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Autore: Valerie Clark    14/03/2014    1 recensioni
Lettere, lettere alla polvere. Lettere alla stessa persona, lettere che non invierò mai. Lettere, sigarette e ricordi di un amore nato morto.
ATTENZIONE: potrebbe restare incompleta, noi due potremmo restare incompleti.
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Su questo letto di rose vestito
 
quattro febbraio duemilatredici
 
Oggi avrei voluto correre da te.
Sì’, ti sarei corsa incontro, sapendo già cosa dire.

“Non ha senso, lo so; lo so, ma ti voglio, ti voglio ora, adesso.
Qui, su questo letto di rose vestito, su questo cuore che ti ha tanto atteso.
Ti voglio e non voglio nessun altro. Ti voglio ogni volta che mi guardi, ogni volta che i tuoi occhi grigi sfociano nei miei; ogni volta che canti sotto la doccia; ogni volta che parli gesticolando; ogni volta che ti muovi goffamente. Perché come ti muovi tu non si muove nessuno. Perché come riesci a portare in giro quella figura non riesce nessuno.
Ti voglio ogni volta che ti vedo e non riesco a trattenermi.
Ti prego prendimi, prendimi adesso; sono tua. Sono tua da sempre, anche quando ero di qualcun altro. Sarò tua per sempre, anche quando sarò di qualcun altro, anche quando non mi vorrai.
Prendimi su questo letto di rose vestito, su questo cuore che ti ha tanto atteso.
Prendimi te, non lasciare che altri mi prendano.”
Questo, questo ti avrei detto oggi. Se solo me ne avessi dato l’occasione.
Non so, forse l’hai fatto ed io non l’ho colta, troppo presa com’ero ad evitare di pensare all’inevitabile. Invece l’inevitabile è accaduto, te ne sei andato. Sei libero.
Libero da questa … cosa, sì, ‘libero da questa cosa’, proprio così. Perché, scusa, come dovrei definire quello che avevamo? Era una cosa, una cosa solo nostra.
Ma oggi non ci riesco a parlarne, non oggi, non dopo che te ne sei andato, non oggi, no, non di questa cosa.

Mi ripeto in testa qualche parola, oggi, oggi che non ti posso parlare di questa cosa.
Lo sai, io scrivo di getto, non penso alle parole, mi fanno paura le parole. E allora oggi, mentre piangevo, mi risuonavano nel cervello queste tre rime. Solo tre rime buttate giù in venticinque secondi, neanche un minuto ho dedicato alla nostra storia.
E tu? Tu quanto tempo hai dedicato, alla nostra storia?
Quanto tempo hai passato a chiederti dove avessimo sbagliato?
Mi hai mai scritto una lettera? Una poesia? Una parola?
Tu mi hai pensato? Mi hai mai pensato alla sera, prima di addormentarti, quando potresti pensare a tutto; hai mai scelto di pensare a me? No, ti prego, non rispondere, non voglio sentire.
...
Sono a mare, ora, adesso, mentre scrivo, all’alba. Te la ricordi l’alba? L’alba che guardavamo insieme, l’alba di cui ci eravamo innamorati; come abbiamo fatto? Come abbiamo fatto ad innamorarci più dell’alba che di una persona? Come abbiamo fatto ad innamorarci più dell’alba che di noi stessi?
Come abbiamo fatto a perderci, se è stato nell’abbraccio dell’alba che ci siamo trovati?

Tu mi avevi tra le dita,
e mi hai lasciato scivolare;
io ti avevo tra i capelli,
uniti come le onde del mare.
Eravamo nelle vene
ma non siamo riusciti ad amare.

Questo amore mi fa male al cuore;
profuma di te e non mi vuole. 
   
 
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