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Autore: AnyaSlytherin    14/03/2014    0 recensioni
Johnny è un insicuro e tormentato ragazzo del Tennessee che, a causa del lavoro di suo padre, deve trasferirsi da Nashville a New York. Ed è proprio lì che incontra l'amore della sua vita. Ma non tutti gli amori sono facili o possibili. E presto Johnny lo scopre con lei, Alex; Ragazza bulimica, incasinata e completamente folle.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La biologia determina molto il modo in cui viviamo. Dal momento in cui nasciamo, sappiamo come respirare e mangiare; crescendo emergono nuovi istinti: difendiamo il territorio, impariamo a competere, cerchiamo una tana e, cosa più importante di tutte, ci riproduciamo. A volte però la biologia può rivoltarsi contro di noi. Sì, la biologia è una gran rottura a volte.

Mia madre era felice di avere Liam in casa, amava quel bambino, ma come ogni madre, non poteva fare a meno di essere sicura che il suo bambino, ossia io, fosse al sicuro.
- "Liam è un bambino dolcissimo ed è fantastico averlo in casa..." disse.
- "Ma?" chiesi, conoscendola bene.
- "Ma sei sicura che sia tuo viglio? Voglio dire, Amanda si presenta qui, con un bambino, i suoi genitori la cacciano di casa e tu sei la prima persona che le viene in mente? Andiamo, non è strano?"
- "Che stai cercando di dirmi?"
- "Che dovresti fare il test."
- "Mamma!" la rimproverai.
- "Capisco che tu ti sia affezionato a quel bambino, ma non si è mai troppo sicuri nella vita."
- "Hey, io mi fido di Amanda, è una persona stupenda, lo è sempre stata. E se dice che quel bambino è mio, io le credo."
- "Sei giovane e hai tutto il diritto di essere libero. E se quel bambino non fosse tuo? Potresti pentirtene per tutta la vita."
- "Non ho intenzione di lasciare il liceo e di non andare all'università se è a questo che alludi."
- "Non intendevo questo." affermò. "Parlo di Alex." ammise. "Se Amanda ti avesse mentito, avresti perso Alex per nulla. Andiamo Johnny, tu la ami e lei ama te, non mandare solo perché una ragazza che frequentavi un tempo ti dice di essere padre."
- "Se farò il test, e non dico che lo farò, la smetterai?"
- "Se tu farai il test, io la smetterò."

La verità è, che anch'io, come mia madre, avevo i miei dubbi. Ma quel bambino era bello, e quando mi sorrideva tutte le brutte cose svanivano nel nulla. Mi ero così affezionato a quel bambino che mi sentivo persino in colpa a pensare che non fosse mio. Ma realizzai che mia madre aveva ragione. Amavo Alex, e prima che quel bambino entrasse nella mia vita, lei era mia.

Avevo un figlio illegittimo di cui occuparmi e la cosa mi stressava parecchio. Non riuscivo a gestire niente. Scuola, futuro, amore. Nulla. Ma qualcosa la potevo fare, potevo mettere le cose in chiaro, e l'avrei fatto.

A scuola, durante il cambio di classi, mi presentai sfrontatamente dinanzi all'armadietto di Alex, che immersa nei suoi pensieri, non mi notò neanche.
- "Da genitore ho un grosso obbiettivo per mio figlio: non voglio che diventi né un grande dottore, né un grande ingegnere, né tanto meno un grande sportivo. Farò solo di tutto affinché sia una persona felice e, nel mondo dei finti felici, non mi sembra poco." le dissi. "Ma come persona, come ragazzo innamorato di te, Alex, ho un altro obbiettivo: non voglio che tu ti senta tagliata fuori, non voglio che tu vada avanti senza di me, perché, se lo fai, io morirò. Ti amo e questo dovrebbe bastare, perché non so cos'altro fare. E, onestamente, penso che la tua sia solo una scusa per scappare. Bene, hai avuto la scusa e sei scappata. Ma ora sono qui, ad implorarti di amarmi. Mi dispiace, mi dispiace ma non riesco a non amarti, il che è terribile perché io dipendo da te. E' umiliante, è straziante.. ma è così. Io dipendo da te."
Il fatto è che ero solamente stanco di perdere tutte le persone che amavo. Non mi sembrava giusto e sapevo che l'unico che avrebbe potuto cambiare le cose ero io.
- "E' dura quanto ti mancano le persone. Ma, sai, se ti mancano significa che sei stato fortunato. Significa che avevi qualcuno di speciale nella tua vita, qualcuno degno di mancarti. Io avevo te, e tu avevi me. Ti amo, ma se sarai fortunato, dopo il liceo, non mi rivedrai mai più." rispose. "Starò bene da sola, starò… bene.” aggiunse. “Devo andare a lezione." poi andò via.

