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Autore: vanessa_    03/03/2014    4 recensioni
Estate del 1839.
Un uomo particolarmente cupo passa le sue giornate a scrivere musica. Viene colpito da un tremendo e perenne blocco dello scrittore e cade ancora di più in depressione.
Poi arriva lei: la sua ispirazione.
[Per quanto possa sembrare strano, è ispirato all'inimitabile Giacomo Leopardi, il miglior poeta italiano che sia mai esistito]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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1. L'arrivo.

Harry Edward Styles era un uomo di venitsei anni, residente di una cittadina sperduta e malconcia a Londra, Inghilterra. La sua famiglia era benestante e possedeva svariati denari e beni, fra cui la villa color crema in cima al colle dove appunto viveva. Nessuno lì ci andava mai, semplicemente perché nessuno ne aveva il bisogno. Gli Styles erano degli eclesiastici che non sentivano alcun bisogno di mescolarsi con le classi inferiori a loro, o almeno questa era l'opinione della madre Adelaide. Harry era prigioniero in quelle mura, in quel meraviglioso giardino dalla quale lui non traeva alcuna emozione. Vedeva la strada e con un po' di fortuna, talvolta, poteva notare qualche cittadino passeggiarci con carri, cavalli, famiglie o solo. Lui non aveva la possibilità di uscire da quell'edificio e le unich persone con la quale parlava erano i domestici, dato che di fratelli non ne aveva e i suoi parenti erano troppo impegnati a lavorare per interessarsi a lui. Questo fino al 1839, il giorno in cui compì per l'esattezza i ventisei anni.
Non ci fu alcuna celebrazione o dono, se non da parte delle cameriere che, dopo essersi organizzate con gli addetti alla cucina, gli avevano preparato un dolce al cioccolato, ovvero il suo gusto preferito. Quel giorno ci fu un'altra sorpresa, ma di certo non era per il giovane Harry. Suo padre Christopher aveva aggiunto una fanciulla alla lista dei domestici; Clarissa.
Una ragazza dalla carnagione chiara e gli occhi scuri. Veniva dal nord Italia ed era giunta fin lì unicamente per soddisfare i desideri maliziosi e malintenzionati del signor Styles. Era una bella ragazza di soli diciannove anni, conosceva bene l'inglese per via di tutto il periodo trascorso a lavorare per famiglie di Londra. Era giunta a casa Styles con indosso un abito elegante, color magenta che le stringeva con un corsetto aderente i fianchi e lasciava alla mente poco da immaginare all'altezza del decoltè.
Dovete sapere una cosa riguardo Harry Styles: lui non piace a nessuno e a nessuno piace lui. Era un uomo solitario, cupo, irritato anche solo dalla presenza dell'ossigeno. Non si interessava mai a niente e trovava noioso tutto, dall'arcobaleno ai sorrisi che le dame erano solite rivolgergli, perché sì; Harry era un bell'uomo. Se non fosse per il suo atteggiamente scorbutico e maleducato e addirittura pessimista, sarebbe stato di certo circondato da donne per tutto il giorno. Trovava però gioia in qualcosa, ovvero nella musica. Suonava sette strumenti, ma il suo preferito era decisamente il pianoforte.
Per questo fu piuttosto sbalordido dalla reazione che ebbe non appena la giovane Clarissa gli si presentò di fronte. Stava tranquillamente passeggiando per il salone di casa sua, quando le comparve di fianco questa giovane che chiedeva informazioni riguardo il signor Christopher William Styles. Harry aveva separato a malapena le labbra per dire qualcosa, anche se tutto quello che riuscì a fare fu rimanere ad osservare gli occhi color cioccolato della ragazza. Aveva poi sospirato dicendo che era suo padre e che si trovava al piano di sopra, ma che avrebbe dovuto probabilmente aspettare che una cameriera la accompagnasse.
