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Autore: semplicementeme     29/06/2008    7 recensioni
Una ragazza costretta a vivere come un uomo.
Una ragazza che non dimentica di essere donna.
Una donna che impara cosa vuol dire amare.
***On line Prologo + VI capitolo***
[Personaggi principali: André/Oscar, Axel von Fersen, Nuovo Personaggio]
STORIA SOSPESA
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo I


La brezza del vento di maggio accarezza i miei capelli ed io chiudo gli occhi cercando di placare il ritmo del mio cuore. Le gote rosse ed accaldate sono rinfrescate con un po’ di acqua che ho portato dietro. Allento il nastro che tiene uniti i lembi del corsetto che comprime i miei seni e, così, cerco di guadagnare un minimo di riposo. La camicia bianca è ampia e nessuno si accorgerà di nulla. Da subito, appena ho allentato la costrizione ai miei seni, posso respirare con più facilità.

Tra non molto dovremo recarci alla Reggia, è meglio che mi alzi e vada a prepararmi. Senza aprire bocca mi rimetto in piedi, subito André mi è dietro. Come sempre.

Non so per quale assurda ragione, ma il ricordo del nostro primo incontro si fa strada prepotente nella mia mente. Avevo sei anni.

Era una mattina di primavera. Scendevo le scale diretta alla sala da pranzo per la colazione. Raramente ciò accadeva, generalmente ogni membro della famiglia faceva colazione nei propri appartamenti, ma quel giorno mio padre era in casa e quando ciò accadeva, tutta la famiglia era obbligata a fare colazione insieme, in sala da pranzo.

Scendevo le scale di corsa, ero in ritardo. Il Generale odia i ritardatari, non ricordo più per quale motivo ero in ritardo, so solo che mi trovavo a correre per evitare una punizione, l’ennesima. Scendevo le scale di corsa, saltavo ogni due gradini.

Giunta alla fine della rampa cercai di ricompormi un po’ per non essere sgridata a causa del mio disordine.

Con passo lento e calibrato arrivai in sala da pranzo. Mio padre e mia madre, con le ultime due sorelle ancora da sposare, erano seduti a tavola, mancavo solo io.

- Buongiorno padre. Madre.

Mi avvicinai a mio padre e feci un leggero inchino, poi baciai la guancia di mia madre come accadeva ogni volta che la vedevo. Mi voltai verso Marie Elène e Claudette ed anche a loro feci un cenno col capo come saluto. Presi posto alla destra di mio padre e restai ferma, attendendo che proprio lui iniziasse la colazione. La sua voce dura si propagò per la stanza.

- Oscar non intendo ripetertelo una seconda volta. Non voglio certe manifestazioni d’affetto con tua madre. Sono stato chiaro.

Alzai il capo e fissai negli occhi mio padre sfidandolo. Avevo solo sei anni ma in quei pochi anni il mio carattere si era espresso in tutta la sua forza. Restai in silenzio senza rispondere. Continuavo a fissarlo e sfidarlo. Il silenzio regnava nella sala da pranzo. Nessuno osava parlare. Mio padre attendeva che io annuissi al suo ordine, ma ciò non avveniva. Mia madre era visibilmente nervosa, torturava il tovagliolo che stringeva in mano. Non riuscivo a vedere le mie due sorelle ma potevo immaginare anche le loro espressioni curiose e in parte tese. Assistere ad una sfuriata di mio padre non era mai piacevole.

Il Generale, intanto, continuava a fissarmi attendendo un mio segnale. Ma io non volevo cedere. Volevo far valere le mie intenzioni. Mia madre, insieme a Nanny, erano le sole che mi manifestavano un po’ di affetto. Loro due erano le sole a regalarmi un po’ di calore umano.

Fu l’ingresso di Nanny ad interrompere lo scontro tra me e mio padre. La mia governante arrancava con passo veloce ed appena entrò si inchinò al cospetto dei miei genitori.

- Generale De Jarjayes, è appena arrivato.

Mi voltai verso Nanny e lessi una sorta di tensione nel suo viso. All’epoca avevo solo sei anni e non riuscivo a capire il perché di quel tremore nella voce. Mio padre bruscamente si alzò e senza degnare di uno sguardo i presenti si diresse verso gli ingressi del palazzo.

Mi alzai anch’io curiosa di sapere cosa, almeno per il momento, mi aveva permesso di evitare una punizione, ma fui bloccata da mia madre.

- Oscar, bambina mia. Ascoltami. D’ora in avanti, al cospetto di tuo padre, dovrai evitare ogni forma di affetto nei miei confronti e nei confronti di Nanny. Mi hai capito. Non voglio che tuo padre sia costretto a punirti.

