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Autore: KuromiAkira    11/03/2014    2 recensioni
Il ragazzo annuì mentre la ragazzina si avvicinava, ammirata. - È ciò che hanno usato anche quelle persone? - chiese, sottolineando le ultime due parole con un tono disgustato.
L'uomo rise. - È molto di più, Kyoka. È molto di più. Con questo potrete fare quello che volete. Ma saremo soli, ve la sentite lo stesso? -
- Ma certo! - rispose lei, sorridendo. - Non abbiamo nessun dubbio, vero fratellino? - domandò poi, rivolgendosi all'altro.
- Nessuno - confermò il fratello, avvicinandosi a sua volta e chinandosi appena verso il contenuto della valigia.
- Ora, finalmente, potremo avere la nostra vendetta - mormorò.
Entrambi i ragazzini sogghignarono e il buio della stanza rendeva le loro espressioni estremamente sinistre.
[Sun Garden/Aliea Academy + Original Characters]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Midorikawa Ryuuji, after Reize and the Aliea Academy'
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Era buio. Era quel tipo di buio assoluto, che neppure la più accecante luce poteva infrangere.
Sollevò le palpebre ma i suoi occhi non riuscirono ad abituarsi, non percepirono nulla.
C'era silenzio, lì. Non riusciva a udire nemmeno i propri respiri.
Non sentiva calore, non sentiva freddo. Sembrava non esserci aria, eppure non si sentiva soffocare.
Avrebbe dovuto essere spaventato, o come minimo preoccupato. Ma non riusciva ad agitarsi.
Una strana apatia l'aveva colto appena sveglio. Il corpo era interamente intorpidito, non riusciva a muovere un muscolo.
"Dove sono?" avrebbe voluto dire. Mosse la bocca ma non uscì alcun suono.
Improvvisamente sentì una fitta al petto. Era forte, insopportabile.
Minoru strinse i denti, serrò gli occhi, nel tentativo di resistere. Nulla cambiò e il dolore si fece persino più acuto, gli arrivò quasi al cervello, rimbambendolo ulteriormente.
Sentì qualcuno piangere, in lontananza. Era un suono flebile, quasi impercettibile, ma reale.
Chi era? "Kyoka?" si chiese.
Ma non era lei, ne era certo. Eppure quei singhiozzi gli erano familiari.
Cercò di mettere a fuoco qualcosa, davanti a sé sembrò apparire un’immagine poco nitida.
C'era qualcuno.
"Chi sei?" domandò, inutilmente.
Lo colpì d'improvviso una profonda tristezza dentro di sé. Sembrava entrargli dentro ed espandersi in tutto il corpo.
"Smettila!" avrebbe voluto gridare. Non ce la fece. Sentiva dolore, sentiva rabbia, odio. Non sapeva il perché. Eppure conosceva bene quelle sensazioni.
Cercò di muoversi, di opporsi. Ma quei singhiozzi si fecero sempre più acuti.
"Sono triste" gli sembrò di sentire.
"Chi sei?" chiese ancora Minoru.
"Sono solo e sono triste" udì ancora. Eppure non sembrava una vera e propria voce. Non c'era ancora alcun rumore.
Non seppe dire quanto tempo passò, ma infine tutto tornò silente.
Ma la tristezza, il dolore e la rabbia rimasero lì.
Da quel momento Minoru non riuscì più a pensare a nulla.
Era ancora tutto buio. Non riusciva a muoversi. Ma era come se qualcosa lo stesse trasportando, una forza sconosciuta. Si lasciò trascinare, incapace di opporsi.

I colori del tramonto erano bellissimi, si ritrovò a pensare Kyoka. Aveva aperto la finestra appena aveva notato che il sole stava svanendo all'orizzonte e si era affacciata ad ammirare quel bel panorama.
Era il preferito di Hiroki, se lo ricordava bene. Diceva che era molto romantico.
Lei non aveva mai amato il tramonto, quindi non ne aveva mai osservato a lungo i colori. Quel momento segnava la fine del giorno, la fine dei giochi all'aperto. Non le piaceva.
Minoru scuoteva sempre la testa, quando la sentiva lamentarsi per un motivo del genere. Per lui andava bene giocare anche in casa, con i videogiochi. Sfidava sempre Hiroki, ma finiva sempre per perdere e richiedere la rivincita fino a quando si faceva tardi e Hiroki spegneva la console, dicendo loro che era ora di dormire.
Kyoka continuò a fissare il cielo dalle nuvole rosate e si concesse un leggero sorriso, a quei ricordi. Ma ben presto tornò triste.
