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Autore: PeaceS    13/03/2014    8 recensioni
Da un Malfoy ci si deve aspettare tutto, anche che ti renda la vita un inferno per noia. Specie per noia. I Malfoy annoiati, di solito, erano più pericolosi di un Potter arrabbiato. Ma Lily avrebbe dovuto saperlo… le migliori storie iniziano alle tre di notte e in quel momento, la lancetta più piccola, si posò proprio sul tre.
[ ... ]
Perché, se Scorpius Malfoy decide di renderti la vita un inferno e tu te ne innamori perdutamente, mentre la tua migliore amica è nelle mani di un certo Zabini - famoso per essere un porco - e cerca di conquistare un Nott di tua conoscenza anche se - alla fin fine - quel certo Zabini non è molto felice, non puoi fare altro che chiederti perché la vita ha deciso di renderti le cose così difficili.
Insomma, tutto quello, però, avrebbe dovuto aspettarselo: era o non era una Potter?
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy, Un po' tutti | Coppie: Lily/Scorpius
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo venticinquesimo –
Ever





“Ciao nonna”
La soffitta era silenziosa e la polvere, oramai, aveva trasformato in grigio le pareti rosa pallido; il tavolino da tè era stato fatto a pezzi e giaceva sul pavimento di marmo bianco – trapassato da tante piccole crepe grigiastre.
“Ciao, tesoro mio”
La voce di Narcissa Malfoy aveva un qualcosa di melodico, sublime, che immediatamente la calmò: Lily si fermò con Scorpius al centro della stanza e osservò il ritratto della donna posto sul camino di pietra.
Aveva lunghi capelli biondo grano che le accarezzavano il volto pallido, aristocratico – dai lineamenti quasi angelici. E gli occhi azzurri la fissarono sorpresi e addolciti.
“Mi erano arrivate delle voci, caro nipote, ma non avevo dato audienza a certi vecchi ritratti il cui unico scopo è mettere in giro malelingue.
Eppure avevano ragione: una Dea dai capelli rossi ha rapito il tuo cuore” mormorò Narcissa, storcendo la bocca rosea e carnosa in un dolce sorriso.
Scorpius ricambiò e si avvicinò così tanto da poter sfiorare con i polpastrelli il volto della donna – che socchiuse gli occhi.
“Mi dispiace non essere più venuto a trovarti, nonna, ma come sai è iniziato tutto daccapo” sospirò Scorpius, mentre Lily osservava il vestito color panna della donna cadere in un intreccio di seta e merletti.
“Ho sentito anche questo, tesoro mio” bisbigliò Narcissa, inclinando poi il capo e spostando lo sguardo sulla Potter.
“Fatti avanti, piccolo giglio” la chiamò, facendole un piccolo cenno con la mano.
L'aveva riconosciuta dai capelli rosso al tramonto e le labbra del color rubino come una rosa: era il ritratto di Lily Evans, con il naso dritto e piccolo e il volto a forma di cuore. Tranne per gli occhi, quelli erano stati intaccati.
Quelli erano stati rovinati dal dolore.
“Non volevo piombare a casa vostra in questo modo, signora” disse Lily, guardando alcune statuette d'oro giacere in pezzi sul pavimento, le poltrone completamente distrutte e alcuni quadri squarciati senza alcun risentimento.
“So cosa vuoi sapere e so cosa ti stai domandando...
Diamond mi ha fatto visita tempo fa, quando i Mangiamorte hanno attaccato questa casa e mio figlio si è rifugiato a Grimmauld Place” disse, fissando la dimora che aveva scelto per riposare ridotta ad un mucchio di cenere e stantio.
“Nonna...” disse Scorpius, facendo l'ennesimo passo avanti quando la vide sospirare afflitta e abbassare il capo sconfitta ancora una volta.
“No, tesoro, no.
La colpa è solo mia, sempre e soltanto mia” gemette Narcissa, passando le dita nelle ciocche setose dei suoi capelli. Sorrise stanca e fissò suo nipote e Lily con una pesantezza che li schiacciò al suolo.
Sembrava un angelo. E gli angeli non potevano essere tristi, questo lo sapevano anche i muri.
“Ero incinta di sei mesi quando cominciò la seconda guerra magica” iniziò, con lo sguardo lontano e la mente persa lì – dove tutto aveva avuto fine.
Dove tutto aveva avuto inizio.
“Non avevo detto a nessuno della mia gravidanza se non a mio marito e Severus Piton, a quei tempi un grande amico di famiglia” continuò Narcissa, attorcigliando le dita tra di loro e sorridendo al nominare Severus.
