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Autore: cheek_s    11/03/2014    4 recensioni
"Era un sentimento strano. Era qualcosa di forte, di travolgente, di potente, qualcosa che ti prendeva in pieno, lasciandoti senza la forza per prendere fiato e respirare. Era il vento tra gli alberi, era il rombo di un tuono, era guidare a massima velocità per una strada libera e senza traffico con i finestrini spalancati e una canzone degli U2 a tutto volume come sottofondo, era selvaggio, devastante, folle.
Ed era meraviglioso."
Annie vuole cambiare il mondo. Zayn il mondo si limita ad osservarlo.
Annie non crede nell'amore. Zayn l'amore l'ha sempre vissuto come distruzione.
Annie sa che ogni cosa accade per una ragione. Zayn, semplicemente, non riesce a trovare una ragione all'essere sé stesso.
Annie ama le tempeste. Zayn la tempesta ce l'ha dentro.
Una scommessa, un segreto, un'affinità che fa spavento.
Un amore che travolge, e lascia senza fiato.
Un amore, e il rumore della tempesta.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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ANNIE
 


Richiusi la zip della borsa da viaggio rossa che Harry mi aveva prestato e mi sedetti sul bordo del letto, sospirando.
Fissai i poster dei Coldplay appesi alle ante dell’armadio, e quasi immediatamente mi ricordai di quando appena due mesi prima mi ero ritrovata accasciata nella stessa posizione, meditando su cosa avrei dovuto indossare per il mio primo appuntamento con Zayn.
In quell’istante, non avrei mai potuto immaginare che quel ragazzo che tanto disprezzavo sarebbe divenuto il motivo principale di ogni mio cruccio e il centro di qualunque pensiero mi passasse per la testa, né tantomeno che di lì a dieci minuti sarei partita con lui e con la sua intera famiglia per passare quattro spensierati  giorni in Cornovaglia.
Spensierati poi, era una parola grossa. In fondo avrei soltanto dovuto partecipare ad un matrimonio, indossare il mio vestito elegante, sedermi accanto a qualche sconosciuto ad un tavolo ricoperto con qualche tovaglia di colore chiaro ricamata  e sorridere negli scatti di un fotografo mai visto prima; forse qualcuno mi avrebbe invitato a ballare un lento, e forse quel qualcuno sarebbe stato Zayn o qualche suo lontano cugino di secondo grado improvvisamente ritrovato.
Non sapevo cosa aspettarmi, ma probabilmente starci a pensare troppo non avrebbe portato ad alcuna soluzione. Ignorare la mia situazione e far finta di niente vivendo al momento, quella sarebbe stata la scelta migliore, che avrebbe giovato alla mia salute mentale e alla mia serenità.

Eppure, ero perfettamente consapevole che provare a non concentrarmi su ciò che mi circondava e sui miei sentimenti non era mai stato nella mia natura.
La mia testa era piena di punti interrogativi irrisolti, ed ero fin troppo codarda e timorosa per tentare di risolverli al momento; l’unica cosa che mi premeva maggiormente sapere, era cosa realmente provasse Zayn nei miei confronti. O quali fossero le sue considerazioni riguardo alla nostra situazione. In entrambi casi, non ero in grado di darmi risposte, e per un’attenta analizzatrice di ogni minimo particolare come me era un tutto dire.
Scossi la testa, mi alzai e diedi un’ultima occhiata al volto di un Chris Martin sbarbato ed euforico per l’uscita del suo secondo album, chiedendomi distrattamente se potesse esserci una canzone dei Coldplay nel mio I- pod che avrebbe potuto darmi una mano a dissipare tutte quelle domande e quell’ansia pressante.
Afferrai il manico della borsa da viaggio e me la caricai in spalla, dirigendomi frettolosamente verso il corridoio e aggiustandomi i capelli con una mano, in un ultimo tentativo di rendermi presentabile per l’imminente incontro con la famiglia Malik al completo.
 