Nei giorni seguenti l'unica volta che vide quella fanciulla fu durante la notte, quando si alzò per via della sua pesante insonnia. Non aveva intenzione di svegliare nessuno o di disturbare, ma non appena giunse a metà del corridoio potè chiaramente sentire qualcuno ansimare senza sosta. Strizzando gli occhi riuscì ad intravedere, nella penombra, una figura femminile a terra con il volto coperto dalle mani. Clarissa quando lo vide scattò subito in piedi e gli corse incontro asciugandosi le lacrime. Aveva poi iniziando a pronunciare una serie di parole a lui sconosciute a raffica, era sicuramente un dialetto italiano, finché non comprese soltanto l'ultima, ovvero 'aiuto'. Si era allarmato e aveva iniziato a scandire bene le parole per dirle di rilassarsi e tornare a dormire perché, onestamente, non gli poteva importare di meno di quel che stesse succedendo.
Il signor Styles comparve all'improvviso, con il volto dipinto di ira e gli occhi che scrutavano imperterriti il buio della notte. Clarissa si era nascosta dietro Harry ed aveva indicato Christopher iniziando di nuovo a piangere.
-Padre, che state facendo?-si affrettò a domandare Harry preso all'improssivo da un senso di protezione e responsabilità nei confronti della ragazza.
-Quel che faccio ogni notte, ma questa sgualdrina è corsa via balbettanto una serie di parole incomprensibili persino al buon Dio!-alzò di qualche tacca la voce, così da probabilmente aver svegliato metà della servitù.
-Ma non lo vedete che è spaventata da voi?-
-Non m'importa. Io le do un tetto e del cibo e lei apre le gambe-dopo queste rudi e volgari parole, afferrò la giovane per una braccio strattonandola fino alla camera da letto. Lei piangeva e cercava di divincolarsi dalla presa, nel tentativo di raggiungere di nuovo Harry che era rimasto ad osservare la scena senza muovere un dito o dire niente.
La mattina ne approfittò del fatto che entrambi i suoi genitori fossero usciti per chiedere informazioni su di lei. Ne ricavò soltanto, dai badanti, che era una giovane italiana, di famiglia povera e mandata in Inghilterra per vivere come prostituta del signor Styles. Non era la prima donna che si presentava di fronte a quella porta, con aria smarrita, in cerca di Christopher, ma era di certo la prima che fuggì dalle stanze in lacrime. Di solito le donne che Harry era abituato a vedere erano alte, in carne, con forme prosperose e molto trucco in volto. Soddisfavano ogni richiesta di Styles e torturavano il sonno già leggero di Harry con gemiti che avrebbe preferito non sentire per tutta la sua infanzia e adolescenza. Bendetta era più minuta e non si era di certo messa a disposizione totale quella sera.
Proprio mentre Harry discuteva della giovane arrivata con Mary, una delle sue amiche fra le cameriere, Clarissa comparve in cucina più bella del giorno in cui si era presentata di fronte agli occhi di Harry, e il ragazzo non pensava davvero che potesse essere possibile. Dei boccoli scuri erano raccolti elegantemente ed alcuni scivolavano ordinatamente sfiorandole a malapena la pelle del collo nudo.
-Buongiorno-la salutò Mary, sorridente. Lei mosse di poco le dita, come per salutarci a sua volta e si accomodò di fronte a noi sospirando.
-Avete fame? Vi preparo qualcosa?-le chiese Mary. Clarissa annuì e sussurrò un dolce e innocente 'grazie'. Mary sorrise e raccolse la sua spettinata e folta chioma rossa per poi iniziare a cucinare balbettando una serie di cose del tipo Maggie si è scordata di nuovo di andare in paese per comprare il formaggio.
-Come state?-chiese all'improvviso Harry.
-Bene..-balbettò Clarissa. Harry annuì e si alzò, diretto verso il soggiorno dove avrebbe iniziato a suonare il piano fino al tramonto. Clarissa lo osservò con la coda dell'occhio allontanarsi, cercando di non farsi notare più di tanto. Lo trovava interessante. Trovava interessante i suoi occhi chiari penetranti, trovava interessante il modo in cui si scostava i capelli, il fatto che indossasse quasi sempre la vestaglia, il suo andamento rilassato e la sua voce che le trasmetteva sicurezza nonostante non lo conoscesse minimamente. La sera prima suo padre era stato un animale, tanto da spaventarla come non mai. Non c'era minimamente affetto nei suoi gesti e non gli importava niente del dolore che Clarissa provava ogni volta che lui si divertiva ad affondare bruscamente in lei. La ferì di più, però, vedere Harry rimanere impalato di fronte ad una scena del genere.
