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Autore: KikiShadow93    14/03/2014    11 recensioni
Durante una tranquilla giornata di navigazione, Barbabianca e la sua famiglia trovano qualcosa di incredibile in mare: una bambina, di cui però ignorano la vera natura.
Decidono di tenerla, di crescerla in mezzo a loro, ovviamente inconsapevoli delle complicazioni che questa scelta porterà, in particolar modo per l'arrogante Fenice.
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciurma di Barbabianca, Marco, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un'allegra combriccola di mostri.'
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Piccola avvertenza: spero che questo capitolo vi strappi un sorriso e che non mi tiriate delle scarpate in faccia (anche se a dividerci c'è uno schermo sono sicura che la cosa sarebbe assai fattibile).
Comunque la “prima parte” ad un certo punto sarà divisa tra le cose che fa Akemi e quelle che invece fa Ace, i loro pensieri e tutto il resto. Poi si riuniranno e li il titolo del capitolo prenderà significato. Spero che vi piaccia!

PS: Yellow Canadair, spero tanto che questa mia malsana idea possa piacerti... anche se non sarà una cosa molto romantica e non ho messo il personaggio che "speravi" :P

 

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Dopo tre ore e quarantasette minuti di lunga navigazione, Ace e Akemi sono finalmente sbarcati sull'isola chiamata Dejima*. Un'isola piccola e tranquilla, in cui la marina non va praticamente mai. In realtà ci vanno poco anche i pirati perché non ha molto da offrire, e proprio per questo è considerata l'isola in assoluto più tranquilla di tutto il Nuovo Mondo.
«Non ne avevo mai sentito parlare.» afferma Ace, camminando calmo per il piccolo molo dove hanno ormeggiato lo striker.
«Adesso si.» risponde sorridendogli Akemi, indicando poi l'imbarcazione alle loro spalle «Non potevi scegliere qualcosa di meglio, comunque? Ho la schiena e il sedere a pezzi!» si lamenta facendolo ridere, massaggiandosi distrattamente il fondo schiena. Stare appollaiata in cima alla piccola imbarcazione, in effetti, non è tanto comodo.
«Se continui a lamentarti ti mollo qui!»
«Non oseresti.» sibila fingendosi offesa, incrociando le braccia al petto e superandolo con passo sicuro, tenendo il mento alto e gli occhi semichiusi.
«Vogliamo vedere?» controbatte Ace senza nascondere un certo divertimento, raggiungendola e superandola senza esitazioni, dandole però prima una lieve spallata.
Akemi gli corre subito dietro, saltandogli sulle spalle e stringendogli le braccia attorno al collo «E dopo come faresti senza di me?»
«Un modo lo troverei, non temere.» ridacchia in risposta, mettendole le mani dietro le ginocchia per sorreggerla, continuando a camminare in tutta tranquillità «Che ne dici se ci troviamo una stanza, ci riposiamo un'oretta, mangiamo qualcosa e poi si va a prendere tutta la roba che ti serve?»
Akemi annuisce convinta, poggiando il mento sulla sua spalla, guardandosi attorno con sguardo meravigliato. Le piace quel posto: è curato, calmo, pacifico. Ogni cosa, anche la più insignificante, le trasmette un forte senso di serenità.
Serenità che però va a farsi friggere non appena i suoi dolci occhioni di ghiaccio incrociano la prima vetrina, allestita in maniera impeccabile e assai invitante.
«Guarda che bel vestito!» urla agitandosi sulle sue spalle, puntando il dito verso un lungo vestito bianco con un profondo scollo, impreziosito da piccole pietre che ne seguono il contorno «Dopo lo provo sicuramente!»
«Tu mi hai trascinato fino a qui solo per dei vestiti?» domanda vagamente disturbato Ace, guardandola in cagnesco.
