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Autore: grangerous    14/03/2014    6 recensioni
Seguito di Phoenix Song or, Hermione Granger and the HBP. Prima della morte di Dumbledore Hermione e Snape hanno lavorato insieme per un intero anno. Ora, invece, si trovano a dover affrontare degli incarichi molto diversi e complicati.
Genere: Angst, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VII libro alternativo
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- Questa storia fa parte della serie 'Phoenix Trilogy'
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NdT: come sempre, un milione di grazie a silviabella per la beta :)



Capitolo 17

High Tide





Severus fu svegliato nel bel mezzo della notte dal Marchio Nero che bruciava – non il doloroso, selvaggio segnale di un'immediata convocazione, ma lo strano dolore di un altro Mangiamorte che comunicava con il Signore Oscuro. Il panico che ne seguì lo rese quasi incapace di muoversi.

Severus si vestì in fretta. La sua uscita, tramite l'ufficio del preside, scatenò una sequenza di domande dai ritratti presenti.

“Severus?”

“Cos'è successo?”

“Dove stai andando?”

“Sembra che qualcuno abbia catturato Potter,” rispose dalla porta, poi corse con facilità lungo i corridoi vuoti, diretto all'esterno. Era così di fretta che se ne andò prima che il gufo dei Malfoy arrivasse portando un messaggio personale e urgente.

Senza sapere esattamente chi avesse attivato il marchio, si Materializzò a Malfoy Manor. C'erano buone possibilità che lì qualcuno sapesse cosa stava succedendo.

Una sottile figura vestita di bianco gli si lanciò contro a metà del sentiero del giardino e lui sollevò la bacchetta, solo per realizzare che era premuta contro la gola di Jocelyn.

“Sei arrivato!” Singhiozzò con evidente sollievo. “Hanno preso Hermione e zia Bellatrix–”

Severus non aspettò di sentire altro. La sollevò di peso e volò nell'aria, coprendo il terreno che li separava dalla porta principale nel minor tempo possibile.

“Dove?” Chiese mentre toccavano terra.

“Salotto!” Rispose lei, senza fiato e con gli occhi sbarrati.

“Va' di sopra e vestiti il più in fretta possibile; aspettami sulle scale.”

Jocelyn annuì obbediente e corse subito via, i piedi scalzi che facevano capolino da sotto la vestaglia che svolazzava dietro di lei. La scena che si ritrovò davanti era caos puro: Lucius, Bellatrix e Fenrir urlavano l'uno contro l'altro in mezzo a schegge di vetri rotti. Il lampadario aveva rovinato l'arredamento: Granger non si vedeva da nessuna parte.

“Tu!” Urlò Bellatrix all'apparizione di Snape. “Questa è colpa tua!”

“Chiedo scusa?” Disse Severus strascicato, sollevando un sopracciglio derisorio. Tenne a freno la rabbia sotto una fredda barriera di autocontrollo.

“Hai mandato Dobby! So che lavora a Hogwarts!” Degli sputi volarono dalla bocca di Bellatrix.

Dobby?

“Basta, Bella!” Narcissa si diresse verso l'isterica sorella.

“Lasciami andare! Ancora una volta Snape si manifesta al momento più opportuno: ancora una volta Potter è scappato!”

“Sono venuto perché tu hai chiamato,” sogghignò Severus, stendendo leggermente il braccio per evidenziare le parole. “Posso assicurarti che la preoccupazione per la salvezza di Potter è ben lontana dai miei pensieri.”

“Ho detto basta!” Narcissa parlò aspramente. “Il Signore Oscuro arriverà a momenti! Abbiamo bisogno di calmarci.”

Con un'occhiata vendicativa e un po' impaurita verso Severus, Bellatrix si voltò verso Lucius, lasciando a Draco l'opportunità di spingere il suo Capo Casa da parte.

Era un sollievo sentire che tutti e tre i membri del trio erano riusciti a scappare, e quando Lucius scoprì che erano in qualche modo riusciti a portare con loro Ollivander e la Lovegood, lasciando Wormtail morto sulle scale del sotterraneo, Severus provò l'inattesa e improvvisa urgenza di esultare. Fece poco, tuttavia, per alleviare la furia che sentiva verso gli altri eventi della serata.

