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Autore: Princess of Dark    13/03/2014    7 recensioni
Per Sara la vita in casa Wilson non è facile perché ogni giorno deve scontrarsi con i suoi fratellastri:
Alexander, di cui un tempo è stata segretamente innamorata e che sembra provare disgusto nei suoi confronti, il sadico Darren che si diverte a stuzzicarla di continuo, il piccolo Jeremy completamente pazzo di lei.
Ma tutto cambia alla morte del padrino, quando per ricevere l'eredità i fratelli sono costretti a rispettare un'impossibile clausola...
Dalla storia: "Alexander era completamente diverso da me e insieme eravamo del tutto sbagliati.
Eravamo come due colori bellissimi che insieme stonano.
Alexander ed io avevamo in comune solo una cosa: il cognome."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Lo ricordavo come se fosse ieri quel giorno di tanti anni fa, quando fui accolta per la prima volta in questa casa…

Seduta sul bordo del letto della nuova camera, fissavo rapita i cerchi concentrici dipinti sul soffitto, facendo penzolare le gambe avanti e dietro, mentre mi arrivava all’orecchio la voce della domestica che ordinava al giardiniere di prendere il resto delle nostre valige.
Ero rimasta semplicemente a bocca aperta da tutto il lusso e lo sfarzo di quella casa così bella, ero felicissima di poter vivere finalmente anch’io in una vera e propria casa assieme al mio amato padrino.
Attraverso la finestra distinsi un’area circolare protetta da vetrate trasparenti e piante rampicanti e incuriosita decisi di vedere di cosa si trattasse: era una serra, piena di fiori e piane di ogni tipo, di libri di biologia e attrezzi da giardinaggio, di gabbie di canarini e barattoli di farfalle che svolazzavano energicamente al loro interno.
Con il viso spiaccicato contro il barattolo, guardai meravigliata le ali della farfalla dalle fantasie più strane e variopinte.
«Bella, vero?». Una voce mi fece sobbalzare e per poco il barattolo non cadde a terra andando in mille pezzi. Mi voltai e vidi un ragazzino alto e mingherlino venirmi incontro tutto sorridente.
«I-io non volevo…», accennai imbarazzata.
«Non preoccuparti, a papà non da fastidio», rispose reclinando il capo a destra e riservandomi un’occhiata innocente con i suoi immensi occhi azzurri.
«Queste sono tutte sue?»
«La mia preferita è proprio quella», sorrise puntando un dito contro la farfalla che stavo osservando.
«Sì, è proprio bella», mormorai affascinata, guardando l’insetto. «Poverina però»
«Perché dici così?»
«Una farfalla così bella che è costretta a restare chiusa qui dentro…», osservai dispiaciuta e lui tirò un sospiro, accennando una risatina divertita.
«Dici che dovrei liberarla?»
«Sì!»
«Perché? Finirebbe in un’altra gabbia… tanto vale che resti qui», fece spallucce, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni chiari. Lo guardai con circospezione.
«Chi ti dice che sarà di nuovo catturata?», replicai accigliandomi.
«Uscendo da questa gabbia andrà incontro a un’altra, solo un po’ più grande… una gabbia che ci contiene tutti», sussurrò enigmatico, alzando il capo per volgere lo sguardo al cielo limpido.
«Non capisco», borbottai.
«Neanche noi siamo liberi fino in fondo, anche se crediamo di esserlo. Siamo tutti rinchiusi in una gabbia trasparente che dosa l’aria che respiriamo e quando decide che ne abbiamo avuto abbastanza ci priva di essa. E moriamo», continuò a spiegare, ma facevo fatica a stargli dietro e non riuscivo a comprendere il senso di quelle parole. «Lascia stare», aggiunse dopo con un sorriso, sistemandosi la giacca.
«Io sono Sara», mi presentai, allungando la mano.
«Alexander… benvenuta in famiglia», mi fece l’occhiolino e voltò le spalle per andare via. «Ah, se vuoi, puoi liberare quella farfalla».


Tutta quella cordialità mi aveva affascinata e Alexander sembrava il mio principe azzurro in ogni aspetto. Era gentile, galante, usava belle parole, si complimentava di continuo con me… non potevo mai immaginare che stesse indossando solo una maschera e recitando un copione, che in realtà stesse architettando un diabolico piano per convincermi ad abbandonare la casa.
Per tutto il tempo mi corteggiò, mi trattò da principessa ma mi rese contemporaneamente sua schiava: pendevo letteralmente dalle sue labbra e non badavo neanche minimamente alle attenzioni che mi riservavano Darren e Jeremy.