Quel giorno le fu detto che avrebbe potuto esplorare quanto voleva la casa, fino alla sera, ovvero il momento in cui sarebbe tornato lui e avrebbe di nuovo usufruito del suo corpo. Dopo aver ringraziato Mary per la colazione si allontanò elegantemente dalle cucine, in cerca degli occhi chiari tanto amati. Non voleva davvero affrontarlo, ma soltanto sapere dove fosse quasi come per rassicurarsi, come se fosse il suo momentaneo punto di riferimento. Aveva passeggiato lottando per la maggior parte del tempo con il suo nuovo corsetto, che non faceva altro che farle mancare l'aria per respirare. Proprio mentre prese la drastica decisione di entrare in una stanza qualsiasi per levarselo di dosso, udì una melodia armoniosa provenire dall'ala ovest della casa. La seguì a passo lento,  fin quando non giunse di fronte ad un portone in legno, largo ed alto. Era sicura che la musica provenisse da lì ed era certa che là dentro ci fosse un pianoforte; il suo strumento preferito.
Bussò, perché sapeva che non avrebbe potuto mancare di rispetto a chiunque ci fosse oppure ne avrebbe pagato le conseguenze. Nessuno rispose. Sbuffò e spalancò una delle due ante, interrompendo la melodia.
-Mi scusi, non avevo intenzione-balbettò nervosamente la giovane alla vista dell'uomo dai capelli scompigliati.
-E lo credo bene! Mi avete interrotto proprio..-lasciò sfumare la frase in uno sbuffo e scosse la tesa. -Non avete interropo proprio niente-disse con voce severa e voltandosi di nuovo verso il pianoforte. Ci furono attimi di silenzio e la ragazza non sapeva se sarebbe dovuta uscire, lasciandolo solo oppure dire qualche altra parole per scusarsi.
-Clarissa, siete una brava ascoltatrice?-si alzò di scatto, puntando gli occhi dolci e spaventati della ragazza. Lei annuì e chiuse la porta, dopo che Harry glielo chiedesse.
-Io scrivo. Scrivo musica e canzoni, ma il mio problema, cara Clarissa, è che io non ho più alcuna ispirazione e senza un'ispirazione, un artista non può più scrivere. La verità è che l'ispirazione io non l'ho mai avuta ed è tutta colpa della mia famiglia. Credono che tenermi rinchiuso qui dentro mi serva a vivere meglio, quando invece l'unica cosa che mi aiuterebbe sarebbe respirare aria fresca che non sia quella della mia biblioteca o del mio cortile.-sospirò, abbassando lo sguardo.-Voi da dove venite?-chiese con indifferenza.
-Uhm, Milano, signore.-lui annuì comprensivo e si avvicinò alla sedia sulla quale Clarissa era seduta composta e dritta come una scopa. Aveva il terrore di sbagliare qualcosa, qualsiasi cosa.
-Bel paese, già. L'ho visto in molti dipinti ed ho letto un libro dove due giovani si erano sposati proprio lì. Siete fortunata, cara-
Clarissa ascoltava le parole del suo padrone come fossero poesia, ed ogni volta che sentiva quel cara sapeva che era riferito a lei e questo la faceva semplicemente andare in fibrillazione. Era calato il silenzio, e la ragazza suppose che Harry volesse che dicesse qualcosa, ma fu interrotta da lui, che strizzò gli occhi abbassandosi all'altezza del volto della giovane.
-Per l'amore del cielo, cosa avete sul collo, Clarissa?-non si azzardò ad allungare un dito. Lei si portò immediatamente una mano sui graffi che spuntavano da sopra il colletto e scosse la testa.
-Vostro padre conosce svariati modi per divertirsi..-
Harry rise. Riprese una posizione retta e continuò a ridere. Clarissa non ne capiva il motivo, credeva che l'avrebbe punita per una frase del genere che poteva essere benissimo intesa come un insulto.
-Ah, mio padre è un coglione-premette un dito su un tasto facendo risuonare nella stanza quella nota prescelta.
-Lui crede che mia madre sia troppo vecchia per fare scintille a letto, per questo prende ragazze della tua età da più o meno sempre e si diverte a sfruttarle come fossero bambole. Oltre al sesso crede anche che sia eccitante ferirle. Andiamo, solo un idiota lo penserebbe..-premette di nuovo il tasto e alzò lo sguardo verso quello di Clarissa.-Non trovate?-
-Io..io non lo so, signore-risposta vaga uguale nessuna punizione, brava Clary.