Bellatrix. Fenrir.

Severus voleva ucciderla. Voleva strappare le membra del licantropo pezzo per pezzo.

Dietro alle sue barriere Occlumantiche giurò di portare vendetta in ogni modo possibile. Bellatrix avrebbe rimpianto le sue azioni e lasciarla allo scontento del Signore Oscuro era il primo ragionevole passo. Il suo arrivo, atteso con terrore, non giunse mai abbastanza in fretta. Senza alcuna sorpresa, Voldemort era furibondo per essere stato chiamato senza ragione e Severus si sforzò di far sì che il suo arrivo tardivo venisse notato – contestando la gestione della situazione da parte di Bellatrix senza esitare

“Ancora una volta la famiglia Black mi ha deluso!” Esclamò Voldemort, gli occhi che brillavano di un terrificante rosso per la rabbia. “La tua presenza qui, Severus, non serve più. Torna a Hogwarts, verrò a trovarti quando avrò finito.”

Severus s'inchinò deferente. “Porterò i ragazzi con me,” commentò. “Seguimi, Draco.”

Era una mossa audace, ma riuscì. Con un'angosciata occhiata verso i suoi genitori, il ragazzo obbedì, seguendo Severus da vicino. Lucius li chiamò entrambi disperatamente mentre se ne andavano, ma Severus non sentì nessuna pietà per l'amico. Per quanto la cosa lo preoccupasse, se Lucius era preparato a ignorare il dichiarato desiderio di Severus nei confronti della Granger, si meritava qualunque punizione il Signore Oscuro potesse dispensare.

Jocelyn, come da istruzioni, stava aspettando nella scalinata di marmo dell'ingresso e Severus Materializzò sia lei che Draco a Hogwarts. Li spinse verso i sotterranei nell'istante in cui arrivarono a scuola. Jocelyn teneva la testa china e si muoveva obbediente. Il ragazzo, invece, esitava.

“Mi hai salvato... di nuovo.”

Severus ghignò. “Sì. Confesso che sta diventando un po' noioso. Cerca di prenderti cura di te stesso in futuro.”

“Non... non li ucciderà, vero?”

“È improbabile.” Aggiunse più gentilmente: “Vai a letto, Draco. Il Signore Oscuro sta arrivando e non voglio vederti fino alla cena di domani.”

“Sì, signore. Grazie, signore.”

Jocelyn gli lanciò una lunga occhiata, seguita da un rigido segno di assenso, poi tirò Draco dietro di sé verso i sotterranei. Severus si diresse verso l'ufficio più in fretta possibile. Lì trovò il gufo dei Malfoy e, troppo tardi per qualunque utilità, lesse la breve lettera.

Venga dai Malfoy immediatamente, Jocelyn, Malfoy-Smith.

Le lettere apertamente infantili della sua scrittura lo colpirono al cuore e, una volta rimandato indietro il gufo, iniziò a camminare nell'ufficio con il piccolo pezzo di pergamena stretto tra le dita. Mandò Phineas da un suo ritratto all'altro; a ogni riapparizione, a Severus scattava il cuore in gola nella speranza di avere notizie, ma non c'era ancora niente. In riposta alle tante domande di Dumbledore, Severus rispose solo che Potter era scappato. Non riusciva a esprimere nient'altro.

La sua mente rilanciava, immagine dopo immagine, Bellatrix che torturava una continua sequenza di vittime, con il viso della Granger sovrapposto a quello del ricordo. Bellatrix tendeva ad essere brutalmente creativa: provava un'indecente, sadica gioia nell'infliggere dolore. Snape immaginò uno dei suoi coltelli attraversare la soffice carne, marchiandola con indelebili, dolorose rune. Vide le mani di Bellatrix strappare i vestiti ed esporre parti private per una pubblica umiliazione. Pensò, troppo vividamente, ai denti gialli di Fenrir e immaginò il respiro fetido del licantropo contro il collo della Granger, prima di mordere la pelle e i muscoli e i tendini, contaminando il suo sangue per sempre.

