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Autore: Clairy93    11/03/2014    9 recensioni
[Seguito di “Mi avevano portato via anche la luna”]
Trieste. 1950.
La guerra è terminata ma quella di Vera Bernardis è una battaglia ben più difficile da superare. E’ sopravvissuta all’abominio dei campi di concentramento, è divenuta un’acclamata scrittrice e ora ha una famiglia a cui badare.
Ma in certi momenti quel numero inciso sulla sua carne sembra pulsare ancora e i demoni del suo passato tornano a darle il tormento.
Situazioni inaspettate sconvolgeranno il fragile mondo di Vera ponendo in discussione ogni cosa, anche se stessa.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Olocausto, Dopoguerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mi avevano portato via anche la luna'
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E’ inutile, non posso fare a meno di riflettere sulle parole di Carlo.
Anche in questo momento, seduta su una panchina piuttosto scomoda in Via Roma, mi sento attraversata da immagini e sensazioni contrastanti. E il tutto converge irrimediabilmente nello stesso punto: il matrimonio.
Sono convinta che i rimproveri di Filippo della scorsa mattina, siano stati conseguenti ad un momento di esasperazione a cui la mia incessante esitazione lo ha condotto.
Eppure tale certezza, non impedisce all’interrogativo del mio amico libraio di insinuarsi nella mia testa e farsi sempre più martellante.
Cosa t’impedisce di prendere una decisione?
Mi sono resa conto di non avere una risposta definitiva, o perlomeno non vi sono ancora giunta. In mia difesa, il matrimonio è un passaggio fondamentale e attraversarlo significherebbe essere sottoposta a cambiamenti irreversibili. Forse non sono tanto sicura di poter affrontarli, lo devo ammettere.
Eppure avverto una rassicurante sensazione, come se i miei timori siano in realtà del tutto immotivati e, una volta compiuto il grande passo, la mia vita non sarà poi tanto differente da com’è adesso.
Questi sono stati i pensieri che mi hanno tempestato nelle ultime ventiquattro ore, caotici e indomabili dal momento in cui ho consegnato l’articolo in redazione e per l’intero corso del pomeriggio, durante il quale mi sono concessa una passeggiata per schiarirmi le idee. O almeno per provarci.
Sono arrivata alla sospirata conclusione che la preoccupazione sia dovuta a cosa possa riservarmi il futuro, ai miei occhi un’entità minacciosa e di fronte alla quale opporsi è vano. Tuttavia che vita sarebbe se potessimo programmarla in ogni suo attimo? Di per sé essa implica incertezza, ma anche infinite possibilità da cogliere. Il rischio è una condizione inevitabile, a mio parere spaventosa, ma con la quale posso imparare a convivere.
Al momento però le mie preoccupazioni sono rivolte su un altro versante e non è un caso che io mi trovi in Via Roma. Sono dieci minuti che passeggio avanti e indietro, incurante di ciò che i passanti potrebbero pensare vedendomi in questo stato di agitazione.
Ho un colloquio con il pediatra di Tommaso questa mattina e dire che ho un groviglio allo stomaco per l’ansia non rende affatto l’idea. In fin dei conti essermi recata dal suo medico, comporta che io non potessi più ignorare alcuni atteggiamenti e celare la mia apprensione. Parlare con un esperto potrebbe rivelarsi utile, soprattutto se può aiutare mio figlio a gestire la sua timidezza.
Purtroppo Filippo non è potuto venire, aveva un’importante riunione in caserma alla quale non poteva mancare.
Perciò eccomi qui, con una mezz’ora abbondante di anticipo e i piedi già doloranti per il camminare.
Evitando di consumare ulteriormente la suola delle scarpe, mi convinco nel fare un tentativo e controllare se il dottore possa comunque ricevermi.
Attraverso il vialetto incorniciato da cespugli fioriti, salgo qualche gradino e leggo la targa dorata alla sinistra del portone:
 
Dott. Gianfranco Morselli
Ortopedia e Traumatologia Pediatrica

Inspiro a fondo e deglutisco a fatica, prima di lasciare uscire l’aria e premere con mano tremante il bottone. Avverto uno strimpellio rauco dall’altra parte e dopo una manciata di secondi la segretaria, una ragazza in tailleur grigio e dai capelli raccolti in un elegante chignon, mi accoglie sulla soglia con un ampio sorriso.
“Salve, sono Vera Bern…”
“La Signora Bernardis, ma certo!” anticipa lei, con voce squillante “Prego, si accomodi in sala d’attesa. Il dottore la chiamerà a momenti.”