Con un cenno del mento indicò il quadro alla loro destra, che ora giaceva sul pavimento mezzo accartocciato: sulla targhetta d'oro c'era proprio il nome dell'ex professore.
“Prometto che lo farò ristrutturare, nonna” si affrettò a dire Scorpius, guadagnandosi un sorriso luminoso.
“Grazie tesoro, mi manca molto discutere con una persona intelligente e credo che ogni tanto anche a lui manchi nascondersi dalle chiacchiere del professor Silente” ridacchiò Narcissa, sospirando soddisfatta.
Lily pensò che in effetti – l'ultima volta che erano stati nell'ufficio della Mcgranitt – la faccia di Piton non pareva molto allegra, non più del solito almeno.
“Comunque... avevo trentanove anni e alla mia età è difficile portare avanti una gravidanza o, addirittura, averne una” bisbigliò la donna, continuando con il suo racconto e pensando alla felicità estrema che le aveva portato quella notizia.
“Mio marito ha cercato di tenermi lontana dalla battaglia il più a lungo possibile, ma quando Potter – grazie al mio aiuto – ha riscatenato la battaglia, non potevo rimanere con le mani in mano e lasciare mio figlio lì, a combattere” disse, portandosi una mano sul cuore.
Lily lo immaginava. Nessuno avrebbe lasciato morire un figlio così, come un cane, tra le mani di per sopravvivere non avrebbe guardato in faccia nessuno... figurarsi un Malfoy.
“Venni colpita da una maledizione: non ho mai conosciuto il suo nome né la sua provenienza, ma quella roba non veniva di certo dalla bacchetta di un Auror!” borbottò, facendo una smorfia e scuotendo il capo.
Ricordò la caduta e la botta sulla pietra fredda, l'impatto e lo sguardo volto verso il soffitto... ma nessun dolore. Nessuna ferita.
“I bambini tendono a proteggere la propria mamma, quando sono nel feto; è un istinto naturale quando sono magici e quello che mi colpì non era un Avada Kedavra, ma qualcosa che il bambino assorbì fino all'ultimo.
Pensavo che fosse un miracolo, che qualcuno ci volesse bene, ma non era così” soffiò amara.
Lily non la giudicava. Qualsiasi cosa fosse successo, sentiva che la decisione della signora Malfoy era stata in troppo sofferta: Lily – dentro sé – quasi poteva sentire il suo dolore trasmettersi attraverso quel quadro e suscitargli ancora lacrime al ricordo.
Al ricordo di aver abbandonato un figlio.
“Il bambino cominciò a divorarmi dall'interno: quella magia che l'aveva colpito, in qualche modo, lo aveva cambiato... non sapemmo mai cosa fosse, cosa gli stesse succedendo dentro me, ma all'ottavo mese di gravidanza dovetti partorire” raccontò con orrore – ricordando quella notte come se la vivesse ogni singolo attimo.
La carne della sua carne, sangue del suo sangue, la stava uccidendo dall'interno e lei non poteva fare nulla. Nulla di nulla.
“Come ha fatto papà a non accorgersi della gravidanza?” domandò Scorpius, sorpreso e Narcissa si addolcì improvvisamente al ricordo del suo Draco.
Il suo bellissimo bambino biondo.
“Sono sempre stata una donna esile, dalle costituzione piccola e fragile; non ingrassai molto e avevo sempre avuto l'abitudine di indossare abiti larghi.
Lui era troppo impegnato a sopravvivere per notare qualcosa di strano e io non volevo dargli ulteriori dispiaceri” spiegò Narcissa, guardando entrambi con determinazione.
No, Draco non centrava nulla e da come ne parlava lei era stato sempre intoccabile. Ah, quanto era vero quel detto.
Gli errori dei padri ricadono sempre sui figli.
“Lo affidammo ad una famiglia maghinò... che è stata trovata uccisa due anni dopo, non so cosa abbia fatto dopo e chi l'abbia cresciuto.
So solo che non volevo, io non volevo abbandonare mio figlio, ma Lucius disse una cosa che mi fece riflettere molto a quei tempi.
Noi non sapevamo cosa sarebbe diventato – cos'era in realtà e Draco era già in pericolo; dopo la guerra i sopravvissuti quasi ci davano la caccia e non... non potevamo dare adito ad altre voci. Non potevamo mettere in pericolo la nostra reputazione, che già era persa da tanto, ma tanto tempo.
L'unica cosa di cui eravamo sicuri era che quel bambino mi aveva quasi ucciso” disse Narcissa, socchiudendo gli occhi azzurri e sfiorandosi la frangia completamente persa.