Neppure la sicura conoscenza che Voldemort stesse punendo i responsabili fu abbastanza per bloccare la marea di immagini orribili. Lo sapeva. Lo aveva visto prima: non c'era una via possibile per negare quanto orribile, quanto dannosa, quanto degradante doveva essere stata l'esperienza.

Severus si sentì male.

Voleva solo tenerla al sicuro: ma ancora una volta aveva fallito.

Era quasi l'alba quando il Marchio Nero bruciò ancora.



*



Severus non era un idiota. Da quando aveva detto – pochi giorni prima – a Voldemort di Grindelwald, sapeva che era solo questione di tempo prima che il Signore Oscuro comparisse per reclamare la bacchetta di Dumbledore. Sperava solo di sopravvivere all'incontro.

Avvalendosi di una torcia dal muro vicino alla porta del castello, Severus camminò verso il cancello e lasciò entrare Voldemort. Tornando su, lungo il terreno e oltre il lago, camminarono insieme. Quando Voldemort lo congedò, Severus tenne il suo sollievo sotto silenzio. Inchinandosi profondamente, voltò la schiena alla terrificante parodia di uomo che Voldemort era diventato e se ne andò.

La novità di non essere ancora morto sostenne Severus durante le diverse ore in compagnia del Signore Oscuro. Dopo aver profanato la tomba di Dumbledore, Voldemort si unì a Severus nell'ufficio del preside e sfoggiò la sua nuova bacchetta davanti al ritratto del vecchio. In altre circostanze, Severus avrebbe trovato un certo macabro umorismo di fronte alla strana farsa che lui e il ritratto erano costretti a recitare, ma con ogni pensiero dietro alle barriere Occlumantiche focalizzato sulla Granger e il suo attuale, sconosciuto, stato di salute, non vedeva l'ora di scoprire qualcosa e si preoccupò per tutto il tempo.

Per quello che ne sapeva, lei stava sanguinando a morte mentre il sole sorgeva, con i due idioti a pasticciare con gli incantesimi di guarigione sul suo corpo disperatamente ferito – mentre lui beveva Whisky Incendiario con il Signore Oscuro.

In seguito non riuscì a capire come aveva fatto ad andare avanti senza rimettere quello che restava della sua cena.



*



Nello stesso momento in cui il Signore Oscuro si Smaterializzò, Severus girò sui tacchi e corse. Fece uno scatto lungo il percorso verso il castello, sotto alla luce del sole del mattino presto, con la toga che si gonfiava dietro di sé. Si precipitò davanti alla scala e rimbalzò sugli avampiedi impaziente, mentre aspettava che il gargoyle all'ingresso del suo ufficio si spostasse. Fece le scale mobili due alla volta. Spalancò la porta con il suo solito botto e attraversò di corsa la stanza. Girando l'ultimo angolo della scrivania scivolò, fermandosi di fronte al ritratto di Dumbledore, la mano sinistra premuta contro la tela.

“Ora, Albus,” ordinò, il respiro affannoso per lo sforzo della folle corsa. “Usa il Deluminatore.”

“Ehm, Severus,” rispose Dumbledore senza muoversi per assecondarlo, “non credo proprio che sia una buona idea.”

“Dico davvero, Albus! Fallo ora!” Rintracciare Hermione avrebbe richiesto ore. Il Deluminatore sarebbe stato molto, molto più veloce.

Dumbledore si tirò indietro leggermente, le sopracciglia unite con una dubbiosa espressione sul viso. “Davvero, Severus! É vitale che non ti vedano o sappiano che stai agendo per conto mio! Nel tuo attuale stato potrebbe essere disastroso!”

Severus afferrò la cornice del quadro di Dumbledore con l'altra mano e la scosse per la frustrazione. Ruggì di rabbia.

“Non ti servirebbe a molto neanche se usasse il Deluminatore,” interruppe Phineas in modo mellifluo. Severus rivolse immediatamente l'attenzione verso di lui. “Sono andati a Shell Cottage e, come sai, è sotto l'Incanto Fidelio.”

“Come lo sai?” Chiese Severus, attraversando la stanza verso la cornice di Phineas. “Cos'hai sentito?”

Phineas alzò le spalle. “L'ho saputo dalla ragazza.”

“Come sta?” C'era un pericoloso tono di disperazione nella voce di Severus.

