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Autore: rei__    11/03/2014    0 recensioni
Dalla storia: "Guardò fuori dalla finestra, stava nevicando, ma era solo un accenno, l'inverno stava finendo con tutta probabilità quella doveva essere una delle ultime nevicate dell'anno.
Per un attimo ricordò di quando da piccoli lui e i suoi fratelli si divertivano a giocare con la neve del giardino di casa, nascondevano sotto il suo manto oggetti, era così bianca e fitta che dopo un po' sembrava che gli oggetti venissero risucchiati dalla neve.
Invece appena veniva un accenno di sole, la neve si scioglieva e tutto tornava in vista.
Era questo quello che gli piaceva della neve, copriva tutto, nascondeva tutto, anche i segreti."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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-congratulazioni Ciel!-
Rafael è il ritratto della felicità mentre abbraccia il biondo, bellissimo nel suo abito di sartoria.
Max li guarda dall'altro lato della sala, ha un bicchiere mezzo vuoto in mano e si finge annoiato e distaccato, ma dentro il suo unico desiderio è quello di porre fine alla vita del misero essere che quell'angelo di Ciel ha deciso di graziare.
E poi dicono che il mondo non è ingiusto.
Prova ad essere felice per Ciel, perché il suo biondino sembra aver toccato il cielo per come sorride.
Alla fine Haydn aveva accetta di sposarlo, dopo anni aveva deciso di concedere finalmente qualcosa a Ciel, che per lui avrebbe dato l'anima e, ovviamente Ciel aveva deciso di festeggiare la cosa al meglio, c'era tanto di quello zucchero in quella sala che Max avrebbe giurato di sentirsi le carie in bocca.
In pratica dopo anni di tira e molla Haydn aveva dato un contentino a Ciel.
Almeno, era così che Max la vedeva, non avrebbe mai perdonato Haydn per tutte le volte che aveva fatto piangere Ciel.
Vuotò in un solo colpo il resto del bicchiere, era già al terzo e ancora non si sentiva nemmeno leggero.
Ciel lo guarda sorridendo e facendogli cenno di avvicinarsi, anche lui si stampò un bel sorriso sulla faccia, non avrebbe deluso Ciel, mai.
-sei sempre il solito asociale- gli disse scherzoso il biondo.
-nah...sai come sono fatto, trovo interesse in poche cose...e qua ci sono troppi etero per restare vigile-
Ciel ride, prima di essere trascinato via per un braccio da quell'uragano di sua sorella che pretendeva un ballo con uno degli sposi.
-tutto ok Maxie?- chiede Rafael, con sguardo preoccupato.
-si...spero solo che quel buzzurro capisca cosa ha per le mani e se lo tenga ben stretto...al primo passo falso, Ciel me lo prendo io.- dice tranquillo, come se stesse parlando del tempo.
Il ballerino sospira -e tu? Tu lo faresti felice? Lo ami?-
Max ride -amore...amore...certo che tutti quanti siete fissati con questa parola.-
-tu rispondimi-
-sai che ti dico? Non è necessario, io lo tratterei comunque meglio, non esiste l'amore, e se c'è, è in realtà l'opposto di quello che pensa la gente, ti fa fare solo sbagli, ti rende debole, le migliori ferite si infliggono per amore.-
-e per me? Nemmeno per me provavi nulla?-
Max addolcisce lo sguardo e gli accarezza piano la guancia -ti voglio bene Ra...e non farei mai nulla che possa ferirti, questo è il massimo dell'amore che so dare, che voglio dare, andando oltre farei solo stupidaggini, darei e riceverei solo dolore.-
il ballerino scuote il capo.
-alle volte è bello perdere la testa per qualcuno...sai? Abbassare le difese, fare cavolate e andare avanti insieme, chissà...magari sbagliando entrambi, le rose sono belle ma hanno le spine no?-
Max scuote il capo -grazie, ma passo. Se amore è aspettare per ore qualcuno che non ti richiama, metterti nelle mani di un altro, soffrire e piangere, allora no grazie. E credo che anche a Ciel farebbe bene un po' della mia filosofia.-
-Ciel farebbe tutto d'accapo se glielo chiedessero! Anche domani! E sai perché? Perché in fin dei conti Haydn lo adora, perché anche lui ha sofferto, perché nonostante tutto si vorranno fino alla fine-.
-dobbiamo proprio parlarne? Ciel oggi è felice, tanto basta...lui merita questo! Per oggi il problema non si pone.- dice stanco il moro.
Rafael annuisce -scusa...e solo che hai lo sguardo distante...perso...è da un po' che sei così, credi che noi non ce ne siamo accorti? E poi...Max bevi davvero troppo per ora! Ce ne siamo accorti tutti!-
Max scuote il capo -non fare mamma chioccia...vado a fumare ok? Sto bene.-
senza spettare risposta esce nel terrazzo dell'albergo.
È passato un mese da quando James se n'è andato, è già il 21 gennaio, quel romantico senza speranza di Ciel ha scelto il suo compleanno come data del suo matrimonio.
-ha da accendere?-
la voce viene da un uomo poco distante da lui, non l'ha mai visto e non ha nulla che gli ricordi la famiglia di Ciel, quindi deve essere un invitato di Haydn.
Gli fa un cenno d'assenso prima di porgergli il suo zippo, lo sconosciuto lo accetta sorridendo.
Accende la sigaretta e poi si rigira per un po' l'oggetto fra le mani -molto bello-
gli dice restituendolo.
-grazie, è un regalo.-
-la sua ragazza?- chiede
-decisamente no.- ride Max -da me, è un regalo a me stesso.-
lo sconosciuto inarca le sopracciglia -di sicuro non avrà avuto dubbi per la scelta- dice ironicamente.
-nessuno mi conosce meglio di me...ma non mi dia del tu, sono Maxime-
dice porgendogli la mano, il tipo è carino e a pelle non gli sembra particolarmente stupido. In pratica ha i primi requisiti della sua lista, che decreta le persone degne di pochi minuti d'attenzione.
-Artemas- dice l'altro porgendogli la mano.
-bel nome, sembra uscito da un romanzo fantasy!-
l'altro ridacchia -Mia madre ha un debole per i nomi strani...e per il genere- confessa.
Max lo guarda bene.
È un bell'uomo tutto sommato, di una bellezza particolare, per nulla aggraziata...anzi rude, decisa, calda, sopratutto gli occhi sono caldi, grandi e castani.
-sempre meglio del solito “Jhon”-
-almeno...poteva andarmi peggio.-
parlano ancora un po' di argomenti a caso, nulla di particolare.
-allora...di cosa ti occupi?- gli chiede ad un certo punto Artemas.
-sono un collega di Ciel, vogliamo entrare in società per aprire una nostra galleria...ma la strada è ancora lunga. Tu?-
-lavoro con Haydn, abbiamo fatto l'accademia insieme e mi hanno finalmente stanziato qua a tempo indeterminato.-
-ma bene! Un altro uomo figo con la pistola.- dice sagace il pittore.
L'altro si limita a guardarlo divertito.
-entriamo, inizio ad aver freddo- dice soltanto.

Rientrano e nella sala i festeggiamenti continuano ancora al massimo, la sala è veramente grande e la musica ha un volume gradevole e non troppo insistente, così da permettere a chi vuol parlare di farlo senza troppo fastidio, mentre altri si divertono nella pista da ballo.
Con grazia Max prende due bicchieri di Champagne dal vassoio di uno dei camerieri che girano per la sala.
Ne porge uno ad Artemas che lo rifiuta scuotendo il capo -ho già bevuto abbastanza con   tutto quei brindisi-
-poco male- gli risponde, prima di buttare giù un sorso abbondante.
Continuano a parlare per tutta la serata, con sua sorpresa la compagnia di Artemas si è rivelata più piacevole del previsto.
Sono le tre del mattino quando gli invitati iniziano a scemare, Ciel e Haydn sono ormai persi nel loro mondo, pronti per la luna di miele che li terrà via almeno un mese.
-beh...credo che andrò- dice Max andando verso lo spogliatoio per riprendere la giacca seguito anche dall'altro.
-è stato...bello- gli sorride Artemas, sembra leggermente impacciato.
-si, te la sei cavata bene nella conversazione umana, uomo bruto.-
Il militare ride e scuote il capo, infila la sua giacca e dalla tasca di questa estrae un cellulare abbastanza vecchio.
-non mi dire! Fanno ancora quei cosi con i tasti?-
-ahah...che simpatico! Allora artista, me lo dai il tuo numero?- chiede, e Max che vive di flirt e allusioni, non può certo non notare nella richiesta del castano un sotto testo.
-come no! Dammi, è troppo che non pigio tasti del genere.- 
scrive in fretta il suo numero -allora...ci sentiamo, possiamo prende un caffè insieme qualche volta-. 
-si...perchè no.-
lo saluta con un breve cenno, poi va da Ciel, lo abbraccia stretto sotto gli occhi attenti di Haydn.
-fa buon viaggio moccioso- gli sussurra all'orecchio, poi finalmente esce.

