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Autore: Ichizomi    11/03/2014    0 recensioni
Semplicemente una fanfiction in omaggio ai doppiatori del gruppo di ODS che operano su Youtube, condita con piccoli riferimenti a varie cose di tanto in tanto e scritta con quel tono classicheggiante che non guasta mai. Non sarà la miglior introduzione del mondo, ma non mi riescono molto bene. Spero che vi incuriosiate e che proverete a leggere.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo:

Era una mattina qualunque, in un villaggio qualunque, in una casa qualunque, vivea un ragazzo di nome Gianandrea; figlio del fabbro del paese, Cristina, sua madre. Suo padre aveva invece aperto un locale in cui vendeva di tutto; lo aveva nomato Ipercoppe, ma questa è un'altra storia. Il nome di questo sperduto villaggio era Bransengard e contava poco più di cento anime. Bransengard era così piccolo ed insignificante che non veniva neppure indicato sulle cartine ed ogni viandante che vi transitava in vicinanza era sorpreso di trovare un villaggio laddove stando alle mappe c'era il nulla. Capirete dunque, oh miei lettori, che per il povero Gianandrea era una tortura vivere in quel minuscol paesino; lui voleva conoscere il mondo, visitare posti nuovi, conoscere persone di tutte le razze. Ogni giorno meditava di intraprendere la via della fuga e abbandonare la sperduta natia terra ma era frenato dalla mancanza di denaro. Senza di esso non avrebbe potuto, infatti, alloggiare e nutrirsi nelle varie locande. Invero Gianandrea avea un secondo motivo per intraprender il periglioso viaggio. Voleva partir dal natio villaggio per sfuggire agli amorosi assalti di una donzella di nome Antoinette, ma ella era di sì orribile aspetto che veniva soprannomata Antoilette. In un bel die di sole, il temerario Gianandrea decise che l'ora della partenza era infin giunta e, messe sue cose in bisaccia robusta, si appropriò di un equino di gran forza e velocità munito (con gran disappunto del padrone) e partì alla volta dei villaggi vicini per far fortuna. Ahimè Gianandrea tutto sembrava fuorché fortunato, l'equino rubato forò lo zoccolo in un paio di circostanze e il nostro povero e sventurato protagonista avea finito i ferri di scorta, ma le sue sventure erano solo agli inizi; poco dopo perse infatti la bisaccia ricolma di abbondanti cibarie e preziose monete; e il cavallo che, furbo, capì che non poteva essere più pagato decise di tornar a sua stalla a mangiar biada e scappò via dal ragazzo. Pianse e pianse per giorni e notti il povero e sventurato giovincello lungo il bordo della strada, reputavasi sprovveduto per lo suo gesto e rimpiangea l'abbandono di sua confortevole dimora.  

  
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