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Autore: Chione regina della neve    11/03/2014    2 recensioni
La storia parla di Rose: una giovane orfana mezz- elfa, che si troverà suo malgrado, in uno sconvolgente susseguirsi di eventi, che la porteranno a scoprire antiche verità, per fermare un male tornato dal passato e che ora dilaga nel suo mondo.
Spero vi piacerà siate clementi è il mio primo lavoro e non sono ancora bravissima
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Una ragazzina, si era svegliata nel cuore della notte.

Il rumore della tramontana, che soffiava con più violenza del solito fuori dalla sua casetta, facendo sbattere le imposte delle finestre; l’aveva infastidita al punto da costringerla ad alzarsi, nel tentativo di porre rimedio.

Ma come fece per guardare fuori, il suo proposito di tornare a dormire, sparì nel nulla soppiantato dalla curiosità.

La ragazzina in questione, doveva avere all’incirca dieci anni, anche se data la sua bassa satura, la gente difficilmente lo avrebbe detto.

Era incredibilmente graziosa, la pelle candida sembrava fatta di porcellana e i sottilissimi lineamenti, mettevano in mostra quella metà del suo essere che apparteneva ai reami immortali.

Infatti, ella era per metà un elfa, dettaglio reso evidente dalle sue orecchie, poco più lunghe rispetto a quelle degli umani.

Queste però, erano costantemente coperte per quanto possibile, dai suoi lunghi capelli biondo pallido, che sembravano quasi sottilissimi fili d’oro.

Altrettanto preziosi apparivano i suoi occhi: due smeraldi lucenti, che sembravano brillare di luce propria.

In quel momento, la piccola aveva rivolto tutta la sua attenzione, a una scena a dir poco particolare, che stava avvenendo fuori dalla sua finestra : suo padre stava parlando con degli uomini dall’aria bizzarra; questi erano evidentemente dei mercanti, dato l’impressionante numero di carabattole che si portavano dietro, in tre carretti pieni.

Anche se; un quarto era posizionato proprio davanti a suo padre e quest’ultimo stava ispezionando minuziosamente il contenuto del suddetto carro.

Qualcosa si agitava in quel trasporto, ma il telo che lo copriva impediva alla piccola di capire cosa fosse.

La bimba riusciva comunque a udire distintamente un suono.

Sembrava un lamento, come se qualcuno fosse impaurito e infastidito, ma non sembrava qualcosa di umano.

I suoi dubbi ebbero però vita breve, quando vide suo padre prendere qualcosa da sotto il telo.

Quello che vide uscire da sotto quel lenzuolo, le procurò un incredibile allegria, al punto che dovette sforzarsi per non mettersi a saltellare sul posto.

Si trattava di un piccolo cagnolino, indubbiamente un cucciolo, che lei e suo padre avrebbero dovuto allevare, per prepararlo alle battute di caccia che l’imperatore organizzava ogni mese.

Quello in braccio a suo padre, era un cucciolo davvero grazioso: aveva il pelo bianco come la neve, con qualche accenno di giallo pagliericcio sulla coda e un musetto vispo, con gli angoli della bocca leggermente tirati, quasi  a formare un sorriso da cui si intravedevano i denti … ma stranamente sembrava sofferente.

La povera creatura infatti, non faceva che guaire, tremando senza sosta.

Vide suo padre esaminarlo attentamente, per poi rivolgere ai mercanti uno strano interrogativo.

<< Stai cercando di prendermi in giro vecchio mio? Queste povere bestie sono troppo malridotte per diventare cani da caccia; temo anzi che non reggeranno una settimana>>.

Il mercante rispose con stizza all’indirizzo del suo rude cliente dicendo.

<< Questi >>.

Con un gesto secco della mano indico i cagnetti presenti nel carro, prima di continuare con più calma.

 << Sono mastini delle valli di Sherier:  i cani da guerra più forti, feroci, combattivi e inesorabili di tutto il nord. Non sono buoni cacciatori, sono cacciatori eccezionali>>.

Il vecchi guardacaccia osservò ancora un attimo il cagnetto fra le sue mani e poi disse.

<< Ne prenderò tre e spero per il tuo bene che non mi facciano fare figuracce quando verrà il momento, o saprò come giustificarmi con l’imperatore>>.