- Ma madre…

Uno sguardo di mia madre riuscì ad ammutolirmi. Era questa la grande differenza dei miei genitori. Non temevo mio padre e neanche mia madre solo che, deludere quest’ultima era la cosa che mi feriva maggiormente ecco perché acconsentivo ad ogni suo desiderio.

Chinai il capo e le feci capire che avevo accettato. In risposta ricevetti un bacio in fronte. Le sorrisi, non avevo perso il suo affetto.

Di corsa uscii dalla sala da pranzo e mi diressi verso l’atrio del palazzo. Da lì sentivo provenire le voci di mio padre e di Nanny. Discutevano di qualcosa, di qualcuno. Mi avvicinai e restai in disparte. Mio padre si accorse della mia presenza mi fece segno di raggiungerlo. Con calma esegui il suo ordine.

Mi affiancai a lui e solo allora notai che accanto a Nanny stava un bambino, forse della mia stessa età, dai capelli castani e gli occhi verdi. Il viso triste e gli occhi arrossati, forse dal pianto. Mi stupirono le lacrime che non avevo visto versare. Perché quel bambino aveva pianto? Non sapeva che le lacrime erano roba da femmine? Lo osservai ed un’espressione corrucciata deformò i miei lineamenti infantili. Mio padre allora si rivolse a me.

- Oscar ti presento Andrè. È il nipote di Nanny. I suoi genitori sono morti e da oggi Nanny si prenderà cura di lui e vivrà a palazzo con noi. Oscar sono lieto di presentarti il tuo attendente.

Aggrottai le sopracciglia. Era il nipote di Nanny. Lo guardai ed allora compresi il perché delle lacrime che aveva versato. Aveva perso entrambi i genitori. Adesso era solo. Forse, al suo posto anche io avrei versato qualche lacrima.

Andrè mi fissava, curioso. Tesi la mia mano con un debole sorriso, lui l’accettò e la strinse con quanta più forza avessi immaginato. Il mio sorriso si allargò. Andrè non era un debole.


- Oscar. Mi senti? È da mezz'ora che ti chiamo.

Mi volto verso di lui. Il sole tra le fronde dell’albero mi abbaglia per un attimo. Andrè in piedi sopra di me mi guarda curioso. Il sole alle sue spalle rende i suoi occhi incredibilmente scuri. Mi tiro su, ma resto sempre più bassa di lui. Massaggio ancora il polso, ma è più un’abitudine che una necessità.

- Dimmi Andrè. Ero distratta.

- Me ne sono accorto. A cosa pensavi?

La voce allegra di Andrè non è cambiata in questi anni. In questi tredici anni. Tredici anni da quando Andrè è entrato nella mia vita.

- Alla prima volta che ti ho visto. La prima impressione è stata pessima. Un bambino frignone, ecco cosa mi sembravi.

Finisco di parlare ed inizio a correre. Andrè non mi dà neanche un po’ di vantaggio, mi insegue da subito. Rido divertita nel vedere la sua espressione arrabbiata. Ogni tanto mi volto per vedere a che distanza si trova ed ogni volta mi accorgo che è sempre più vicino. Intensifico la corsa sperando di ottenere un qualche vantaggio, se non trovo entro breve una soluzione, Andrè mi raggiungerà e non oso immaginare cosa sarà capace di farmi. Mentre corro salto ostacoli su ostacoli. Pietre su pietre ed ad un certo punto il tronco di un albero. Salto anche quello, senza difficoltà.

Improvvisamente mi viene un’idea. Rallento di proposito, mi lascio raggiungere da Andrè quel tanto che basta per fargli credere che ho il fiato corto. All'ultimo cambio direzione. Andrè resta spaziato da questa mia decisione ed io ne approfitto per accelerare e mettere più metri tra me e lui. Corro sempre più veloce e l’adrenalina sale alle stelle.

Sono questi i momenti che mi fanno sentire libera. Libera da costrizioni. Libera dall’etichetta. Libera da mio padre. Libera nei miei diciannove anni.

Persa in queste riflessioni non mi accorgo che Andrè mi ha raggiunta e mi ha afferrata per un polso. Mi strattona ed io perdendo l’equilibrio cado in terra trascinandolo nella mia rovinosa caduta.

Cadiamo entrambi ed iniziamo a ridere senza fermarci. Il fiato corto. Le guance calde, immagino anche rosse. Improvvisamente mi rendo conto della posizione in cui siamo caduti. Io sotto, Andrè sopra di me. Le sue mani sopra la mia testa, il suo torace a pochi centimetri dal mio.

Il mio torace si alza e si abbassa. Il respiro diventa corto. Dopo l’allenamento ho allentato il corsetto ed ho sbottonato un paio di bottoni della mia camicia bianca. Adesso i miei seni spingono, sono separati dal torace di Andrè solo dalle nostre camice che ancora ride della situazione, non si è accorto di nulla.