«No.» risponde secca Akemi, incrociando i suoi occhi e sorridendogli con aria furbetta «Anche per scarpe, gioielli, occhiali, sciarpe, cappelli, trucchi-»
«Vaffanculo.» ringhia a denti stretti, notando dopo pochi passi una piccola pensione, verso la quale si dirige immediatamente a grandi falcate. In fondo è in centro e pure vicina a quella che sembra essere una locanda niente male... meglio di così!
Non appena entrano gli sguardi dei presenti saettano immediatamente su di loro, ma giusto per pochi secondi. A Dejima la gente è tranquilla e pacifica, e l'arrivo di un paio di pirati non gli fa né caldo né freddo, anche se fanno parte della più temuta ciurma di tutti i mari e uno dei due ha una taglia di 550.000.000 che gli pende sulla testa.
«Prendiamo una o due stanze?» domanda Ace mettendo la ragazza a terra, dirigendosi verso la direzione in tutta tranquillità, inconsapevole di quanto quella domanda gli si ritorcerà contro.
«Facciamo una. I soldi ci serviranno per le spese e per stasera!» afferma convinta Akemi, sorridendogli raggiante.
«Ma quanto siamo allegre!»
«Perché la cosa sembra sorprenderti?» domanda incerta, inarcando un sopracciglio e osservandolo attentamente.
«Ma, sai... siamo lontani dalla nave, da Marco...» afferma fingendosi sovrappensiero Pugno di Fuoco, non riuscendo a trattenere un sorrisetto.
«E questo dovrebbe influire in qualche modo sul mio umore?» si finge completamente indifferente alla sua affermazione, ma in realtà è assai preoccupata. Non può permettersi di far trapelare qualcosa! È già troppo il fatto che Halta sappia.
«Pensi che sia cieco, ragazzina?» le domanda sarcastico, afferrando la chiave che una vecchietta pressoché sorda gli allunga con la mano che trema per via della vecchiaia, senza staccare neanche per un secondo gli occhi dalla stropicciata rivista che tiene quasi attaccata alla faccia.
«Guarda che ho visto come lo guardi! Poi anche ieri sera eravate soli soletti sulla caffa... no, via. Ti piace!» afferma più che convinto, facendola ridere forte.
«Certo che ne hai di fantasia, zolfanello caro.» lo sfotte cercando di tornare seria, quasi correndo su per le scale per arrivare alla loro stanza e potersi così buttare a peso morto su quello che spera sia un comodo letto.
«Non me la dai a bere, a me!» insiste, correndole dietro «Poi perché mai vai prima di me?! La chiave ce l'ho io!»
Pure lui, esattamente come succede a tutti quelli che ci stanno troppo a stretto contatto, si ritrova a comportarsi in modo più infantile del solito, tanto da mettersi a correre per lo stretto corridoio sventolando la chiave in aria.
Quando finalmente si decide ad aprire la porta, Akemi si fionda dentro la stanza senza tante cerimonie.
È arredata in modo semplice: un divanetto al centro della stanza, davanti alla quale è posto un tavolino basso su cui è poggiato un vaso con dei fiori ormai secchi e, accanto alla porta del bagno, un grande letto matrimoniale con delle lenzuola bianche, affiancato da una piccola cassettiera.
«Non sarà il massimo, ma direi che può andare, mh?» domanda Ace sorridendole allegro mentre butta a terra la sacca che fino a quel momento aveva tenuto in spalla.
«Va benissimo.» Akemi, senza esitazioni, si butta a peso morto sul letto, chiudendo gli occhi e sospirando forte «Il letto è comodo.»
«Morbido?»
Akemi annuisce, girando la testa verso di lui e sorridendogli dolcemente, per poi portarsi le mani al collo e tirando verso l'alto la catenella che fino a quel momento aveva tenuto nascosta, da cui pende il medaglione che trovò tempo addietro.
Ace lo nota e, dopo essersi sdraiato al suo fianco, glielo sfila di mano, guardandolo con attenzione. Ha un'aria antica e stranamente potente, con quella piccola pietra rossa dall'aria pregiata e ipnotica.