Il suo appartamento lo accoglie in silenzio.
Accende una piantana facendo arrivare nella stanza solo una tenue illuminazione.
Getta le scarpe e la cravatta a caso per la stanza, e a piedi scalzi va verso la cucina.
Apre il frigo, è quasi vuoto, prede un bottiglia d'acqua e beve qualche sorso, per poi riporla ordinatamente, se c'è una cosa che non sopporta è il Caos.
Si stende nel divano, non ha voglia di stare da solo nel suo letto, ultimamente ha difficoltà a dormire e quel letto è troppo grande.
Chiude gli occhi stanchi, e in poco è avvolto dal buglio.

Freddo, neve, freddo, neve, dolore.
Lo schiocco di qualcosa che si rompe, un vaso che si schianta a terra.
Urla, confusione, caos.
Cos'è stato? Ha sentito uno schiocco netto, un ramo spezzato?
no...ora ricorda, è la sua guancia.
È stato il suono dello schiaffo a rimbombargli nelle orecchie, i calci sono le fitte che sente in giro per il corpo.
Un vaso...
si ora ricorda.
Si ruppe un vaso quella volta, in tutta quella confusione suo padre fece cadere un vaso, distruggendolo.
Era quello azzurro con i fiori bianchi, il preferito di sua madre...
“sparisci! E non provare a tornare! Tu non fai parte di questa famiglia!”


Apre gli occhi di scatto.
Ha ancora addosso la camicia elegante e il completo del matrimonio.
Fa freddo, ma sente le tempie bagnate di sudore.
Si mette a sedere, ha dormito poco più di mezz'ora, e ancora una volta è stato tormentato da quello stupidissimo ricordo.
Proprio non riesce a capire perché certe cose siano tornate a disturbarlo dopo tanto tempo.
Va in cucina, apre nuovamente il frigo, ma prede una bottiglia di vodka questa volta.
La stappa, e prende la prima sorsata direttamente da lì.
Poi, per ricordasi che anche in quei momenti lui deve essere elegante, prende un bel bicchiere di vetro.
Torna in soggiorno e accende lo stereo, “Moon Light” di Beethoven riempe la stanza, beve avidamente dal bicchiere, l'alcool gli brucia la gola e un po' gli va di traverso facendolo tossire.
Ha gli occhi rossi e stanchi, vuole dormire ma sa che c'è un unico modo.
Beve un altro bicchiere e si lascia cadere a terra appoggiandosi alla vetrata.
Freddo, neve, freddo, dolore.
I colpi...i colpi fanno ancora male.
Chiude gli occhi, il viso di suo padre stravolto dalla rabbia sarà l'eterno “uomo nero” del suo armadio.
Beve ancora, sta uccidendo il mostro con un altro mostro, l'orrore si uccide solo con altro orrore.
A metà bottiglia ha smesso di pensare.
Ma è solo arrivato alla fine che riesce a concedersi il lusso di piangere.
 


-pronto?-
il cellulare ha squillato mentre era in galleria e scocciato ha risposto senza neanche guardare il numero.
-ehi pittore!-
impiega un paio di secondi per collegare quella voce ad un volto 
-Artemas?- 
-che carino! Ti ricordi il mio nome!-
Max sorride, lo ricorda perché è un nome poco comune, in realtà dal matrimonio sono passate due settimane, e di quella sera oltre al nome dell'amico di Haydn, ricorda proprio poco.
-non montarti la testa, piuttosto...a che devo la chiamata?-
-mi chiedevo se ti andasse un caffè-
il pittore guarda l'orologio che ha al polso, sono le dieci. Non sa se rifiutare, anche perché per la prima volta nella sua vita non ha ben chiare le intenzioni di qualcuno.
Non sa che in che modo Artemas sia interessato a lui né a cosa miri.
Tuttavia non gli dispiacerebbe rivederlo.
-uomo di provincia se ti do qualche indicazione sai arrivare in un locale che conosco?-
sente la risata di Artemas dritta nelle orecchie.
-mettimi alla prova ragazzo di città.-
il moro gli da velocemente le indicazioni, poi con noncuranza avverte uno degli allestitori della sua mostra ed esce.
In moto impiega più di mezz'ora per raggiungere il Caffè che ha indicato ad Artemas,  e se anche l'altro non si è perso dovrebbe essere già lì.
Arrivato dentro il locale, di gusto ma non formale, non vede il ragazzo da nessuna parte.
“si sarà perso, o mi avrà dato buca” pensa subito il pittore.
Decide di dargli qualche minuto, si siede ad un tavolo libero per aspettarlo un po'.
Quando sta per mollare la spugna per tornare al lavoro, vede Artemas entrare col fiatone nel locale, lo osserva un po' mentre si guarda intorno cercandolo, prima di decidersi a fargli qualche segno per farsi notare.
-scusa! Ho perso più tempo del previsto-
Max gli sorride facendogli cenno di sedersi -immagino che per voi uomini di Brooklyn sia  difficile orientarvi nella magica Manhattan-
-noto con piacere che i tuoi toni delicati e soavi non erano dovuti ai fiumi di alcool che avevi bevuto al matrimonio-.
Max si lascia scappare una smorfia “e non hai visto nulla” pensa ironicamente.
-sempre autentico...ma a che devo l'invito?-
il militare lo guarda interrogativo -in che senso? Non posso volerti offrire un caffè?-
Max sorride, di solito chi gli offre qualcosa vuole altro in cambio, è uno scambio equo.
-non credevo di averti fatto così tanta simpatia, Haydn non è un mio fan e che io sappia tu e lui siete molto amici.-
-è vero, Haydn è il mio migliore amico, ma questo non significa certo che debba scegliere per me, ti trovo interessante.-
una cameriera arriva a portargli dei menù interrompendo la loro conversazione.
Max aspetta che la ragazza si sia allontanata prima di tornare sull'argomento, vuole davvero sentire ciò che Artemas ha da dire.
Si limita a guardarlo in maniera eloquente, dicendogli con lo sguardo di continuare.
-diciamo che...sembra che tu sia più di quello che mostri agli altri...ho visto a casa di Haydn e Ciel delle foto di alcuni tuoi lavori, io di arte sono totalmente ignorante e di solito mi lascia indifferente, mi limito a giudicare un'immagine definendola bella o brutta...i tuoi invece mi hanno colpito, vorrei capire il perchè-.
Maxime non si sarebbe mai aspettato tanta sincerità, si ritrova a non saper reagire, lo guarda negli occhi, sono limpidi e caldi, sinceri.
-e sia...ma a tuo rischio e pericolo-.


A quel caffè di metà mattina hanno fatto seguito tanti pranzi insieme, poi sono arrivati gli inviti a cena, con grande disappunto di Haydn.
In un primo periodo Max aveva ignorato la cosa, Artemas non gli aveva mai lasciato intendere di voler andare oltre quell'amicizia e non avevano mai parlato di cose come le relazioni. Il pittore aveva continuato ad uscire anche solo per abbordare qualcuno quando non aveva voglia di star solo, beccandosi le occhiate di disappunto dei suoi amici.
“che volete!” rispondeva “non è mica il mio ragazzo, e solo un...amico, e poi anche nel caso, io non sono tagliato per le cose serie, se la cosa non gli sta bene può anche andarsene”.
Nessuno aveva avuto il coraggio di fargli notare, che mentre c'era James aveva smesso di vedere altra gente.
Poi una sera, dopo una cena come le altre Artemas l'aveva spiazzato per l'ennesima volta.
Dopo aver chiamato il taxi lo aveva accompagnato alla portiera e, prima che il moro salisse l'aveva salutato con un bacio leggero, appena un accenno, poi gli aveva sorriso  augurandogli la buona notte prima di voltarsi e andarsene.
Nella macchina Maxime si era sentito il trentenne più stupido del mondo, mentre come un ragazzino si toccava le labbra.
Aveva fatto decisamente di peggio, baciato tanta di quella gente che non avrebbe potuto nemmeno ricordare tutti i nomi, eppure sentiva quasi le labbra gonfie e una strana sensazione.