Scorpius sfiorò ancora una volta il suo viso.
“Non è colpa tua, nonna” mormorò con tono basso, sorridendole in modo incoraggiante.
Il suo sguardo era incoraggiante e luminoso e avrebbe reso coraggioso anche il più coniglio dei Serpeverde. E avrebbe illuminato anche il più cupo Mangiamorte.
“Sei uguale a tuo padre” bisbigliò Narcissa, così orgogliosa di ciò che aveva dato alla luce il suo bambino.
Un uomo dalle fattezze di un Serpeverde e l'animo di un Grifondoro.
“Lo so, nonna” rispose orgoglioso Scorpius, facendo un passo indietro e guardando il disastro che aveva fatto Diamond.
Anche il ritratto di suo nonno era stato fatto a pezzi. L'unico rimasto integro era proprio quello di Narcissa, più splendido che mai.
“Vuoi che faccia restaurare anche il ritratto di nonno Lucius?” domandò gentile, intrecciando le dita a quelle di Lily e stringendo la stretta con forza.
“No, tesoro, no.
Il nonno sta bene con suo padre e i suoi avi ai piani inferiori... questo è sempre stato il mio posto segreto e lui ci ha messo piede – o faccia, a seconda dei casi – poche volte.
Quando ho voglia di parlargli vado io da lui, nel salottino” disse serena, annuendo alla sua faccia dispiaciuta.
La nonna aveva amato tantissimo nonno Lucius... ma Scorpius sapeva che aveva amato molto di più suo padre. Narcissa aveva amato Draco più della sua stessa vita e lo dimostrava anche da morta.
“Grazie mille, signora” ringraziò Lily, abbassando il capo e ricambiando il sorriso che le regalò la donna.
“Di nulla, piccolo giglio, ma gradirei altre tue visite, in futuro.
Chi ha rapito il cuore di mio nipote, ha rapito anche il mio, di cuore” soffiò Narcissa, facendola arrossire vagamente.
Scorpius sghignazzò: la Potter non arrossiva da quando era diventata la fotocopia sputata di zio Voldy e vederla tornare sempre di più umana era un toccasana per lui.
Ridacchiò, bastardo.
“Magari porteremo il tuo quadro al matrimonio, nonnina!” cinguettò tutto felice, beccandosi un calcio negli stinchi dalla sua fidanzata – che lo fucilò con un occhiata.
“O al tuo funerale, questo dobbiamo ancora deciderlo” sibilò la rossa a bassa voce, strappandogli un miagolio spaventato.
“Oh, ne sarei deliziata” cinguettò Narcissa, che non aveva sentito quello che aveva bisbigliato Lily.
“Ciao nonna!” salutò Scorpius un'ultima volta, ricambiando il bacio volante che gli mandò Narcissa con la punta delle dita.
S'infilarono nel camino e quando Lils pronunciò “Sala meeting, Ministero – Reparto Auror” sentì il solito risucchio che lo trascinò lontano dalla sua casa d'infanzia.
Scorpius si sentì un po in colpa per aver lasciato sua nonna da sola, ma si ripromise – che appena sarebbe finito tutto – di andarla a trovare più spesso e di far restaurare il quadro di Piton.
“Non mi devi toccare!” l'urlo di Dominique li bloccò sul posto e Lily gli intimò silenzio con un dito sulla bocca, nascondendosi dietro la stessa statua che aveva coperto Harry Potter solo pochi giorni prima.
“Sei l'uomo più rivoltante che abbia mai conosciuto”
Scorpius si sporse quel poco per vedere il volto di James Potter storcersi a quelle parole, quasi addolorato dal modo in cui lei lo aveva sputato – come continuava a guardarlo.
“Ma è tuo fratello!” bisbigliò a bassa voce, spalancando la bocca a palla e fissando Lily sorpreso.
“Certo che sei proprio idiota, Malfoy.
Ora te ne sei accorto?” borbottò Lily in risposta, tutta accucciata e interessata a sentire quello che quei due si dicevano.
… E Scorpius giurò di aver visto il lampo di un sorriso sulla sua bocca carnosa e le sue iridi schiarirsi e diventare, per un solo attimo che lo illuse, di un bruno acceso.
“Me l'avevi promesso” singhiozzò Dominique, coprendosi il viso con entrambe le mani e quasi facendosi male da sola.
Gli occhi quasi le si accecarono tanto spinse le dita nelle orbite e Dom si trattenne dal vomitare anche l'anima. Merlino, era così nauseata da quello sconosciuto che le stava davanti.
