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Autore: nefastia    14/03/2014    6 recensioni
Harry aveva capito tutto fin dalla prima volta che Hermione aveva chiamato per nome Draco Malfoy, per loro Malfoy o Malferret, per tacere delle centinaia di appellativi e nomignoli poco cortesi. Mai, assolutamente mai, Draco.
Quindi quando a Hermione, in un attimo di distrazione usci dalle labbra quel nome, Harry capì al volo.
«Herm, scusa se mi intrometto, c’è qualcosa tra te e Malfoy?»
«Non … non direi che ci sia qualcosa … non proprio.»
«Vorrei … mi piacerebbe – le parole non sono mai state la specialità di Harry – Insomma, non voglio impicciarmi in cose che non mi riguardano, ma … Malfoy non è pericoloso, non più come prima, almeno. Sappiamo che la sua famiglia ha seguito la corrente, come al solito e tra qualche mese giureranno di non aver mai conosciuto Voldemort. Non può torturarti e ucciderti, forse, ma penso che sia lo stesso pericoloso per te. In un altro modo.»
«Che vuoi dire?»
«Hermione, lui è un egoista. Tu la persona più generosa e altruista che conosca. Non c’è molto da dire, basta fare due più due. Si approfitterà di te in modo vergognoso.»
«È probabile, in effetti. Sai, Harry, sapere di dover morire non è un buon motivo per suicidarsi. Lui adesso mi fa felice»
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Harry Potter, Lucius Malfoy, Molly Weasley, Ron Weasley | Coppie: Draco/Astoria, Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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18-  Ragione e sentimento

 

 

Venti giorni.

Tre settimane con con quella che avrebbe potuto essere la sua famiglia.

Gli pare di essere qualcun altro. Fuori dei suoi panni abituali e felice di esserlo. I suoi figli sono splendidi, intelligenti e simpatici, si diverte a trovare tutte le somiglianze e si sazia di loro.

I giorni e le notti con Hermione  sono così appaganti che quasi non gli importa di non riuscire ad asciugarsi in bagno o di dormire in un letto stretto, di dividere la tavola con una quantità variabile di sconosciuti e essere preso in giro da tutti i ragazzini della favela.

Superati i primi giorni di eccitazione e meraviglia, scopre un po' di fastidio per le abitudini troppo informali dei bambini. Trova che sia un buon argomento per convincere Hermione a tornare in Inghilterra.

«Non va bene, Hermione, i bambini non stanno crescendo in un ambiente giusto per loro. Dovete tornare. Capisco il tuo orgoglio, capisco che non ti fidi di me, ma devi farlo per loro.»

«Quale sarebbe, secondo te, l’ambiente giusto?»

«Lo sai! Non fare la finta tonta. A Londra potranno frequentare buone scuole e avere un’educazione adeguata.»

«Adeguata a che cosa? Anche qui hanno un’educazione adeguata. Adeguata al luogo in cui vivono. Adeguata ai principi che mi sforzo di trasmettere loro.»

Sono di nuovo a letto insieme. Di nuovo hanno fatto l’amore come se ne andasse della loro stessa vita, per ore. Tra poco sarà l’alba, e loro stanno ancora discutendo.

«Non puoi non prendere nemmeno in considerazione la possibilità di tornare! E se lo farai loro saranno in imbarazzo nella società magica inglese.»

«Ti sbagli, io considero la possibilità di tornare, con o senza di te, ma non adesso. SE succederà, non avranno alcuna necessità di fare vita di società, come dici tu. Se la vorranno, si adegueranno. Sono abbastanza svegli da saperlo fare quando e SE verrà il momento.»

«Hermione», la stringe più forte, «non potrò restare ancora a lungo. Ti prego, torna indietro con me.»

Lei sospira.

«Non posso. Non sono sola, non posso rischiare.»

«Cosa rischi, sentiamo, di essere felice con me?»

«Che razza di presuntuoso!»

«Tu mi ami. Siamo stati insieme per anni e non abbiamo mai smesso di…»

«Di cosa? Di essere felici?» lo dice con un tono sarcastico.

«Perché lo dici con questo tono? Non eri felice con me, prima di Astoria?» Lei sospira e distoglie lo sguardo. «Hermione, guardami. Mi spezzi il cuore, così. Per me tu sei l’unica cosa bella e pulita della mia vita. Se ho un modo per sapere cosa significa la parola serenità lo devo solo a te. Mi sono illuso che tu mi ricambiassi, che sentissi le stesse cose che sentivo io. Mi stai dicendo che non è vero? Che l’unica cosa che credevo autentica invece non lo è?»