La donna indica un breve corridoio e mi sistemo su una delle sedie. Esamino i colori inquietanti dei quadri alla parete, accentuati dalla fredda luce proveniente dalle lampade appese al soffitto. Mi domando chi possa aver mai concepito per un posto di questo genere un arredamento tanto lugubre. Ma forse in questo momento sono io che vedo tutto nero, non riesco proprio a ragionare lucidamente sapendo dei disagi del mio Tommaso.
Una porta si apre all’improvviso e compare un uomo in camice bianco, dal colorito abbronzato e la barba incolta. Lancia una rapida occhiata attorno a sé e sorride non appena incrocia il mio sguardo, invitandomi ad entrare nel suo studio.
“E’ un piacere rivederla Signora Bernardis!” il dottor Morselli mi stringe con vigore la mano e sprofonda nella sua poltrona “Dalla sua telefonata di ieri pomeriggio ho avvertito una certa preoccupazione per Tommaso.”
Mi fa cenno di accomodarmi dall’altra parte della scrivania, colma di cartelle, documenti e due portafotografie ritraenti la sua famiglia.
“Sì, infatti. Non l’avrei disturbata se non lo ritenessi un problema serio.”
Mi esorta a continuare, poggiando i gomiti sul tavolo e incrociando le dita.
“Lei conosce bene Tommaso e avrà notato la sua grande timidezza. E temo che gli stia impedendo di vivere serenamente, di relazionarsi con i suoi compagni. Lo vedo spesso ansioso, spaventato. Piomba in un assoluto mutismo per questioni trascurabili che tuttavia sembrano recargli forte inquietudine.”
“La paura è una fase naturale Signora Bernardis, e si manifesta proprio verso i quattro anni, quando il bambino inizia a riflettere e la sua immaginazione diviene più fervida.” il dottor Morselli si gratta febbrilmente i capelli radi “I bambini si convincono che ci siano mostri dentro gli armadi, oppure sotto il letto, pronti a terrorizzarli! E se vi sono queste premesse, per Tommaso il mondo potrebbe sembrare un posto enorme, minaccioso! Un posto dove non potrà sentirsi al sicuro poiché non sa di chi fidarsi. Io conosco bene il forte legame che la lega a suo figlio, ne abbiamo parlato in numerose occasioni. Ma con il padre, Tommaso come si comporta?”
Trasalisco, sorpresa come la sua domanda abbia intuito in un modo tanto risoluto il nodo delle mie angosce, una circostanza che forse avrei preferito nascondere. Il dottore coglie il mio palese imbarazzo e subito aggiunge:
“Sono stato in qualche modo indiscreto, signora?
“No dottore, assolutamente no!” mi affretto a rispondere “In realtà, temo che sia proprio questo il problema…”
“Tommaso non le sembra sereno in compagnia di suo marito?”
Sarei tentata nel constatare che Filippo non è mio marito, bensì il mio compagno, ma capisco non sia il momento più opportuno per le puntualizzazioni.
“Ci sono tante occasioni in cui si divertono e trascorrono del tempo insieme.” affermo, faticando però nel tradurre i pensieri in parole “Ma se devo essere sincera, non riesco a percepire complicità tra di loro. Mio…marito è molto impegnato con il lavoro ed è spesso fuori casa. Non dedica grandi attenzioni a Tommaso, perlomeno non quante il bambino se ne aspetterebbe. E Tommaso sembra quasi in imbarazzo, come se temesse dal padre chissà quale reazione.”
Il dottor Morselli aggrotta le folte sopracciglia, massaggiandosi le tempie, per poi tornare a rivolgere la sua attenzione verso di me.
“E’ riscontrato che alcuni bambini sentano maggiormente la pressione dei giudizi o delle critiche altrui e questo può farli sentire molto spaventati. Alcuni si ritraggono in mondi abitati da amici immaginari, altri scappano da casa, e poi ci sono coloro che, come Tommaso, smettono di parlare cercando di difendersi dalle richieste del mondo esterno.”
“Non capisco dottore. Perché mai Tommaso dovrebbe sentirsi giudicato dai suoi genitori?”
“Suo figlio è un bambino estremamente sensibile e prova una profonda ammirazione per voi. Lei riesce a farlo sentire a suo agio, il padre forse non ha del tutto affinato il suo senso paterno e questa mancanza di dimostrazioni d’affetto sembra, agli occhi di Tommaso, un disinteresse nei suoi confronti. Questo lo rende insicuro, ma ciò lo porterà a rimanere attaccato sempre e solo a ciò che conosce rischiando di perdersi tante cose buone e arricchenti per la sua vita.”