Tutta quella stima che nutrivo nei suoi confronti, quell’ammirazione segreta che mi rendeva la sua fan numero uno, si era trasformata rapidamente in amore e presto iniziai a passare le notti sveglie, sperando che arrivasse presto la mattina per poterlo rincontrare. E, cavolo, quanto ero stata felice quando aveva finto di ricambiare i miei sentimenti!

«Sarà il nostro segreto…».

La porta bussò ancora una volta ed io sobbalzai spaventata, guardandomi intorno: la camera era diventata scura e fuori il sole era calato già da un pezzo. Ero stanca dopo il viaggio da New York ma non avrei mai immaginato che mi sarei addormentata tranquillamente in una situazione così drastica.
Pensando a cosa, poi?
Mi tornò in mente l’immagine di Alexander che mi spingeva contro la parete della libreria, che mi sussurrava all’orecchio “sarà il nostro segreto” e trasalii. Perché cavolo dovevo sognare proprio quello?!
La porta bussò di nuovo.
«A-avanti!», urlai, mettendomi a sedere. La chioma scura di Darren fece capolino.
«Sei viva?», mi chiese preoccupato, entrando e richiudendosi la porta alle spalle.
«Credo di sì»
«Non ti ho sentita più uscire, temevo ti fossi buttata giù dalla finestra per darti alla fuga», fece ironico, indicando con un cenno la finestra dietro di me. Risi amaramente, portando le ginocchia al petto.
«Cambierebbe le cose?»
«Potrei aiutarti a cambiarle», sussurrò enigmatico, venendosi a sedere accanto a me. Mi tirai leggermente indietro per assicurarmi che i nostri corpi non venissero a contatto e lo guardai spaesata.
«Per qualche strano motivo non mi fido», feci sarcastica.
«Al tuo posto, mi fiderei»
«Avanti, sentiamo», sospirai accondiscende, tirando un sospiro. Volse lo sguardo verso la valigia che mi avevano portato in camera e che non avevo ancora disfatto. Forse perché speravo che non servisse a nulla e che domani sarei tornata a casa.
«Non hai ancora disfatto le valige?», mi chiese contrariato, allungando una mano per aprirla.
«Speravo che non ce ne sarebbe stato bisogno… ehi!», esclamai quando lui iniziò a tirare fuori le mie camice, allungando una mano per richiudere la valigia.
«Dovresti, perché il tuo soggiorno qui sarà abbastanza lungo», mi rispose divertito, dandomi le spalle per impedirmi di fermarlo. Estrasse con due dita le mie mutandine bianche e le fece girare con un dito come fosse un pallone da basket. «Mmh queste sono decisamente fuori moda», commentò divertito.
«Mettile via!», ringhiai rossa in volto, saltandogli letteralmente addosso per strappargli di mano la mia biancheria. Con un tonfo richiusi tutto nella valigia e la spinsi sotto il letto con un piede, voltandomi verso di lui per fulminarlo con lo sguardo.
Darren si passò una mano trai suoi capelli neri scompigliati e fece scioccare la lingua, poggiandosi sui gomiti e guardandomi dal basso.
«So che non ti va a genio di sposare Alexander… potresti prenderti comunque la tua parte se diventi mia»
«Che stai blaterando?», risi. Lui parve convinto e si girò prendendomi le mani con insistenza.
«Se non sposi Alexander perdi i tuoi soldi ma io ricevo la Wilson Group, che è anche meglio: è una vera e propria miniera d’oro. Sposa me, diventa mia moglie, e sarai ricca»
«Sei ubriaco, Darren?», sbottai indignata, sfilando le mie mani dalle sue.
«Faccio sul serio, cucciolo di Bambi», sussurrò. Rabbrividii alle sue parole e come un flashback rivissi quel momento in cui caddi e mi ferii e Darren mi medicò dicendo che ero debole e ingenua come un cucciolo. Da allora mi chiamava di continuo “cucciolo di Bambi” e più mi arrabbiavo più lo ripeteva. Avvertii le guance andare a fuoco.
«N-non chiamarmi così»
«Ma ti ho sempre chiamata così», ribatté con finta innocenza, sollevandomi il mento con due dita.
«E infatti non mi è mai piaciuto», replicai infastidita.
