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Autore: vanessa_    12/03/2014    3 recensioni
Estate del 1839.
Un uomo particolarmente cupo passa le sue giornate a scrivere musica. Viene colpito da un tremendo e perenne blocco dello scrittore e cade ancora di più in depressione.
Poi arriva lei: la sua ispirazione.
[Per quanto possa sembrare strano, è ispirato all'inimitabile Giacomo Leopardi, il miglior poeta italiano che sia mai esistito]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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2. L'amore.

Clarissa era arrivata alla sesta notte senza che un episodio simile a quello della prima si ripetesse, anche se non le faceva piacere essere nella situazione in cui la sua famiglia la aveva incastrata.
Spendeva le sue giornate a cucire, in compagnia di Mary oppure ad ascoltare di nascosto, nel corridoio della villa, le armoniose melodie che Harry produceva con quel piano. Ne era sempre più incantata.
A proposito di Harold, sembrava che dopo quella chiacchierata non volesse più saperne di Clary e questo a lei non sembrò un comportamente corretto, dato che solo sei giorni prima le aveva chiesto di tornare il prima possibile. La aveva ignorata come i bambini fanno fra di loro quando si fanno un dispetto. A tavola non si parlavano, durante il giorno nemmeno si vedevano e la notte, appena il signor Styles si addormentava, lei apriva le pesanti ante di legno di quercia con assoluta calma e sbirciava con un occhio solo le stanze di Harry. Aveva scoperto di poter avere una vista sulla sua vita privata solo al terzo giorno. La notte il riccio non dormiva, ed andava avanti e indietro per la stanza, mettendosi le mani nei capelli e scrivendo qualcosa su un pezzo di carta, talvolta. Clarissa ridacchiava ogni volta che lo vedeva dare un pugno al tavolo per poi portarsi la mano alle labbra a causa del dolore provocato per conto suo. Una sera rischiò quasi di essere beccata; mentre osservava con occhi assonnati il suo misterioso e interessante ragazzo scrivere a testa china, socchiuse per un attimo gli occhi, ma non appena li riaprì Harry era alla finestra e stava chiudendo le ante. Si spaventò e le chiuse immediatamente anche lei, provocando un tremento frastuono. Christopher per poco non si svegliò e temette che anche Harry l'avesse udita.
Un giorno stava passeggiando per i corridoi e fra le mani reggeva un bicchiere di tè aromatico, e non potè fare a meno di fermarsi di nuovo di fronte alla porta del solitario musicista. Ascoltava con attenzione e ne fu talmente assorta da poggiarsi al portone di schiena, chiudendo gli occhi e godendosi la musica.
Sentì il vuoto alle sue spalle e all'improvviso un dolore forte alla schiena la turbò, ma non quanto la vista a testa in giù degli occhi più belli che avesse mai visto nei suoi diciannove anni di vita. Il tè si rovesciò sul suo abito in seta importato dalla Francia, fino a bagnarle anche la pelle chiara e sensibile. Rimase in quella posizione, incapace di scegliere cosa fare per rendere la situazione meno imbarazzante.
-Avete intenzione di alzarvi da terra o devo chiamare qualcuno che vi aiuti?-brontolò Harry portando le mani ai fianchi. Clarissa si alzò da terra implorando una decina di volte perdono e strofinandosi nervosamente la mano sulla gonna, nel tentativo di rendere meno visibile la macchia.
-Cosa stavate facendo qui fuori?-Harry raccolse da terra il bicchiere e lo posò rumorosamente sul tavolino alla loro destra, per poi tornare ad osservare gli occhi della giovane.
-Ascoltavo la vostra musica-
-Vi interessa la musica?-
Clarissa annuì portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio e posando il suo sguardo sulle sue mani che giocherellavano nervosamente fra di loro, sudate.
-Il pianoforte è il mio strumento preferito, in assoluto..-si azzardò a dire sfidando gli occhi dell'uomo.
-Anche il mio-disse sereno Harry.-E sapete suonarlo?-
-Non ho mai avuto l'occasione di provare-
Harry sospirò in un soffio un ah e si morse le labbra, prendendo la mano della ragazza ed invitandola a raggiungere lo strumento che si trovava elegantemente al centro della stanza, sopra un tappeto circolare bianco di seta.
-Sedetevi e premete un tasto qualsiasi-
-Per quale motivo?-
-Così potrete dire di aver suonato un pianoforte-nelle sue parole non c'era briciolo di ironia, e sul suo volto non comparve nessun sorriso. Eppure Clarissa si lasciò sfuggire un sorrisino divertito, per poi dargli retta e premere con il dito indice un tasto bianco.
-Un la-esclamò Harry premendolo di nuovo.
-Mi piace pensare che sia la nota più femminile della scala, per via del suo suono così indistinto e grazioso, sempe perfetto. Quando suono rischio di stonare con svairate note; con il fa alto, con un re o con un si, ma mai con un la. Ottima scelta.-non diede nessun cenno di un sorriso, era serio.