-Lo sapete, ma credete che anche io sia un idiota e per questo avete paura di dirmi quel che pensate-
-Voi non siete un idiota-disse d'istinto la giovane.
-Ah no? Come fate a saperlo? Potrei essere uguale a mio padre, potrei star solo aspettando che voi diciate qualcosa di inopportuno per punirvi con della violenza-
-Lo so e basta..-Clarissa abbassò il capo e osservò i suoi piedi scontrarsi fra di loro e sovrapporsi, mentre senitva il passo di Harry sempre più vicino.
-Vi farò credere il contrario, allora-sospirò portando le mani ai fianchi.
-Perché mai?-aveva alzato lo sguardo, incrociando quello di Harry e se ne pentì subito dopo una misera frazione di secondo.
-Perché voglio rispetto-
-Vi rispetto molto più di quanto rispetti vostro padre-Harry non diede alcun segno di sbalordimento, ma era chiaramente sconcertato dalla confessione. Indietreggiò senza degnare la giovane di uno sguardo e poi fece un segno con la mano.
-Lasciatemi.-Clarissa non tardò ad alzarsi ed avvicinarsi al portone che aprì con facilità, ma una voce la fermò improvvisamente, costringendola a voltarsi di nuovo.
-Ma vi prego, tornate qualche volta..-la ragazza annuì e chiuse l'anta sospirando. Non avrebbe di certo creduto che una cosa del genere sarebbe successa. Non con lui, con l'uomo più bello e interessante che avesse mai conosciuto.
Harry era rimasto all'interno di quella stanza, osservando il portone chiuso per circa altri dieci minuti dopo che ne uscì Clarissa. La sua mente era invasa da migliaia di pensieri che giravano  incredibilmente veloci e lo torturavano a tal punto da senitre il bisogno di fermarli urlando. Non aveva il controllo della sua mente e a quanto pare, anche delle sue parti basse. Si imbarazzò a morte quando Mary entrò chiedendo se avrebbe gradito una tazza di tè e scoppiò in una fragorosa risata.
-Cosa vi fa tanto ridere?-aveva esclamato coprendosi con la vestaglia velocemente. La ragazza, che con Harry non aveva nessun problema di libera espressione, fece una serie di battute di cattivo gusto che fecero spuntare sugli zigomi dell'uomo uno strano colorito rossastro.
-Non posso biasimarvi, se fossi un uomo, anche io reagirei così alla vista di quella ragazza-se ne era uscita così, affermando quella battuta che mise a disagio, forse per la prima volta, il signorino Harry Styles. I famosi pensieri che gli giravano in mente non erano mai stati così privi di castità e pure la tanto cara cameriera dai capelli rossi lo sapeva bene.
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Durante il pomeriggio Clarissa uscì per fare una breve passeggiata per i giardini accompagnata dal maggiordomo Albert, che la seguì e le mostrò ogni tipo di piantagione presente, anche se a lei non poteva importare di meno. Era così annoiata da tutto e tutti, ciò che voleva era tornare a casa sua, riabbracciare le sue sorelle e la madre. Eppure sapeva che l'unico modo per continuare a sopravvivere, era starsene in quella villa per il resto della sua vita a fare da giocattolo sessuale al suo volgare e prepotente padrone.
Mary amava cucinare, nel caso non lo si fosse capito, e non perdeva occasione di chiedere agli ospiti se fossero affamati o meno e anche se rispondevano negativamente, lei si metteva comunque ai fornelli e cucinava prelibatezze. Aveva cucinato dell'oca per cena, con l'aiuto di tutte le cuoche ed aiutanti, per dare un po' di gioia alla giovane prima che arrivasse l'uomo temuto dall'intera servitù.