- Minoru... - mormorò, congiungendo le mani all'altezza del petto, quasi stesse pregando.
Aveva deciso di aiutarlo, ma non sapeva come. Da sola non poteva fare nulla, e aveva paura di Kenzaki. Cercava di fidarsi delle parole del detective e di Kira Seijirou: a quell'uomo Minoru serviva vivo, quindi suo fratello stava bene.
Stava sicuramente bene.
Quando sentì bussare alla porta, Kyoka sussultò. Il rumore era veloce e impaziente e, quando lei si girò di scatto, la porta era già aperta.
Midorikawa si affacciò osservando la stanza con preoccupazione ma, vedendola vicino alla finestra, i lineamenti del volto si rilassarono in un'espressione più serena.
- Scusa, ho bussato più volte ma non hai mai risposto - si giustifico, notando il cipiglio allarmato della ragazzina.
La sua espressione non mutò. Dopo soli due giorni, Kirishima non si aspettava una visita proprio da quel ragazzo. Esattamente come per Kira Seijirou all'inizio, anche con Midorikawa lei si sentiva terribilmente a disagio.
Intuendolo, Ryuuji si limitò ad appoggiarsi allo stipite della porta. - Posso entrare? - domandò con cautela.
Kyoka abbassò appena lo sguardo, come per rifletterci su. Continuava a colpirla la gentilezza di quel ragazzo che, alla fine, in qualche modo, l'aveva salvata. Ma nella sua mente, in parte almeno, continuava a vederlo come un assassino, pur essendosi ormai resa conto di quanto simili fossero.
Lentamente lei si voltò e si sedette sul materasso del letto, poi annuì, dandogli il permesso di avvicinarsi.
Midorikawa chiuse la porta e si avvicinò, sedendosi sulla stessa sedia sopra cui si adagiava anche Kira Seijirou. La guardava. Le braccia erano tese e i polsi arrivavano a toccare le ginocchia.
Non sembrava spaventato o a disagio e questo Kyoka lo trovò strano.
- Ci tenevo a parlarti - disse improvvisamente lui. - Ma ho preferito attendere un po' - disse, abbassando appena lo sguardo. - Mi serviva del tempo per riordinare le idee, e anche a te, immagino - confessò.
- Sì - mormorò sottovoce Kyoka, comprendendo il suo ragionamento.
Ci furono altri istanti di silenzio e nessuno dei due guardava l'altro. Poi Midorikawa ridacchiò, nervosamente, e alzò la testa per guardarla, grattandosi la nuca con la mano sinistra, imbarazzato. - In verità non so nemmeno da dove iniziare - disse.
Lo sguardo della ragazzina rimase puntato al pavimento, senza cambiare.
- Come dire... - riprese allora l'ex-capitano della Gemini Storm - Sono successe tante cose, e che ci sia tensione tra noi è il minimo. Vorrei riuscire a scusarmi come si deve, perché penso che quello che ho fatto l'altro giorno non basti, ma non riesco a trovare le parole adatte - cercò di spiegare.
- Non mi odi? - domandò improvvisamente Kyoka, alzando timidamente lo sguardo. Nel fissare gli occhi neri del ragazzo, che in quel momento erano confusi per la domanda appena fatta, sentì di star per scoppiare a piangere.
Midorikawa piegò appena la testa di lato, poi sorrise tristemente.
- No - disse solo, dolcemente.
- Dovresti! - esclamò lei, distogliendo di nuovo lo sguardo, quasi con rabbia. Non riusciva a comprendere la ragione di tutta quella gentilezza. Non poteva non odiarla, no? Nonostante le circostanze, il risentimento doveva essere un sentimento logico, no?
Ma lui non si scompose e, anzi, il suo sguardo si riempì di tenerezza. - Conosco l'importanza del perdono. Ci sono persone che, pur sapendo cosa ho fatto, pur avendo provato dolore a causa mia, mi sono state amiche quando fu tutto finito - le rivelò, ricordando la Inazuma Japan. - E poi non ho diritto di odiare te, non quando sono stato io il primo a ferirti. Ma non pretendo che tu mi perdoni, Kyoka. -
Kyoka voltò ancora di più la testa per evitare anche solo il più casuale contatto visivo con Midorikawa. Comprendeva il suo ragionamento, ma era vero che lei, pur avendo capito i propri errori, provava ancora risentimento verso chi gli aveva tolto il fratello.