L’uomo pronunciò quelle parole con calma, come a dimostrare che non stava affatto scherzando, ma le parole del mercante lo tranquillizzarono, mentre quest’ultimo se ne andava avendo ricevuto il pagamento.

<< Ti sfido a trovare una solo volta, in cui ho venduto un prodotto che non fosse garantito. Vedrai che non avrai nulla di cui pentirti nemmeno oggi vecchio Gabriel>>.

Il guardiacaccia sorrise, poco prima di volgersi verso la finestra di casa sua, dove vide una minuta testolina bionda, cercare di sottrarsi alla sua vista.

Gabriel sghignazzo piano, mentre  le sue labbra sottili contornate da rughe filiformi si stendevano senza controllo.

Si passo una mano fra i folti capelli neri, che qui e la mostravano i primi evidenti sprazzi d’argento, spostando un ciuffo ribelle che era solito scivolargli sulla fronte, mentre pensava che a volte il suo ruolo di genitore era davvero divertente.

Condusse i cani nel canile e diede a ognuno dei piccoli un preparato che sarebbe servito a rimetterli in forze, sperando che avrebbe sortito l’effetto desiderato.

Dopo aver fatto ciò, si diresse in silenzio verso la stanza della figlia, la quale fingeva palesemente di stare dormendo, tentando di coprirsi quanto più possibile con le lenzuola del suo lettino.

L’uomo sorrise e avvicinandosi si sedette sul bordo di quel lettino, guardando la creaturina raggomitolata sotto le lenzuola.

<< Bhe credevo di averti vista sveglia, ma mi sbagliavo; la mia immaginazione deve avermi giocato uno scherzo, meglio così, ora andrò a dormire e visto che fa molto caldo chiuderò la porta della mia stanza. Buona notte Rose>>.

Detto questo Gabriel uscì dalla stanza della bimba, lasciandosi la porta socchiusa alle spalle.

Rose ovviamente sospettava qualcosa; quindi attese qualche altro minuto prima di agire, ma alla fine uscì dalla sua camera e  cercando di fare il meno rumore possibile, si avviò verso il piano di sotto.

Quello di Rose non era un capriccio, o un colpo di testa, per lei era una tradizione e un divertente gioco, dare il benvenuto ai nuovi arrivati non appena arrivavano.

Sta volta però era mossa anche da un'altra molla, aveva sentito suo padre parlare con quel mercante e ora voleva assolutamente assicurarsi che i cuccioli stessero bene.

La casa non era molto grande: costruita in legno e pietra era divisa in due piani. Il primo, costituito da un'unica grande stanza, comprendeva; l’ingresso , la sala da pranzo, il salotto e le scale del piano superiore.

A riscaldare l’intera stanza, stava un grande camino di pietra grigia, che fungeva anche da cucina.

Il piano superiore invece era costituito da tre stanze divise da un corridoio; la prima, la più vicina alle scale,  era la stanza di Gabriel, arredata con quel tanto che serviva a un omaccione come lui: un letto , una piccola scrivania, un armadio e una piccola stufetta a legna, relegata in un angolino della stanza.

Poco più in la rispetto alla prima, stava una seconda stanza, di pochissimo più piccola della precedente, ma decisamente più graziosa; questa era la stanza di Rose, la bambina stessa l’aveva arredata o meglio fatto arredare con : un piccolo lettino decorato con coperte verde chiaro, ai  piedi del quale stava una piccola cassa intagliata in mogano, in cui la bambina conservava i suoi giocattoli. Sul muro opposto, faceva mostra di se, una specchiera molto graziosa, dove erano appoggiati pettini e spazzole. Accanto alla porta, stava appoggiato un guardaroba decisamente piccolo, ma altrettanto versatile. Di fronte al guardaroba c’era una scrivania su misura per lei posta proprio sotto la finestra e direttamente nell’angolo adiacente anche lei teneva una stufetta.

L’ultima stanza del secondo piano era un ripostiglio, dove erano conservati attrezzi per ogni evenienza, svariati oggetti ormai in disuso tenuti come ricordo e persino svariati sacchetti contenenti altrettanti tipi di erbe mediche.

Lentamente e silenziosamente, Rose attraversò quelle poche stanze, per ritrovarsi poi di fronte alla porta sul retro dell’abitazione.

