.
Ginny si svegliò madida di
sudore, a terra, raggomitolata
sul tappeto della sua stanza. Si ficcò un pugno in bocca per
non urlare, soffocando
i gemiti. Era accaldata, come se avesse corso e la gola le doleva;
probabilmente aveva urlato nel sonno. Alzandosi rasente al muro,
guardò le
compagne addormentate: Demelza con una mano abbandonata nel vuoto e le
lenzuola
accartocciate ai suoi piedi e Diane coperta fino al naso, abbracciata
al
cuscino. Sentì un singulto salirle in gola, un macigno
opprimerle lo stomaco,
un batuffolo di cotone formarsi nella trachea. Non riusciva a respirare
bene.
Dentro, fuori.
Inspira, espira.
Poi udì di nuovo il
grattare di qualcosa contro il vetro ed
urlò, portandosi le mani alla bocca. Ginevra si
voltò verso la finestra e
intravide l’ombra di un uccello. Si chiese chi mai potesse
volerla contattare a
quell’ora di notte, però
l’aprì comunque, dopo aver trovato un biscotto
stantio
per gufi nel cassetto della scrivania. L’animale era un
maestoso falco dal
piumaggio lucente e aveva un messaggio tra gli artigli; stese una zampa
con
lentezza, guardandola in modo altero e quasi sdegnoso. Ginny cautamente
sfilò
la pergamena dal contenitore e porse il bocconcino al rapace, che non
la guardò
nemmeno e volò via.
La ragazza riconobbe immediatamente
la scrittura un po’
inclinata, alta e oblunga, vergata in inchiostro verde scuro. Draco,
ovviamente. La osservò con malinconia piuttosto che con
rabbia, pensando che
comunque, nonostante tutte le cose che era venuta a sapere, sentiva il
bisogno
di abbracciarlo e di vederlo ancora. Soppesò le ipotesi: era
meglio andare e
permetterle di spezzarle il cuore più di quanto non avesse
già fatto o far
finta di non sapere nulla, cercando di godere il tempo che gli rimaneva
con
lui? Passeggiò nervosamente sul tappetò,
strascicando i piedi.
-Vai- le sussurrò una voce
roca. Diane si era alzata e si
stringeva nella coperta rosa –Subito-
Ginny infilò una felpa di
Fred sopra alla maglia del pigiama
e, afferrando la bacchetta, uscì. Sentiva gli occhi
malinconici di Diane che la
fissavano, ma non si girò. Scese in fretta le scale e
guardò l’orologio sopra
al camino: era tardi; mezzanotte e venti. La sala comune era gelida e
buia,
Ginny rabbrividì, accorgendosi di essere a piedi nudi.
Affondò il naso nella
felpa e iniziò a correre.
I personaggi dei quadri nei corridoi
dormivano, alcuni
silenziosamente e altri no e tutte le luci erano spente,
così Ginny dovette
illuminare la punta della bacchetta per orientarsi: -Lumos-
Sentì un groppo
salirle in gola, un masso di inquietudine, rabbia, rimpianto, nostalgia
chiuderle la trachea e farle ronzare le orecchie.
-Non piangere, non puoi piangere, non
devi piangere. Sei una
Grifondoro e sei coraggiosa- Ginny ripetè questa frase come
un mantra per
convincersi che non stava devastando la sua vita con le sue stesse
azioni. Andare
da Draco e vederlo l’avrebbe lacerata, lo sapeva. Ma
l’avrebbe anche aiutata a
chiudere questa storia e a ricominciare. O no?
Scoccò mezzanotte e
quarantacinque da un importante orologio
appeso al muro quando Ginny entrò nella Stanza delle
Necessità, camminando
avanti e indietro tre volte davanti al muro del Settimo Piano.
Draco era in piedi davanti al camino,
lo sguardo corrucciato
e la postura rigida. La rossa capì che era preoccupato se
sarebbe venuta o no.
Si schiarì la gola per segnalare la sua presenza e quando
Draco si voltò, quasi
si mise a piangere per il sollievo che vide nel suo viso e per il
rimpianto.
Come poteva essere ancora innamorata di una persona che
l’aveva fatto soffrire
così tanto? Draco le corse quasi incontro e
spalancò le braccia per
accoglierla; sembrava stanchissimo, quasi prostrato, ma felice solo per
il
fatto di vederla. Ginny non riusciva capire come facesse a fingere
così bene,
nonostante tutto. D’altra parte era una Serpe; era abituato a
mentire, a essere
meschino, a giocare con i sentimenti altrui.
Si sentiva sempre più
stupida. E arrabbiata.