“Mi sembra stia bene,” rispose Phineas affatto preoccupato. “Sembra sia andata fuori per una passeggiata lungo la spiaggia.”

“Quando?” Teneva stretta la cornice di Phineas e stava stringendo entrambi i bordi saldamente.

“Oh, circa dieci minuti fa–”

Senza aspettare ulteriori informazioni, Severus si mise a correre. Sentì Dumbledore urlare qualcosa dietro di lui, ma non gli diede importanza. Quando raggiunse la scala principale, Severus saltò la balaustra, elevandosi in aria e verso il pavimento. Atterrò solo per aprire la porta principale, poi spiccò il volo un'altra volta.

Nel punto di Materializzazione sparì nel nulla, solo per riapparire sulla spiaggia sotto Shell Cottage. La casa in sé era nascosta alla vista dalle alte scogliere. Severus si Disilluse. Troppo teso per sedersi, troppo accorto per camminare – e forse rischiando di rivelarsi dai conseguenti sbuffi di sabbia – rimase in piedi paralizzato, gli occhi che scattavano da un lato all'altro della spiaggia deserta.

Ci vollero dei lunghi dieci minuti perché la Granger girasse l'angolo. Era fortunatamente da sola e fortunatamente si reggeva in piedi sulle sue stesse gambe. Fece svanire l'incantesimo che lo teneva nascosto, mentre aspettava che la Granger lo notasse. Le viscere si contorsero con un nuovo tipo di ansia.

Lei alzò la testa e lo vide in pochi secondi: quando i loro sguardi s'incontrarono, lei si Smaterializzò.

L'improvviso rumore della sua Smaterializzazione colpì Severus come uno schiaffo e gli occhi si chiusero di colpo. Che cosa ti aspettavi? Si rimproverò Severus. È appena stata torturata dai Mangiamorte. Perché dovrebbe voler parlare con te? La bacchetta contro la sua gola forzò la sua attenzione sul presente facendogli spalancare gli occhi.

Hermione Granger era in piedi di fronte a lui, la bacchetta puntata e un'espressione seria sul viso. La ragazza entusiasta e ingenua, che gli aveva volentieri aperto la porta il giugno precedente, era sparita: al suo posto c'era una solida e sottile guerriera, tutta riflessi e spigoli. Era ancora da sola.

“Granger,” si arrischiò, facendo attenzione che le braccia fossero immobili al suo fianco.

“Snape,” rispose lei. “Mi dia una buona ragione per credere che sia quello che sembra.”

Severus deglutì, facendo scontrare il pomo d'Adamo scomodamente contro la punta della bacchetta. “Nell'Infermeria mi hai chiamato fenice.”

“Non è abbastanza: è quello che ho chiesto l'ultima volta.”

Dopo un momento per pensarci rispose, “Fammi una domanda allora.”

Granger non esitò. “Dove si trova il quartier generale dell'Ordine della Fenice?”

Era una domanda intelligente: nessun dubbio allora che lei fosse chi sembrava essere.

“Il quartier generale dell'Ordine della Fenice,” iniziò, arrivando fino a “si trova,” prima che la Maledizione Incollalingua di Mad-Eye si attivasse e farfugliasse fino a interrompersi, momentaneamente strozzato e incapace di continuare.

Nel momento in cui aveva recuperato il controllo della bocca e del respiro, Granger aveva rinfoderato la sua bacchetta – no, non la sua bacchetta: quella di Bellatrix. La realizzazione fece rabbrividire Severus, anche se fortunatamente la reazione fu nascosta dai movimenti piuttosto violenti generati dalla Maledizione Incollalingua.

“Cosa vuole, Snape?” Chiese con le braccia incrociate.

Da qualche parte negli ultimi mesi aveva perso l'onorifico “professore”. Severus scoprì che non gl'importava affatto.

Per diversi secondi cercò le parole giuste.

Avevo bisogno di vederti.

Volevo essere sicuro che stessi bene.

Io... io... io...

Quanto era ridicolo essere bloccato nella prima persona singolare quando era di lei che era preoccupato.

“Sei stata torturata da Bellatrix,” disse alla fine.

Granger alzò le spalle, con un'espressione dura sul viso. “Quindi?” Chiese.