 
Mia madre camminava in avanti ed indietro per il salone, il suo solito grembiule a quadretti rossi e bianchi annodato in vita e i capelli tenuti in su  da una vecchia crocchia di legno scuro; borbottava tra sé, come in trance, e teneva in mano un paio di scarpe nere con il tacco mai viste prima.
Tenendo presenti la mia scarsa propensione a partecipare a feste eleganti e a lasciare casa mia per più di due giorni durante il periodo scolastico, doveva considerare quella mattina come una sorta di manna dal cielo. Avevo perso il conto delle volte in cui mi aveva spronata ad uscire di più e a partecipare ai balli scolastici organizzati a fine trimestre pur senza un accompagnatore, ma io mi ero sempre rifiutata, pensando ingenuamente che rimanendo nell’ambiente familiare e protetto delle quattro pareti di camera mia, nessuno avrebbe potuto farmi del male e ferirmi così come succedeva sempre più spesso dal mio quindicesimo compleanno.
Aveva impiegato tutta la settimana a cercare un vestito adatto ai miei “bei fianchetti rotondi”, trascinandomi da una parte all’altra della città come un sacco di frumento e setacciando le stampelle di oltre dodici negozi, per poi arrivare ad una conclusione che in fondo aveva affascinato anche me: un abito carino, di un bel verde bottiglia, non troppo pretenzioso ma nemmeno misero.
“Ti da un aria sofisticata”, mi aveva detto sorridendo, mentre sfilavo in modo impacciato lungo il pavimento coperto di moquette del negozio a mio avviso fin troppo dispendioso che aveva scelto come nostra ultima salvezza, e io le avevo creduto, sia perché quella giornata di shopping mi aveva oramai stancato, sia perché dopo tutto, lo pensavo anch’io.
“Mamma?!” –la chiamai con un po’ di incertezza, scendendo lentamente l’ultimo gradino della scalinata.
Si voltò verso di me, e un gran sorriso si distese sul suo volto, accentuando la profonda fossetta sulla guancia destra che Harry aveva ereditato.
“Amore! Sei pronta finalmente!” –si avvicinò leggermente a me, le scarpe nere ancora in mano –“Zayn e i suoi genitori sono appena arrivati, ti stanno aspettando”.
Annuii, poco convinta, e mi aggiustai meglio la borsa sulla spalla.

“Bene. Mi accompagni fuori?”.
“Non prima che tu abbia preso queste” –sventolò in aria il paio di tacchi, il viso compiaciuto –“Sono per la cerimonia”.
“Non avevamo optato per delle scarpe più basse?” –replicai, osservando con aria interrogativa il terrificante tacco dieci che avrebbe dovuto accompagnarmi per un’intera serata.
Lei sbuffò, afferrando il borsone di Harry con una mano e tirandolo in basso verso il mio braccio.
“Tu avevi optato. Ma io no” –con mio stupore, sfilò il manico dalla mia spalla e posò la borsa a terra, aprendo velocemente la zip –“Queste scarpe sono perfette per quel vestito, e lo sai benissimo anche tu”.
Scostò di lato un paio di magliette e le appoggiò lì, all’interno della mia sacca da viaggio, richiudendola e riconsegnandomela con un sorriso materno.
“Sarai bellissima, credi a me”.
Alzai appena gli angoli della bocca, cercando di non far trasparire il mio disappunto, anche se sapevo che sarebbe stato inutile ugualmente. Anne Cox, quando voleva, sapeva essere più testarda e ostinata di un mulo.
Mi accompagnò sul vialetto, rimanendo al mio fianco mentre camminavamo sulla piccola stradina lastricata di ciottoli. Aldilà del basso recinto in assi di legno, la Range Rover del padre di Zayn stava sontuosamente parcheggiata in tutta la sua magnificenza, dominando il paesaggio tranquillo di villette a schiera tutto intorno.
Lui e Waliya stavano appoggiati distrattamente al cofano dell’auto e parlavano con Harry, infagottato in quel suo orribile giubbotto color cammello che si ostinava ad indossare ininterrottamente nelle ultime due settimane, mentre Yaser e Trisha ridevano con Robin per non so cosa, le guance colorite a cause del freddo.
Scorsi in lontananza il profilo perfetto di Zayn, il naso arricciato mentre rideva per non so cosa, e il mio cuore come di consueto perse un battito.
Non avevo la minima idea di cosa quella pseudo vacanza avrebbe comportato per l’evoluzione del nostro rapporto, ma in fondo, anche se probabilmente ammetterlo  me stessa risultava troppo difficile, mi aspettavo un cambiamento. Forse persino drastico.