- Mi piacerebbe poterlo fare - sussurrò tuttavia. - Mi sforzerò. -
- Non sei costretta. Ciò che ho fatto a te e tuo fratello è irreparabile, non credo di meritare anche il vostro perdono. Proprio per questo, però, ho voluto fermarti. -
Kirishima tornò ad osservare la persona davanti a sé. Adesso percepiva un po' di ansia anche da parte sua, com'era logico che fosse, e questo ebbe paradossalmente l'effetto di calmare lei, tanto da riuscire a studiarne per bene il volto. Aveva uno sguardo limpido. Gli occhi grandi, scurissimi, dentro cui si potevano leggere tante emozioni. Non sembrava la persona che ricordava, la persona che due anni prima aveva seminato terrore in Giappone.
Lo sguardo di Reize era tagliente, gelido. Se c'era una cosa che aveva tenuto bene in mente durante quei due anni di rabbia e disperazione, era l'espressione dell'alieno che distrusse la scuola di suo fratello.
Quando ti guardava con quella crudele freddezza capivi che non ti considerava un essere umano, ma solo un ostacolo da eliminare senza pietà. Non c'erano altri sentimenti, dentro di lui.
- La persona che ho visto anni fa era così diversa da te... - non si trattenne dal dichiarare, pronunciando quelle parole quasi assorta.
Ryuuji si fece rapidamente triste. Abbasso la testa, pieno di vergogna.
- Sì, forse lo era... in un certo senso - confessò. - Ma ero comunque io. Sono stato io a permettere che ciò accadesse. -
Kyoka lo fissò ancora qualche secondo.
- Non credo di odiarti - confessò poi, seppur con una certa insicurezza. - Tu mi hai salvata, rischiando la vita. Sei una brava persona - disse.
Midorikawa sorrise, felice di sentirlo dire da lei. Non riuscì a provare orgoglio, poiché stava solo rimediando alle cose orribili che aveva fatto. Non era certo di essere davvero una brava persona. Forse sì, ma era anche un codardo che aveva preferito nascondersi dietro la maschera dell'alieno spietato invece di affrontare quella situazione apertamente. Si era venduto al potere, corrompendo la propria anima. Per il bene di suo padre, ma sopratutto per proteggere se stesso.
Poi era bastato incontrare alcuni dei ragazzi che erano riusciti a fermarlo, e ad ottenere il loro perdono, per sentirsi a posto con se stesso e smettere di pensare al passato.
E proprio quel passato era tornato da lui, a rinfacciargli quello che aveva fatto, a fargli rendere conto della gravità delle sue azioni. A fargli capire che non doveva dimenticare.
Forse era anche giusto così. Se lo meritava. Se solo non fossero stati coinvolti anche i suoi fratelli...
Ora il minimo che poteva fare era salvare le persone che aveva ferito e fermare Kenzaki.
Non per ottenere perdono, o per sentirsi sereno. Ma perché era la cosa giusta da fare.
Quando Ryuuji rialzò la testa il viso era deciso e serio. A Kyoka doveva anche parlare di questo, anche di Minoru.
Kyoka non lo stava guardando più, il suo volto fu nuovamente rivolto verso l'esterno, dove il cielo si stava ormai oscurando.
- Hiroki diceva sempre che la riconoscenza è importante - mormorò lei. Cercò di immaginarselo, di pensare a cosa avrebbe detto lui in quel frangente.
Ma, nel sentire il nome della persona che aveva ucciso, Midorikawa distolse lo sguardo.
Come se lo avesse percepito, la ragazzina sussultò e si voltò di scatto verso di lui.
- Ah, non intendevo... - esclamò, mortificata. - Cioè... - cercò di trovare le parole adatte, grattandosi la testa in segno di imbarazzo.
- Mi sono spesso chiesto cosa avrebbe provato lui. Se... ci stesse guardando dal Paradiso, o ovunque finisca chi muore, intendo - confessò l'ex-capitano della Gemini Storm.
Kyoka rimase in silenzio altri istanti, in riflessione. Suo fratello maggiore era una persona talmente gentile che, chissà, magari non avrebbe provato odio nemmeno per la persona che l'ha ucciso, anche se quell'eventualità sembrava pura utopia.
Infine sorrise appena e scosse leggermente la testa, optando per un'altra risposta. - Ti sarebbe grato per avermi salvata - gli disse, sinceramente. Sì, era davvero convinta che, se li stesse vedendo, ora come ora avrebbe solo provato gratitudine.
Midorikawa sorrise, commosso per quelle parole. Che quella ragazzina dicesse certe cose era molto, per lui.