Qualche giorno dopo quel bacio decise di prendere l'iniziativa, doveva eliminare tutte quelle strane sensazioni e tutte quelle cose non dette.
Dopo l'ennesima cena-quasi-appuntamento invitò Artemas a salire nel suo appartamento.
-e quindi è questa la tana del lupo- gli dice mentre posa la giacca sulla spalliera del divano.
-esattamente, uno dei luoghi più visitati di Manhattan- gli dice allusivo, ha sempre messo in chiaro il suo stile di vita, ma la cosa non ha toccato poi molto il militare, e pensare che all'inizio Maxime gliel'aveva sbandierato in faccia per vedere se in quel modo si sarebbe allontanato.
-ah...non ho dubbi, la vista è splendida- gli risponde quello guardandolo
-ah però! Allora anche tu hai quella cosa chiamata “malizia” iniziavo a pensare che fossi una sorta di asceta.-
Artemas ride e avvicinandosi svelto lo bacia prendendosi tutto il tempo del mondo, accarezzandogli piano le labbra e stringendogli i fianchi tonici fra le mani.
-aspetta...aspetta...ho capito che ti sei svegliata ora bel addormentato!- gli dice Max ridendo -ma ora te ne stai buono ancora un po' perché ho avuto una giornata pesante e un drink è un mio pieno diritto.-
Artemas ride, liberandolo dalla presa sui fianchi, è rimasto totalmente stregato da quell'uomo. Vede in Max qualcosa che nemmeno lui riesce a definire, una fragilità...una tristezza antica nello sguardo, sommersa da tonnellate di narcisismo e autostima.
-prendo i bicchieri...tu afferra quello che vuoi dal mobile bar-.
Il militare si alza dal divano andando verso il mobile indicato, un pezzo in ferro decorato e vetro da far invidia al bar più chic in circolazione.
La prima cosa che nota è che tutte le bottiglie sono quasi vuote, alcune invece sono piene a metà. Prende una bottiglia ancora quasi piena e la poggia sul tavolino del soggiorno, proprio in quel momento il moro rientra nella stanza con due bicchieri di vetro.
-hai dato qualche festa?- gli chiede 
l'altro lo guarda interrogativo -...sai, ho visto che hai il mobile bar mezzo vuoto- continua Artemas.
-oh...si, più o meno, ho invitato un paio di amici tempo fa e non più fatto scorta- gli risponde quello tranquillamente, ma Artemas potrebbe giurare di averlo visto trasalire.
Passa la bottiglia al moro che riempe due bicchieri, per poi portarsene uno alla bocca per berlo quasi tutto d'un fiato.
Si sente nervoso senza capire il motivo, si è ritrovato in situazioni simili troppe volte per ricordarle tutte, quindi qual'è il problema?
Vuota il bicchiere mentre il militare sorseggia ancora il suo, stanno seduti accanto sul divano, vicini ma senza toccarsi.
Artemas lascia il bicchiere a metà poggiandolo sul tavolo difronte al divano, con un braccio avvolge le spalle di Maxime, che si rigira il suo bicchiere vuoto fra le mani.
-ehi...- gli sussurrò all'orecchio -che ti prende?-
l'altro scuote il capo poggiandosi alla spalla di Artemas -nulla, assolutamente nulla aitante soldato.-
Artemas ride, e poi prende a baciarlo, non vuole correre troppo, vuole che quella sera sia speciale.
Si ritrovano stesi sul divano, Max si lascia totalmente trasportare, si rilassa, vuole provare a lasciarsi andare, come non gli capita da tempo ormai, eppure ha una strana sensazione addosso, è sempre lui ad aver in mano la situazione in questi momenti, ha anni di esperienza alle spalle e ha imparato a vivere il sesso come divertimento, senza impegni, senza responsabilità, viverla in maniera diversa fa male, lo ha visto e ne ha paura.
Eppure non riesce a essere tranquillo, sente che c'è qualcosa di diverso rispetto alle altre volte. Artemas è cauto, sente tutto l'affetto che prova per lui e che anche lui ricambia ma non vuole andare oltre. Mai più.
-In questo capolavoro dell'architettura moderna, c'è una camera da letto?- gli chiede sulla bocca Artemas.
-certo che si- si svincola dalla presa mettendosi in piedi, seguito da Artemas che una volta alzato prova a prendergli la mano.
Lui gli sorride, togliendosi dalla stretta per dargli le spalle e fargli strada per l'appartamento.
“non c'è niente di cui aver paura” gli dice la sua testa mentre avanza sicuro nel corridoio, dietro di lui i passi incerti di Artemas “è esattamente come le altre volte.”



-buon giorno-
apre appena gli occhi, la sera prima ha dimenticato di chiudere le tende, e adesso la luce entra inondando completamente la stanza, il bianco dell'ambiente riflette i colori del cielo coperto di nuvole.
Max sente il calore della pelle di Artemas sotto la guancia, e le coperte lo avvolgono fino al collo, quando apre gli occhi ha la vista coperta da alcuni ciuffi dei capelli arruffati.
Alza la testa e si ritrova davanti la faccia beata e sorridente di Artemas.
-ben svegliato- gli dice cordiale il militare, sorride come se fosse in totale pace col mondo mentre lo guarda, e Max, perfino con la mente ancora appannata dal sonno ha quasi paura di quello sguardo.
È la prima volta da anni che non si svegliava per primo.
Raramente i suoi amanti restano a dormire, ma quando accade odia l'idea di farsi trovare arruffato e scomposto l'indomani mattina, di norma il suo orologio biologico si attiva naturalmente, facendolo svegliare prima del suo partner così da farsi trovare ordinato.
Max odia sembrare sciatto, ama il lusso e l'ordine.
Si rigira fra le coperte, scostandosi appena da Artemas per guardare l'orologio, sono le 10 ma è domenica e non ha molto da fare.
-'giorno- borbotta mettendosi seduto, si passa velocemente le dita fra i capelli cercando di aggiustarsi, Artemas scoppia a ridere.
-che ti prende?- gli chiede il pittore, senza volerlo alza gli angoli della bocca, la ristata di Artemas è maledettamente contagiosa.
-ti trovo adorabile tutto arruffato, non capisco perché tu cerchi invano di pettinarti, sembri quasi umano così- anche Artemas si è alzato a sedere e lo abbraccia da dietro.
-bè...io odio esserlo, quindi andrò a sistemarsi- dice l'altro brusco, scostandosi dall'abbraccio come se scottasse.
Senza guardare il compagno scappa in bagno, ha bisogno di una doccia per schiarirsi le idee.
Entra chiudendo la porta a chiave, poggiato al lavandino si specchia, e il volto che si trova davanti non gli piace per niente.
Cos'è quella luce strana negli occhi? L'aria sognate?
Sente lo stomaco stringersi e un peso nella gola.
Apre l'acqua fredda e inizia a sciacquarsi il viso con urgenza, deve tornare lucido, perché non si sente così dai tempi di Alex, ma allora era un ragazzino schiocco, oggi è un uomo e ha promesso che mai più si lascerà ferire in quel modo.
Ne va del suo orgoglio, che non sopporterebbe un'altra delusione, perdere il controllo della situazione non è un'idea da prendere in considerazione.
Basterà trattare il belloccio che ha in camera da letto esattamente come tutti gli altri, tanto ha avuto quello che voleva, ora se ne andrà senza fare storie.
Fa una doccia fredda e veloce, rientra in stanza coperto da uno asciugamano.
Artemas si è rivestito e sta seduto sul letto, ha l'aria pensierosa, sembra che il suo momento di pace sul mondo sia finito.
Senza guardarlo il pittore si riveste, Artemas nemmeno lo guarda, quando Max ha finito gli rivolge la parola -ho fatto qualcosa che non dovevo?-.
Maxime è girato di spalle, il tono gli è sembrato così affranto da farlo esitare, ma deve andare avanti, è troppo pericoloso farlo restare.
Si gira e sorride quasi con superiorità, è una delle maschere che gli riesce meglio.
-certo che no,  ho solo bisogno del mio spazio- dice come se fosse una cosa ovvia.
Artemas non gli crede, si alza e si avvicina tanto da sfiorargli piano le labbra, gli sembra così triste, come se gli stesse nascondendo qualcosa.
-perdonami principino...starò più attento la prossima volta- gli dice sulle labbra -non voglio mica disturbare la tua regalità- mette dolcezza in quelle parole, vuole farlo sorridere.
Max cede per qualche secondo, risponde a quel bacio, poi decide di finirla, deve chiudere tutto quel coinvolgimento emotivo, non va bene, lo farà perdere.
-chissà...magari potremmo rifarlo...prima o poi- gli dice allusivo staccandosi andando verso la porta della stanza.
-prima o poi?- il mondo era crollato addosso ad Artemas.
-si, perché no?- gli dice non curante -sei carino e stiamo bene insieme-
Artemas lo guarda con sguardo freddo -credevo che “stessimo insieme”-.
Max sorride freddamente dall'uscio della stanza, è perfettamente composto e ordinato.
-e in base a cosa lo affermi?-
il militare strabuzza gli occhi -siamo usciti insieme! Abbiamo fatto l'amore ieri notte!- dice sconvolto ed esasperato.
-ci siamo divertiti, fine della questione.-
-divertiti!?-
-mi dispiace che tu abbia frainteso, ma non c'è stato nulla di più che questo fra noi due, un sano divertimento senza impegno.-
il soldato tace, lo guarda dritto negli occhi, e se gli sguardi potessero uccidere sarebbe già nella tomba.
Senza dire nulla con passo svelto Artemas esce dalla porta e quasi corre per il corridoio, Max lo segue in silenzio.
Lo vede cercare quello che ha lasciato in giro la sera prima, lo punisce con il silenzio e forse è la cosa migliore.
-mi dispiace, non volevo ferirti, non pensavo che avresti frainteso- gli dice cercando di essere il più distaccato possibile, vuole che sappia almeno questo, glielo deve.
-va al diavolo Max, la verità è che ho visto in te molto più di quanto vali, in realtà sei solo vuoto-.
Il pittore gela dentro ma non risponde, immobile osserva la sua schiena allontanarsi fino a raggiungere la porta di ingresso, non sussulta nemmeno quando la sente sbattere violentemente.
Resta per qualche minuto a fissarla.
“vuoto” 
la parola gli rimbomba nella testa.
Ci riflette per qualche minuto, “vuoto”, si...è vero, lui è vuoto, ed è meglio così.
Si, è meglio così, conclude alla fine.
Con difficoltà muove il primo passo, poi ancora un altro, arriva al carrello dei liquori.
Un paio di sorsi e la mente si spegnerà, poi tutto potrà tornare nella giusta prospettiva.