“E da Fenrir Greyback?”

“Mi ha minacciato,” rispose sprezzante. “Mi ha toccato la guancia, niente di più.”

“Bellatrix,” disse lui ancora, la punta della lingua che scattò fuori per inumidire le labbra, “ti ha tagliata? Ti ha...?” S'interruppe, troppo preso dalla risposta per dar voce alla domanda.

Granger tirò il girocollo della giacca per mostrare una sottile cicatrice rossa, appena guarita. “Mi ha tagliata qui, mi ha graffiato l'orecchio, per il resto Cruciatus.”

Il sollievo ammorbidì subito ogni muscolo del suo corpo e le spalle si abbassarono percettibilmente. Inaspettatamente, il palpabile alleviamento della sua ansia stimolò la rabbia della Granger.

“Pensa che con questo vada tutto bene?” Chiese indignata. Fece un passo verso di lui e gli diede una brusca spinta.

Severus fece un passo indietro per la sorpresa.

“Pensa che non senta la mano di Greyback sulla guancia ogni volta che chiudo gli occhi e cerco di dormire?” Lo spinse ancora, facendo un passo avanti per diminuire la distanza fra loro ancora una volta. “Che non immagini quei denti giallastri affondare nella mia pelle? Non senta il suo alito fetido? Non immagini come sarebbe l'essere violentata? O fatta a pezzi?” Ad ogni domanda lo spingeva e, alla fine, lui inciampò, cadendo all'indietro sulla sabbia.

Lei lo seguì, colpendolo con i pugni contro il petto: le sue domande divennero sempre meno coerenti.

“Non veda l'orribile faccia di Bellatrix dietro le palpebre?” Riuscì a dire, ansimando. “Non mi chieda–”

Severus fu in grado di afferrarle una mano, immobilizzandola contro di lui dove, con suo sgomento, scoppiò a piangere, il viso nascosto tra i vestiti.

Automaticamente, il braccio libero si chiuse intorno a lei. Liberando l'altro, riuscì a fare leva su di sé, così che la Granger gli sedesse sul grembo, piuttosto che rimanere rannicchiata sopra di lui. Una volta che furono in equilibrio, avvolse attorno a lei anche il secondo braccio.

Lei pianse finché le lacrime non passarono attraverso i diversi strati di lana, per raggiungere il suo petto e la tenne stretta senza lamentarsi. Con una mano affondata tra i capelli, e l'altra avvolta intorno alle sue spalle, respirò il suo odore e, in silenzio, la desiderò sana e felice. La gola gli fece male per il senso di colpa.

Dopo quindici minuti buoni, Granger tirò su col naso in modo marcato, le spalle che non tremavano più per i singhiozzi. Le gambe di Severus erano leggermente intorpidite dal suo peso, ma non voleva farla alzare – non prima che avesse detto quello che intendeva dire. Una volta che l'incontrollabile sfogo di lacrime fu terminato, ci fu un improvviso imbarazzo nella loro posizione e Severus fu colpito da un nuovo panico.

“Ti devo delle scuse, Granger.” Aveva la gola chiusa per i lunghi minuti di muta disperazione, ma era in qualche modo facile confessare con la testa di lei sepolta nel petto e i suoi grandi occhi, troppo famigliari, nascosti; mentre si stringeva contro di lei, sopraffatto dalla sua vicinanza e aggrappandosi a lei come a un dono prezioso, fu facile tenersi saldo alla speranza che potesse perdonarlo ancora una volta.

Dalla posa ancora innaturale delle spalle di lei, sapeva che stava ascoltando, anche se non aveva risposto né alzato la testa. Immaginò che i suoi occhi fossero serrati; poteva sentirela tensione dei suoi pugni chiusi, avvolti nelle pieghe della toga.

Si schiarì la gola, fissando la superficie ondulata del mare, e andò avanti. “Diversi Mangiamorte si sono approfittati delle donne imprigionate sotto il regime della legislazione anti-Nati-Babbani.”

Granger non si mosse, eppure sembrò a Severus che si fosse tirata indietro: la sua risposta quasi impercettibile fece contorcere il dolore che aveva nel petto, rendendolo più solido.