«Come mai te lo sei messo?» le domanda realmente incuriosito, cercando i suoi occhi che però continuano a fissare il curioso ciondolo.
«Così, mi andava.» risponde semplicemente, sfilandoglielo di mano prima di alzarsi e stiracchiarsi «Senti, io vado a farmi una doccia. Dopo scendiamo a mangiare qualcosa, ok?»
Ace ha sentito giusto la parola mangiare di tutto quello che ha detto, troppo preso dal fissarla imbambolato mentre si spoglia di fronte a lui, rimanendo in intimo. La osserva in tutti i suoi movimenti, simili a quelli di una pantera. Osserva quel corpo snello e slanciato, le gambe lunghe e muscolose, bianche come il latte. Osserva il suo viso riflesso nello specchio posto di fronte a lei, il viso di un angelo maledetto con gli occhi di ghiaccio.
Dentro sta conducendo una dura lotta: la parte razionale della sua mente gli dice di distogliere lo sguardo, di smettere di eccitarsi per sua sorella, mentre quella irrazionale gli urla di spogliarsi a sua volta e di raggiungerla sotto la doccia, mandando a puttane il loro tenero rapporto di amicizia.
Questa dura lotta, però, non ha vincitori: Akemi infatti si è chiusa a chiave in bagno senza badare a lui neanche per mezzo secondo, lasciandolo così da solo a calmarsi.
'Ok, ragioniamo un secondo: è Akemi, siamo compagni di ciurma, fratelli praticamente... se facessi qualcosa, rovinerei tutto, no?'
In realtà non ne è per niente convinto. Neanche una sola cellula del suo corpo è convinta di quel pensiero, ma anzi è certa che qualcosa si possa fare. Eccome.
In fondo non sarebbe la prima volta che sente di cose simili. Sono tanti i casi in cui due componenti della stessa ciurma se la spassavano insieme senza tanti problemi, e mai nessuno se ne è lamentato. C'è da prendere in considerazione, però, che nessuna di quelle ciurme aveva come capitano Edward Newgate.
'Mi staccherebbe la testa di netto!'
Si passa le mani sul volto, ulteriormente combattuto, giungendo infine ad una semplice e assai ragionevole conclusione.
'Io non farò niente. Assolutamente niente. Se sarà lei a cercare me, bene, sennò va bene così.'

«Si può sapere che ti prende, Ace?»
Il comandante alza gli occhi dal piatto ormai vuoto di fronte a sé, incrociando con aria dubbiosa gli occhi della minore.
«Da quando siamo scesi a mangiare non hai aperto bocca.» constata Akemi, bevendo un piccolo sorso d'acqua fresca per sciacquarsi la bocca «Che è successo?»
«Sono solo un po' stanco.»
«So che non mi stai dicendo tutta la verità, Ace... ma non ho alcuna intenzione di pressarti per farti parlare.»
«Brava.» sorride appena, Ace, lasciando vagare lo sguardo per la piccola mensa della pensione, dove bivaccano una decina di persone, tutte abbastanza in là con l'età.
«Andiamo a fare spese?» domanda speranzosa Akemi, sorridendogli in modo raggiante, incurante degli sguardi colmi di bile che i presenti le lanciano alla vista dei suoi bizzarri denti.
Pure Ace non se ne rende conto, troppo sgomento all'idea di essere trascinato di negozio in negozio per badarci «Andiamo...»
Akemi non se lo fa ripetere due volte e, dopo averlo afferrato saldamente per un polso, scatta in piedi e corre verso l'uscita, più che intenzionata a comprare tutto quello che può. Certo, i fondi non sono molti, ma sono più che sufficienti per farsi un guardaroba decente.
Cammina per le strade della tranquilla cittadina mano nella mano con Ace, guardando con attenzione le vetrine per scegliere quale sarà il primo negozio, optando infine per quello con i vestiti più semplici e, probabilmente, economici.
Entrano dentro tranquilli, venendo cordialmente salutati dalla commessa che sta al bancone, una donna sui quaranta dall'aria amichevole.