Non lo riconosceva più.
“Dominique, ti prego...Dom, ascoltami” annaspò James, fissandola con gli occhi nocciola spalancati e afferrandola per un polso – ignorando lo sguardo disgustato di lei che lo fulminò, che lo uccise.
“No. NO!” strillò Dominique, ignorando le lacrime che le solcarono le guance già umide.
Aveva la bocca tremante e le spalle quasi piegate dal dolore; fin da piccola era stata innamorata di un bambino deciso, orgoglioso – ma che nonostante la tenera età già sapeva cosa volesse o non volesse dalla propria vita. E James, anche se con un fiore strappato dal prato dei suoi genitori, anche se con un anello di plastica, le aveva sempre dimostrato che voleva lei.
“Mi hai mentito... mi hai presa in giro!” annaspò la ragazza dai capelli biondi, indietreggiando verso la porta e, questa volta, sperando che qualcuno entrasse e la salvasse da quello sguardo.
Che la salvasse da quelle braccia che ora non erano più un porto sicuro, ma una ghigliottina pronta a decapitarla. Pronta ad ucciderla per un crimine che aveva commesso con coscienza e con gusto, con amore.
Aveva amato la persona sbagliata e si odiava. E lo odiava.
“No, no!
Dominique, ti prego, ascoltami! Non ti ho presa in giro, io non lo farei mai... ti prego, Dom!”
Ora anche lui urlava, mentre gli occhi erano così lucidi che sembravano due specchi pronti alla rottura – pronti a diventare tanti piccoli pezzi, che, anche lui lo sapeva, non sarebbero mai più andati a loro posto.
“Ti ho visto con i miei occhi, James.
I MIEI occhi!” urlò Dominique, continuando ad indietreggiare e scuotere il capo, come se volesse scacciare via i pensieri. Come se volesse scacciare via il dolore.
Sbatté le palpebre e cercò di non piangere più, ma Dominique si sentiva tradita; si sentiva tradita dallo stesso bambino che da piccola la cullava, consolava e le bisbigliava parole dolci quando piangeva – si sentiva tradita da quella persona che si era guadagnata la sua fiducia pian piano, che le era stata accanto nei momenti peggiori della sua vita.
Lui le aveva mentito e lei si sentiva pugnalata alle spalle.
“È stata lei, Dom, te lo giuro!” bisbigliò James, incastrandola tra il muro e il proprio corpo – ignorando il gemito che uscì dalle sue labbra quando la pietra penetrò nella sua schiena.
“Lasciami” mormorò Dominique, fissandolo con il mento ritto nonostante avesse le guance rigate di lacrime.
E lui scosse il capo, disperato – lasciando che alcune ciocche gli ricadessero sugli occhi nocciola, lasciando che i capelli neri coprissero il dolore che stava esplodendo oltre le palpebre serrate.
“Non puoi andare via, non ora” singhiozzò, lasciando l'orgoglio sotterrato sotto i piedi e stringendo i suoi polsi ancora più forte.
Non gli importava niente in quel momento: sarebbe potuto entrare anche suo padre, ma avrebbe continuato a supplicarla di... perdonarlo. Di non andare via e di rimanere con lui.
Perché James sapeva bene quanto faceva male la sua assenza; tutte le volte che iniziava l'anno scolastico e lei era costretta ad andare via, il suo cuore rallentava quel poco da strappargli il respiro e farlo piegare su se stesso per quel tempo indefinibile che lei afferrava la polvere volante e andava via.
Perché James viveva di ricordi da anni, oramai, e sapeva cosa significava limitarsi solamente a sognare una persona – senza poterla stringere, senza poterle dire che la mancanza era così asfissiante da tenerlo sempre appiccicato ad una finestra... se per riprendere fiato o vederla ritornare, non lo aveva ancora capito.
“Lasciami”
Oramai Dominique sembrava un disco rotto e continuava a non guardarlo negli occhi, fissandogli il collo – dove una vena pulsava interrottamente, quasi pronta a scoppiare.
“Tu lo sai... tu lo sai che non ho mai chiesto scusa in vita mia e l'unica e ultima volta che l'ho fatto era perché tu stavi piangendo per colpa mia.
E scusa, Dom. Scusa per essere idiota, per non amarti come vorresti, per non essere l'uomo che meriti.
Scusa se quando qualche volta abbiamo fatto l'amore sono stato troppo rude, scusa se quando mi faccio prendere dai miei attacchi di gelosia ci metto anche te in mezzo.