Feci scorrere il chiavistello arrugginito del cancelletto all’infuori, e con una spinta non molto decisa aprii la piccola porticina di legno e ferro che collegava la staccionata con la strada asfaltata fuori.
Il giubbotto rosso fuoco di Robin spiccava in modo piuttosto bizzarro in mezzo al tetro grigiore di quel pomeriggio di inizio Marzo; mi ricordava una di quelle enormi boe solitarie galleggianti nel mare che i bagnini imponevano come limite ai ragazzini più piccoli per le loro nuotate in acqua e che puntualmente venivano sorpassate in poche bracciate senza troppi scrupoli dagli stessi, magari con una risata menefreghista o un’alzata di occhi al cielo. Per un attimo mi passò per la mente che Robin da giovane doveva essere stato proprio uno di quei bambini, e mi scappò un sorriso.
Trisha, in piedi accanto a lui, si voltò verso di noi e ci fece segno di raggiungerli con un cenno della mano, l’espressione rilassata e gli occhi luminosi come sempre.
Ostentava una giovialità e una spensieratezza quasi assurde; mi risultava difficile pensare che potesse essere felice con un marito ombroso e scontroso come Yaser, ma evidentemente saltavo a conclusioni troppo affrettate o più semplicemente mi sbagliavo e basta.
“Ragazze! Finalmente!” – sorrise, stringendo appena gli occhi, e solo in quel momento mi accorsi di quanto Zayn le assomigliasse.
Mia madre le passò una mano lungo il braccio affettuosamente.
“Ti vedo in forma, Trisha. Allora non è vero che i matrimoni portano solo stress come dicono”.
Lei sospirò, senza perdere il quasi impercettibile luccichio di emozione che traspariva dal suo sguardo.
“Ora che ci siamo posso solo essere felice. Ammetto che l’organizzazione del tutto è stata abbastanza complicata” –si voltò verso il marito, che la guardava tranquillo –“Ma adesso posso dire che ne è valsa la pena”.
“Sono molto contenta per voi. E so che siete anche in ritardo, quindi vi lascio andare” –mamma mi posò un bacio caldo sulla fronte, accarezzandomi dolcemente una guancia –“Buon viaggio tesoro. E chiamami appena arrivi”.

La abbracciai, affondando il viso nel suo petto come quando ero bambina e le litigate con Harry mi lasciavano turbata e infastidita; assaporai per un po’ il suo profumo, quel misto di casa, biscotti e residui di crema idratante, e mi parve si sentirmi immediatamente meglio.
Non volevo parlarle di come mi sentivo, né tanto meno dirle che avrei avuto bisogno di abbracciarla più spesso per essere del tutto in pace con me stessa, ma sapevo che non ce n’era bisogno. Lei, probabilmente, lo immaginava già.
Mi staccai da lei, rivolgendole un ultimo timido sorriso.
“Ci vediamo Lunedì”.
Robin mi salutò con un affettuoso buffetto sulla guancia e un piccolo bacio tra i capelli, aggiustandosi quasi immediatamente gli occhialini tondi sul naso a patata rosso per il freddo –“Fa’ la brava, piccola” –mi disse, ed io risposi con una risata e un frettoloso –“Me la caverò”.
Harry stava appoggiato al cancelletto, le braccia incrociate al petto e un beanie blu notte calato sui ricci in disordine. Teneva le spalle curve e il viso leggermente abbassato verso terra, quasi come stesse riflettendo su qualcosa di grande importanza a cui per un motivo o per un altro non era in grado di trovare una soluzione.
Mi avvicinai a lui, cercando di guardarlo negli occhi.
“Io vado”.
Alzò gli occhi dal marciapiede, l’espressione contrariata.
“Già. Vai” –mugugnò, il tono di voce più roco del solito.
Repressi una risata, divertita dalla sua reazione così inaspettatamente gelosa.
“Mi fa piacere vederti così entusiasta”.
Sbuffò, alzando il viso al cielo.
“Non mi da fastidio, se è quello a cui stai pensando” –fissò i suoi occhi nei miei, puntandomi un dito contro –“E io ti conosco, e so che stai pensando proprio a quello”.