“Il Signore Oscuro voleva... voleva ricompensarmi: mi ha offerto una 'Sanguesporco' propria mia. Ho rifiutato.”

Uno dei pugni della Granger si rilassò e appoggiò un palmo fermamente contro il suo petto. Lui lo prese come un segno di sollievo e il suo cuore si afflisse per quello che stava per arrivare.

“Gli ho detto–” Severus deglutì con difficoltà e, quando riuscì a continuare, la sua voce venne fuori come un sussurro. “Gli ho detto che desideravo te.”

Granger trasalì. Tutto il corpo si contorse verso l'interno, le mani, che erano prima distese, si chiusero a pugno e il viso si nascose ancora di più nello sterno di lui. Severus avvertì l'involontario spasmo del suo corpo, fisicamente e psichicamente. Si sentì oltremodo sollevato di non dover assistere alla repulsione che sicuramente le contraeva il viso, come appariva così chiaramente dagli gli altri muscoli.

“Se chiunque altro a parte Bellatrix ti avesse catturata,” continuò lui, determinato a finire il sordido racconto, “sarebbe stato abbastanza per garantire la tua sopravvivenza... Bellatrix, tuttavia, ha poco desiderio di fare qualcosa di buono per me. Temo che tu abbia sofferto l'impatto di una punizione che era contemporaneamente intesa per me.”

Granger si mosse, spingendosi leggermente indietro con le mani, anche se con attenzione cercò di non incontrare il suo sguardo.

“È stata una cosa molto nobile da parte sua, Snape. Grazie.” La voce era resa profonda dalle recenti lacrime. “Davvero, è stata una fortuna che abbia scelto me da interrogare. Ha usato la Legilimanzia nel tentativo di scoprire dove avevamo preso la spada e, se avesse preso uno dei ragazzi, avrebbero opposto poca resistenza a quel tipo d'interrogatorio. Avrebbero potuto o tradirla inavvertitamente.”

Severus non riuscì a districare la mente dall'implicazione delle sue parole: ancora una volta voleva vedere il suo lato migliore.

Senza effetto, lei passò una mano lungo l'area bagnata e spiegazzata che aveva lasciato sui vestiti di lui. “Mi dispiace di aver sfogato la rabbia,” aggiunse, prima che lui potesse riuscire a formulare una risposta al suo primo commento, “ e le mie – mie paure su di lei. Non lo farò più.”

Cercò di alzarsi, goffamente. Severus le porse una mano e lui si alzò in piedi. Mentre il sangue scorreva senza impedimenti verso le gambe, queste gli bruciarono come aghi e spilli. Si sentiva svuotato. Non riusciva a trovare le parole per dirle quanto le sue lacrime e la sua rabbia avevano significato per lui.

“Hai bisogno di un fazzoletto?” Chiese rigidamente.

“No, ehm, ne ho uno dei suoi da qualche parte.” Dopo essere andata a tentoni per un secondo, tirò fuori il suo fazzoletto da una tasca e si soffiò meticolosamente il naso. Guardandosi intorno, imbarazzata, si sedette con una certa attenzione su una delle grandi rocce allineate alla base della scogliera.

Dopo un momento di esitazione Severus si sedette anche lui su una pietra di poco al di sopra. Poteva sentire il vento contro la zona umida lasciata dalle lacrime di lei, ma decise di non asciugarle. Le sue emozioni erano in un tale subbuglio che si sentiva frastornato. Avrebbe dovuto lasciarla tornare al cottage al sicuro, invece afferrò avidamente la possibilità di qualche secondo in più in sua compagnia.

Granger stava piegando il fazzoletto – il suo – in un goffo tentativo di tenere la parte inzuppata all'interno. Aveva il viso rosso e gonfio, ma, ora che gli era visibile, Severus non riusciva a smettere di guardarla: inclinò la testa di lato e la osservò attraverso i capelli.

“La prego, mi dica che la presenza di Jocelyn a Malfoy Manor non ha niente a che fare con il suo essere la... Sanguesporco di qualcuno,” chiese alla fine, fissando l'orizzonte.