Lei tace troppo a lungo. Lui sente il cuore gonfiarsi di amarezza. Ha fatto tutto questo per niente? Che gli rimane adesso?

«Ti ho amato così tanto! So che amore è una parola con cui non sei pronto a confrontarti, ma per me non è così. Io ti ho amato più di ogni altra cosa al mondo, più di quanto abbia mai amato me stessa. Ti ho amato oltre il lecito, oltre ogni sensatezza.» Il tono di lei è triste. «Ti ho amato quando dormivi con me ma continuavi a chiamarmi Sanguesporco e dicevi che tu non potevi amare e non certo “una come me”, che era solo sesso.

Ti ho amato quando mi sono accorta di essere incinta e non sapevo se mi avresti detto “arrangiati, non mi riguarda” o se mi avresti offesa di nuovo dandomi una manciata di soldi. Ti ho amato da morire quando sei rimasto con me, durante la gravidanza, non l’avrei mai creduto.

Ti ho amato anche quando sei sparito senza dire niente. Ho saputo dai giornali cos’era successo. Avevo immaginato che tenessi abbastanza a me e a quella che chiamavi tua figlia per mandarmi almeno un biglietto. Non l’hai mai fatto e io ti ho amato lo stesso.

Ti ho amato dopo aver perso molte delle illusioni che mi ero fatta su di te. Ti ho amato anche quando ho capito che per te non saremmo mai state niente di più che un hobby. Qualcosa che serve solo a rilassarti, che rende più gradevoli le tue giornate ma che non ha niente a che fare con la tua vita vera.

Ti ho amato quando sono stata costretta a lasciarti. Perché mettendo al mondo Eltanin mi sono presa delle responsabilità verso di lei e non potevo trascinarla con me in una vita indegna di essere vissuta.

Ma non chiedermi se sono stata felice. Tu lo saresti stato, al mio posto? Saresti stato felice di essere solo una comoda ruota di scorta per la persona che per te era la più importante al mondo? Saresti stato felice di sapere che quella persona si vergognava di te e che non sarebbe mai stata al tuo fianco, che avresti avuto niente di più che i rimasugli del suo tempo e della sua attenzione. Per sempre. Dimmi, saresti stato felice?»

«Mi stai dicendo che io ti ho reso infelice? Che hai sofferto per colpa mia?»

«La mia felicità con te era solo attimi. Come adesso. Sono felice di essere nello stesso letto con te, di stringerti, di sentire la tua pelle sulla mia. Ma una vita felice è un’altra cosa. Forse meno eccitante, non è splendida come gli attimi meravigliosi che illuminano lo squallore che li circonda. Una vita felice è quella in cui quello che fai corrisponde a quello che sei, in cui ti senti accettata e amata e ami e sei in armonia con quelli che ti sono vicini e con il mondo. È quella in cui ti senti semplicemente al tuo posto. Io sono stata felice, un tempo, ricordo com’era. E non somigliava a quello che provavo stando con te.»

«Non mi ami più?» Deglutisce, incerto.

«Amarti è un vizio talmente radicato in me che non credo lo perderò mai. Continuerò ad amarti. Ma da lontano fa un po’ meno male.»

Lui la lascia andare e le volta le spalle.

Com’è possibile? Ogni volta che incontrava il suo sguardo era sempre così sereno, così caldo! Sembrava contenta ogni volta che lo vedeva arrivare. Possibile che fosse così dolce, così appassionata e infelice? Perché non lo rimproverava, allora? Perché non gli aveva mai rinfacciato le sue colpe?

«Aiutami a capire, tu eri infelice per colpa mia e non mi hai mai rimproverato nulla!»

«A che sarebbe servito, a farti stare male? No, nemmeno quello, non credo, forse solo a innervosirti. Tu non eri capace di farmi felice e io non lo potevo pretendere. Hai presente, sangue dalle rape…»

«Che stai dicendo? Io ti ho dato tutto quello che potevo e se solo l’avessi accettato avrei potuto darti molto di più.»

«Stiamo parlando di due cose diverse. Cosa c’entra la felicità con quello che tu avresti voluto darmi? Credi che la tua collana di diamanti avrebbe potuto farmi felice? O venire con te in vacanza in un posto di lusso?»

«Magari se fossi stata più sincera avrei capito di cosa avevi bisogno!»