-Posso farvi una domanda, signore?-lo sguardo di Clarissa ora passò dai tasti al volto di Harry, che nel frattempo, studiava ogni singolo movimento della ragazza con la massima attenzione.
-Dite pure, milady-
-Voi..voi componete sempre brani meravigliosi e so che non è facile, eppure voi..insomma, come ci riuscite?-il riccio si decise finalmente ad affrontare gli occhi della giovane e rimase in silenzio, per poi prendere un lungo e profondo respiro.
-Vedete, cara, comporre musica è difficile sì, ma non quando si è ispirati.-
-E cosa vi ispira?-
-Un artista non rivela mai la sua ispirazione.-affermò freddo, allontanandosi di qualche passo e concentrando il suo sguardo sui dipinti appesi alle pareti, che oramai conosceva a memoria. Eppure guardarli qualche volta lo aiutava ad assumere un'aria indifferente che in momenti come quelli gli era più che utile.
-Siete innamorato?-Clarissa non fece più caso al fatto che non fosse un amico di campagna, ma un nobile, figlio del suo padrone. Si sentiva sciolta nel discutere con lui e credeva che ci fosse un certo filing che gli permetteva di parlare e chiedere senza più vergognarsi di niente.-
-Per quanto provi simpatia nei vostri confronti, queste non sono cose che vi riguardano, mia cara-
-Mi scusi..-abbassò il capo, indietreggiando istintivamente.
-E per giunta, non credo che l'amore esista. E' soltanto un modo alternativo di chiamare l'attrazione fra i due sessi, niente di più. Quando si ha costruito un rapporto ci si sente in dovere di mantenerlo intatto e questo è un senso di responsabilità. Questo è quello che voi chiamate amore-
-Con tutto il rispetto, signore, io credo che l'amore esista-
-Non mi interes..-proprio nell'esatto momento in cui si voltò, il suo sguardo si incrociò di nuovo con quello di Clarissa e non trovò più un minuscolo granello di forza per proseguire quella rude e stolta frase che stava per rivolgerle. Rimase svariati secondi ad osservarla, con quelle parole in sospeso, quasi come fosse in attesa che svanissero.
-Spiegatemi perché ci credete, vorrei proprio sapere quale ragionamento sta dietro questa vostra affermazione-si sedette, attendendo la risposta della ragazza.
-L'amore non si può spiegare-
-Ah! Questo è il motivo per cui non ci credo. Se una cosa non è spiegabile, non è credibile.-Clarissa abbassò la testa.
Disse poi un arrivederci e uscì dalla stanza, senza ricevere alcuna risposta da parte di Harry, che era rimasto seduto su quella sedia osservando la giovane uscire elegantemente e con le mani intrecciate fra di loro, nel tentativo di mascherare l'enorme chiazza di tè caldo.
Aveva forse sbagliato a risponderle in quel modo? No, certo che no. Lui aveva semplicemente esposto il suo parere e non gliele importava niente di cosa in quel momento Clarissa avesse pensato di lui, forse.
Riprese a suonare, ma non produceva più della musica delicata e dolce, bensì energetica, movimentata, talvolta addirittura drammatica. Si rese conto solo in quel momento di tutto quanto, dal ritmo alle note, dalle parole a tutta la composizione. Tutto dipendeva dalla sua ispirazione, dal suo umore, dal suo atteggiamento nei suoi confronti, dalle sue parole, dalle espressisioni che gli rivolgeva. Tutto quanto.
Clarissa non fece altro che pensare a quella discussione per tutta la giornata ed arrivata l'ora di cena, aiutò in cucina, come sempre, a cucinare il ben di Dio che Mary era andata a comprare e che i padroni erano andati a cacciare. Per quella sera, dopo aver finito di sporcarsi le mani con dell'olio, farina e quant'altro, la giovane decise di indossare l'abito che la madre le regalò per il suo diciottesimo compleanno. Spese tanti di quei dei suoi risparmi per quel regalo, che Clarissa lo considera l'oggetto più prezioso in suo possesso. Sentiva che quella sera era la data giusta per indossarlo ed anche se per altri poteva sembrare un semplice vestito come gli altri nel suo enorme e nuovo guardaroba, lei dentro di sé sapeva che era speciale. Il motivo per cui l'avrebbe indossato? Il signor Styles quella sera non si sentiva bene, e rimase chiuso nelle sue stanze per tutta la serata, senza nemmeno scendere a mangiare qualcosa o farsi portare un misero pezzo di pane integrale dal maggiordomo. La ragazza ne fu sollevata: era passata una settimana intera, e quale festeggiamento migliore del non 'lavorare'?
A tavola il posto vuoto di Christopher le metteva un certo senso di tranquillità. Ogni volta doveva affrontare il suo sguardo con la consapevolezza che più tardi avrebbe dovuto denudarsi di fronte a lui e lasciare che usufruisse del suo corpo. Ma quella sera no, non quella.
Fu il posto vuoto di Harry a metterle angoscia, invece. Non aveva dato spiegazioni del perché si fosse assentato. Svariate persone provarono a bussare alla sua porta, ma fallendo miseramente; l'unica risposta che ricevevano era una triste e lenta melodia che si susseguiva senza fine.