…..............................

-Maxime apri questa dannata porta o giuro che la butto giù!-
Rafael picchia sulla porta da almeno dieci minuti e urla da altrettanto.
Dall'interno Max non ha ancora deciso se valga la pena ignorarlo o lasciarlo entrare...spera che il ballerino demorda ma non si illude conosce i suoi polli.
-Max la cosa sta diventando ridicola, apri-
è Itsumi a parlare, più calma ma preoccupata tanto quanto l'amico.
-andatevene!- si decide alla fine ad urlare, prendendo uno dei cuscini del divano e schiacciandoselo con forza in faccia.
Per qualche minuto non sente nessun suono provenire dal fuori... che se ne siano andati? Non ci spera più di tanto.
Sente di nuovo voci, ma ha la testa troppo pesante per distinguere chiaramente quello che dicono.
Chiude gli occhi, perché non lo lasciano in pace? Lui vuole solo che il dolore alla testa gli passi, delle loro belle parole non se ne fa niente.
-santo cielo! È una ciminiera questo posto!- 
Max apre gli occhi di scatto e toglie il cuscino che gli ha fatto da scudo, si ritrova davanti alla faccia gli occhi a mandorla di Itsumi.
-sei diventato un vampiro o cosa!?- dice l'amica con tono calmo è piegata su di lui per guardarlo in faccia, ma il pittore riesce a tenere a stento gli occhi aperti.
Dei passi svelti corrono alla vetrata e un secondo dopo la luce di un pallido sole inonda la stanza.
-aaah! Andatevene!- urla Max dal divano, girandosi prono per evitare la luce. 
-o no, caro. Siamo la tua personalissima squadra di soccorso- mentre lo dice, la ballerina ha un sorriso enorme stampato in faccia, lo usa per mascherare tutta la rabbia che prova per il suo stupido amico, la verità è che in questo momento vorrebbe solo picchiarlo.
-si può sapere come avete fatto ad entrare?-
-hai dimenticato che ho una copia delle tue chiavi?- è stato Ciel ha rispondere, Max non si era nemmeno accorto che ci fosse anche il biondo.
-me le hai date quando sei stato fuori città quella volta! Volevi che prendessi...-
-sssh! Non mi importa! Voglio solo dormire!- lo interrompe di colpo, la testa gli scoppia, vuole solo silenzio.
-si può sapere perché devi ridurti in questo modo?- anche Rafael si è avvicinato al divano, accovacciandosi vicino al bracciolo dove Max ha appoggiato la testa.
Il pittore gira il volto per poterlo vedere, apre gli occhi solo un momento, e si ritrova avvolto da tutto il disappunto dell'amico.
-eccoli al completo...non me ne bastava uno di grillo parlante! Me ne dovevano capitare tre!- borbotta acido.
-per tua fortuna!- esclama Itsumi -se no chi li risolve i tuoi casini!?-
Max si gira supino, coprendosi con un braccio gli occhi.
-io non ho nessun casino!-
-ah no!? E allora, cortesemente spiegami perché diavolo sei mezzo ubriaco alle due del pomeriggio?-
-perchè mi va! E non sono ubriaco! Sono abbastanza lucido da non volervi qui!- 
l'asiatica lo fulmina con lo sguardo, anche se non la vede Max sa perfettamente che espressione ha il suo volto.
-bè! E noi ti vogliamo abbastanza bene da restare anche se non ci vuoi!-.
Max non ha nemmeno il coraggio di replicare, incassa in silenzio, sentendosi possibilmente anche peggio di prima.
-Ra...preparagli qualcosa di leggero, questo idiota avrà lo stomaco vuoto! Io vedo se c'è un'aspirina in questa casa-. Impartiti gli ordini con voce dura, Itsumi lascia la stanza e Rafael va in cucina.
Rimasto solo con Max, Ciel si siede ai piedi del divano, accarezza piano i capelli dell'amico sospirando.
-ci hai fatto preoccupare...non rispondevi al telefono da giorni...nessuno ti ha visto in galleria o in accademia...avevamo una paura matta di trovarti squartato in qualche vicolo- gli sussurra piano.
Max non risponde, resta a godersi le coccole gratuite di Ciel.
-quanto siete melodrammatici!- sussurra alla fine, baldanzoso per quanto gli è possibile.
-perchè?- gli chiede soltanto il biondo, limitandosi ad ignorare il suo solito atteggiamento menefreghista.
-uno ora non può decidere di prendersi una vacanza?-
-senza avvisare? E poi dimmi...capisco che casa tua è un albergo, ma stare ubriaco su un divano non mi sembra granchè come vacanza.-
-non rompere! Faccio quello che mi pare.- borbotta quello.
Ciel stizzito, interrompe le carezze per tiragli con forza una ciocca di capelli.
-ahi! I capelli no, maledizione!- 
-perchè devi essere un dannato masochista!? Hai cacciato Artemas non è vero?-
-fatti i fatti tuoi...-
-tu sei affare mio!-
Max si gira dandogli le spalle, è stanco, gli fa male la testa e gli incubi non hanno fatto che tormentarlo, gli mancavano solo le prediche...
-non ho fatto niente di male! Porca miseria, non gli avevo promesso niente! Io non voglio impegni! Se lui si è fatto una sua idea, bè mi dispiace di averlo deluso!-
urla in fine, alzandosi a mezzo busto, causandosi solo un giramento di testa.
-e se la cosa ti sta così bene...perchè ti sei ridotto così?-.
Non credeva di poterlo dire, ma in quel momento Max odia davvero Ciel, con tutto il suo cuore.
Odia quello sguardo chiaro che lo fa sentire sporco, odia il suo tono calmo e accondiscendente, odia la preoccupazione che sente in quelle parole.
-cosa ti fa pensare che c'entri lui?-
-non lo so...dimmelo tu. Mi sei sembrato...felice, nell'ultimo periodo, poi cacci Artemas e ti riduci così- Artemas lo guarda stupito, come fa a sapere certe cose?
-Haydn ha cantato...- borbotta quello, leggendo la domanda nello sguardo dell'amico.
-il soldato non c'entra niente con questo! Ho alzato un...un po' il gomito perché non riesco a dormire!-
-e prendere un sonnifero no?- 
-nah...mi conosci, sono contrario a quelle schifezze!-
Ciel inarca le sopracciglia esasperato, Max lo manderà al manicomio, ne è certo.
-allora! Ho trovato un pacco di aspirine non scadute, per miracolo!- 
Itsumi entra in salotto interrompendo il loro discorso.
-quindi fila in cucina, mangia, prendi le pillole, fatti la doccia e mettiti a letto- dice con tono quasi materno.
-e una favola della buona notte non me la racconti, mammina?- le risponde il pittore mordace.
-no amore, quella solo ai bimbi buoni che non puzzano come una ciminiera e non bevono come spugne- ribatte quella sorridendo.
Aiutano Max ad alzarsi e lo portano in cucina, dove Rafael ha improvvisato un pasto con quello che ha trovato.
-vado a farti la spesa, in frigo ho trovato solo arance e formaggio- dice lugubre, mentre guarda Max mangiucchiare i tost che gli ha preparato, alternando piccoli morsi a sorsi di aranciata.
Nonostante il senso di nausea, il suo corpo aveva davvero fame.
Alla fine Max si ritrova a fare quello che gli era stato ordinato da Itsumi e senza rendersene conto poco dopo si ritrova nel suo letto, coperto dalle lenzuola che Itsumi ha prontamente messo pulite.
Non ha nemmeno il tempo di chiedersi cosa altro combineranno quei pazzi a casa sua, che si ritrova piacevolmente assopito dal sonno.
Le medicine hanno fatto effetto e il mal di testa ha lasciato posto solo ad una stanchezza diffusa.
Chiude gli occhi, ci sono i suoi amici, loro riporteranno un po' di ordine a casa, lo aiuteranno a riprendere il controllo. 
Confortato da questo pensiero si lascia prendere dal sonno, lasciandosi cullare dalla certezza di aver qualcuno su cui contare.