«Avrei dovuto dirti che per me era offensivo il tuo vergognarti di me. Che trovavo il tuo comportamento razzista assolutamente idiota. Che avrei voluto essere la tua donna alla luce del sole. Davvero avevi bisogno che te lo dicessi io? Sarebbe cambiato qualcosa se te lo avessi detto ogni giorno?»

«Lo sai che non potevo.»

«Non continuare a raccontarti balle, sei troppo grande per certe sciocchezze. Semplicemente una vera relazione con me, l'amore, era in contrasto con le tue idee sul sangue puro e sul tuo ruolo sociale.

Hai avuto una figlia, hai detto che tenevi a lei, ancora adesso sei qui a rivendicarla come tua, ma per te è stata sempre una bastarda mezzosangue, solo dopo tua figlia. Se l’avessi amata come si ama una figlia lei sarebbe stata la tua prima preoccupazione, invece la tua UNICA preoccupazione è sempre stata te stesso.» Adesso è decisamente alterata. Non sopporta che, dopo tutto quello che ha passato, dopo che l’ha cercata letteralmente fino in capo al mondo, sia ancora così attaccato alle balle che si è raccontato per tutta la vita. Non sopporta che tutto quello che hanno fatto, sia lei che lui, quattro anni, essersi ritrovati fortunosamente, non sia servito a niente perché LUI non è cambiato di una virgola. «Hai creduto senza farti domande a tutto quello che tuo padre ti ha detto: che la cosa più importante della tua vita è il tuo dovere verso la dinastia di maghi che tu chiami famiglia, che il tuo posto nel mondo è già stabilito, che non puoi decidere nulla. Tu hai preso tutto il pacchetto per buono, senza dubitare un attimo, senza chiederti se non avresti potuto cambiare qualche piccola cosa per stare meglio. Quando il tuo cuore ti ha detto qualcosa di diverso non hai fatto altro che nasconderlo sotto il tappeto.

ME, hai nascosto ME sotto il tappeto, come spazzatura, troppo pigro per buttarla via come avresti dovuto, secondo la tua morale purosangue.»

Si è alzata dal letto e si è infilata in un camicione giallo. Porta sempre questi colori assurdi. Lui la guarda e non può fare a meno di pensare che somiglia al sole. Anche se è arrabbiato con lei.

«È questo? Questo hai pensato di me per tutti questi anni? Io credevo che tu mi capissi, che fossi capace di metterti nei miei panni e che avessi accettato la situazione per amor mio.»

«Certo che avevo accettato. Mi ero accontentata. IO ho fatto una scelta, ho scelto di avere il poco che potevo da te e farmelo bastare.»

«Allora perché sei scappata?»

«Ma sei proprio ottuso! Possibile che tu non riesca a vedere le conseguenze di quello che mi hai chiesto? Oltre a moltiplicare la mia sofferenza e la mia umiliazione, e ti assicuro che sopportare già non era facile prima, la situazione era assolutamente inaccettabile per Eltanin!»

«Credi davvero che sia meglio così, non sa nemmeno chi è suo padre, pensa cose terribili di me!»

«Se fossi rimasta avrebbe pensato molto peggio di così e a ragion veduta.

Ma la cosa davvero inaccettabile è che avrebbe pensato male di SÉ. Si sarebbe sempre chiesta perché non era degna di essere tua figlia.

Certo, tu avresti potuto sempre spiegarglielo! Mezzosangue, bastarda, femmina. OVVIAMENTE indegna.»

«Non l'ho mai detto!»

«Oh, sì che lo hai detto: lei non può essere la tua erede perché è bastarda, femmina e mezzosangue? Ho capito male?»

«Ma quello è un dato di fatto, non c’entra con l’affetto che…»

«Ma è il motivo per cui non sarebbe mai stata tua figlia alla luce del sole, è la ragione per cui ritieni di dover concepire un figlio migliore con una della tua razza.

Per me l’indegno sei tu. Tu non sei degno di essere suo padre. Un padre accetta i suoi figli e li ama senza condizioni, un padre vive per i suoi figli. Io so cos’è un padre, ne ho avuto uno.» Draco sente un pugno nello stomaco a quelle parole. «E dato che non lo sei, ne approfitto per non farle sapere, o almeno farle sapere più tardi possibile di che materia è fatta. Non è detto che crescendo in modo più sano di quanto abbia fatto tu non si salvi dal tuo destino di ignavo, incapace di fare altro che chinare la testa e lasciare che altri decidano della sua vita.»

«Come ti permetti? Chi ti dà la faccia tosta di dire questo di me? Credi di essere migliore?»