Abbassai con una mano l’indice che teneva ancora davanti alla mia faccia, scuotendo la testa.
“Allora evita di comportarti da eremita acido e senza un minimo di educazione, fratellino”.
Mi guardò, le sopracciglia aggrottate.
“Va bene. Come vuoi. Ai tuoi ordini”.
Gli diedi una spinta scherzosa, facendolo sbilanciare un po’.
“Ci vediamo tra quattro giorni” –dissi, realizzando solo in quell’istante che il momento di partire era davvero arrivato e che avrei davvero fatto ritorno dopo quattro giorni con chissà quali novità.
Harry mi scompigliò i capelli con una mano, ed io sbuffai infastidita.
“Harry!” –protestai, e lui scoppiò a ridere, gettando la testa all’indietro come un bambino piccolo.
“Cerca di non sentire troppo la mia mancanza, sorellina”.
Scossi la testa, sorridendo, e mi allontanai da lui con il borsone in spalla.
“Semmai sarai tu a sentire la mia mancanza, testa di rapa” –gli risposi, mentre camminavo in avanti senza voltarmi indietro.
E, poco prima che aprissi la portiera anteriore dell’auto dove un’adolescente, una bambina e uno strano ragazzo mi stavano aspettando, Harry disse una cosa a cui non seppi rispondere e che mi tormentò per tutto il resto del viaggio che sarebbe seguito.
“Divertiti con il tuo fidanzato!”
 
 
 
 



 
Appoggiai annoiatamente la testa sul sediolino dietro di me, socchiudendo appena gli occhi.
Eravamo in viaggio da almeno quattro ore, e cominciavo ad avvertire l’insistente bisogno di alzarmi e di fare due passi in un luogo che non fosse né lo spiazzo di un parcheggio per autogrill né una pompa di benzina della “Esso” affacciata sull’autostrada.
Accanto a me, Zayn dormiva tranquillo da un po’: teneva la testa voltata verso di me, gli occhi chiusi e le ciglia lunghe e scure ad accarezzargli delicatamente la pelle color cannella. La bocca, rosea e piena, era socchiusa, e respirava lentamente, in pace con il mondo.
Teneva le mani in grembo, le dita intrecciate, e la felpa che portava si era alzata leggermente all’altezza degli avambracci, lasciando scoperto un pezzo di braccio interamente ricoperto di tatuaggi. Li avevo già visti in precedenza, e la loro strana ma particolare forma mi aveva sempre incuriosito parecchio; avrei voluto chiedergli il loro significato, il perché della loro esistenza, ma ero troppo timida e timorosa per farlo.
Non avevamo parlato poi tanto durante il viaggio. Ci eravamo scambiati qualche parola sulla città in cui eravamo diretti, Newquay, e lui mi aveva assicurato che mi sarebbe piaciuta almeno la metà di quanto piaceva a lui; io gli avevo risposto che non ero mai stata in Cornovaglia, e che non vedevo l’ora di visitarla almeno in parte. Avevo omesso dalla mia affermazione, però, che avrei voluto essere guidata da lui in quella specie di escursione, e che se magari mi avesse aiutata ad ambientarmi avrei evitato di sentirmi come un pesce fuor d’acqua in quell’ambiente così nuovo per me.
Speravo vivamente che alla fine, ci arrivasse da solo.
Forse passare del tempo insieme ci avrebbe aiutato; in fondo, dovevamo capire cosa fare del nostro rapporto, analizzare i nostri sentimenti e trovare una soluzione. Facile, no?!
Rivolsi un ultimo sguardo al viso addormentato di Zayn, sorridendo appena, e mi guardai intorno nell’auto: Waliya guardava fuori al finestrino, un paio di cuffiette nelle orecchie e gli occhi persi nel paesaggio quasi marittimo dell’autostrada che scorreva velocemente; Safaa, accoccolata sul petto della madre seduta avanti, si era assopita da non meno di dieci minuti dopo aver cantato a squarciagola per metà del viaggio le canzoni che passavano in radio, storpiando le parole e aggiungendo acuti fin troppo alti dove in realtà non avrebbe dovuto esserci nient’altro se non la voce tranquilla del cantante; Trisha e Yaser, dapprima divertiti dalla performance della bambina ed ora decisamente più rilassati, ascoltavano la musica in silenzio, scambiandosi qualche parola ogni tanto su aneddoti di famiglia o episodi accaduti durante la settimana.
Io, da parte mia, avevo la testa piena zeppa di pensieri e riflessioni senza senso.