Quando si sveglia è sera, la stanza è immersa nel buio.
Si prende qualche minuto per riprendere coscienza, si sente stranamente tranquillo, il suo corpo sta meglio.
Lentamente si alza, chiedendosi se quei tre pazzi se ne siano andati, le voci soffuse che arrivano dal soggiorno gli danno la risposta, non l'hanno lasciato solo.
Fuori è buio devono essere almeno le nove di sera, deve fare qualcosa per aggiustare i suoi orari, o finirà davvero a fare il vampiro.
Quasi strisciando si infila la vestaglia e va in soggiorno, dove gli altri tre stanno seduti comodamente a guardare qualcosa in tv.
Gli scappa un sorriso, è passato davvero troppo tempo da quando per loro era un'abitudine fare cose del genere.
-ben svegliato principessa! Sono le nove, noi abbiamo già mangiato, ma per te è ora di cena- gli dice sorridendo Rafael voltandosi perso di lui.
Max si sfrega la faccia per tentare di svegliarsi -non mi va...al massimo bevo un tè...- borbotta, beccandosi un'occhiataccia dagli amici, che però non replicano.
In cucina, vede che tutto in ordine come non era da tempo, apre il frigo è lo trova pieno di verdure e cose sane, come è di norma, gli stipetti sono stati rimpinzati di tè e biscotti, tutto e pulito e ordinato, come piace a lui.
Mette il bollitore sul fuoco e prende delle tazze per metterle sul bancone di marmo lucido.
Si appoggia in attesa che l'acqua si riscaldi, mangiucchiando a piccoli morsi un biscotto, in quel momento l'occhio gli cade su due sacchi accumulati in un angolo della stanza, stranito si avvicina per vederne il contenuto. 
Per qualche istante rimane congelato sul posto quando ne vede il contenuto.
I sacchi sono pieni di bottiglie, tante, troppe...non vuole nemmeno contarle, vederle lì ammassate, gli rende chiaro quanto in fondo sia arrivato a cadere, proprio lui che per tutta la vita aveva lottato con le unghie e con i denti per uscire dalla polvere, per essere superiore allo squallore.
-tutto bene?- 
la voce calma di Ciel lo fa sussultare -si...si...io, io non mi...non mi ero reso conto...- si stringe le tempie con una mano interrompendosi, non ha neanche il coraggio di guardare Ciel negli occhi.
Il biondo gli si avvicina, fino a circondargli la vita in un abbraccio solido e rassicurante.
-sssh...va tutto bene, ci siamo noi...non devi aver paura- gli dice.
Max scuote il capo -non...non so che mi sia preso...ero sempre sotto pressione, non riuscivo a dormire...Jamie se n'è andato...-
finalmente quelle parole gli escono dalla bocca, un disagio nascosto per troppo tempo a troppe persone.
-io...non riuscivo a dormire, facevo solo incubi...quando bevo sto bene, non sono in me...ma non credevo...-
-sssh...sei umano Max è normale fare degli errori...-
-No! Tu non capisci! Io non voglio fare errori! Non voglio sbagliare! Non cadrò nel fango, non darò alla mia famiglia questa soddisfazione, io devo essere il migliore...-
il biondo si stupisce, Max non ha mai parlato della sua famiglia, neanche una volta in tutti quegli anni aveva mai fatto un solo accenno a loro.
-tu sei in alto...Max, ci siamo noi...non possono più farti del male-
-no! Possono invece! E come un idiota mi sono fatto trascinare nel loro stesso squallore! io... io non posso permettermi sbagli...le persone fanno male...-
ha quasi sussurrato le ultime parole, spezzate da lacrime che non farà mai vedere a nessuno, neanche a Ciel.
Con delicatezza scioglie l'abbraccio del biondo, il bollitore fischia e corre a spegnere il fuoco.
-perchè non ti dai una possibilità Max?- gli dice Ciel, avvicinandosi con calma a lui.
-riprenditi la tua vita, non lasciare che le cose ti piombino addosso...ma- prende un respiro, sa che Max si è aperto fin troppo, e non sa fino a che punto sarà disposto ad aspettare, né se mai riuscirà ad aprire l'argomento.
-....hai anche un cuore, non puoi uccidere le tue emozioni...tu le uccidi! Uccidi tutto ciò che non sia il tuo rancore, la tua freddezza e...e la tua tristezza.-
Max sgrana gli occhi, non vuole sentire quelle parole, ma allo stesso tempo è immobilizzato, bloccato dentro il suo stesso corpo non ha il coraggio di muovere un muscolo.
-...c'è altro Max, dagli una possibilità...datti una possibilità...o finirai con l'arrivare ad un punto in cui ti resterà solo tristezza, e tutto l'alcool, tutte le feste, tutti gli uomini di questo mondo...non basteranno per fermarla.-
Ciel lo abbraccia ancora, rispetta il silenzio dell'amico, smette di punzecchiargli la coscienza.
-torno dagli altri, i biscotti li porto io, tu attento a non bruciarti col bollitore-.
Max è sconvolto dalla facilità con cui il biondino ha riportato l'atmosfera alla normalità, come se poco prima avessero parlato del tempo.
Non sa se aver paura del sorriso calmo e gentile che gli rivolse prima di uscire dalla stanza.
Quasi gli venne da sorridere, stava per  dimenticare quanto fosse speciale quel ragazzino, con la sua forza fatta di calma e affetto.
Come un automa mette l'infuso dentro la teiera e l'odore caldo e accogliente del tè gli invase le narici.
Artemas adora il tè, gliel'ha detto una volta durante una delle loro colazioni, e il pittore aveva subito pensato che era una cosa che lo rappresentava bene, una bevanda calda, ristoratrice ma forte.
Si da dello stupido per quel pensiero, ormai le cose erano andate così, e se c'è una cosa che aveva imparato presto è che nella vita non si torna mai indietro.
Può solo andare avanti, portandosi sulle spalle tutto... l'ha già fatto e farà  così anche questa volta, è ora di alzarsi e prendere in mano la situazione.
Si sente rincuorato da quella presa di coscienza, chiude gli occhi sospirando pesantemente per poi prendere lentamente fiato.
Nelle orecchie ha il suono soffuso delle chiacchiere dei suoi amici 
-Max!?- si sente  chiamare, dal soggiorno.
Sorride, sollevando quasi impercettibilmente gli angoli della bocca, si sarebbe risollevato, questa volta come le altre volte, ma almeno non era solo.