«Probabilmente sì. In ogni caso sono l’unico genitore che abbiano i miei figli, quindi decido come credo meglio per loro.»

«Vedo che ho commesso un grosso errore a venire fino a qui.»

«Londra la ritrovi da solo, vero?»

«Sei una stronza! Non lo so perché ti ho cercata così tanto, non lo so perché ho rinunciato a tutto per te!»

«Beh, io per te non ho rinunciato a niente perché lo dovresti fare tu?» un tono pesantemente ironico.

«Ti libero immediatamente della mia presenza, così puoi stare meglio. Trovati qualcuno da queste parti, qualcuno a cui non faccia schifo prendersi i miei avanzi!»

«Ti stai dimenticando i bastardi mezzosangue! Anche quelli non dovranno fargli schifo. Ma sai, da queste parti c’è gente di bocca buona, non pretendono molto, dei figli sani, belli e intelligenti sono ritenuti all’altezza, anche se non hanno sangue puro da ventisei generazioni.»

Draco boccheggia. Per un attimo si fa buio.

Che sta facendo? Non vuole davvero rinunciare a lei, ai figli che incomincia appena a conoscere. È solo arrabbiato, offeso.

Credeva di averle dato qualcosa e lei gli sta dicendo che le ha tolto tutto.

In cambio di qualcosa di scadente e vergognoso.

La cosa più bella della sua vita è una relazione scadente e vergognosa, lui è scadente e vergognoso. I suoi figli devono essere difesi dalla consapevolezza di averlo per padre, perché è materiale scadente.

Come si permette?

Il purosangue superbo ha un rigurgito di orgoglio.

«Molto bene. Quindi non mi devo preoccupare per te. Posso pure tornare alla mia squallida vita di indegno purosangue.»

«L'avresti fatto comunque. Non l’hai mai lasciata, quella vita. E in fondo te la meriti.»

 

*****

 

È rimasto fuori di casa. Non ha il coraggio di allontanarsi, spera di vederla ancora, di vedere i suoi figli, a cui ha rinunciato due ore fa.

Invisibile. Di nuovo e per sempre.

Ha telefonato all’aeroporto, alla società dei taxi, la sua macchina a nolo è stata restituita da parecchi giorni, non sapeva che farsene.

La sua borsa con dentro due cambi è ai suoi piedi. Seduto su un tronco, utilizzato come una panchina, non perde d’occhio la porta.

L’ha vista uscire con la borsa e avviarsi verso la favela. È rientrata dopo mezz’ora.

Eltanin è uscita e gli si è avvicinata.

«Palmito Dragão! Già parti?»

«Sì.»

«Quando torni?»

«Non lo so.»

«Oh! Non vuoi tornare?»

La guarda, la mangia con gli occhi. Non la vedrà più. Sua figlia, bella sana e intelligente. Sua figlia che non saprà mai chi è suo padre. Perché se lo sapesse si vergognerebbe di lui. Sua figlia che crescerà lontano. Invisibile.

«Dove vai?»

«A prendere i manghi per Imaculada.»

«Non ti arrampicherai mica su quell’albero?»

«No, io sono fortunata, i manghi mi cadono in mano.» Ride come di una battuta divertente.

«Dove sono i tuoi fratelli?»

«Stanno ancora mangiando, quei due porcellini. Tra poco usciranno.»

«E tua madre?»

«Oggi non va in città. Peccato.»

«Perché peccato?»

«Beh, porta sempre a casa bei soldi quando ha l’ambulatorio ricco.»

Draco si dà dell’idiota. Eltanin aveva detto qualcosa sul fatto che erano senza soldi e lui è rimasto lì per settimane senza offrirsi di pagare qualcosa.

Adesso è troppo tardi. Dopo la scena di poche ore prima offrirle dei soldi sarebbe come minimo imprudente.

Eltanin si è allontanata, lui si volta a guardare, ha paura di essere stato preso in giro e che lei si arrampichi davvero sull’albero con il rischio di farsi male. Pensa che è stupido da parte sua, dato che da oggi in poi non avrà più alcun modo di vegliare su di lei.

Tra le fronde dei limoni vede Eltanin a naso all’aria, i manghi cadono davvero nella sua mano tesa. Come per un perfetto Accio.

Anche questo. Se mai avesse avuto un dubbio in proposito, adesso è certo che sarà una strega potente.