Scusa, Dom, scusa, ma non andare via” la supplicò, continuando a piangere.
E lei lo aveva visto piangere solo due volte in vita sua... e se una riguardava la sua partenza per la Francia – dopo la sua scelta definitiva – la seconda era stata alla morte di nonna Molly.
Sarebbe stato ipocrita dirgli che sì, non meritava un idiota come lui oppure rinfacciargli che non la amava come amavano tutti gli altri – che non aveva mai ricevuto un mazzo di fiori o un pacco di cioccolatini, come tutte le sue amiche.
Sarebbe stato ipocrita perché Dominique aveva avuto molto di meglio; lui era andato avanti con la loro relazione nonostante avesse rischiato di essere scoperto e odiato da tutta la loro famiglia.
James era andato avanti con la loro relazione anche quando lei era partita e lui – tante volte – era piombato in Francia, pagando fior di galeoni, solo per accarezzarle il viso e dirle che le mancava come l'aria.
Dominique non aveva mai avuto nulla di materiale, quello era vero, ma aveva fatto l'amore la prima volta con lui... sulla Torre Eiffel, di notte, con petali di rose come letto e le stelle più luminose come tetto sulle loro loro teste.
Era stato egoista, un bastardo. L'aveva lasciata le stesse volte che se l'era ripresa, l'aveva fatta piangere – disperare – e tante volte non si era nemmeno presentato ai loro incontri.
Probabilmente le aveva detto ti amo così poche volte che Dominique avrebbe potuto benissimamente dimenticare che suono avesse quella parola tra le sue labbra.
“Vi ho visti baciarvi, James ed eravate così coinvolti che a malapena vi siete accorti di me. Eravate sul punto di fare sesso e non mi servono delle scuse.
Non voglio le tue scuse né una spiegazione a quello che ho visto. Non è nemmeno sbagliato quello che stavate facendo... è sbagliato quando lo fai con me, James” mormorò Dominique, ingoiando a vuoto e guardandolo finalmente negli occhi.
Il ragazzo sciolse la presa sui suoi polsi e lei si asciugò le lacrime, inspirando con forza prima di cominciare a parlare nuovamente.
“Tua madre ha ragione, state benissimo insieme e formate una coppia meravigliosa, sana.
E potrete sposarvi e fare figli normali” continuò, storcendo la bocca nella pallida imitazione di un sorriso.
“Io non voglio né sposarla e né farci dei figli, Dominique!” sibilò James, affannando pericolosamente con il petto e fissandola sull'orlo di una crisi di pianto.
Dominique sorrise ancora e i suoi occhi divennero due piccoli spilli; appoggiò i palmi aperti sul suo torace e lo sospinse lontano da sé, abbracciandosi da sola per tenersi intera. Per non cadere a pezzi.
“Non ti voglio più, James”
Bugiarda.
Non c'era persona al mondo che amasse più di lui, ma loro non smettevano mai di farsi male e non c'era soluzione – non più almeno.
“Sei una bugiarda!”
Ah, se lo era.
Ma gridarsi reciprocamente di odiarsi e cominciare a fare l'amore subito dopo non aveva più senso. Sorridersi dopo e poi mormorarsi ti amo non funzionava più; dov'erano le sicurezze? Loro non avevano futuro, non avevano scopo... e lei, poi, cos'avrebbe fatto quando lui l'avrebbe lasciata per un'altra?
Perché prima o poi sarebbe dovuto succedere.
Perché prima o poi James l'avrebbe lasciata e lei non sarebbe stata in grado di sorreggere il dolore.
“Io ti amo” urlò James e le tre persone che varcarono la soglia in quel momento si bloccarono – gelate.
Dominique sbiancò e Lily sibilò una bestemmia a bassa voce.
“Smettila di scherzare, Jamie!” ansimò Dom, fissando suo zio Harry con un sorriso tremulo.
Ginny fissò suo figlio e indietreggiò nel vederlo passarsi una mano tra i capelli e strapparsi qualche ciocca.
“Io ti amo” disse ancora, strappando il respiro a Dominique e facendole tremare le gambe.
“Bravo figliolo” sussurrò Draco, sogghignando per il coraggio del figlio maggiore dei Potter. Solo suo figlio poteva gridare una cosa del genere a sua cugina davanti ai propri genitori.
Maledetti geni Potter.
“E non puoi lasciarmi da un giorno all'altro dicendomi che non mi vuoi più. Non puoi e basta” continuò, tendendole la mano come una promessa.
Come una premessa.