Le settimane passano veloci, il tempo gli viene scandito dai soliti impegni, alla fine aveva ragione, la vita non si ferma e tutto ha iniziato a tornare come prime.
Va in galleria, dipinge, cerca di accaparrarsi incarichi sempre più importanti, di salire ancora per difendere la sua posizione, và nei soliti locali, ma lo fa per rilassarsi e divertirsi, combatte gli incubi con tisane a camomille.
Tutto sta tornando come prima, e presto sarà pronto per tornare completamente alla sua vita, ai suoi amanti, alle sue feste.
Non ha più toccato un goccio di alcol da quando i suoi tre grilli gli hanno ripulito l'appartamento, e si sente fiero di sé, se c'è una cosa che sa fare più che bene è controllarsi, ammaestrare il suo corpo.
Tutto è così tranquillo che si stupisce quando un lunedì mattina come tanti, si ritrova davanti Artemas, di fronte all'ingresso della galleria.
Per un attimo rimane immobilizzato, spiazzato da quel fuori programma, poi prende fiato, deciso ad affrontarlo.
Con non-calanche cammina calmo verso di lui.
-Buongiorno, che ci fai qui?-
è contento quando vede un lampo di stupore negli occhi del militare, non si aspettava di vederlo così controllato.
-ciao- si limita a dirgli, sono giorni che pensa questo incontro e ora si ritrova senza parole -io...volevo vedere come stavi, Ciel mi ha detto che sei stato poco bene-
Max deglutisce, sa che Ciel non può avergli detto la verità, per quanto non sia in grado di farsi i fatti propri -si...ho avuto l'influenza e sono stato un po' a casa, fortuna che non ho un impiego con orari stabili...-
-già...-
-tutto qui? Non mi sei sembrato molto...interessato al...al mio stato di salute l'ultima volta che ci siamo visti..-
butta giù Max, non c'è rancore nella sua voce, solo forse, un po' di tristezza.
-no...ma...volevo vederti.-
il pittore sgrana gli occhi, come può dire una cosa del genere? Sa bene quanto l'abbia ferito, dovrebbe odiarlo non preoccuparsi per lui.
-perchè?- gli chiede con voce sottile
l'altro scuote il capo -non lo so...non faccio che pensare a te da quella sera, in queste settimane ho ripensato ad ogni singolo momento trascorso con te...-
Max fa una smorfia interrompendolo -per favore...non è colpa tua...-
-fammi finire- gli dice con voce calma -...ci ho pensato, e non ho visto un uomo freddo e distaccato, ma qualcuno che dentro nasconde un universo intero di...di..- ride -non so nemmeno io di cosa! Sei strano, lunatico, intelligente, hai delle piccole manie che mi fanno sciogliere, ma sei anche determinato, sicuro di te...io, non lo so che mi hai fatto Max, so solo che l'uomo acido e menefreghista di quella mattina non sei tu...e io voglio avere a che fare con te, non con quello.-
-ti sbagli...io sono così...- gli dice senza guardarlo negli occhi, dentro la testa la voce di Ciel gli urla “datti una possibilità”
-no invece, per ciò...dimmi cosa ti è successo quella mattina!-
-io non sono fatto per i rapporti a due! Le persone se ne vanno e non voglio essere io quello che finisce con restare a guardare- si lascia sfuggire quel pensiero e se ne pente il secondo dopo, perché sul volto di Artemas appare un'espressione triste che lo manda in bestia -togliti quella pietà dalla faccia, non ne ho bisogno-
-non è pietà...-
-qualsiasi cosa sia non la voglio vedere.-
-bè io non mollerò Max, io voglio stare con la persona che ho conosciuto in tutte le nostre uscite.-
Max prende un respiro passandosi le mani fra i capelli
-io fumo- dice poi lapidario e ignorando lo sguardo di Artemas prosegue -sono critico, esigente, amo le cose eleganti, spesso ho bisogno di stare da solo con i miei pensieri e sono scontroso, ho orari assurdi e sono stato con tanta di quella gente che non voglio neanche fare il conto, bevo e dato che reggo bene l'alcol bevo veramente tanto...ti sembro ancora un così buon partito?-
Artemas rimane un po' in silenzio, lo guarda dritto negli occhi e mai come in quel momento Max si sente nudo, poi inspiegabilmente gli sorride.
-e chi diavolo ha mai detto di voler un buon partito?- gli dice avvicinandosi cauto fino a poggiargli le mani sulle spalle.
Max lo scruta interrogativo, senza allontanarsi da quella stretta, non riesce a capire quel uomo.
-io voglio provare a stare con te, voglio che tu ti possa fidare di me, voglio che tu mi parli dei tuoi problemi che divida con me le tue preoccupazioni...voglio poter far lo stesso con te...tu sei speciale per me Max...-gli dice piano, senza mai smettere di guardarlo negli occhi.
“sei speciale per me Maxie...bello da morire e speciale”
ricordava bene quelle parole, Alex le aveva sussurrate al Maxime sedicenne infinite volte, distesi sul suo letto dopo le notti passate insieme, e lui come un'idiota c'era sempre cascato.
Ma ora davanti a lui non c'è Alex, c'è Artemas, e lui non è più  un ragazzino.
Si lascia andare poggiando la fronte alla spalla dell'altro, sospira sentendo l'odore caldo e confortante che emana il suo corpo, lo avvolge come una coperta, lo fa sentire al sicuro.
-...per favore, non dirlo più...- gli dice piano -non voglio essere speciale, voglio solo che la gente resti-.
Artemas ride -allora sta tranquillo...perchè sono cocciuto e non sarà per niente facile liberarsi di me- anche Max si ritrova a ridere.
Ha maledettamente paura, perché si sta mettendo ancora una volta totalmente nelle mani di qualcuno, eppure ride, e come un'incosciente lo bacia.
Un bacio che sa di caffè e menta, di tristezza ed aspettative, un bacio in cui Max mette tutta la fiducia che è in grado di provare per gli altri.
Artemas lo stringe, sa che la battaglia è appena iniziata, ma sa che ne varrà la pena.





Artemas percorre silenziosamente il corridoio di casa sua, è veramente tardi ma ha finito da poco il turno ed è tornato il prima possibile a casa.
Si toglie le scarpe e le lascia nel corridoio così da essere ancora più silenzioso, entra in stanza e velocemente indossa la tuta che solitamente indossa per dormire, getta un'occhiata al letto dove rannicchiato di lato Maxime dorme profondamente, totalmente incurante della sua presenza.
Sorridendo si infila sotto le coperte, ancora gli sembra strano ritrovarsi Max nel letto, eppure stanno insieme già da più di un anno, un vero record per il suo moro.
Mai avrebbe immaginato che Max l'avrebbe aspettato a casa, quando gli aveva dato una copia delle chiavi di casa sua pensava che non le avrebbe mai usate, invece solo un mese dopo il famoso regalo, si era ritrovato a casa Max che lo aspettava con delle vaschette di cibo d'asporto sul tavolo della sua piccola cucina.
Non aveva mai avuto un rientro a casa migliore di quello.
Sospirando per allontanare la stanchezza della giornata stringe al petto Maxime che profuma di bucato fresco come le coperte del letto.
Il pittore si rigira un po' nel suo abbraccio, ha una smorfia infastidita in faccia che dovrebbe essere minacciosa ma che invece ogni volta fa ridere Artemas.
-sei una rottura, in caserma proprio non ve le insegnano le buone maniere- borbotta con la voce impastata dal sonno.
-perdonami, non volevo svegliarti...- gli dice baciandolo appena sulle labbra.
L'altro non gli risponde, accoccolandosi contro il suo petto prova a riprendere sonno, sarà la stanchezza ma Artemas non riesce a smettere di pensare a quanto sia bello vederlo così rilassato e dolce, il troppo lavoro lo starà sicuramente sfinendo se arriva a definire Max “dolce” nell'ultimo anno sono sopravvissuti per miracolo fra la sua cocciutaggine e il caratteraccio del pittore.
Ma non cambierebbe quei mesi per nulla al mondo nonostante tutte le urla e le litigate,  non cambierebbe neanche Max anche se sa che ci sono, e ci saranno sempre, parti della sua vita in cui non potrà entrare, cose di lui che non riuscirà a capire.
Ma va bene così, solo su una cosa vuole insistere, vuole sapere del suo passato.
Max non ne parla mai, quando parla della sua vita sembra che sia iniziata a 18 anni, il giorno in cui ha messo piede per la prima volta alla Juliard.
Qualcosa deve averlo ferito e lui vuole saperlo.