«Allora? Ti va di diventare mia moglie? Non devi fare granché, solo soddisfare i miei bisogni», sussurrò malizioso, avvicinandosi pericolosamente a me con il viso. Mi bloccò i polsi, costringendomi a sdraiarmi completamente sul letto e avvertii il calore del suo respiro su di me. Non provai nemmeno a liberarmi, le esperienze passate mi dicevano che Darren era molto più forte di me e sarebbe stato inutile opporre resistenza. E anche se l’avessi voluto, il mio cervello era momentaneamente a farsi una vacanza.
«Soddisfare i tuoi bisogni?», ripetei imbarazzata.
«Mmh mmh», mugolò, chinandosi su di me. Trattenni il fiato quando immerse il viso trai miei capelli ed iniziò ad annusarli profondamente.
«Non sono il tuo animaletto», replicai rigida come una mazza da biliardo.
«Certo che no, sei il mio cucciolo di Bambi», sorrise malizioso, sfiorandomi il braccio mentre mi solleticava il collo strusciandoci contro la punta del naso.
Darren stava semplicemente approfittando di questo momento di difficoltà per trovare un nuovo passatempo: era chiaro che voleva che diventassi il suo giocattolo. Mi chiesi quando si sarebbe stancato e ne avrebbe cercato un altro se all’improvviso diventassi accondiscende e facessi tutto quello che passava per la sua testa.
«Sognatelo», ringhiai alzandomi di scatto per sfuggirgli. Darren semplicemente lasciò che mi liberassi e che scappassi via da lui. Dopotutto, gli era sempre piaciuto darmela vinta per qualsiasi cosa.
«Ah, tra un po’ mi pregherai di salvarti…», ridacchiò prima che gli chiudessi la porta in faccia. Percorsi velocemente i corridoi nel timore che Darren potesse uscire e provare ancora a convincermi di sposarlo.
Ma cosa prende a tutti?! Sposare i miei fratellastri… sarebbe come buttarsi da sola la zappa sui piedi.
Come potevo sposare Alexander, l’uomo che mi aveva spezzato il cuore e che nutriva nei miei confronti un odio e rancore represso?
E come potevo invece diventare moglie di Darren, l’uomo più perverso di questo mondo, che mi faceva salire l’ansia e mi metteva in agitazione anche solo con uno sguardo?
No, non potevo sopravvivere per un anno ai loro capricci. Se ci fosse stato Jeremy al loro posto… avrei accettato subito. Passare un anno con lui sarebbe stato fantastico, ci volevamo un bene immenso.
Ma Alexander…
«Sara!». Mi voltai e vidi Agatha venirmi incontro con un sorriso forzato e l’espressione ansiosa in volto. «Tutto ok? Ho visto Darren uscire dalla tua camera e hai l’aria preoccupata». Le sue mani mi accarezzarono una guancia e mi sistemarono i capelli dietro l’orecchio.
«Sì, sì, non è per Darren», sospirai.
«Per il testamento, vero?». E anche stavolta Agatha aveva centrato in pieno la questione. Sentii le lacrime riempirmi gli occhi e un nodo alla gola che m’impediva di respirare. Le presi di scatto le mani, stringendole forte.
«Tu lo sai che Alexander mi odia! E lo sapeva benissimo anche nostro padre. Perché ci ha messo davanti a questa scelta?!», feci tutto d’un fiato. Agatha era l’unica persona che avrebbe potuto comprendermi, l’unica che conosceva fino in fondo Albert Wilson: chi meglio di lei poteva darmi spiegazioni?
«Sara, tesoro mio, non essere arrabbiata con tuo padre. Lui sapeva sempre qual era la cosa più giusta da fare… se ha voluto così deve esserci un motivo», sussurrò sorridendomi speranzosa.
«Non vedo motivo per cui io debba subire le angherie di Alexander per un anno», feci disgustata.
«Il suo disprezzo nei tuoi confronti è simile a quello che nutri tu per lui. Forse se impari a volergli bene ricambierà anche lui-»
«No», tagliai corto prima che potesse finire con qualcosa di carino nei confronti di Alexander. «Non ricambierà. Ed io lo odio troppo per potergli voler bene», aggiunsi.
Era già passato il tempo in cui speravo di essere ricambiata con la stessa moneta, in cui gli riservavo mille attenzioni fiduciosa di riceverne almeno la metà.
Era passato quel tempo in cui non volevo chiedermi perché Alexander tutto d’un tratto fosse diventato così freddo, quel tempo in cui addirittura lo giustificavo per le volte che mi trattava male.