«Posso esservi utile?» domanda gentilmente, facendo loro un dolce sorriso.
«Diamo un occhiata in giro, se non è un problema.» risponde con una certa incertezza Akemi, abbozzando un sorriso, mentre Ace prega silenziosamente ogni divinità conosciuta affinché avvenga una catastrofe naturale che lo salvi da quell'ingiusta tortura.
«Certamente! Se avete bisogno di qualcosa non esitate a chiedere.» risponde sempre con la gentilezza la donna, mettendosi seduta su una comoda seggiolina e cominciando a sfogliare distrattamente una rivista di moda.
I due cominciano così a curiosare per i vari scaffali in tutta tranquillità e in pochi minuti Ace si trova le braccia ricoperte dai vari vestiti che la ragazza vuole provarsi.
«Lo sai che ti sto odiando in questo momento, vero?»
Akemi gli fa la linguaccia, togliendogli di dosso un paio di pantaloncini di jeans chiaro e una maglietta corta ed entra nel camerino.

Ace, vicino alla prima crisi isterica della sua vita, si butta a peso morto su una poltroncina, sbuffando più sonoramente che può, giusto per farsi perfettamente sentire dalla cara sorellina che si cambia.
La commessa spunta alle sue spalle, porgendogli cordialmente una piccola tazza di tè, che accetta volentieri.
«Ho visto tanti ragazzi fare quella faccia quando le loro fidanzate si provavano i vestiti!» afferma ridacchiando, girando sui tacchi per tornare il più velocemente possibile alla sua interessantissima rivista.
«Noi non-» Ace non fa in tempo a controbattere, attirato dal fruscio della tenda del camerino che viene spostata «Scherzi, vero?» sibila incupendosi subito di fronte a quella visione: i pantaloncini sono decisamente troppo corti, così come la maglietta grigia che le lascia l'addome e le braccia scoperte. Ok che l'idea di andarci a letto l'ha sfiorato più e più volte, ma si tratta comunque di Akemi!
«No, amore.» lo prende in giro Akemi, facendolo sbuffare di nuovo. Ridacchia appena di fronte alla sua espressione scocciata, per poi cominciare ad ammirarsi allo specchio «Questi vanno bene, mi piaccio.»
«Ma sei nuda!» controbatte subito il maggiore, facendo sogghignare pure la commessa.
«Tu vai in giro solo con dei bermuda, quindi non hai nessuna voce in capitolo.»
«Lo ripeto: ti odio in questo momento.»
«Bada a quello che dici, Ace, o ti lascio!» scherza di nuovo, facendolo quasi ringhiare per la frustrazione. Gli toglie tutti i vestiti di dosso e li ammassa nel camerino, più che decisa a provarseli tutti e di non fargli più vedere niente. Non ha alcuna voglia di venire infastidita in quel momento!
Passano lentamente venti minuti e finalmente Akemi esce da quell'angustio spazio, carica di roba, trovando Ace che se la dorme beato, preda dell'ennesimo attacco di narcolessia.
«Signorina, credo che il suo fidanzato non si senta molto bene...» mormora preoccupata la donna, senza staccare gli occhi dal pirata che da un momento all'altro è crollato con il busto in avanti «Stava bevendo il tè e poi è svenuto!»
«Stia tranquilla signora, va tutto bene.» posa in tutta tranquillità i vestiti sul bancone per poi raggiungere l'amico a cui, senza tante cerimonie, tira un sonoro ceffone in testa, facendolo riprendere di colpo «È solo narcolettico.»
La donna, assai sorpresa, barcolla fino al bancone per imbustare la roba e fare il conto, ascoltando disinteressatamente le urla del ragazzo, innervosito dal brusco risveglio.
«Non potresti essere un po' più delicata, Akemi?!»