-dio che serata!-
Artemas sospira esasperato gettando la cravatta il più lontano possibile dal suo collo. Erano stati a una mostra di Maxime e con enorme gioia sua e del pittore era stata un successo, Artemas aveva visto gli occhi del moro brillare per tutta la serata, il successo, la buona musica e la popolarità sono un mix che lo esaltano terribilmente.
-ehi...io vengo alle serate di pizza con te e i tuoi colleghi, tu vieni alle mie- gli dice sorridendo il compagno, anche lui però si sta mettendo comodo togliendosi scarpe e cravatta.
-ammetti almeno che le mie sono più divertenti- 
-buzzurro- gli scandisce bene il pittore.
Artemas ride e dalla borsa che ha lasciato nel soggiorno prima di uscire prende un cambio di vestiti, sotto lo sguardo attento di Max.
-sai...oggi pensavo...- inizia il moro
-ah si? Sai che non devi farlo! Ti fa male, ti vengono le rughe-
per tutta risposta, da bravo uomo di 30 anni, gli tira contro un cuscino.
-idiota! Non ti dico più nulla-
-mmm...come siamo maturi sta sera, il successo ti fa male-
Max è seduto sul divano e il compagno gli circonda le spalle da dietro la testiera del divano.
-taci animaletto.- gli sorride impertinente -pensavo...che è scomodo per entrambi, fare di continuo avanti e indietro dai nostri appartamenti-
l'altro lo ascolta attento, non vuole farsi troppe illusioni su quello che sta per dire Max, ma spera davvero che il discorso prenda una buona piega.
-...pensavo che potresti, se ti va certo...- si sente stupido a tentennare in quel modo -potresti venire a vivere qui, con me.-
-non pensi che stiamo correndo troppo?- Artemas glielo chiede perché vuole essere sicuro che anche Max sia veramente sicuro di quello che gli sta chiedendo.
-...non farmi dire cose tremendamente sdolcinate-
-oh...ti prego, stupiscimi!- 
-stiamo insieme da un anno...e tu.. sono completo quando sto con te- il tono di voce del moro si abbassa, sussurra sempre cose del genere, come se fossero un segreto fra loro due.
-voglio trovarti in giro per casa.- conclude, inclinando indietro il collo per guardarlo negli occhi.
-e se non volessi sopportarti?- gli chiede, ma è così scherzoso e dolce il suo tono, che il pittore sa già la risposta.
-a bhè...basta che tu tenga in ordine le tue cose e mi lasci in pace quando sono nel mio studio...dovremmo sopravvivere-
-ah...se basta solo questo- Artemas fa il giro del divano per poterlo baciare meglio, si sente euforico come mai.
-sei straordinario, pazzo certo, ma ti amo-
è la prima volta che glielo dice così apertamente, e per un secondo il cuore di Max perde un battito.
Sa bene chi è stata l'ultima persona a cui ha detto quelle due piccole parole, sa bene quanto siano pesanti.
Gli ha chiesto di convivere perché adora, per quanto abbia difficoltà ad ammetterlo, l'idea che Artemas sia una presenza fissa nella sua vita.
Sa che Artemas ha scommesso tutto con quelle due parole e lui ora non può che mettersi in gioco a sua volta.
-anch'io...dannazione! Anch'io!- gli dice a mezza voce, e gli occhi di Artemas brillano come non li aveva mai visti.
Preso dall'impeto lo spinge contro il divano, sembra non riuscire a staccarsi dalla sua bocca.
Non cambierebbe quel momento per nulla la mondo, tutto ciò che vuole è sentire il suo calore, respirare il suo profumo fino a stordirsi, fino a dimenticare tutto ciò che non siano loro due.