La frase che Harry mi aveva urlato poco prima di entrare in macchina continuava a tormentarmi senza lasciarmi la mente libera per almeno cinque minuti. “Divertiti con il tuo fidanzato!” , aveva detto, ed io non riuscivo a trovare una spiegazione logica al perché lo avesse fatto. O al perché lo avesse pensato.
Non aveva mai chiesto informazioni specifiche su me e Zayn né a mia madre, né a Robin, né a qualcuna delle mie amiche, ed io d’altra parte non gliene avevo mai parlato esplicitamente; Zayn era una persona riservata, e sapevo che difficilmente avrebbe parlato con Harry della sua vita sentimentale, soprattutto se quella parentesi quotidiana coinvolgeva sua sorella.
Che il riccio avesse capito tutto da solo? Improbabile, ma non per questo da escludere.
Estrassi il mio i-pod dalla tasca laterale della felpa, ed infilai automaticamente le cuffiette nelle orecchie e premendo il tasto di accensione; selezionai una canzone a caso senza nemmeno fare attenzione a quale genere appartenesse e, imitando Waliya, appoggiai la testa contro il finestrino e incominciai a guardare fuori.
Dopo un breve intro di qualche secondo, “The Hardest Part” dei Coldplay prese vita all’improvviso e riempì immediatamente le mie orecchie.
Inconsciamente, sperai che la voce di Chris Martin e il basso di Guy Barryman potessero in qualche modo alleviare il carico di pensieri che mi portavo dietro e farmi rilassare quanto bastava per finire di affrontare il viaggio.
Nel testo i Coldplay parlavano della parte più dura d’affrontare dopo la fine di una relazione; lei lo ha lasciato, e lui rivive tutte le tappe della conclusione della loro storia con un senso di rassegnazione molto simile alla malinconia.
 

I could feel it go down
You left the sweetest taste in my mouth
You're a silver lining the clouds




Hai lasciato nella mia bocca il gusto più dolce, sei l’argento che bordeggia le nuvole.
Guardai Zayn, ancora addormentato accanto  a me: ogni volta che ci baciavamo lasciava sulle mie labbra sempre delle emozioni e dei sapori diversi, ma io li avevo sempre considerati la cosa più dolce di sempre. Mi facevano sentire amata, protetta, circondata da un’aurea affettuosa e appagante. Dopo quei baci, spesso mi capitava di guardarmi attorno e ritrovare un pezzo di lui e di noi in ogni cosa ci circondasse; nella chioma degli alberi, nella pioggia che cadeva, nel viso imbronciato in un bambino, nella consistenza della nuvole, e mi soffermavo a pensare a quanto in realtà lui assomigliasse a  gran parte di quelle masse sfilacciate lassù.
La parte più difficile in quel caso era rendersene conto. Rendersi conto che lui era realmente l’argento che bordeggiava le nuvole, e che le sensazioni che provavo ogni volta che ci toccavamo erano peggio di un giro sulle montagne russe. La parte difficile era interrogarsi e rispondersi, era capire come fosse possibile essersi innamorati di una nuvola gonfa di pioggia quando ci si riconosceva solo come un innocuo puntino bianco nel cielo.
 