Vede uscire i gemelli. Rodrigo gli si avvicina con un sorriso un po’ timido, Remedios gli getta un’occhiata da perfetta civetta serpeverde. Sono identici a lui, nell’aspetto, ma il maschio è un grifondoro.  Gli viene da ridere. Ha un figlio grifondoro nato. Che si deve aspettare se l’ha generato con una…

Gli viene di nuovo quel groppo alla gola. Ha generato tre figli che non saranno mai suoi, con una donna meravigliosa.

Che non è sua. Che lo ama ma che lui non è capace di prendere per sé.

Inutile pensarci.

Però c’è un modo per farle avere dei soldi. Almeno quello.

Si alza e si avvia verso la cucina.

«Hermione, c’è una piccola questione di cui vorrei parlarti. Non riguarda noi, tranquilla. Credo che ci siamo detti tutto quello che c’era da dire.»

«Di che si tratta?»

«La questione delle foto pubblicitarie. Mi domandavo se saresti disposta a farle comunque. Il compenso mi pare che fosse già stabilito, vero?»

«Non mi pare il caso. Lascia perdere. Prendi il primo volo e dimenticati di noi.»

«Questo non avverrà, lo sai. In ogni caso questa faccenda non c’entra. I gemelli sono perfetti per questo, non sono stati trovati altri adatti. Ovviamente tutte le tue condizioni saranno rispettate.»

Lei siede e appoggia i gomiti sul tavolo e la fronte sul palmo delle mani. Respira cercando di raggiungere la calma che insegue da ore. Da quando ha chiuso per sempre la porta in faccia all’unico uomo che abbia mai amato.

«Non riesco a pensarci adesso, scusami.» Un respiro profondo. «Quando sarebbe questa cosa?»

«Non lo so. Tra qualche settimana,forse. Non sono io a farlo, è un’agenzia pubblicitaria.»

«Ma lavorano per te.»

«A dire il vero per una società di assicurazioni di mia proprietà.»

«Mmm. Fammi chiamare. Lascia passare qualche giorno, per favore. In questo momento non sono capace di ragionare tanto lucidamente.»

«Hermione…» le si avvicina, vorrebbe toccarla.

Forse non è tutto perduto.

Lei lo ferma con un gesto.

«Va via, è meglio.»

 

*****

 

Sale le scale di quella casa vuota come se portasse un peso enorme sulle spalle.

Gli pare di aver perso tutto.

Non ha più rispetto, ruolo sociale, orgoglio purosangue. È riuscito a farne a meno per quattro anni, ma aveva la speranza di ritrovare lei.

Non ha più nemmeno quella. Oltre a quello che prima considerava la sua vita ha perduto anche il futuro che desiderava, con la donna che, cazzo, sì, la donna che ama. I suoi figli.

È ora di smetterla di comportarsi da idiota. Così idiota da aver paura delle parole. Così idiota da riuscire a perdere tutto. Quando consente a se stesso di pensare che l'amore non è una leggenda, è quello che sente, che lui ama Hermione e i suoi figli e che li ha perduti per sempre, il dolore lo strangola.

Si ferma sulle scale, incapace di muovere i piedi.

E adesso?

Raggiunge a fatica la camera, posa a terra la borsa senza toglierne il contenuto. Chiama gli elfi e chiede la cena. O quello che è. Non ha nemmeno guardato l’orologio. Mangerà qualcosa e andrà a dormire. Si sente un vecchio, uno che non ha più nulla da sperare dalla vita.

Mentre si sveste, un gufo picchietta alla finestra della camera. Non lo conosce.

Apre la finestra e prende la missiva, lasciando all’elfo l'incombenza di rifocillare la bestia.

Riconosce subito la calligrafia di suo padre. La rabbia lo coglie, irrazionale, come se fosse lui l’unico colpevole dei suoi fallimenti.

Poi si preoccupa, se lo cerca dopo quattro anni, potrebbe esserci un motivo serio.

Lui lo convoca senza mezzi termini.

Se non è morto finora, non morirà, probabilmente nelle prossime venti ore. Scrive che passerà al Manor domani mattina e invia il biglietto con lo stesso gufo.

Si infila a letto e beve una pozione “Sonno senza sogni”. Sa che non riuscirebbe mai a dormire, altrimenti.

 

 

 

 

 

Ragione e sentimento: la famosissima Austen ha colpito ancora. “Orgoglio e Pregiudizio” potrebbe aver stufato anche quelli che non l’hanno mai letto (e penso siano parecchi), ma anche questo è abbastanza noto. Tra l’altro una delle due protagoniste, secondo me, somiglia parecchio a Hermione.

   
 
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