“No!” Severus vide le spalle della Granger rilassarsi leggermente di fronte alla sua esplosiva negazione. “Al contrario, ho detto a tutti che era una bastarda di Malfoy e mi hanno creduto – al punto che sono stato in grado di cambiare il suo status di sangue. Al momento sembrava un buon modo per tenerla al sicuro, nascondendola in piena vista nel grembo di una famiglia Mangiamorte...”

Severus prese un profondo respiro.

“Ma mi sbagliavo,” aggiunse con una nuova certezza. “È fin troppo... dannoso per lei avere intorno quel tipo di comportamento. Più tardi scriverò alla Vector e mi farò mandare una Passaporta. Avrei dovuto mandare Jocelyn da Krum dal primo momento.”

“È in contatto con la Vector?” C'era una certa urgenza nella domanda della Granger e Severus sentì un'inconfondibile gelosia di fronte all'interesse che Granger mostrava verso l'altra professoressa.

“Sì. È in Bulgaria con Krum.”

“Sta ancora lavorando alla matrice?”

“Sì, certo.”

“Come posso averne una copia?” La Granger si stava sporgendo ora verso di lui e, capendo cosa aveva acceso il suo interesse, sentì il cuore più leggero.

“In realtà,” disse lui, “sono abbastanza sicuro che intenda darti le informazioni quando riterrà che ne avrai bisogno.” Il ricordo delle sue domande su come contattare la Granger erano fresche nella sua mente.

“Ah,” rispose lei, appoggiandosi di nuovo all'indietro e passandosi in modo assente un'unghia contro al cucitura esterna dei jeans. La sua domanda successiva fu completamente inaspettata. “Riesce a Occludere durante la Cruciatus?”

“No,” rispose lui. “Anche se puoi usare l'Occlumanzia per nascondere pensieri che altrimenti potrebbero essere rivelati.”

La Granger annuì. “È esattamente quello che ho fatto.”

Severus riusciva a capire che c'erano altre domande in ballo e aspettò pazientemente.

“Quanto ci vuole prima prima che i danni... diventino permanenti?”

“Le tue barriere sono cadute?” Chiese in risposta. La Granger scosse la testa. “Allora va tutto bene. Le barriere sono la prima linea di difesa.”

Granger lasciò andare un lungo sospiro e Severus sapeva che l'aveva appena sollevata da una terribile ansia. Qualcosa dentro di lui si contorse dolorosamente.

“Granger,” disse con urgenza. “È cruciale che non usi l'Occlumanzia per nascondere gli eventi di ieri sera.”

Lei girò la testa per guardarlo direttamente.

“Affrontare il ricordo potrebbe essere doloroso, ma se lo nascondi rischi che diventi permanente e potenzialmente pericoloso per un blocco. Anche se dovessi fare dei sogni, non cercare di bloccarli: usa la Pozione Sonno Senza-Sogni se devi – anche se mai per più di una volta alla settimana.”

Sapeva che lei aveva letto il Cvetkovich, ma sotto la pressione di eventi traumatici persino il teorizzatore più informato poteva agire d'impulso.

“Lo so,” disse lei alla fine, voltando lo sguardo per fissare l'oceano. Ci fu un lungo silenzio, interrotto solo dal continuo sciabordio delle onde, dal leggero gorgoglio che facevano mentre si ritiravano dai ciottoli e dalla sabbia sulla battigia.

Severus tirò fuori la bacchetta. “Fammi fare un controllo,” disse. Venne fuori a metà tra un ordine e una richiesta.

“Ne ha fatto uno Fleur–” Di fronte al suo sopracciglio sollevato, il fantasma di un sorriso fece capolino agli angoli della bocca di lei. “Vada avanti, allora, sono sicura che pensa di poter fare un lavoro migliore.”

Severus agitò la bacchetta su di lei, controllando le risultanti linee e colori che ebbero origine brillando, con occhio esperto.

“Cosa diavolo ti è successo alla schiena?” La domanda gli scappò all'improvviso, ma Granger sembrò impassibile di fronte al tono selvaggio della voce.

“Oh, Dobby ha fatto cadere il lampadario sopra di me. Ero incosciente al momento, quindi non me ne sono neanche accorta. Fleur ha rimosso tutti i vetri e trattato le ferite con il dittamo.”