«Ma falla finita, Ace. Non ti saresti svegliato in nessun altro modo, non negarlo.» lo zittisce sorridente, sistemandosi la logora maglietta e legandosi i capelli, mettendo poi in bella vista il medaglione che le carezzava fastidiosamente la pelle.
«Quando le devo?» domanda sorridendo allegra, turbandosi di fronte all'espressione quasi impaurita della commessa «Va tutto bene?» domanda titubante, senza muoversi di un millimetro.
La donna balbetta qualche parola sconnessa, imbustando i vari vestiti velocemente e porgendoli poi ai due, sorridendo nervosamente «Va- va bene co- così, grazie!»
I due pirati afferrano con incertezza le buste, uscendo dal negozio velocemente e voltandosi subito dopo quando sentono la serratura scattare.
«Che diavolo le è preso?» domanda Akemi, guardando con aria dubbiosa il compagno.
«Probabilmente ci avrà riconosciuti e si è spaventata.» ipotizza, poco convinto delle proprie parole. Insomma, è stato per quasi mezz'ora con la schiena in bella vista, gli sembra improbabile che solo in quel momento abbia connesso il fatto che fanno parte della ciurma di Barbabianca.
«Ha reagito in quel modo quando ha visto questo...» mormora perplessa, rigirandosi il medaglione tra le mani «Perché?»
«Cosa vuoi che ne sappia io?!»
«Se chiediamo in giro?»
«Se invece non chiediamo niente, prendiamo i tuoi dannatissimi vestiti e ce ne torniamo in camera a riposare?»
Malgrado sia decisamente curiosa di sapere il perché di quella reazione insolita, decide di accontentarlo. Tanto poi dovrà fare delle piccole commissioni da sola, quindi avrà tempo per chiedere.
«Senti un po': tutta questa roba non ci sta sullo striker. Come hai intenzione di portarla alla nave?» le domanda dopo qualche istante Ace, sollevando le varie buste che la sorellina gli ha mollato.
«Semplice: prendiamo una piccola scialuppa, la leghiamo di lato allo striker con delle cime e la copriamo con un telo per evitare che la roba si rovini. Più semplice di così!» risponde con ovvietà Akemi, entrando in un altro negozio, seguita a ruota dal maggiore.
«Sei un'insopportabile saputella a volte, sai?!»

Le ore scorrono veloci, le buste aumentano a dismisura e neanche un berry lascia le loro tasche.
Akemi è oltremodo euforica, tanto da non chiedersi neanche più perché le persone reagiscano in quel modo alla vista del medaglione che le pende dal collo, mentre Ace è sempre più allettato dall'idea di suicidarsi in maniera violenta. Non ne può assolutamente più, tanto da arrivare a pensare che un soggiorno ad Imperial Down sia migliore di quell'infinita tortura che gli sta infliggendo.
'Se quelli del Governo mi vedessero ora mi dimezzerebbero la taglia in un secondo! Io, Ace Pugno di Fuoco, ridotto a porta buste!'
«Se vuoi andare a riposarti vai pure.» afferma di punto in bianco Akemi, sorridendogli in un modo che lo insospettisce.
«Che devi fare?» le domanda scettico, nascondendo una più che giustificata felicità. Finalmente potrà disfarsi di tutte quelle buste e non somigliare più ad un animale da soma!
«Devo andare a comprare delle cose e tu non puoi venire.»
«Perché no?»
«Perché sono cose da donna!»
«Certo, perché perdere una cosa come quarantacinque minuti per scegliere dei tacchi è tipicamente da uomo!» controbatte piccato, assolutamente contrario a lasciarla gironzolare da sola. In fondo l'ultima volta che l'ha fatto non è andata molto bene.
«Dai, voglio farti una sorpresa!» lo supplica facendogli gli occhioni dolci e cingendogli la vita con le braccia, sorridendogli amabilmente «Ti preeego!»
Sbuffa per l'ennesima volta, Ace, rigirandosi corrucciato e dirigendosi a passo di marcia verso l'alloggio, biascicando bestemmie ed insulti a mezza bocca.