-ehi- gli sussurra Artemas sui capelli.
Sono avvolti da un groviglio scomposto di lenzuola e coperte, la stanza è completamente al buio con le tende serrate ed è così silenziosa che non si sente altro che i loro respiri.
-ehi-
con una mano Artemas accarezza i capelli del moro, scompigliandoli piano, con l'altra accarezza piano la sua mascella, percorrendola con l'indice.
Si sente stanco ma in pace col mondo.
-sai...pensavo-
-male male...lo sai che non devi sforzarti-
-non mi citare- gli risponde Artemas ridacchiando.
-a cosa pensavi?- gli chiede l'altro, voltandosi sulla pancia per guardarlo in faccia.
-pensavo che vivremo insieme- si lascia scappare un sorriso a questa affermazione -ma non so un sacco di cose di te-
-che dici? Sai tutto quello che c'è da sapere-
-si...da quando hai iniziato la scuola, sono cose che può trovare chiunque andando su internet-
-e che altro vorresti sapere?- ha un sopracciglio alzato il moro e lo guarda scettico e forse un po' preoccupato.
-prima? Di dove sei...ha fratelli, sorelle? Cosa facevi da adolescente...cose così-
tenta di rendere la questione leggera, teme che Max possa chiudersi a riccio, e non vuole perdere tutto quello che ha conquistato in quell'anno.
-alle volte sembra che la tua vita sia iniziata a diciotto anni...-
-perchè è così in effetti- gli risponde l'altro -prima non c'è nulla che valga la pena raccontare- glielo dice sorridendo malizioso e leggero, vuole fargli credere che sia tutto così inutile da non parlare, è il sorriso malizioso con cui si difende dal mondo.
-Maxie...stiamo insieme da abbastanza tempo da permettermi di capire senza sforzo che quel tuo dannato sorrisetto menefreghista è un bluff-
gli risponde l'altro sulla bocca, prima di lasciargli un bacio appena accennato.
-perchè è così importante? Insomma...ora mai è passato, no?-
-ah...non lo so se è passato, questo dovresti dirmelo tu. È passato?-
-questo discorso non ha senso- 
-il passato non sarà mai realmente tale...almeno finché tu non lo lascerai andare.-
-oh... ti prego! Risparmiami un noioso discorso pieno di cliché sul “senso del tempo”-
delicatamente Max, scioglie lentamente l'abbraccio si sporge e accende lampada sul comodino per poi prendere le sigarette che tiene sul comodino insieme a posacenere e il suo zippo. Artemas fa un sospiro e prova a riordinare le idee, sa che Max ha un nervo scoperto quella sera, e che insistendo premendo i giusto bottoni potrà ottenere quello che vuole, ma non sa fino a che punto vuole spingersi e rischiare una lite, non ora che tutto sembra andare per il meglio.
Osserva il pittore accendersi con calma una sigaretta, di solito non fuma mai in casa, e meno che mai in camera da letto, vuole che casa sua sia sempre pulita e profumata.
Se ha deciso di non uscire significa che l'argomento è più spinoso di quanto pensasse e che vuole calmarsi in fretta.
Si sporge fino a circondargli la vita -scusami...e solo che...vorrei che tu ti fidassi completamente di me.-
-ma io lo faccio! Mi fido di te come...come non facevo da tempo con la gente-
-se non vuoi parlarne va bene...non voglio forzarti-
-perchè per te è così importante?-
-perchè voglio tutto di te...anche i fantasmi del tuo passato-
sente il moro trasalire, resta con la sigaretta bloccata a mezz'aria, come congelato da quelle parole. Lentamente schiaccia la sigaretta, consumata solo a metà, per poi voltarsi a guardarlo.
-solo due persone hanno avuto tutto da me...e poi sono state in grado di ferirmi come nessuno prima...-
-io non sono una di quella persone-
Max sospira -no...non lo sei- dice, poi spegne la luce per tornare sotto le coperte.
Passa le braccia dietro la testa e fissa il soffitto, Artemas non gli sta troppo addosso, accanto a lui lo guarda accarezzandogli appena una spalla.
-una di queste era mio fratello maggiore- lo dice senza nessuna nota particolare nella voce, se deve davvero raccontare quella storia lo farà cose se fosse un film a cui ha assistito, non come se ne fosse il protagonista.
-era il mio modello, credevo che mi sarebbe stato accanto in qualsiasi momento, per qualsiasi cosa. L'altra è stata il mio primo ragazzo...lo adoravo, era la cosa più importante del mondo per me, ero un ragazzino...credo sia così per tutti i sedicenni, no?- 
-credo di si...a quell'età l'amore sembra dover durare per sempre di solito-
Max annuisce -avrei fatto qualsiasi cosa per Alex, accettato qualsiasi compromesso, non mi importava tenere tutto segreto, non mi importava di dover uscire di nascosto per vederlo, non mi importava di mentire. Credevo che anche per lui fosse lo stesso, diceva sempre che ero un ragazzino...e che voleva solo il meglio per me. Ha funzionato per tanto tempo. Lui chiedeva...io facevo tutto per farlo felice. Una volta...gli feci vedere dei miei disegni, gli dissi che volevo fare domanda per la Juliard, lui sai cosa fece?-
l'altro si limitò a scuotere il capo.
-mi disse che era un sogno inverosimile, che di arte non si vive...ma che mi avrebbe seguito ovunque.-
-e poi...cosa è successo?-
-...mia madre è morta quando avevo sette anni. Amava la storia dell'arte...portava spesso me e mia sorella maggiore in giro per musei, e tenevamo in casa un sacco di quadri... è per lei che ho iniziato a disegnare, ero piccolo e probabilmente facevo sgorbi orribili...ma lei conservava ogni foglio e diceva che erano bellissimi.-
Artemas ascolta in silenzio, rispetta i ricordi che Max sta riportando a galla, gli lascia il suo tempo senza interferire, continua solo ad accarezzarlo, vuole che senta che gli è vicino.
-mio padre era sempre stato un uomo...burbero, non stava quasi mai a casa, è un banchiere, il classico uomo d'affari troppo preso dal denaro. Vedi? Non c'è niente di bello, la mia vita è un banale accumulo di cliché da telenovella.-  ride senza la minima gioia, lo fa perché è da anni che ha imparato a ridere di se stesso.
-in ogni caso.- continua -era mio padre, dentro di me speravo che un giorno sarei potuto andare da lui a dirgli la verità...che avrebbe capito che amavo Alex e che volevo frequentare un'accademia d'arte, che si sarebbe arrabbiato ma Alex mi sarebbe stato accanto...dentro speravo che a mio padre sarebbe andato tutto bene. Poi sai cosa è successo?-
-cosa?-
-sono stato ammesso! E dio! Se ero felice, il giorno più felice della mia vita. Avevo già programmato tutto, avrei detto la verità a mio padre e dopo averne parlato con Alex lui avrebbe fatto domanda per trasferirsi all'università a New York e avremmo vissuto felici e contenti. E invece un bel giorno, mentre ancora cercavo il coraggio per parlare a mio padre, la mia amata sorellina mi dice che ha finalmente deciso di presentare a casa il ragazzo che frequenta da un anno, che è bello, di buona famiglia e che si sta per lauriare in economia...che è così in gamba che papà dovrebbe assolutamente dargli una spinta.
E sai chi era quel ragazzo?-
Artemas teme la risposta ma dal tono acido che ha preso la voce del moro sa che sarà inevitabile.
-quel uomo perfetto è il mio Alex, che dopo essersi presentato a casa come il ragazzo di Elly mi prende in disparte per dirmi che non devo dire un parola, che non più bisogno di me, che sono un ingenuo perché vivo di fantasie. E io? Io sai che ho fatto? Avrei dovuto urlare, saltargli addosso e picchiarlo fino a farmi sanguinare le mani...e invece non ho fatto nulla.-
-non hai detto nulla neanche a tua sorella?-
Max ride, è inquietante mentre lo fa -oh...tranquillo anche Elly ha saputo tutto a suo tempo. Quella volta ho incassato in silenzio. Qualche giorno dopo ho preparato un borsone con le mie cose e appena mio padre rincasò da lavoro andai a parlargli.
Gli dissi che volevo frequentare la Julliard che non mi importava dei college che mi avevano preso...lui mi rise in faccia, iniziammo a litigare...poi gli urlai contro bé...i miei “gusti in fatto di partner”-
Max si interrompe, di colpo gli mancano le parole, eppure ha vissuto quella scena nella sua testa per notti intere.
-se non vuoi continuare...va bene Maxie- gli dice calmo Artemas, avvicinandosi e avvolgendolo in un abbraccio.
-...mio padre divenne una furia. Non lo avevo mai visto così, urlò così tanto che mio fratello entrò nella stanza preoccupato. Ma nemmeno lui riuscì a calmarlo, e io anziché stare zitto lo provocavo, alla fine mio padre mi mollò un pugno...sono finito contro la vetrina del suo studio e ho distrutto il vaso preferito di mia mamma...credo che mio padre abbia scansato mio fratello o qualcosa del genere...non ricordo...so solo che riuscì ad assestarmi qualche altro corpo. Poi mi disse che potevo fare quello che volevo, Perché non ero più un suo problema.
Sono scappato in camera, ho presto le mie cose, i miei risparmi, tutto quello che poteva servirmi.
Mio fratello provò a parlare con mio padre...ma era sempre stato “quello ubbidiente” il bravo figliolo creato ad immagine e somiglianza...il perfetto. Non era mai riuscito a opporsi a mio padre...non del tutto almeno. Credevo che quella volta sarebbe stato diverso...mentre preparavo le mie cose ho sperato fino all'ultimo che mio fratello entrasse e mi dicesse di restare...di stare tranquillo perché mi avrebbe protetto lui. Invece non è venuto nessuno.
Ho fatto le valigie e prima di andarmene ho urlato contro a mia sorella che di Alex poteva fare quello che voleva, che era un mio scarto e lo sarebbe stato per sempre, che la stava solo usando. La verità è che ero io ad essere uno scarto di Alex- la voce gli tremò in quel momento, e si sentì un imbecille, perché non era un ragazzino, era un uomo e quello era solo un ricordo.
-era estate...avevo pochi soldi e sapevo solo che dovevo raggiungere New York. Arrivai col treno, avevo vinto una borsa di studio per i miei voti e il dormitorio mi spettava, ma non avrebbe aperto prima di settembre. Ho vissuto per tre mesi quasi come un vagabondo...vivendo alla giornata.-
arriccia le labbra al ricordo di quei giorni, ricordi che ha soffocato per tutto il resto della vita circondandosi di ordine e pulizia. 
-da quel momento ho promesso a me stesso che avrei fatto qualsiasi cosa, venduto l'anima al miglior offerente se fosse stato necessario, ma non avrei mai, mai più vissuto in quel modo.-
Artemas gli accarezza i capelli, lento e rilassante, Max si lascia cullare da quelle carezze è circondato dalla pelle calda di Artemas e dal profumo di pulito delle lenzuola, e mai come in quel momento quella parte della sua vita gli sembra lontana.
-sssh...è passato. Non accadrà mai più, sei in gamba, ti sei rialzato.-
-ho imparato una cosa importante quella volta, qualcosa che mi ha guidato per il resto della vita...non serve a niente aspettare che qualcuno ci salvi, non serve a nulla contare sugli altri, solo noi possiamo salvare noi stessi.-
-è vero dobbiamo essere noi a salvarci...ma nulla vieta che qualcuno possa aiutarci a farlo. Io ci sarò sempre Max...quando avrai bisogno... ti aiuterò sempre a rimetterti in piedi. Non sei solo.-
senza parlare Max si fa spazio sul petto di Artemas, affonda la faccia nel suo collo, e il compagno solleva un lembo della coperta fino a portarglielo sotto il mento.
-lo so...ora lo so-
e per una volta lo sapeva davvero. 
Aveva il cuore leggero dopo tanto tempo, i ricordi avevano preso forma nelle sue parole e così erano usciti dalla sua bocca, non se ne erano andati dalla sua mente, ma si erano fatti più piccoli, meno fastidiosi. 
Guardò fuori dalla finestra, stava nevicando, ma era solo un accenno, l'inverno stava finendo con tutta probabilità quella doveva essere una delle ultime nevicate dell'anno.
Per un attimo ricordò di quando da piccoli lui e i suoi fratelli si divertivano a giocare con la neve del giardino di casa, nascondevano sotto il suo manto oggetti, era così bianca e fitta che dopo un po' sembrava che gli oggetti venissero risucchiati dalla neve.
Invece appena veniva un accenno di sole, la neve si scioglieva e tutto tornava in vista.
Era questo quello che gli piaceva della neve, copriva tutto, nascondeva tutto, anche i segreti.
Si era sempre coperto, nascosto, un manto freddo e compatto come scudo, era andata bene...era stato per molto tempo al sicuro dalle sue emozioni.
-tutto bene?- sente la voce di Artemas sull'orecchio è calda e gli provoca un brivido 
-si...solo...pensavo alla neve, fa tanta fatica a coprire tutto, a nascondere tutto...poi basta un niente e la frega-
Artemas ride piano -è il bello della primavera, con un po' di sole i fiori spuntano ed è bellissimo-
Max annuisce, è tutto caldo, ovattato e sicuro come non era da tempo.
-non andartene Artemas...anche se sarò odioso, anche se litigheremo...se certi giorni vorremmo ucciderci...-
-vale anche per te, sai? Non provare a scappare pittore da strapazzo...hai chiesto o no la mia mano?- gli dice scherzoso, contento del risultato appena lo sente ridacchiare.
-ormai mi hai sciolto...dove vuoi che vada?-
non aggiungono nient'altro, sanno che è abbastanza per entrambi, che per quella notte possono immaginare tutto quello che vogliono, che possono credere a qualsia cosa.
Max respira affondo l'odore della pelle di Artemas, non ha più segreti, non ha più barriere, si è solo messo in gioco puntando tutto su ciò che è pregi e difetti, ricordi tristi inclusi. Adesso sa che può farcela, che può pretendere quello che vuole dalla vita, che non è lo scarto o la seconda scelta di nessuno, e pretenderà Artemas, lo farà con tutto se stesso fino a che avrà fiato in gola.
Artemas lo strige, gli scompiglia ancora i capelli, Max sente il suo cuore battere lento e forte sotto la guancia.
Fuori nevica e fa buio, ma a Max non importa, perché per la prima volta in tutta la sua vita, lui non ha più ombre.



i segreti più son vecchi 
e più saran pesanti 
puoi tirarli fuori 
tanto qui saran coperti 
la manna forse aveva questa forma 
e allora puoi fidarti 
parlami davvero 
sciogli questo gelo 
sentimi davvero 
che spegniamo il buio 
baciami davvero 
che non casca mica tutto il cielo 
che ci stiamo ancora sotto insieme 
“la neve se ne frega” L.Ligabue
 



Angolo surrogato di autrice ^_^

che dire? È un racconto scritto solo per dare spazio ad un personaggio che è da tempo nella mia testa. La si può considerare uno Spin-off della one-short “Attimi di te e me”.
Anche queste è schifosamente romantica, ma sono una romaticona *^* e nella mia fantasia pretendo un lieto fine. Nella realtà purtroppo troppo spesso non si trova.
E quindi nulla, spero che sia piaciuta e di essere riuscita a rendere bene la psicologia del mio protagonista, senza essere eccessivamente banale.
Grazie a tutti coloro che sono arrivati a fine pagina <3
  
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