Ora Harry sapeva di aver ferito, in un certo senso, la sua ispirazione. Sapeva che l'aveva turbata mostrando noncuranza nei suoi confronti e questo lo faceva soffrire. Faceva soffrire entrambi. Anzi tutti e tre; Clarissa, Harry e la sua musica.
Mentre nella sala da pranzo le due donne discutevano con sguardi troppo orgogliosi e pieni di disprezzo l'una per l'altra, mentre in cucina i camerieri correvano a destra e a sinistra per organizzarasi per le pulizie, mentre nelle sue stanze il signore sonnicchiava con degli enormi capogiri alla testa, Harry era solo. Era solo nella sua camera e componeva senza sosta. Non aveva mai scritto così tanto in un solo giorno, senza nemmeno mai gettare un foglio. Le sue dita scivolavano dai tasti alla penna con facilità e velocità e non aveva alcuna intenzione di fermarsi adesso; voleva continuare fin quando non avrebbe esaurito anche l'ultima briciola di creatività nel suo corpo.
Clarissa nel frattempo decise di chiudersi per la prima volta nella sua camera personale, che non fosse quella del suo padrone. Le avevano riferito che avrebbe potuto stare lì dentro tutte le volte che Christopher le avesse detto che non doveva lavorare, come quella sera.
Le sue stanze erano nell'ala ovest, proprio accanto a quelle di Harry. Non poteva fare a meno di ascoltare la malinconica canzone che continuava a suonare ininterrottamente. Clarissa pensava che lui sapesse benissimo cosa fosse l'amore, e non era decisamente il senso di responsabilità di cui le aveva parlato quel pomeriggio. Perché chiunque suoni in quel modo così magico e romantico sa perfettamente cosa è l'amore, lo sa meglio di chiunque altro.
Si alzò dal suo letto e cerchò dei fogli, una penna e dell'inchiostro. Ripensò alla domanda che le pose quel pomeriggio; le chiese di spiegargli cosa fosse l'amore e lei lo omesse. Non spiaccicò nemmeno una parola di senso compiuto, e poi uscì a testa china. Non conosceva bene Harry, però sapeva che non era il tipo di persona che apprezzava questo atteggiamento da vigliacca e lei volle rimediare.
Gli scrisse una lettera in risposta. Una lettera lunga con la sua storta, ma comunque delicata e raffinata calligrafia. Le insegnarono a scrivere all'età di dodici anni, quando fu assegnata ad una famiglia come guardiana delle stalle. Lì c'erano altri due ragazzi con lei, con in passato molti soldi ma che finirono poi in miseria. Avevano avuto un'istruzione ed erano di buon cuore perciò condivisero con Clarissa sviariate lezioni sulla lingua inglese.
Mentre la penna scivolava avanti e indietro sul foglio di carta, la musica di Harry non faceva altro che fare lo stesso; muoversi nell'aria senza alcuna interruzione. Quando ebbe finito la rilesse, credendo che con quel gesto avrebbe conquistato un sorriso sincero sul volto del riccio, oppure uno sguardo infuriato e menefreghista.

"Caro signor Harry,
oggi pomeriggio mi avete posto una domanda riguardo ad un argomento che entrambi vediamo in modi differenti; ovvero l'amore. Mi avete imposto la vostra idea a riguardo ed io vi ho affermato che fosse sbagliata. La verità, signore, è che quando vi ho detto che l'amore non si può spiegare, io mi sbagliavo. Ci ho ragionato ed ora so cosa è l'amore. Avete ragione, l'amore è responsabilità, ma l'amore è anche molte altre cose.
L'amore è sicurezza.
L'amore è ridere.
L'amore è divertimento.
L'amore è piangere.
L'amore è sofferenza.
L'amore è poter sentire il cuore sul punto di esplodere dentro al petto.
L'amore è mettere la vita del proprio amato di fronte alla propria, sempre.
L'amore è saper esprimere le proprie emozioni attraverso qualsiasi mezzo, credendo sempre che non sia mai abbastanza.
L'amore è quel sentimento che può farti credere di saper volare.
L'amore è la forza più potente che possa esistere al mondo e non sto parlando di armi o razionalità, perché in amore queste cose non esistono. In amore ci sono solo gentilezze, carezze, onestà, lealtà, risate, pianti, sacrfici, perché, signore, si dice che tutto sia lecito in guerra e in amore. Ma come ho già detto, la guerra di cui si parla non è con le armi, ma con i cuori, con la mente, con le proprie emozioni.
Perciò, voi credete veramente che l'amore sia una cosa da niente e che non esista? Non credete che sia quasi impossibile provare tutte queste cose nello stesso momento, ma soprattutto a causa di una sola persona? E' raro ed è anche difficile da comprendere, ma signore, le assicuro che è possibile.
Credo che questa sia una risposta sufficientemente completa per la vostra  domanda. Spero di essermi spiegata al meglio e che capiate quanto potere ci sia in questo sentimento che la gente tende spesso a sottovalutare.

La ringrazio,
Clarissa"
  
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