Akemi sghignazza felice, trotterellando allegra verso l'ultimo negozio della lista.
'Sei felice, brutto stronzo? Ho preso tutta la roba che volevi!'
Il suo passo rallenta velocemente quando non sente arrivare nessuna risposta. In effetti, è dal giorno prima che non lo sente. Da quando gli ha detto di sparire dopo che ha ipnotizzato il babbo, per essere precisi.
'Týr?' si blocca in mezzo alla strada, aspettando pazientemente una risposta 'Ehi, schizofrenico, parlo con te! Mi avevi fatto una promessa, ricordi? Mi avevi detto che mi avresti condotto in un posto per trovare una cura per il babbo!'
Niente. Non un insulto o uno sbuffo. Assolutamente niente.
La rabbia sale velocemente dentro di lei, tanto da accecarla per un istante.
'Mi hai mentito. Mi hai spudoratamente mentito! Per cosa, poi?! Per farmi prendere dei fottutissimi vestiti?! Sei solo uno stronzo, mi senti?! UNO STRONZO! Ma questa me la paghi, sai? Non appena ti rivedo in quello stramaledetto limbo ti faccio passare completamente la voglia di fare questi giochini inutili!'
Senza riuscire a trattenere un profondo ringhio gutturale, entra nel negozio che già da un po' aveva notato, facendo tremare di paura i commessi, che subito si precipitano ai suoi piedi.
«Co- cosa possiamo fare per lei, signora?» domanda più che intimorito il proprietario del negozio, guardandola con timore e rispetto.
Akemi lo fissa con astio, trattenendosi con tutta sé stessa dallo sfracellargli la testa contro il muro.
'Mi volevi carina e alla moda, imbroglione bastardo? Bene, ora vedrai.' «Voglio tutto.»

Ace cammina da solo per le vie di quella città, le buste che penzolano dalle mani e dalle braccia e la testa per aria. Era convinto che avrebbero trovato qualche problema, che sarebbe successo qualcosa di brutto, invece la giornata procede che è una meraviglia. Certo, il fatto che quel medaglione turbi tanto chiunque lo veda un po' lo insospettisce, ma è una cosa su cui può tranquillamente sorvolare. Può sorvolare un po' meno sul fatto di essere stato schiavizzato in quel modo così umiliante, ma a quello rimedierà in serata. 'Se io ho fatto quello che volevi per una giornata intera, tu stasera farai quello che voglio io! Quindi preparati, sorellina: ti cambierai, sarai gentile ed educata, ti farai tutta carina e mi offrirai da bere finché non scoppierò!'
L'unica cosa che veramente lo infastidisce in quel momento è il fatto di essere lasciato solo e il non avere niente da fare, se non passeggiare. Da solo.
«Ehi...pirata!» Si volta piano Ace verso quella voce roca di donna che l'ha chiamato con tanto disprezzo. Non che la cosa lo sorprenda in realtà, solo che non era mai successo che una persona anziana gli si rivolgesse così.
Vede una vecchia affacciarsi da una porta verde. Butta un occhio sul vecchio edificio, notando che ha un urgente bisogno di manutenzione, per poi tornare ad osservare la donna: è vecchia, piccola, secca e ricurva, con il volto pieno di rughe e gli occhi neri, vivi, i pochi capelli bianchi raccolti in una crocchia arruffata. I vestiti sono vecchi come lei, logorati. Lo guarda con paura, facendo guizzare gli occhi a destra e a sinistra di tanto in tanto, con timore, ed è proprio questo dettaglio a metterlo in un leggero stato di allerta.
'Se non sono io a spaventarla così, cosa può essere?'
«Stai in guardia ragazzo. Fuggi finché puoi.» mormora stringendosi alla porta, come a volersi nascondere.
Solo dopo quel gesto Ace nota che su quel verde consumato spunta un pentacolo di un rosso vivo. La donna continua ad accarezzarlo, mormorando qualcosa per lui incomprensibile, cosa che lo innervosisce ancora di più.