Tutti vogliamo crescere, vogliamo riuscirci, per afferrare tutte le opportunità possibili, per vivere. Siamo così impegnati a cercare di uscire dal nido che non pensiamo al fatto che farà freddo fuori, davvero un freddo gelido. Perché crescere a volte significa lasciarsi qualcuno alle spalle. E quando ci ritroviamo a camminare con le nostre gambe, dobbiamo camminare da soli.

Ero così scoraggiato dal comportamento di Alex che alla fine mi decisi, feci il test. Non riuscivo a fare a meno di pensare che, se Liam non fosse stato mio figlio, e avrei perso Alex per sempre, non me lo sarei mai perdonato, forse tanto da odiare quel bambino. E per evitare ciò, dovevo scoprire la verità.

Ritirai i risultati del test all'Hospital for Special Surgery il 28 Marzo. Avrei voluto leggerli appena avuti fra le mani, ma non ne ebbi il coraggio. Pensai che se la verità fosse stata brutta, se fosse stata quella che mi aspettavo, non avrei retto. Non da solo.
Tornai a casa e quando mia madre mi vide entrare, con lo sguardo terrorizzato e quella busta fra le mani, fu spaventata quanto me. Forse di più. Tirò un sospiro e con un cenno con la testa mi invitò ad aprire la busta e a leggere il risultato.
Mi sedetti sul divano, e osservavo quella busta come se dentro ci fosse stata una bomba. Mia madre era lì, difronte a me in piedi, che mi guardava impaziente. 
- "Non ce la faccio." le dissi.
- "Vuoi che lo faccia io?" mi chiese.
Le diedi la busta e abbassai lo sguardo, e senza dire una parola tremavo dalla paura.
Lei aprì la busta, prese il foglio fra le mani, lo aprì e poi.... lesse.
- "E' tuo. Liam è tuo figlio." affermò.

Non so dirvi cosa provò esattamente mia madre in quel momento. Forse un senso di rassegnazione nell'essere nonna, o nel fatto che io fossi padre, e non più il suo bambino. In un certo senso, provai sollievo nel sapere che Liam fosse effettivamente mio figlio, ormai amavo quel bambino. Ma amavo anche Alex e, essere padre, non me l'avrebbe mai più fatta riavere.

La stessa sera, diverse ore dopo, Amanda tornò a casa con Liam, la salutai e baciai Liam sulla fronte, poi uscii e andai da Lutos. Era il luogo perfetto per comprendere e realizzare l'analisi dei fatti.
Bevvi un bicchiere di Tequila, solo uno. E, poco più tardi, arrivarono i ragazzi. Alex era con loro. 
Mi salutarono e lasciandomi al bancone si sedettero al loro tavolo. Ma, mentre Alex era in procinto di seguirli...
- "Ho fatto il test." confessai.
Alex si fermò di scatto, ma non si voltò. E neanch'io.
- "Per sapere se..."
- "Si." la interruppi. "Per sapere se Liam è davvero mio figlio. E lo è, è mio figlio e non posso cambiarlo."
Posai il bicchiere che guardavo con insistenza e mi alzai dallo sgabello. Alex si voltò verso di me, ma non riuscì a guardarmi in viso, a guardarmi negli occhi.
- "Ed è una bella cosa?" mi chiese, incerta della mia scelta di fare il test.
- "Alex, io ti amo." le ripetei ancora una volta, ignorando la sua domanda. "Non lo vedi? Non lo capisci? Sei l'amore della mia vita, non posso lasciarti. Ma tu mi lasci continuamente, te ne vai quando vuoi, torni quando vuoi, non lo fai con tutti, non lo fai con i tuoi amici, solo con me. Quindi voglio chiederti, se non vedi un futuro per noi, se non sei coinvolta, ti prego, ti prego, lasciami, perché io non ce la faccio. Metti fine al mio dolore."
Era come se, nonostante tutto, nonostante gli eventi, fossi ancora legato ad Alex, e sentivo che la cosa era reciproca. Non vedevo una rottura in quel momento. Vedevo solo una crisi. Due persone che stavano insieme, che vivevano una crisi. Non vedevo noi due come due persone che si erano lasciate. Solo due persone che si amavano, che stavano insieme, ma che non si guardavano più negli occhi.
- "Sono fuori!" solo questo, disse. Poi andò al tavolo assieme agli altri.