“James, ma che stai dicendo?” balbettò Harry, fissando Lily confuso – che uscì da dietro il suo nascondiglio.
“Dominique” la chiamò ancora James, ignorandolo alla grande e fissando la ragazza con occhi supplicanti.
“Sei uno stupido” soffiò Dom, mentre l'ennesima lacrima scivolava via dal suo controllo. Afferrò la sua mano – e si lasciò strattonare tra le sue braccia.
Circondò il suo torace con le braccia, affondò le dita nella schiena – la bocca nel collo e lasciò che il cuore battesse all'unisono con il suo.
“Ma che cazz...” sibilò Harry, prima di interrompersi al suono di un tonfo.
Girarono tutti quanti la testa di scatto e videro Lily torcersi sul pavimento di pietra, quasi in preda ad un attacco di convulsioni.
“Lily!” strillò Scorpius, inginocchiandosi al suo fianco e fissandola terrorizzato.
La vide arcuare la schiena così tanto da alzarsi dal pavimento, quasi fino a spezzarsela ed Harry gemette – ai suoi piedi.
“Ciao stellina”
E la voce non era la sua.
“Brutto pezzo di merda” sibilò Scorpius, fissando Lils con una rabbia dentro che quasi lo divorò; se sarebbe stato lì, davanti agli occhi... lui non avrebbe esitato ad ucciderlo.
Era arrivato ad odiarlo con un'intensità tale da sentirsi male solo a nominarlo e non andava bene: si stava avvelenando da solo.
“Sto solo giocando con le sue stesse carte, tesoro... anche se, devo ammetterlo, possedere questa stronza è più difficile del solito” sibilò con la voce della rossa – ma doppia, quasi maschile.
Gli occhi di Lily si rovesciarono, ma non s'intravide la sclera bianca: era sempre tutto nero. Le sue dita si strinsero così forte da diventare viola.
“Ti rendi conto, vero, che stai possedendo una specie di demone?” sibilò Draco, guardando quello stupido con disprezzo negli occhi grigi.
Lily sorrise perversa e lo fissò, storcendo la bocca in un ghigno infernale.
“Sai, non credevo che una Mezzosangue potesse essere così brava a fare certe cose...” bisbigliò con tono lascivo, fissandolo attraverso le lunga ciglia nere e facendogli attorcigliare le viscere.
No. No. Lui non doveva nemmeno osare nominare Hermione.
Lo uccideva. La uccideva.
“Tu!” ringhiò come un animale ferito, cercando di lanciarsi su quel corpicino e venendo bloccato da un solo braccio di James.
Okay, ora capiva perché Potter junior era un Auror.
“Quella lì non è Diamond, ma Lily e se la colpisci fai del a lei, non a quel porco psicopatico” sibilò con voce rauca, fissandolo così determinato che – per la prima volta in vita sua, oltre la piccola – provò ammirazione per un Potter.
“Non si piegava, quella stronzetta, sapete?” continuò Diamond, mentre le parole di Asteria continuavano a rimbombargli nella testa.
Tu eri così arrabbiato e lei voleva solo salvarti, tesoro; lei voleva che tu sopravvivessi a tutto quello – e che non lasciassi la tua vita nelle mani di qualcuno che non fossi tu.
Lei sapeva che tu non eri cattivo, che dentro te albergava quella luce che nessuno – oltre me e tuo figlio... e lei – ha mai visto.
“Però ho spinto in lei così in profondità che le sue urla si sono sentite fino al villaggio Babbano più vicino a noi” rise diabolico e Draco boccheggiò, spalancando gli occhi fino all'inverosimile.
Tu non ti saresti mai fidato di lei, tesoro e lei voleva solo salvarti.
“Tu farai la sua stessa fine, Diamante”
La voce di Lily si sovrappose a quella di Diamond e tutti quanti sgranarono gli occhi, sperandosi. Ora aveva le mani chiuse a pugno e storceva il collo per cercare di liberarsi... per cercare di riprendere controllo di se stessa.
“Non dimenticare la mia promessa, amore.
Io so cosa si alberga nel tuo cuore – so cosa ti ha spinto a coalizzarti contro di noi.
Mamma e papà non ti hanno voluto, piccolo diamante?” ridacchiò incattivita, mentre quella voce scura si sovrapponeva alla sua e urlava arrabbiata, quasi ferita.
Draco sorrise e Scorpius lo guardò con gli occhi assottigliati.
“No, certo che no.
Mamma e papà non avrebbero mai voluto un mostro come lui al proprio fianco” disse, mentre l'ennesimo urlo portava Lily quasi a rialzarsi dal pavimento.