Uscì senza fare alcun rumore e con calma raggiunse il canile posto poco più in la rispetto alla casa.

Quando entrò nella piccola struttura, molti dei segugi si destarono allertati dal rumore, ma nessuno di loro emise un latrato, conoscevano Rose; sapevano che non avevano nulla da temere dalla piccola, lei aveva giocato con loro migliaia di volte e spesso aiutava il padre ad accudirli, tanto che ormai la sua presenza nel canile non era un fatto strano.

Si avvicinò alla zona destinata ai cuccioli, puntando subito verso gli ultimi arrivati e con sua grande sorpresa, vi trovò quel cuccioletto bianco, che l’aveva colpita tanto.

Sembrava molto debole, anche se aveva ripulito la sua ciotola e i suoi fratellini non sembravano essere messi meglio.

In quel momento, si senti poggiare una mano sulla spalla e udì la voce calda e forte di suo padre dire.

<< Non temere, si salveranno, te lo prometto>>.

Rose si girò di colpo, non che non se lo aspettasse, sarebbe stato sciocco pretendere di non essere scoperti e probabilmente il fatto che lei fosse riuscita ad arrivare fin li, non era dovuto alla semplice fortuna, ma vedere il suo caro genitore li, l’aveva comunque messa in soggezione.

 Così stettero entrambi svegli accudendo i tre cuccioletti.

Era ormai arrivata l’alba quando riuscirono a portare fuori pericolo due dei tre cuccioli; purtroppo però, nonostante gli sforzi, il cucciolo bianco sembrava destinato a non riprendersi.

Passarono un altro paio d’ore e la situazione non sembrava voler migliorare: il cucciolo sembrava diventare sempre più debole … si stava arrendendo.

Gabriel aveva spostato gli altri due cuccioli in un'altra cuccia e ora si stava occupando di loro.

Non aveva avuto cuore di allontanare sua figlia da quel cuccioletto, sembravano entrambi sul punto di scoppiare a piangere, era meglio che stessero vicini. 

Rose era molto triste, non voleva che quel cucciolo se ne andasse tanto presto, così si avvicinò  a quella creaturina tremante e fece per accarezzarlo piano e gentilmente.

Quando le mani di Rose sfiorarono il morbido pelo del cucciolo, da esse scaturì una tenue fiamma verde acqua.

In un primo momento la bimba ebbe timore di quanto accadeva,  ma poi si lasciò trasportare dal piacevole, dolce calore che piano piano  stava avvolgendo sia lei che il cucciolo.

Quel dolce torpore cullo la piccola mezz’elfa, che piano piano cadde in un sonno profondo.

Si svegliò molte ore dopo, ritrovandosi  nella sua stanza; confusa saltò giù dal letto, correndo al piano di sotto, dove trovò suo padre intento a preparare qualcosa da mangiare.

Quest’ultimo, sentendo il baccano provocato dalla sua frettolosa bambina, si girò con un largo sorriso stampato in volto dicendo .

<< Ben svegliata pigrona, hai dormito davvero un sacco>>.

Lei non rise, era scossa e confusa, ma più di tutto, era preoccupata della sorte di quel cucciolo.

<< Cosa è successo? Perché siamo a casa? Cos’è successo al cucciolo?>>.

Fece tutte quelle domande in una sequenza a raffica, in cui le frasi sembravano confondersi fra loro, tanto che in un primo momento lei stessa si sentì disorientata.

Nonostante ciò Gabriel sorrise e rispose paziente.

<< Sei crollata dal sonno abbracciata al cucciolo, quello si è ripreso in un attimo e ora sta benone, così io da bravo e responsabile padre quale sono, ti ho riportato a casa a dormire nel tuo letto>>.

La ragazzina per un momento si senti spaesata, ma poi sorrise felicissima di quella notizia, guardando il padre in una muta richiesta: voleva accertarsi personalmente delle condizioni del cucciolo.

Il vecchio guardacaccia sorrise e fece un cenno d’assenso, aveva capito le intenzioni della figlia e certo non poteva negarglielo, ma prima che potesse aggiungere alcun che, la piccola se n’era già andata di corsa.

Rose raggiunse il canile in un baleno, andando dritta verso la sezione dedicata ai cuccioli e li vide il suo piccolo amico, che ora scoppiava di energia.