Tornai a casa, e proprio quando pensai che il peggio fosse passato, che il peggio fosse stato Alex che si tirava fuori dal nostro rapporto, le cose, bruscamente e velocemente, peggiorarono.
Entrai in camera mia e sul mio letto trovai i risultati del test, tagliati a pezzettini da mia madre prima di gettarli via. Li guardai confuso non riuscendo a capire. Poi, una voce, mi spiegò.
- "Stavo gettando il tovagliolo con sopra il rigurgito di Liam."
Mi voltai di scatto e sulla soglia della porta vidi Amanda, appoggiata al muro che mi guardava come si guarda uno colpevole di omicidio. "E ho visto questo foglio fatto in mille pezzi... e fra uno di loro c'è ne era uno con la scritta 'risultati'. Così li ho presi, e ho capito."
- "Mi dispiace Amanda, io..."
- "Non sarei dovuta venire qui. Ho sconvolto la tua vita e mi dispiace, quindi mi farò da parte e me ne andrò, con Liam."
- "No, non devi. Il test era solo..."
- "Per essere sicuro di non mandare la tua vita a puttane per niente?"
- "No." risposi.
- "Io e Liam ce la caveremo e tu non dovrai più preoccuparti di niente."
- "Non puoi sparire, lui è mio figlio."
- "Non me lo puoi impedire, legalmente non è ancora tuo figlio e, penso che sia la cosa giusta per entrambi."
- "Come fai a saperlo? Ho sbagliato a non fidarmi di te, ma avevo paura."
- "Anch'io avevo paura quando i miei mi hanno cacciato di casa." osservò.
- "Amanda, ti prego..."
- "Perché dovrei restare?"
- "Perché sei la madre di mio figlio e a te ci tengo."

Per quanto possa sembrare incredibile, Amanda, convinta dalle mie parole, restò. Il giorno dopo, tornato da scuola, c'era qualcosa di diverso. Ma di primo impatto non capii cosa fosse, poi, dopo, capii. 
Andai nella mia stanza e posai il cappotto, e quando andai nella stanza dove Amanda e Liam dormivano, loro non c'erano. Né i vestiti, né il passeggino, né i loro abiti nell'armadio. Se n'era andata. Per sempre.

In casa non c'era nessuno e lei ebbe il tempo di preparare le sue cose e quelle di Liam indisturbata. Mi sentii come se un pezzo di me, un pezzo importante, mi fosse stato strappato via bruscamente e mi fosse stato nascosto. Avevo un figlio, e dopo quel giorno non lo avevo più.
Guardavo la stanza in cui vissero per un po', e non riuscivo più ad immaginarmeli lì.

Improvvisamente, un'altra sorpresa si aggiunse a quella giornata. 
Mentre cercavo di non crollare e di non perdere le staffe, qualcuno mi si presentò alle spalle e inaspettatamente...
- "C'è un motivo per cui ho detto che sarei stata bene da sola." 
Mi voltai e Alex era lì, che ritrattava ciò che aveva detto la sera prima. "Non è perché pensassi che sarei stata felice da sola. Era perché pensavo che se avessi amato un ragazzo e poi fosse finita, potevo non farcela. È più facile stare da soli: Perché se impari che hai bisogno dell'amore, e poi non lo hai, e se ti piace, e ti appoggi ad esso, se fondi la tua vita su di esso e poi... tutto crolla? Potresti sopravvivere ad un dolore del genere? Perdere l'amore è come una lesione fisica, è come morire. L'unica differenza è che la morte è un attimo... e questo? Può andare avanti per sempre." aggiunse. "Ho mentito, non sono fuori dal nostro rapporto. Ci sono talmente dentro che ora sono qui, a supplicarti di non odiarmi. Avevi ragione, è umiliante. Ma non importa, perché sarebbe più umiliante aver rinunciato alla persona che si ama. Per cui, anche se mi odi, anche se ti ho fatto del male, dimentica e amami."
- "Amanda se n'è andata e mi ha portato via Liam." dissi. "Mi dispiace, non posso."
- "Non..." cercò di ripetere le mie ultime parole, per coglierne il significato, che infondo, aveva già capito.
- "Sono fuori."

La biologia dice che noi siamo quel che siamo dalla nascita, che il nostro DNA è inciso nella pietra: immutabile. Però non tutto quello che facciamo è giustificato dal DNA, siamo esseri umani, la vita ci cambia. Sviluppiamo tratti nuovi, difendiamo meno il territorio, smettiamo di competere, impariamo dai nostri errori, affrontiamo le nostre più grandi paure. Nel bene o nel male troviamo il modo di diventare qualcosa di più della biologia. Il rischio, naturalmente, è che si possa cambiare troppo, al punto di non riconoscere più noi stessi. Ritrovare la strada può essere difficile, non c'è né bussola, né mappa. Possiamo solo chiudere gli occhi, fare un passo, e pregare Dio di riuscire ad arrivarci. 

- To be continued.
  
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