E ricordavo come se fosse ieri le parole di mia madre, di quella donna così saggia, dell’unica persona che con uno sguardo leggeva tutti i miei pensieri: “Mai aggrapparsi a una persona come a un’ancora: l’ancora trascina giù e affoga.”
Ed io, nel mare di Alexander, ero già annegata troppe volte.
«Tuo padre ci ha sperato davvero…», sospirò Agatha pensierosa.
«Ed è per questo che accetterò: sarò sua moglie per un anno solo per la Wilson Group, solo per papà»
«Ti sei sempre sacrificata per gli altri, Sara, sei da apprezzare e imitare», sorrise lei con lo sguardo ammirante.
«Glielo devo. Gli sono debitrice per averci salvate dal nostro disastro e reso la nostra vita migliore», ricambiai decisa, voltandomi poi per entrare lentamente nello studio.
Mi aspettavo di trovare ancora il signor McCall ma evidentemente era andato via. Alexander invece era in piedi davanti alla finestra con il volto verso la luce che filtrava da essa e mi dava le spalle, tenendo tra le mani tremanti un foglio che stava leggendo.
Non si era accorto di me e per un attimo pensai di lasciarlo di nuovo solo.
Alexander sembra perso nei suoi pensieri. Sono ore che mi tormento come se fossi la martire della situazione ma probabilmente, anche se lui non vuole darlo a vedere, si sente esattamente come me.
Alexander è disgustato da me e invece è costretto a sposarmi perché anche lui, proprio come me, vuole farlo per nostro padre.

«Hai intenzione di restare a fissarmi ancora per molto?». Trasalii, incrociando il suo sguardo attraverso il riflesso del vetro.
«Ero venuta a parlarti», farfugliai nervosa, accennando qualche passo in avanti fino al centro della stanza. Lui piegò tra le mani il foglio, mettendoselo in tasca, e si girò verso di me.
«Hai riflettuto?»
«Sì»
«Bene. Allora dammi la risposta giusta». Sostenni per diversi secondi il suo sguardo gelido e impenetrabile prima di abbassare il capo e racimolare le parole che avevo prima in mente.
«Devo resistere solo un anno…», mormorai con un filo di voce.
«Esatto»
«Ti sposerò, Alexander», dissi d’un fiato prima di poter cambiare idea. La mia voce tremolante e per niente sicura parve echeggiare nella stanza prima di arrivare alle orecchie di Alexander. Lui rimase indifferente, forse perché si aspettava già una risposta del genere. E infatti sulle sue labbra si dipinse solo un sorrisetto compiaciuto.
«Come mi aspettavo», commentò acidamente. Avanzai ancora qualche passo cercando di conservare sempre una certa distanza tra di noi.
«Lo faccio solo perché non voglio che l’azienda fallisca», precisai, osservando il suo sorriso farsi sempre più accentuato e ironico.
«Ah, quindi non perché ti toccherà metà del patrimonio?», mi punzecchiò.
«Vuoi capirlo che non m’interessano i vostri soldi?!»
«Certo, certo…», commentò annoiato perché tante volte gli avevo urlato contro queste parole. Si avvicinò alla scrivania e aprì un cassetto, iniziando a frugarci dentro prima di trovare una cartellina. «Tra le condizioni nostro padre ha voluto anche che organizzassimo una cerimonia ufficiale perché tutti possano credere che ci siamo sposati per amore», fece d’un tratto.
«Perfetto. Dovremmo anche recitare la parte della coppietta felice», feci sarcastica, alzando gli occhi al cielo. Fece il giro del tavolo per venirmi accanto e porgermi il foglio che doveva essere il contratto irrevocabile da firmare. Il suo dito era appoggiato sullo spazio che doveva contenere la mia firma.
«Per un piccolo istante avevo sperato persino che tu rifiutassi, che il tuo odio nei miei confronti fosse sufficiente a farti mollare...». Lessi di sfuggita le condizioni e afferrai la penna, pronta a firmare. «Ma sei una sanguisuga e ci tieni così tanto a mettere le tue luride mani sul patrimonio, a farmi cadere in rovina…», sussurrò sprezzante al mio orecchio, così vicino da farmi avvertire il calore del suo alito.
Non lo stare a sentire. Non lasciare che le sue parole ti facciano male. Lui è cattivo, è superbo, è debole perché è capace di provare un odio così ripugnante.
Alexander nell’ultimo anno, dopo essersi rivelato per quello che era veramente e prima che potessi andare via, aveva continuato a insultare me e mia madre, accusandoci di essere delle sanguisughe che stavano prosciugando papà solo per avere i suoi soldi. Essere considerata un’opportunista mi dava sui nervi.