Si avvicinò al cucciolo e con un sorriso dolcissimo, si chinò ad accarezzarlo e nel mentre, gli parlò dicendo.

<< Sai piccolino che hai causato un bel po’ di guai. Eravamo in pensiero per te>>.

Il cucciolo si lascio coccolare per qualche minuto e a un tratto una luce si accese nei suoi occhi e una voce infantile parlò dicendo.

<< Grazie per avermi salvato; da oggi ti sarò fedele per sempre e sarò tuo amico finche vivrò>>.

Rose era esterrefatta, non riusciva a credere ai suoi  occhi, ne tantomeno alle sue orecchie.

<< Tu … Tu … Tu sai parlare? … Ma è meraviglioso. Come ci riesci? Dove hai imparato? E’ un dono di nascita, o ti hanno fatto un incantesimo? E tu sei l’unico o anche i tuoi fratelli possono? Oh Io lo sapevo che eri speciale ma non mi aspettavo cosi tanto non so da dove cominciare a chiedere…>>.

Questo era il fiume di parole che era sgorgato dalle labbra di Rose senza freno alcuno, era così felice che aveva iniziato persino a muoversi freneticamente, quasi a ballare.

La piccola era euforica, scoprire che il cucciolo che aveva aiutato era dotato del dono della parola, era stato come scoprire che il suo compleanno si sarebbe festeggiato ogni mese.

L’interessato però non sembrava altrettanto entusiasta, tutti quei movimenti bruschi  lo mettevano a disagio, cosi attirò nuovamente l’attenzione della mezz’ - elfa.

<< Ok ho capito sei molto felice, ma non è il caso di agitarsi come una mosca sulla tela del ragno e poi io non sto neppure realmente parlando>>.

Rose si fermò di colpo e lo guardò con uno sguardo a metà tra lo stranito, l’imbronciato e il confuso, prima di dire.

<< Allora come è possibile che io ti senta?>>.

La luce negli occhi del cucciolo brillò in modo diverso e riprese a parlare.

<< Ieri notte mi hai guarito con la tua magia, cosi un frammento della tua forza vitale a ricostituito quella che io avevo perso e ora io e te possiamo comunicare con lo spirito>>.

La bimba parve pensarci qualche minuto, ma poi sul suo volto si allargò un sorriso ancora più grande del precedente, era così raggiante che avrebbe potuto essere scambiata per un faro.

Abbracciò il cucciolo con foga, ridendo di gusto, quello sarebbe stato l’inizio di una bellissima e duratura amicizia.



Passò un anno e il cucciolo bianco a cui era stato dato nome Max, era ormai diventato il perfetto esempio di mastino da guerra, era diventato grande come un lupo e si era trasformato in un enorme fascio di muscoli, tanto che l’imperatore ormai lo prediligeva per le sue battute di caccia, aveva superato in forza e velocità persino i suoi fratelli, ma nonostante questo lui e Rose continuavano ad essere grandi amici.

Quel giorno Max era stato prenotato per una battuta di caccia. 

L’imperatore e i suoi vassalli avrebbero cacciato cervi e il cagnone era stato scelto come per l’occasione come primo della muta che avrebbe accompagnato i cacciatori.
Rose lo stava preparando prima di avviarsi all’accademia della cittadella imperiale: un luogo di studio, dove venivano istruite, le future personalità della società imperiale e a cui Rose per volere del padre era stata mandata per la sua formazione.

Lei e Max stavano discutendo proprio a riguardo di questo.

Rose sembrava turbata, per via di alcuni problemi sorti recentemente con alcuni dei suoi compagni, che sembravano stare diventando insofferenti alla sua presenza.

<< Sinceramente ho un po’paura che possano passare alle vie di fatto>>.

Max la guardò per un breve istante, emettendo un piccolo guaito, prima di dire.

<< Se ti fa stare meglio, posso venire a controllare che vada tutto bene e assicurarmi che quelli non facciano scherzi>>.

La ragazzina rise e rispose.

<< Ceeerto come no e poi dovrò sorbirmi l’imperatore, che andrà su tutte le furie, perché il suo miglior segugio è sparito di punto in bianco>>.

Il cane sembrò contrariato prima di dire.

<< Io ho giurato di essere fedele a te non all’imperatore, quindi non mi interessa se gli saltano i nervi>>.