Si ferma quando si rende conto del fatto che io non rido con lui. Mi osserva. Poi scende e si sofferma sulla mia camicia. Resta fermo immobile. Gli occhi fissi sui solchi dei miei seni. Vorrei irrigidirmi ma non riesco. È tutto così… naturale. È come se fosse normale averlo così vicino.

Le mie labbra sono secche e le inumidisco con la lingua. Andrè è attratto da questo mio gesto che sembra ridestarlo. Si alza immediatamente e mi dà le spalle. Resto spiazzata da questo improvviso cambio di atteggiamento. Silenziosamente mi alzo. Adesso anche io gli do le spalle. Esco dall’asola ancora qualche bottone, poi tirando i lacci del corsetto inizio a stringere proprio questo, per quanto mi sia concesso. Riabbottono la camicia e mi volto verso Andrè, lo supero e torno verso la radura dove c’eravamo fermati ad allenarci. Quando sono riuscita ad oltrepassarlo inizio a parlare.

- Andrè io torno a Palazzo. Devo recarmi a Versailles e si è fatto tardi. Se vuoi puoi restare qui non occorre che tu venga con me.

Non dico altro. Giungo alla raduna e monto in groppa a Cèsare, sprono il mio cavallo a dare il massimo.

Voglio dimenticare il prima possibile le sensazioni provate. Voglio dimenticare.

Sono tornata. Prima del previsto. Sono riuscita ad aggiornare prima del 7 luglio, anche perché era da qualche tempo che avevo pubblicato il prologo di questa fic. Questo primo capitolo è uscito così, dal nulla. Ai più questo capitolo sembrerà corto, francamente anche a me lo sembra. Rispetto ai miei soliti canoni questo potrebbe essere inteso come un prologo. Ho deciso, però, di non aggiungere altro. Il capitolo si è scritto da solo ed io non voglio mettere nulla di più per evitare di sovraccaricarlo e far perdere la poca fluidità che ha acquistato.

So che non è granché non vi dico di accontentarvi perché il lettore non deve mai essere accontentato, solo cercate di capire. È la prima volta che mi trovo a scrivere su Lady Oscar ed ancora non ho un’idea precisa di ciò che accadrà.

Passo ai ringraziamenti altrimenti finisce che scrivo molto più di quello che è il primo capitolo!

RINGRAZIAMENTI:

- LUNA 22474: grazie per i complimenti. Il capitolo è più lungo del prologo ma, secondo me, è ancora troppo corto. Non sono riuscita ad entrare nei personaggi e questo un po’ mi infastidisce. Preferisco non appesantire il racconto aggiungendo qualcosa che magari serva solo “ad allungare il brodo” come si dice dalle mie parti. In pratica scrivere qualcosa solo per riempire pagine. Io non sono così. Mi auguro che questo capitolo ti piaccia e che la storia continui ad incuriosirti. A presto e grazie per aver commentato!

- HATORI: ciao! Sono felice di poter vedere che anche qui trovo qualcuno che già conosco. Tutti i tuoi complimenti mi imbarazzano un po’ anche perché adesso ho paura di deluderti. Ti sarai accorta che la lunghezza (o forse dovrei dire brevità) del capitolo rispetto i miei soliti canoni e questo mi preoccupa un po’! Si tratta di carenza di idee ma per il momento il primo capitolo si è scritto da solo, spero che sarà così anche per i prossimi. Spero, comunque, di non averti delusa. Grazie per aver commentato a presto… un bacio!

- GIUSYANGEL: è vero che non ho scritto quasi niente, ma non è poi così vero dato che stavo descrivendo Oscar o per lo meno ci stavo provando e comunque, il prologo, per definizione, è un breve discorso introduttivo che serve a catalizzare l’attenzione del lettore. Con questa risposta non vorrei sembrarti polemica ma ci tenevo a precisare che quello che a te è sembrato “quasi niente” è servito a catalizzare la tua attenzione e ti ha spinta a commentare, quindi, credo di essere riuscita nel mio intento. Grazie per aver commentato a presto!

- HIKARU_ANGELIC: è strano! Mi viene da ridere. Nel commento precedente al tuo mi hanno detto che non ho scritto molto e che quindi non si capisce nulla. Tu, invece, mi dici che in poche righe ho scritto una vita. È davvero strano come uno scritto possa suscitare emozioni tanto diverse, non lo credi anche tu? Grazie del complimento riferito alla capacità di rendere le emozioni. Merito è dato anche dall’utilizzo della prima persona, posso parlare attraverso il personaggio e riesco a lavorare con più serenità! Spero che anche questo primo capitolo possa entusiasmarti tanto quanto il prologo. Grazie per aver commentato a presto!

Bene grazie a tutti coloro che hanno letto ed alle due persone che hanno inserito la fic tra i preferiti. Ci rivediamo presto, spero intorno al 7 agosto. A presto e buone vacanze a tutti!

   
 
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