Oh and I,
Oh and I,
Wonder what is all about
 


E continuare a chiedersi se fosse tutto lì.
 
 
 

Una scossa. Due scosse. Tre scosse. Qualcuno a mormorare il mio nome in lontananza e un’altra scossa subito dopo. Era tutto buio. Che fossi morta all’improvviso senza accorgermene?
“Annie!”
Spalancai gli occhi di colpo, sobbalzando non appena i miei occhi incontrarono quelli divertiti e dall’aria interrogativa di Zayn.
“Certo che quando ti addormenti  sei peggio di un ghiro, eh?” –scosse leggermente la testa, sorridendo appena.
Aprii e richiusi le palpebre un paio di volte, stropicciandomi gli occhi con le mani, e mi accorsi quasi subito di essermi addormentata ascoltando la musica mentre il mio i-pod continuava a trasmettere ostinatamente le canzoni in lista senza che nessuno ci facesse caso più di tanto.
Sfilai delicatamente gli auricolari dalle orecchie e premetti il tasto di spegnimento, il viso di Zayn ancora voltato verso il mio.
“Quanto tempo ho dormito?” –chiesi, la voce ancora impastata dal sonno.
Sembrò rifletterci su. Poi si allontanò da me, tornando al suo posto e facendo segno al cruscotto dell’auto.
“Qualche ora, direi. Siamo arrivati proprio in questo istante”.
Mi sporsi in avanti, e diedi un’occhiata ai numeri arancioni scritti in strani caratteri digitali poco sopra il contachilometri della macchina: le otto e dieci.
“Appena in tempo per la cena, Annie” –sentii dire da Trisha, che cercava di tenere a bada Safaa, ancora seduta sulle sue gambe.
Waliya si aggrappò con le mani al retro del sediolino della madre, appoggiando il mento su quell’angusto spazio di stoffa.
“Dormiremo a casa dei genitori di Stephen?”
“Si, tesoro. Tu, Annie e Zayn in una stanza e Safaa con noi” –Trisha si voltò verso di me –“Spero non sia un problema Annie, ma c’era un problema di spazio e tu e Waliya dormirete insieme mentre Zayn in un letto più distante…”
“Nessun problema, Trisha. Va benissimo così” –sorrisi incerta, rivolgendo un’occhiata di sottecchi a Zayn, seduto ancora accanto a me.
Mi sorrise rassicurante, prendendo nella sua mano la mia e stringendola appena.
Lasciai che le mie dita si intrecciassero con le sue, e mi sembrò che in qualche modo fossero fatte per combaciare perfettamente l’una nell’altra. Come due pezzi dello stesso, identico, puzzle.
 
 
 





ASHMAMBOH.

Perdonate il terribile ritardo, ma tra la scuola, le uscite, i compiti e le interrogazioni sono riuscita a trovare il tempo per sedermi e scrivere in santa pace solo questa settimana.
Non è molto lungo ed è assolutamente di passaggio, e anche se vi sembrerà un po’ stupido, ci tengo a fare le cose per bene e ad analizzare ogni singolo pensiero di Annie e Zayn per questi ultimi capitoli: il soggiorno a Newquay e il matrimonio di Doniya sono le tappe finali e fondamentali della loro storia, e vanno affrontate con la massima cautela.
Spero di avere del tempo libero per poter scrivere liberamente anche i prossimi capitoli, e conto nella vostra buona fede e nella vostra pazienza se tarderò anche la prossima volta!
Spero che vi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione.
Ringrazio come sempre tutte le ragazze che recensiscono, quelle che hanno aggiunto la storia tra le preferite/seguite/ ricordate e anche le mie amate lettrici silenziose.
Un bacio, e al prossimo aggiornamento!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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