Clarissa aveva aiutato a cucinare ed apparecchiare. Aveva preparato tutto per bene nella cucina della servitù, dove credeva dovesse stare per cenare. Non appena si sedette a tavola però, fu richiamata nella sala pranzo dei padroni. Si era pulita dal volto i segni di olio, aveva riacconciato i capelli e stirato per bene la gonna, per poi incamminarsi verso il soggiorno. Il tavolo centrale era circondato da una sei o sette maggiordomi pronti a eseguire qualsiasi ordine gli fosse comandato, mentre seduti c'erano solo il signor Styles, la moglie, Harry e un uomo piuttosto giovane ed affascinante a detta di Clarissa.
-Mia cara, non è educazione fare tardi a tavola..-aveva buffonchiato Christopher invitandola a sedere al fianco dell'uomo bello e misterioso con un gesto della mano.
-Scusate, credevo dovessi cenare con la servitù-quasi sussurrò senza alzare lo sguardo dal piatto di ceramica ricoperto da patate e l'oca che aveva lei stesso aiutato a cucinare.
-Neanche per sogno, voi cenerete ogni sera con noi, qui.-un sorriso falso che non aveva niene a che fare con quello caldo di Harry. La ragazza annuì ed abbassò di nuovo il capo, afferrando una delle ultime forchette, come le aveva insegnato Mary.
-Bene. Clarissa, lui è Louis Ozark e per questa sera sarà nostro ospite. Louis lei è la nostra nuova amica Clarissa. Viene dall'Italia.-la situazione stava diventando davvero troppo scomoda per Clary e dovette perfino allungare la mano per farla baciare dal giovane che sussurrò un 'bellissima' contro la sua pelle.
La signora Styles non la degnò di uno sguardo per tutta la serata, ma come biasimarla. Era la puttana di suo marito, non poteva aspettarsi un trattamente regale.
Harry sembrava essere nervoso e non parlava mai, non guardava mai nessuno negli occhi. Era perso nei suoi pensieri e nessuno gli chiese nulla, tranne qualche domanda di assecondamento dell'argomento come, 'non credete anche voi?' oppure 'e voi invece?'.
Clarissa era il giocattolo nuovo fra Christopher e Louis e sembrava se la contendessero, con complimenti e carezze distratte sulle braccia o sulle mani. Sembrava il premio da vincere e nonostante lei avesse capito la situazione maschilista di quel momento, non disse niente.
Dopo cena chiese il permesso di andare a ritirarsi nelle sue stanze, ma il signor Styles la fermò dicendolo di aspettarlo in camera da letto con un sussurro. Prese un bel respito ed annuì incamminandosi verso la sua camera con passo incerto e spaventato.
Quando fu dentro non ebbe il coraggio di sfilarsi gli abiti di dosso, ma sapeva che sarebbe stato ancora più difficile in presenza di quell'uomo, così fece scendere lentamente le spalline, fino a far cadere al suolo l'abito intero. Il corsetto era la parte più difficile e dovette slegare una serie di nastri prima di riuscire a liberarsene.
La camera da letto di Christopher era nell'ala est e quella di Harry nella ovest. Entrambe avevano una finestra su un fianco e si affacciavano l'una sull'altra. Clarissa non poteva saperlo e non poteva di certo sapere che in quel momento gli occhi del riccio erano involontariamente puntati su di lei e la stavano divorande come fosse il suo dolce preferito, quello al cioccolato, come il colore dei suoi occhi.
Non seppe mai il perché, ma in quel momento afferrò un pezzo di carta e si sedette al pianoforte, iniziando a suonare una composizione melodiosa di note che si seguivano in modo armonioso e perfetto. Non si sentiva così bene da tempo. Lo sentiva, lui lo sapeva: finalmente aveva trovato la sua ispirazione.


Saaaaaaaaaaaaaaaaaaalve!
Per chi conosce già (verso dei grilli) posso semplicemente dire ciaaaao, so che faccio sempre e solo storie su Harry, ma è l'unico con cui riesco a scrivere. lol.
Per chi non abbia la minima idea di chi sia informo che mi chiamo Vanessa e tendo a fare storie principalmente drammatiche e che provocano forte voglia di svenarsi dalla mia mattina alla sera. Non aggiorno sempre con lassi di tempo uguali. O pubblico con differenza di tre giorni o 9 anni, ehh.
Tenete duuuuuro.
Vi prego, ditemi che vi ho incuriosito e che seguirete questa stooooria. Fatemi felice scrivendo il vostro parere qui sotto ;)
Baci,

Vanessa xx
  
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