- Che tipo di persona era? - domandò improvvisamente Ryuuji.
- Come? -
- Hiroki. Vorrei... che mi parlassi un po' di lui, se ti va - spiegò, con insicurezza.
Kyoka sbatté le palpebre, stupita. Sentir parlare di Hiroki avrebbe dovuto fargli male.
E a lei? A lei avrebbe fatto male?
Durante quei due anni, raramente aveva parlato di Hiroki. Con Kenzaki non ne avevano mai fatto parola, né l'uomo si era mai mostrato interessato all'argomento. E con Minoru... era inutile parlarne.
Ma Kyoka sentiva un forte bisogno di parlarne, in quel momento. Forse avrebbe fatto bene a lei e al ragazzo che aveva di fronte.
- Era... gentile - esordì quindi, pur esitando. - Era maturo e responsabile, non si arrabbiava mai e trovava sempre una soluzione per tutto. Però, pensandoci adesso, forse si sforzava solamente. Perché doveva badare a me e Minoru. -
- Significa che vi voleva molto bene - commentò il ragazzo dai capelli verdi, in parte sempre più mortificato. Doveva essere stata una persona magnifica, e lui gli aveva tolto la vita.
- Sì... - sussurrò Kyoka, in risposta, con la vista offuscata dalle lacrime. Non aveva mai realmente pensato cosa avesse provato Hiroki dopo la morte dei loro genitori, e quella era l’ennesima prova della sua immaturità. - Ci voleva davvero molto bene. -
Da quel momento, nessuno dei due parlò più.
Midorikawa avrebbe voluto parlargli anche di Minoru, ma esitava. Kyoka sembrava essere già abbastanza affranta, quella sua tranquillità era sicuramente un brutto segno su di lei, e non voleva peggiorare la situazione. Si alzò, decidendo di tornare dagli altri e lasciarla sola, quando l'edificio iniziò a tremare leggermente.
Kyoka sollevò la testa di scatto, allarmata. Le scosse si fecero più forti e una strana, brutta sensazione si impadronì di entrambi.
C'era un'aria pesante, per quanto labile.
Subito dopo, dall'esterno, provenne un forte frastuono. Dalla finestra, i cui vetri avevano tremato qualche secondo, si poteva scorgere del fumo.
Ryuuji deglutì, mentre una goccia di sudore gli attraversava la tempia. Quel rumore lo conosceva bene, molto bene, e gli riportava alla mente quel passato che stava cercando di affrontare.
Edifici che crollavano. Era l'inconfondibile suono di muri che collassavano su se stessi, infrangendosi al suolo.
Kyoka corse alla finestra, provando nel cuore una terribile consapevolezza. Non le serviva conoscere la situazione, per sapere cosa stava succedendo.
- Minoru! - esclamò, spaventata.

Nelle strade regnava il caos; le macchine, fermate dai conducenti per motivi di sicurezza, sembravano tanti confusi spettatori di quell'inferno arrivato, all'improvviso, con una scia viola dal cielo.
Non c'era persona, nei paraggi, che non urlasse e cercasse riparo altrove, creando ancora più confusione e aumentando il panico.
Un pallone nero sfrecciò ad incredibile velocità, riducendo in polvere, con una violenza impensabile, qualunque ostacolo incontrasse sulla traiettoria.
Minoru, dall'alto di un muro ormai danneggiato, osservava con indifferenza quelle persone.
La pietra sul suo petto brillava senza sosta, e l'energia che emanava bastava per incrinare vetri e altri materiali meno resistenti presenti nei paraggi.
- Coraggio, fatevi vedere - mormorò, assottigliando gli occhi e volgendo lo sguardo davanti a sé: in lontananza si scorgeva l'ospedale militare.

- Minoru! - ripeté Kyoka, allontanandosi dalla finestra. - È Minoru! Lui... - continuò, correndo verso la porta della camera.
Midorikawa si frappose davanti a lei, bloccandole il passaggio.
- Fermati! - esclamò. - Lascia che ci pensi io! -
- No! Io devo andare da lui! Devo salvarlo! - gridò la ragazzina, in lacrime. Si sentiva tremendamente in colpa per averlo lasciato solo, in balia del meteorite e di Kenzaki, durante quei pochi giorni. Ora doveva andare a salvarlo.
Ryuuji sospirò e, nel tentativo di calmarla, le poggiò entrambe le mani sulle spalle.