Rose sorrise, voleva molto bene a quel testone e gli era grata di preoccuparsi tanto per lei, ma era certa di poter gestire da sola quella faccenda.

<< Non ti preoccupare, vedrai che andrà tutto bene,  tu vai e goditi il tuo momento di gloria mister capo della muta>>.

Il mastino la guardò ancora n momento, come a voler controbattere, ma infine stette in silenzio, lasciando che Rose finisse di prepararlo.

Quando i nobili vennero a prendere  i segugi per la loro caccia; anche per Rose era ora di andare.

Si fermò solo un momento, per augurare un inaudibile buona fortuna al suo amico, prima di avviarsi.



Le strade della cittadella, erano costituite da un immenso mosaico di pietre di varia grandezza e si diramavano a mo’ di ragnatela dalla grande piazza centrale, intrecciandosi fra loro in decine di incroci.

Rose stava percorrendo una delle tante vie secondarie, diretta verso l’accademia: una struttura mastodontica, fatta in marmo bianco e ossidiana, con all’ingresso una grande targa di bronzo con su inciso “Benvenuti sono coloro che cercano la conoscenza”.

L’edificio era tanto grande, da occupare un quarto della via dove era stato costruito e già a prima vista, ispirava eleganza e rigore.

Era molto bello a vedersi: le quattro facciate bianche scintillavano al sole, riflettendone la luce, in una cornice nera lucente di ossidiana, che contornava gli angoli dell’edificio.

L’interno invece era esattamente l’opposto: l’ossidiana ricopriva tutto, rendendo ogni superficie rilucente come uno specchio; mentre gli angoli erano decorati col marmo.

Ma c’era un dettaglio, sul pavimento nero, spiccava una bellissima serie di glifi blu, il cui motivo era quasi ipnotico tanto era rilassante.

In quel momento però Rose aveva altro a cui pensare, che non la struttura nella quale si trovava.

Il suo gruppo, era in piedi d’avanti alla porta della loro sala studio; perché come da regolamento in attesa del loro insegnante.

Ma per qualche ragione, l’insegnate assegnato alla sua classe, sembrava essere assente quel giorno.

Il che significava, che avrebbero assegnato al suo gruppo un controllore, mentre lei e i suoi compagni, avrebbero svolto delle attività libere.

Questo avrebbe potuto rivelarsi un problema, dato che spesso i controllori non prendevano sul serio il loro incarico e lasciavano gli studenti a se stessi.

Quindi, se gli elementi del suo gruppo, con cui aveva avuto problemi, avessero realmente avuto cattive intenzioni; per lei si sarebbe messa davvero male.

Per sua fortuna, l’insegnate era solo in ritardo, dunque per il momento l’aveva scampata.

La giornata sembrava procedere normalmente e con calma, ma Rose si sentiva nervosa,  percepiva qualcosa: vibrazioni negative, i sussurri di un animo oscuro, sembravano essere minacce rivolte proprio a lei.

Ma col passare del tempo e l’assenza di rappresaglie, si tranquillizzo finendo con l’etichettare  i suoi timori, come suggestione.

Alla fine arrivo l’ora di svago, gli studenti si spostarono quindi nel cortile interno dell’accademia, dove avrebbero potuto trascorrere a piacimento il tempo concesso loro.

Rose si era seduta accanto alle aiuole, le piacevano molto i fiori  e li ce n’erano a centinaia.

Inoltre quella era un zona molto tranquilla, ci andavano in pochi ed era più facile starsene in pace a rilassarsi.

Era assorta nei suo pensieri, ormai il timore era svanito sostituito da un piacevole senso di pace e cosi stava trascorrendo quel momento, ignara di ciò che sarebbe successo di li a poco.

Tre dei suoi compagni di studio le stavano andando in contro e non sembravano avere buone intenzioni.

Si accorse troppo tardi di ciò che stava accadendo, uno dei tre la afferrò per un braccio, bloccandola contro il muro.

Il ragazzo che la stava tenendo ferma era molto robusto e a giudicare dalla facilità con cui la stava trattenendo contro il muro, anche molto forte.

Un altro dei tre, più minuto del primo, si avvicinò, evidentemente era lui l’orchestratore di quel tiro mancino.