Lo respinse rudemente con una mano,
incrociando le braccia
davanti al petto e notando lo sguardo ferito negli occhi adamantini.
Sì, era
bravo a fingere, ma lo era anche lei. Assunse l’aria
più distaccata e fredda
che riusciva a interpretare e disse:
-Che cosa vuoi, Malfoy?- Le sue
parole bloccarono Draco sul
posto, rendendolo cauto e rigido come un animale braccato.
-Ginevra… Che cosa
c’è?! Se sei arrabbiata perché ti ho
fermata quando sono uscito dalla Sala Grande stamattina, fidati,
c’era un suo perché.
Non mi sembra l’atteggiamento adatto da tenere- la sua voce
era infastidita, ma
comunque conciliante.
Ginny strinse gli occhi in due
fessure e avanzò verso di lui
con passo ferino:
-Stamattina ho parlato con Ronald
quando te ne sei andato-
cominciò noncurante – e sai che cosa mi ha detto?-
Come se ricordasse tutto
all’improvviso, come se non sapesse
esattamente che cosa Ginny gli stava dicendo, la sua espressione
assunse
un’aria allarmata da non-è-come-credi che la fece
infuriare ancora di più.
Il suo tono salì mentre
continuava impietosa: -Mi ha
raccontato di quel pomeriggio in cui vi siete picchiati, con la
differenza che
lui mi ha informata di un particolare in più-
-Ginny, davvero, io…- per
la prima volta vedeva Draco
supplicarla. Vedeva il volto contratto, paonazzo, le mani strette a
pugno e le
sopracciglia aggrottate. Il suo ragazzo Slytherin, il suo bellissimo
ragazzo
tormentato, che però non conosceva amore, solo
falsità.
- Smettila di metterti sempre in
mezzo! La questione non sei
tu! Il problema adesso sono IO! Che cosa pensavi di fare, eh? Di dire:
“Guarda
un po’, le mie sgualdrine Serpeverdi non mi bastano, proviamo
la Weasley, è
esotica!”. Tanto tutta la scuola dice che è una
zoccola, che è una facile: ci
starà sicuramente con me, sono Draco Malfoy- Ginevra si
accorse di sembrare
isterica, derisoria, quasi pazza, ma non riusciva a fermarsi,
soprattutto
vedendo un lampo di riconoscimento degli occhi del ragazzo.
-Pensavi che te l’avrei
data subito? Invece, guarda un po’,
non è stato così! Che cosa ti ha spinto allora a
continuare a provarci, vedendo
che non ero “facile” quanto credevi, che non aprivo
le gambe quando mi
baciavi?-
Draco riuscì a
interromperla solo quando si fermò per un
singhiozzo: -Ginny, non è andata così!
E’ vero, ho incontrato tuo fratello che
mi ha infastidito e per ferirlo gli ho detto cose di cui mi
vergognerò sempre,
ma non volevo! E’ stato l’unico modo che avevo per
attaccarlo. Ho sbagliato,
Ginevra. Perdonami. Ti prego- Era quasi in ginocchio davanti a lei,
però ormai
la ragazza era diventata insensibile quanto un manichino.
-Quindi non hai ancora gettato la
spugna, vedo. Pensi ancora
che tutto potrà ritornare come prima. Stammi lontano,
Malfoy, o te ne pentirai.
E non farti più vedere-
Draco la rincorse, urlando adesso
iroso: -No, Ginny,
lasciami spiegare, non puoi fare così! Aspetta-
Ginny camminò verso la
porta, calpestando i frantumi del suo
cuore, pungenti come schegge di vetro. Singhiozzava silenziosamente,
svuotata,
annichilita. Non sentiva più niente. Non sentì
più niente nemmeno quando Draco
le afferrò un braccio, la voltò e premette
violentemente le labbra sulle sue.
Rimase immobile, mentre il ragazzo cercava di aprirle la bocca e di
farle
ricambiare il bacio disperatamente. Draco mormorò il suo
nome sulle sue labbra
e Ginny sentì il sapore salato delle lacrime, ma non
distinse se fossero le
sue, copiose, o quelle di Draco.
Si divincolò ed
uscì senza nemmeno voltarsi indietro.
Scusatemi per il mio ritardo
ingiustificabile! Si, si avete
ragione, non è socialmente accettabile lasciar aspettare
delle signorine
perbene per settimane una fanfiction che non prosegue…
Comunque eccomi qui e un
grazie infinito a tutti quelli che ancora mi seguono e mi recensiscono!
Le cose si fanno difficili, eh? Spero
che questo capitolo vi
piaccia perché ci ho lasciato il cuore anche io.
Un bacio,
Viola