«Di cosa parli?»
«Avete portato la progenie del diavolo!» gli urla contro, spaventata e furiosa, additandolo con rabbia.
Ace scuote appena la testa, sconsolato «Che vuoi da me, vecchia?» domanda con voce seria, con una punta di risentimento.
«La progenie del diavolo, sciocco! Un essere maledetto... Ucciderà tutti noi!» urla quasi in preda ad una specie di delirio «Devi uccidere quel demone. Uccidilo... Uccidilo e sarai benedetto, ragazzo!»
«Non ho tempo per le tue stronzate, vecchia.» fa per andarsene quando la donna, con uno scatto impensabile per una persona di quell'età, lo afferra per un braccio.
«Uccidi il demone.» mormora, mettendogli in mano un vecchio e grosso libro, dalla copertina di pelle sciupata.
Ace lo osserva senza capire perché gli sia stato dato, ma non fa in tempo a chiedere spiegazioni che la donna si è già chiusa a chiave dentro casa.
Prova a bussare, ma sa già che non gli aprirà e non ha nessuna intenzione di piantare una scenata e di sfondare la porta a spallate.
Osserva di nuovo il libro. Sulla copertina c'è scritto in una tonalità sbiadita di oro “Misteri e Leggende”, con caratteri grandi, incisi nella pelle, forse a fuoco e poi ridipinti.
Ci passa piano le dita sopra, osservandolo, con uno strano stato di inquietudine dentro.
Non lo apre, non ancora.
'La gente certo non sa proprio cosa inventarsi per rompere agli altri.'
Si mette il libro sotto braccio e con aria disinvolta si dirige verso il loro alloggio, dove, per ingannare il tempo, darà uno sguardo a quello strano libro.

Stringe con forza i pugni per non pensare al dolore che sta provando alla scapola destra. Da ben settantacinque minuti ormai è sotto le mani esperte di Sarutobi, un vecchio tatuatore che puzza di fumo da far storcere il naso pure ai morti. Però è bravo, ha talento e una mano leggera e ferma, quindi si è dovuta adattare.
«Manca ancora molto?» soffia innervosita, piantandosi a sangue gli artigli nei palmi delle mani.
L'uomo non vi bada, completamente a suo agio anche di fronte al medaglione che Akemi gli ha volutamente sventolato sotto gli occhi, e in tutta calma continua a seguire le linee del disegno che la ragazza ha scelto «Ci vuole tempo per queste cose. Comunque no, mi manca giusto la bestia e ho finito.»
«Bene.»
«Posso chiederti che significato ha?» domanda con poco interesse, sfumando con fare esperto le ali del pennuto.
Akemi volta lievemente la testa, cercando i suoi occhi che però non riesce a trovare «La mia liberazione.»
«Ohhh, capisco. Ti sei ribellata a colui che ti ha creata, vero? Beh, non è la prima volta che mi capita di fare un tatuaggio con questo significato, anche se non comprendo perché voi novellini abbiate così tanto il desiderio di staccarvi dal nido e di fare di testa vostra.»
Akemi ha ascoltato con grande attenzione la sua risposta, soppesando ogni parola, non riuscendo però a coglierne il vero significato. È quasi del tutto certa che si riferisca alla separazione dalla famiglia, ai figli che abbandonano il nido per crearsi una vita propria e indipendente, ma le sue parole gli fanno capire chiaramente che non si riferisce solo a quello. C'è qualcosa di più complesso sotto che le sfugge, qualcosa che non riesce a catalogare, ma non vuole chiedere spiegazioni. La sua curiosità la sta portando sempre troppo oltre il limite e non vuole rischiare di perdersi in quel tunnel di oscurità in cui rischia costantemente di cadere.
«Posso farti un'altra domanda?» azzarda l'uomo, pulendo la pelle dall'inchiostro in eccesso e dalle gocce di sangue che quelle piccole ferite sgorgano.