- Non sei nelle condizioni di andargli incontro - spiegò, con voce relativamente calma. - Aspetta qui e fai andare me. Sono io che devo risolvere questa situazione. Ti prometto che ti riporterò tuo fratello, così che possiate tornare a vivere la vostra vita serenamente - dichiarò, guardandola con decisione.
- Ma io... -
- Ti prego - riprovò lui, stringendo appena la presa delle mani. - Se ti accadesse qualcosa sarà stato tutto inutile. Rimani qui al sicuro e attendi. -
- Midorikawa! - gridò Kadomichi Tooru, spalancando la porta della stanza di Kyoka con così tanta violenza che la ragazzina sussultò.
L'ex-capitano della Gemini Storm si voltò appena all'indietro, verso il fratello adottivo, e annuì in silenzio, poi si voltò e si diresse verso l'uscita.
- Rimani qui, Kyoka - ripeté. - È compito mio risolvere questa situazione - disse prima di uscire definitivamente.
Kyoka rimase immobile,incapace in quel momento di opporsi a quella preghiera.

Midorikawa seguì il fratello adottivo verso l'uscita, camminando velocemente tra i corridoi.
- È Kirishima? - domandò colui un tempo chiamato Droll, volgendo lo sguardo sull'altro, pur senza fermarsi.
- Chi potrebbe essere altrimenti? - rispose frettolosamente il ragazzino, scendendo le scale che portavano al piano terra.
- E lei? - chiese ancora l'ex-centrocampista della Diamond Dust, guardandolo con preoccupazione.
- Spero mi dia retta - si limitò a dire Ryuuji, senza troppa convinzione.
In giardino si erano riuniti Seijirou, Hitomiko e gli altri orfani, apparentemente tutti decisi ad intervenire in qualche modo, pronti ad agire, benché, nonostante l'apparenza, non avessero idea di cosa fare esattamente.
- Hai intenzione di venire anche tu? - domandò Fuuko a Ryuuji, guardandolo stupita. La frase della ragazza attirò gli sguardi degli altri.
Il ragazzo dai capelli verdi annuì grave, e avanzò ancora superando gran parte dei suoi fratelli adottivi.
- Scherzi? Tu non devi andare! Hai intenzione di farti uccidere davvero, questa volta? - esclamò con irritazione Gigu, intimamente spaventato da ciò che sarebbe potuto succedere.
- No! - si affrettò a tranquillizzarlo l'ex-capitano della Gemini Storm, fermandosi e guardando i presenti, spazientito. - È me che cerca, e intanto sta seminando il panico tra la gente, o peggio - disse, senza riuscire a nascondere l'agitazione. - Non voglio... - tentò di continuare, bloccandosi a causa di un improvviso groppo in gola. Distolse lo sguardo. - Non voglio che faccia del male a qualcun altro - riuscì infine a concludere, voltandosi definitivamente e avanzando verso il cancello.
Gli altri lo seguirono, senza più dire una parola.






Note finali: il capitolo doveva essere più lungo, doveva infatti contenere anche la battaglia decisiva contro Minoru. Ma era troppo lungo, quindi ho deciso di tagliarlo a metà e lasciare il resto al prossimo capitolo.
Fondamentalmente parla ancora di Kyoka, che in un certo senso fa ‘definitivamente pace’ con Midorikawa. Più rileggo, più mi sembra di starli scippando, quei due. XD Ma non la vedo in questo modo; è che sono in una situazione particolare e ormai si comprendono a vicenda, quindi inevitabilmente si sta creando un certo feeling. È complicato, perché Midorikawa rimane la persona che ha ucciso suo fratello, ma dato che ormai anche lei ha coscienza sporca, ed è consapevole che sarebbe stata pure peggio se Ryuuji non l’avesse fermata, ormai lo vede sotto un’altra luce e gli è grata.
Mi spiace, comunque, che il capitolo sia corto, perché l’intenzione era di dedicare più spazio a Minoru.
Posticipo tutto nel capitolo 23, il dannatissimo capitolo 23, che ho scritto, cancellato e riscritto da capo tre volte! Un incubo! Ed è ancora da correggere per bene!
A parte questo, ormai manca pochissimo, e spero di riuscire a concludere la fiction nei prossimi giorni.
Dovrebbero mancare uno o due capitoli! E poi, finalmente, spero di riuscire a riprendere i capitoli speciali della AU. XD Che ho vergognosamente ignorato in questi mesi.
*Piange ricordandosi di tutte le fiction in sospeso*
Mi devo dare una mossa, sì.
  
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