Rose lo conosceva bene, era il figlio del capitano delle guardie del palazzo, sia lui, sia il padre erano dei bigotti razzisti, infatti non era raro che suo padre litigasse col capitano, ma certo non si aspettava che arrivassero a tanto.

Provo a ribellarsi, ma quello che la teneva ferma la immobilizzò ancora di più, allora prese fiato per gridare, ma il terzo si avvicinò dicendo .

<< Se fai il minimo rumore, ti faremo ancora più male>>.

La ragazzina era terrorizzata, era troppo debole per difendersi da tutti e tre, sta volta non sarebbe riuscita a scamparla.

Il figlio del capitano estrasse un coltello e avvicinandosi sogghignò.

<< Adesso ti tagliamo quelle belle orecchie>>.

Rose chiuse gli occhi, pregando di non sentire dolore e il suo desiderio parve essere esaudito, quando quello dei tre, che poco prima gli aveva intimato di stare zitta parlò.

<< Non ti sembra di esagerare, questo doveva essere uno scherzo, dovevamo fargli paura>>.

Il capetto rispose in modo crudele.

<< Infatti, stai sicuro che dopo questo avrà paura!>>.

A quel punto fu il ragazzo robusto a parlare.

<< Calmati amico, ti sta venendo un espressione inquietante, ha ragione lui, doveva essere uno scherzo, non possiamo mica tagliargli le orecchie davvero>>.

Quello li guardò male e quasi ringhio dicendo.

<< Che fate? Volete tirarvi indietro? Siete solo dei codardi; andatevene allora, ci penso io qui>>.

Detto questo, scansò il ragazzo robusto in malo modo, prima di afferrare Rose con le sue mani e bloccarla contro il muro, poco prima di tentare di menare un fendente.

Ma improvvisamente, qualcosa gli si avventò contro, atterrandolo con forza.

L’azione fu tanto rapida, che a Rose servì qualche istante, prima di mettere a fuoco la scena.

 Max si era avventato sul ragazzo e ora lo teneva bloccato a terra, sovrastandolo con la sua stazza e ringhiando ferocemente.

A quel punto, molti accorsero a vedere cosa fosse successo, trovandosi poi di fronte quella scena.

Gli insegnanti accorsero subito, allontanando il mastino dal ragazzo, per poi chiedere, anzi pretendere spiegazioni e una volta ottenute i tre colpevoli vennero allontanati dall’accademia e al figlio del comandante venne fatto divieto di tornarci.



Quando tutto si fu risolto, alla giovane mezz’-elfa  fu concesso di tornare a casa.

Lungo il tragitto, lei e Max mantennero il più assoluto silenzio, lei ancora troppo scossa per dire alcun che, lui troppo dispiaciuto per trovare un che di confortante da dire.

Arrivati circa a metà strada da casa, il cagnone parlo.

<< Mi dispiace, avrei dovuto insistere per venire, dovevo essere li a proteggerti>>

Lei scosse la testa.

<< Non hai nessuna colpa, anzi dovrei ringraziarti, sei venuto a salvarmi. Conoscendoti, avrai lasciato l’imperatore e i suoi li impalati come stoccafissi per venire da me >>.

Lui ridacchiò e rispose.

<< Veramente, la battuta di caccia si è conclusa con enorme successo: siamo riusciti a prendere quattro cervi e uno era davvero grande>>.

Fece un attimo di pausa per poi aggiungere.

<< Quando ci hanno riportato al canile, io sono venuto subito da te, per assicurarmi che stessi bene, ero in pensiero>>.

Lei rise sommessamente, ma poi sembrò tornare cupa e guardando il suo amico peloso disse.

<< Ora che non mi devi più nulla, smetterai di essermi amico vero?>>.

Il mastino la guardo con tanto d’occhi, come se fosse impazzita, ma decise di rispondere ugualmente.

<< Ho giurato che ti sarei stato fedele e che sarei stato tuo amico, per sempre e a meno che io non sia molto confuso, questa non mi sembra la fine dei tempi e io sono ancora giovane ho solo un anno e mezzo>>.

Lei rise, sta volta più serenamente e scherzando rispose.

<< Sarai il mio cucciolo ancora per molto tempo allora>>.

Lui assentì con un cenno del capo 

<< Finché sarò vivo>>.

Risero entrambi, mentre si avvicinavano a casa loro, consapevoli che sarebbero rimasi amici in eterno.
 
  
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