Severus si limitò a grugnire. Era ovvio dalla lettura dell'incantesimo che stava dicendo la verità, ma fece poco per calmare il suo umore agitato. Rinfoderando la bacchetta rovistò in una tasca interna, estraendo diverse fiale di pozioni. “Ecco,” disse con poca grazia, passandole alla Granger.

Lei le prese e diede un'occhiata alle etichette. C'erano un paio di bottigliette di Pozione Sonno Senza-Sogni– “Questa è la forma concentrata,” l'avvertì – una pozione di guarigione generica e un antidoto per i veleni di un verde molto forte. Gli occhi le si spalancarono quando riconobbe l'ultima.

“Grazie,” mormorò. “Allora lo sapeva?”

Lui annuì, guardandola mentre riponeva con attenzione i contenitori di vetro nella tasca della giacca. La domanda successiva fu inaspettata.

“È mai stato,” esitò momentaneamente, lo sguardo appena voltato lontano da lui e perso nell'orizzonte, “è mai stato sotto la Cruciatus?”

“Sì.” Gli occhi di lei scattarono verso di lui per un solo secondo, poi tornarono verso la vista. “Molte volte,” continuò. “A volte persino per mano della stessa Bellatrix.”

“È per questo che ha imparato l'Occlumanzia?”La sua voce aveva una strana intonazione, come se volesse fingere disinvoltura, eppure ogni domanda saltava fuori dalla sua bocca come se non potesse trattenerla.

Era facile rispondere a domande così personali mentre lei non lo guardava direttamente. Era così sottile, si rese conto all'improvviso, e anche se il viso era gonfio per la prolungata sessione di pianto, le linee affilate del viso le rendevano gli occhi troppo grandi rispetto alle ossa delle guance.

“No. Mia madre mi ha insegnato l'Occlumanzia prima d'incontrare Bellatrix.” Stirando le lunghe gambe, mise in bilico il tacco di uno stivale sulla punta dell'altro: la sua circolazione era tornata normale. “Mio padre non era un uomo gentile.”

Granger inalò bruscamente. “Mi spiace,” rispose imbarazzata.

“Non essere ridicola,” scattò. Lei gli rivolse il fantasma di un pallido sorriso.

“Dovrei tornare indietro prima che qualcuno venga a cercarmi,” disse lei.

Severus si alzò subito in piedi. La Granger si alzò più lentamente.

“Probabilmente staremo allo Shell Cottage per qualche settimana,” commentò lei, lo sguardo fisso verso l'orizzonte. Quando Severus non rispose, lei continuò. “Una volta che mi sarò sentita meglio, può darsi che venga a correre qui nella spiaggia la mattina presto.”

Severus aprì la bocca, ma non ne uscì alcun suono.

“Diciamo, sei e mezza. Non credo domani o il giorno dopo, ma poi credo di poter provare a correre tutti i giorni.”

“Nella tua situazione non ti consiglio di correre da sola,” rispose alla fine.

Granger si girò verso di lui. Le braccia erano incrociate ben strette sopra al petto e una ciocca di capelli ricci volò sul suo viso. “Grazie,” – fece una pausa prima di aggiungere impulsivamente, – “grazie Snape, per tutto.”

“Muoviti,” rispose bruscamente, facendo un gesto con la testa verso la scogliera e Shell Cottage. Con un altro fugace, pallido sorriso, se ne andò. Severus la guardò camminare lungo la stretta scala sulla scogliera con uno spiacevole senso di oppressione nel petto. Non si meritava un così facile perdono.

Avrebbe dovuto impegnarsi di più per meritarlo davvero.

*


*


*

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xX__Eli_Sev__Xx: Leggerla dal punto di vista di Hermione è tutta un'altra cosa, qui è descritta veramente in modo molto credibile.

Severus89: Per il cosa succederà quando lo rivedrà penso sarai stata contenta di leggere questo capitolo 17 ;).

Titinina : Sto rivedendo anch'io i film il sabato (per fortuna che è possibile mettere l'audio in inglese!) e sabato ho avuto un po' la stessa reazione. Il modo in cui tutto s'incastra bene con il libro è forse una delle cose migliori, davvero, soprattutto quando le migliora! :)

  
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