Ricrollò con la schiena sulla pietra e con gli occhi neri fissò il soffitto, sfinita.
“Non ho mai visto una persona più idiota di lui” soffiò Lily, sorridendo pallida e fissando Scorpius quasi soddisfatta.
“Di che parli?” domandò Harry, aiutandola a sedersi e accarezzandole i capelli rossi.
Lui sapeva cosa significava venire posseduti e sapeva quanto fosse doloroso venire imprigionati in una parte del proprio cervello e lasciare quella persona fare quello che, da lucidi, non avresti mai fatto – nemmeno sotto tortura.
“Quell'idiota si è così concentrato a nascondermi la data di quando avrebbero attaccato che ha lasciato libero tutto il resto del suo cervello” mormorò Lily, attorcigliando le dita a quelle di suo padre e lasciando che Scorpius afferrasse l'altra sua mano.
“So chi è il traditore e chi, invece, può aiutarci” disse la Potter, alzandosi con l'aiuto degli uomini più importanti della sua vita.
“Di che stai parlando?” domandò James, schiarendosi la voce e cercando di riprendere contegno.
Lo stesso contegno che aveva perso per urlare piangendo ti amo a sua cugina, davanti ai suoi genitori.
Oh cazzo.
I suoi genitori. Ora lo ammazzavano.
“Quando andammo a King's Cross per incontrarlo, già sapevo – grazie a papà e tutto il resto – che c'era un traditore a Hogwarts, ma hanno sbagliato. Questa persona non era vicino a Rose, per questo non capivamo mai chi era. Ora so chi è” rise Lily, aggiustandosi la veste nera sul corpo e beccandosi lo sguardo sbigottito di tutti i presenti.
“E chi sarebbe?” si spazientì Draco, trattenendosi dallo azzannarla alla gola per il nervosismo.
Era lei che ti ha salvato, Draco. Non io né qualcun altro, ma lei.
Era lei che ti amava, Draco. Io l'ho fatto solamente dopo... ed era sempre lei che ha lottato per te – con te.
“Chrysanta”
***


“Siamo in piena guerra”
Alice Paciock era alta un metro e quaranta, ma con i suoi tacchi cento e l'espressione combattiva – metteva più ansia lei che un Mangiamorte con tanto di maschera e bacchetta spianata.
Elinor Turner – il capo dei Flower – la guardò con gli occhi verdi ridotti in due fessure, chiedendosi perché diavolo si trovasse chiusa nella stanza delle Necessità con i suoi ragazzi a stare a sentire quella pazza psicopatica.
“E noi che centriamo?” borbottò Abgail, persino più bassa di lei e fissandola con la bocca assottigliata.
“Combatteremo per la Potter” disse Lysander – facendo gli occhioni da cucciolo e facendosi guardare disgustato da Jolie Spinnett, dritta dritta dalla gang di Alice Paciock.
E se l'ape regina era stronza, i suoi seguaci lo erano ancora di più: una decina di Tassorosso che avevano la reputazione più nera della scuola; se Jolie Spinnett aveva messo su un giro di prostituzione ad Hogsmeade, Billie Porter era il suo buttafuori personale – con la sua mole di centoottanta chili e capelli a spazzola.
Poi c'era Nicolas Pattinson, sospeso per aver preso a pugni un Corvonero – che ci aveva provato con la sua ragazza – tanto da mandarlo al San Mungo con le ossa rotte; i due fratelli Alaia, Jakie e Annie, conosciuti per la creazione di alcune droghe in via di sperimentazione.
Poi c'erano Francisco Wayle e Anthony Bridford, i protettori personali di Alice.
“E perché?” mormorò infine Marianne Barrett, la confidente della Paciock – o l'unico essere umano che riuscisse a sopportarla oltre Lysander.
“Perché abbiamo deciso così, ci siamo intesi?” sbraitò Alice, perdendo la pazienza e sclerando come il solito.
“Ma se l'ultima volta che ci abbiamo provato ci hai detto che eravamo un branco di incapaci che andavano incontro alla morte?” sbuffò Destiny, dai Flower, alzando gli occhi al cielo.
Alice sorrise tutta zuccherosa.
“Se schiattate affari vostri, ma entro un mese dovrete essere in grado di fare fatture, disarmare e difendervi... capito?” disse con una vocetta tutta zuccherosa, facendo venire i brividi di disgusto ad entrambi i gruppi.
“Ma perché?” miagolò Marissa Brown, aggiustandosi la treccia avvolta da fiori bianchi e gialli e guardandola con gli occhioni azzurri spalancati.