“Non voglio che accada!” reagisco allarmata, stringendo nervosamente il lembo della gonna “E’ solo un bambino ed è giusto che viva serenamente.”
“Ed io sono d’accordo con lei, Signora Bernardis, per questo le consiglierei di parlarne con suo marito. Gli riferisca quanto ci siamo detti ed esponga le sue preoccupazioni. Inoltre…” il dottore si schiarisce la voce “Mi sentirei di suggerirle di organizzare qualche uscita in famiglia, magari una gita. Insomma, ponga il suo bambino in una condizione tale in cui possa sperimentare, divertirsi e uscire dal suo guscio. E magari entrare in maggior sintonia con il padre. Se non si sentisse tranquilla, può sempre tornare con Tommaso e faremo una chiacchierata di persona.”
Dopo aver ringraziato il dottor Morselli, la segretaria mi riaccompagna all’uscita augurandomi un buon pomeriggio e richiudendo la porta dietro di sé. Percorro rapida il vialetto e, appena svoltato l’angolo, sento un tremendo nodo alla gola e scoppio in lacrime.
Quando si tratta del mio Tommaso, la preoccupazione pare uno scoglio insormontabile e sembra voler soffocarmi. Ma la verità è una soltanto: avrei tanto voluto che oggi Filippo mi fosse stato accanto.

Appena varco la soglia di casa, appoggio la schiena alla porta e tiro un lungo sospiro. I miei occhi stanchi s’illuminano quando dalla cucina intravedo Tommaso corrermi incontro, notando divertita i lati della sua bocca impiastricciati di cioccolato. Getto il cappotto sul divano e accolgo Tommy tra le mie braccia, celando ogni mio turbamento.
Dorina ci saluta dopo pochi minuti, pronta per tornare dalla sua famiglia, e mio figlio ed io ci sediamo al tavolo della cucina, mentre lo osservo gustare la sua merenda. 
“Ehi Tommy! E’ giovedì, ricordi? Oggi papà torna prima dal lavoro. Sei contento?”
Difficile cogliere la sua risposta, ma non così arduo da afferrarne il senso.
“Qualcosa non va tesoro?” lo incoraggio, passando le dita tra i suoi capelli.
Lo sguardo di Tommaso tradisce un disagio che tenta di nascondere con scarsa maestria.
“Sai Tommy, quando si è preoccupati non bisognerebbe tenersi tutto dentro. E’ molto coraggioso parlarne, si possono affrontare i problemi insieme. E vedrai, le paure sembreranno meno spaventose.”
Tommaso emette qualche parola, impacciato per la timidezza che pare sempre incombere su di lui.
“Papà è…” s’interrompe “Papà è sempre molto impegnato. E stanco…”
Provo una spiacevole fitta al cuore nel vedere mio figlio tanto mortificato, forse perché comprendo bene il suo stato d’animo.
“Hai ragione tesoro mio, papà è spesso indaffarato. Ma questo non significa che non adori trascorrere del tempo con te. Hai capito Tommy?”
Lui annuisce più convinto, abbozzando un dolce sorriso.
In quel momento riaffiorano fulminee le parole del pediatra, riguardo al creare un’atmosfera serena in casa. Divenire più uniti, essere una vera famiglia, probabilmente aiuterebbe Tommaso a vincere le sue insicurezze.
Bacio mio figlio sulla fronte e gli suggerisco di andare a giocare nella sua stanza.
Tommy si avvia trotterellando verso le scale e nel frattempo avverto lo scatto della serratura e il tintinnio delle chiavi posate sul mobile.
“Ciao papà!” Tommaso accoglie vivace Filippo e, non appena raggiungo l’ingresso, ci scambiamo uno sguardo d’intesa prima che salga svelto i gradini e si rintani nella sua cameretta.
“Bentornato tesoro.” dò un rapido bacio a Filippo “Com’è stata la riunione di oggi?”
“Molto stancante.” risponde lui, mostrando un’espressione a dir poco sfinita “Cosa dovrebbe significare quella tua strana occhiata di poco fa con Tommy?”
Si stravacca sul divano, stremato, e adagia la testa sullo schienale.
“Quale occhiata?” chiedo, con aria fintamente confusa.
“Vera, non mentire. Sai di non essere brava.” sottolinea Filippo, rivolgendomi un sorriso malizioso.
“E’ un piccolo segreto con mio figlio.” mi accomodo accanto a lui, posando le mani sul suo petto “Sono così contenta che oggi tu sia tornato presto.”
“Beh, se ti rende così felice, devo farlo più spesso!”