La mano mi tremò e avvertii le lacrime velarmi gli occhi. Dannazione! Non permetterò che abbia la soddisfazione di vedermi piangere.
«Forse è vero. Forse ti odio così tanto da volerti vedere cadere in rovina», ringhiai rabbiosa.
Avrei sposato Alexander e l’avrei fatto pentire di tutto quello che aveva fatto, di tutti gli insulti e le cattive maniere. Gli avrei fatto capire che i suoi soldi mi facevano schifo, che era lui a farmi schifo. Quant’è vero che mi chiamo Sara Wilson.
Firmai rapidamente e Alexander mi strappò subito la penna dalla mano.
«Il tuo odio mi rende invincibile», fece compiaciuto, facendo scorrere con decisione l’inchiostro sulla carta.
«Va all’inferno»
«Credo di esserci già», borbottò squadrandomi sprezzante, lanciando sgarbatamente la penna sulla scrivania prima di lasciarmi sola nella stanza.
Guardai china sulla scrivania il contratto: accanto alla mia firma ora c’era anche quella di Alexander il che, in un certo senso, mi rendeva già sua moglie anche se non c’era ancora nessuna cerimonia ufficiale.
La porta si aprì di colpo, facendomi sobbalzare, e Jeremy entrò furioso.
«Dimmi che non fai sul serio!»
«Jeremy», sussurrai sorpresa mentre lui mi prendeva per mano e mi stringeva violentemente.
«Non puoi farlo, Sara, non sposare Alexander. Lui aspetta solo questo, cerca solo un’occasione per farti crollare», sussurrò lui con gli occhi lucidi. La stretta aumentò fino a quando non sentii le ossa quasi stritolarsi e allo stesso modo anche il mio stomaco si strinse in una morsa tenace.
«Ho già firmato il contratto. Siamo disposti entrambi ad accettare solo per il bene della società. Si tratta di puro lavoro», sussurrai intimorita, evitando di guardarlo negli occhi.
«Ma sarai sua moglie!», urlò aumentando la stretta.
«Mi fai male così», sussurrai chinando il capo, stringendo la maglia nel mio pugno libero. Sentii una lacrima scendere giù per la guancia e non riuscii a trattenermi. Mi sentivo così in colpa, mi dispiaceva così tanto per Jeremy. E mi sentivo anche così stanca, pur essendo passata soltanto mezza giornata.  Non voglio che lui si preoccupi per me, ha già subito abbastanza per colpa mia: sempre lì ad aiutarmi, a difendermi, a scontrarsi con i suoi fratelli anche se è più piccolo di me.
«Scusami», mormorò lui mortificato, lasciando la presa e guardandomi spiazzato per la mia reazione involontaria. «Non volevo farti male, non piangere ti prego»
«Non sto piangendo», borbottai senza trovare il coraggio di alzare lo sguardo e incrociare i suoi occhi così trasparenti e sinceri. Le sue braccia mi circondarono per abbracciarmi. «Credimi, mi costa tantissimo sposarlo, ma sai cosa succede se rifiuto…»
«La Wilson Group fallirà tra le mani di Darren», concluse con un sospiro. «Ok… però promettimi che se dovesse fare lo stronzo con te, mi chiamerai subito. Io per te ci sarò sempre, Sara», mi disse con decisione. Sorrisi, staccandomi da lui per ringraziarlo con lo sguardo.
«Alexander è sempre stronzo», gli feci notare sarcastica prima che potessimo ridere malinconicamente.
«La smettete di parlare di me? Iniziano a fischiarmi fastidiosamente le orecchie!», urlò Alexander dall’altra stanza.




Angolo dell'autrice: scusate se mi sono assentata in questi giorni ma ho avuto parecchi impegni con la scuola... ora però sono tornata alla carica!! xD
Nonostante qualche flashback, ancora non si sa precisamente perché Alexander e Sara si odiano così tanto: principalmente è perché Alexander crede che Sara voglia soltanto mettere le mani sui soldi e lei invece ha annunciato più volte che Alexander le ha spezzato il cuore... non si preoccupate se è ancora un po' confuso, lo faccio intenzionalmente ^^'
Avete anche avuto modo di conoscere un po' meglio Darren, anche se resta ancora una figura un po' avvolta nel mistero xD E infine.. beh, l'abbiamo visto tutti che il contratto è stato firmato. Ma davvero questo matrimonio riuscirà a tenersi?

 
  
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