Alice la fissò da capo a piedi: quella già la odiava perché si era scopata Lysander quando era già nel suo mirino, quindi che le stesse lontana o l'avrebbe azzannata.
La stronza ninfomane.
“Per amor del cielo, ma sei sorda o cosa?” sbraitò, facendosi spuntare corna e coda e facendola nascondere dietro le spalle di Lorcan – che ridacchiò.
“Io ci sto” disse Roxanne, sbracciandosi per dire la sua.
“E tu da dove sei spuntata? Chi ti ha invitato?” urlò la Paciock, quasi assumendo le sembianze di una Banshee.
“Frank” cinguettò Roxie, buttando il ragazzo avanti e facendolo arrossire dalla punta dei capelli fino a quella delle scarpe.
“Sono sempre due combattenti in più, no? Poi Lily ha avvertito anche noi” miagolò con vocina piccina, intenerendo Terence Steeval.
“Sei il benvenuto” disse con tono basso e melodioso, beccandosi un'occhiata da Roxanne che era tutt'altro gentile.
“Ehi, cocca... quello ha il marchio!” sbraitò, sbandierando tutto al vento.
E certo, signori e signore, perché se il marchio era priorità dei maschietti, per Roxanne no. Anche lei metteva il marchio e anche lei menava quando veniva infranto.
“State tutti quanti zitti, caproni che non siete altro!” urlò Alice, spaventandoli tutti quanti e accasciandosi su Lysander – ancora in via di riabilitazione.
“Ammazzami” miagolò, facendogli gli occhioni dolci e beccandosi uno sguardo languido.
Le mancava il sesso, quello violento e in grado di farla urlare i dieci comandamenti al contrario.
“E io come faccio senza di te, poi?” ridacchiò quel bastardo, sciogliendola dall'interno.
Onestamente, se Lily non avesse mandato una missiva a Lysander – spiegandogli che avevano bisogno di un bel po' di studenti che sarebbero stati disposti a combattere ancora una volta – Alice si sarebbe sollazzata nel letto con Lys fino ad anno nuovo.
“Che ne dici se io e te, tra poco, non cacciamo queste bestie da qui dentro e ci dedichiamo un pochetto a noi?” bisbigliò la Paciock, quasi facendo le fusa con quella bocca rossa e gli occhi da cerbiatta.
Lysander sorrise e Frank fece una smorfia.
“Bestia a chi, nana?” sbraitò Elinor, assottigliando gli occhi e fissandola sul piede di guerra.
“Cosa proponi?” bisbigliò Lysander al suo orecchio, accarezzandole un fianco con dolcezza e godendosi il panorama del suo fondoschiena.
Hm.
“Prendo le manette?”
Frank svenne e Roxanne ridacchiò, segnandosi mentalmente di dover comprare delle manette e legarlo a letto, giusto per vedere la sua reazione.
“Femminuccia” sibilò Lorcan, fissandolo dall'alto in basso.
“Ma no, è solo sensibile” rise Roxanne, calciandolo con la punta delle scarpe per constatare se fosse ancora vivo.
“Ragazzi, ci vediamo domani per l'allenamento” soffiò Lysander, lasciandoli tutti quanti con la bocca aperta.
“Ma Lys...” si lamentò Destiny, senza venire ascoltato nemmeno di striscio.
“Buona giornata” cinguettò Alice – mostrando il dito medio a tutti quanti.
Quando anche Roxanne trascinò Frank per la collottola della divisa fuori dalla stanza, Lysander si trovò già Alice aggrappata alle sue spalle intenta a baciarlo.
Gli piaceva il suo modo irruente e irriverente di fare le cose. Lei non si preoccupava di quello che pensavano gli altri, semplicemente faceva quello che voleva fare quando voleva farlo.
E adorava quel lato di lei così strafottente, così ribello e libero.
“Sei una stronza” sussurrò Lysander, frenetico, sbottonandole la camicia velocemente e graffiandole il collo.
“E tu un tossico” rispose Alice, allacciandogli le gambe alla vita e affondandogli le dita nei capelli biondi.
“E sei l'amore” bisbigliò Lys, appoggiandola con la schiena al muro e sbottonandosi velocemente i pantaloni della divisa.
Ah, carne e carne – da quanto sentiva il bisogno di sentirla bruciare contro di sé?
“L'amore mio” sospirò Alice, mentre lui la penetrava improvvisamente e le strappava un gemito.
Poteva anche amarlo all'infinito, se continuava così.
Poteva anche amarlo più del limite, se continuava così.
   
 
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