Filippo prende il mio volto tra le mani e mi trascina con sé in un bacio da levare il respiro. Mi allontano leggermente dalle sue labbra, suscitando in lui un lieve gemito di protesta.
“Questa mattina è andato tutto bene dal pediatra. Abbiamo parlato di Tommaso e mi ha davvero rassicurata. Non avevo idea che la timidezza fosse causa di grande sofferenza per i bambini di quest’età.”
Filippo corruga la fronte e, dopo un impercettibile attimo di smarrimento, sembra ritrovare un senso nelle mie parole.
“Sono molto, molto sollevato. Ma ti preoccupi troppo piccola, te l’ho sempre detto!”
“Lo so, hai ragione. Ma è stato comunque utile per fare un po’ di luce su alcune questioni…”
“Ah sì? Sentiamo!” mi esorta lui, cingendomi le spalle con un braccio.
“Innanzitutto dovremmo organizzare più uscite insieme, magari qualche gita nei fine settimana.”
Filippo annuisce con vigore e un sorriso compiaciuto rallegra il suo volto. “E’ un’ottima idea Vera! Con l'arrivo della bella stagione potremmo andare al mare, che ne pensi? Ogni tanto possiamo affittare una barca al porto.  A Tommaso piacerebbe da impazzire!”
Percepisco una stretta di gioia allo stomaco, piacevole e catartica, nell’ammirare il sentito entusiasmo di Filippo alla mia proposta.
“Sì, credo lo renderesti davvero felice.” mormoro tra me, sorridendogli ammaliata.
“E infine ho preso una decisione.” dichiaro all’improvviso, senza però interrompere il nostro gioco di sguardi.
“Riguardo a cosa?” domanda lui, ponendo una ciocca di capelli dietro il mio orecchio.
“Voglio sposarti.”
Filippo butta indietro la testa e scoppia in una profonda risata.
“Ma che reazione dovrebbe essere la tua?!”
“Questa Vera, ” dice posando la fronte sulla mia “è la reazione alla notizia più bella che potessi darmi.”
Le sua bocca cerca e si congiunge subito alla mia e le sue mani trovano la via intorno alla mia vita. Gli cingo il collo con un braccio e faccio aderire le mie labbra alle sue. Seguo con le dita il profilo dei suoi addominali sotto la camicia, quando sento uno sfrigolio nel taschino. Ne sfilo un ritaglio di carta spiegazzato e scorgo una lista di nomi, alcuni dei quali tracciati con una linea rossa.
“Cos’è questo Filippo?”
Lo sento irrigidirsi inaspettatamente e veloce mi sfila di mano il foglio.
“Niente d’importante.” sostiene Filippo, inserendo in modo disordinato il pezzo di carta nella tasca dei pantaloni “E’ l’elenco dei soldati a cui siamo riusciti a restituire il compenso per la guerra.”
“Allora ci sono dei miglioramenti, per fortuna! Mi avevi detto che era difficile trovare i fondi per tutti.”
“Sì, va molto meglio. Ma non voglio parlare di questo. Preferirei riprendere da dove ci siamo interrotti…”
E seguita a baciarmi con ardore.
Che strano, mi dico ripensando al foglio di Filippo. Eppure sono certa di avervi letto anche qualche nome femminile…

Oggi è una giornata da non dimenticare.
Mi sento finalmente bendisposta nei confronti della vita, orgogliosa di aver compiuto un passo che sembrava spaventarmi tanto. Filippo ed io ci sposeremo, e da ieri sera non penso ad altro. Nemmeno ricordo l’ultima volta in cui mi sono sentita così elettrizzata, incredibile! 
Non sono riuscita a scrivere una parola questo pomeriggio, la mia concentrazione riesce sempre a rivolgersi verso tutt’altro. Ho messo da parte l’articolo e mi sono recata in cucina per preparare la merenda per Tommaso, in attesa che torni dall’asilo.
Sobbalzo al suono improvviso del campanello e osservo l’orologio. Devono essere Tommaso e Dorina, anche se in leggero anticipo rispetto al solito.
Accorro all’entrata, sistemando alcune ciocche di capelli sfuggite dalla crocchia.
“Siete già tornati a casa!” il sorriso raggiante con il quale apro la porta, si gela all’istante sulle mie labbra.
Il mio cuore perde un battito, forse due, mentre arretro sconvolta. Porto una mano alla bocca e guardo con occhi sbarrati e increduli la figura di fronte a me.
Sì, oggi sarà una giornata che non potrò mai dimenticare.
Perché sull’uscio di casa mia, c’è Massimo.
   
 
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