«L'hai appena fatta.» risponde piatta Akemi, mentre l'idea di farlo fuori diventa sempre più allettante. Non sa perché, e neanche sa perché ha questa macabra voglia dal momento in cui si è separata da Ace, ma lo vuole. Vorrebbe sentire il suo sangue sulle mani, sentire il suo cuore spegnersi, la vita lasciare il suo debole corpo.
'Ma che diavolo mi sta succedendo?'
«Ti hanno già diagnosticato qualcosa?» domanda dopo una breve risata Sarutobi mentre fa gli ultimi ritocchi al disegno che svetta sulla sua scapola.
«Come, scusa?»
«So che solitamente quando voi ragazzetti vi staccate troppo presto avete qualche problema a livello psicologico, generalmente già diagnosticato.»
'Ma chi diavolo è questo? Cosa vuole dire con tutte queste insinuazioni?!'
«Comunque ho finito. Sono stato veloce, no?»
Akemi scatta in piedi come una molla, rivestendosi con altrettanta velocità. Si volta poi verso il tatuatore, guardandolo con aria truce «Ascoltami bene, vecchio: non so di cosa tu stia parlando, cosa tu pensi di me, ma sappi che io non ho proprio niente che non va, chiaro?»
Detto questo semplicemente raccatta le varie buste che aveva abbandonato sul pavimento e se ne va, lasciandolo da solo nel suo negozietto.
L'uomo fa spallucce, abituato pure a quel genere di reazioni: ne ha visti passare così tanti come lei che ormai non ci fa neanche più caso. Basta non mandarli in bestia e poi sono quasi docili.

Ace, dopo essere tornato alla pensione, si è buttato a peso morto sul morbido letto e si è subito messo a leggere lo strano libro che la vecchia pazza gli ha dato.
Ora, dopo quasi due ore e mezzo, continua a domandarsi perché glielo abbia donato. Che c'entrano con lui fate, demoni, magia nera, non-morti?
Continua a leggere tutte quelle stramberie con attenzione, cercando di venirne a capo e cercando anche di tradurre alcune strane scritte. Infatti quello strano libro è diviso in due parti: la prima è scritta in una lingua che non riesce a decifrare, con giusto qualche annotazione ai lati, mentre la seconda è piena di descrizioni di demoni e altri esseri soprannaturali, con tanto di raffigurazioni.
'Avete portato la progenie del diavolo!' Quelle parole gli risuonano in testa senza sosta, facendogli domandare sempre di più cosa volesse dire quella folle vecchia superstiziosa.
Per un istante aveva preso in considerazione l'idea che sapesse di chi è figlio, ma l'ha scartata velocemente. Figuriamoci se una vecchia che vive su un'isola sperduta come questa sa di chi è figlio!
Così, spinto da una disarmante noia, continua a sfogliare quelle pagine ingiallite e consumate, ritrovandosi spesso e volentieri a ridacchiare per le sciocchezze assurde che si ritrova a leggere.
'Quella vecchia pazza poteva anche risparmiarsi quella scenata e dirmi direttamente che era un libro di barzellette!'
La banshee è uno spirito femminile, descritto generalmente come una bella donna dai capelli fluttuanti, con indosso un vestito verde ed una mantella grigia. Può apparire sia come una donna che canta, sia piangente e avvolta da un velo. Altra caratteristica sono gli occhi perennemente arrossati dal pianto. Fa parte del piccolo popolo ed è uno spirito che spesso viene classificato tra quelli maligni, anche se in realtà nelle antiche leggende viene descritto semplicemente come uno spirito femminile che si aggira attorno a paludi e fiumi. Le banshee non si mostrano mai agli esseri umani, con l'eccezione di coloro che sono prossimi alla morte e a cui giunge tale presagio. È probabilmente questa la ragione per cui vengono classificate tra gli esseri malvagi.
Inoltre la banshee viene spesso rappresentata come uno spirito urlante, il cui grido ha la capacità di uccidere all'istante, o altri effetti simili.

'Izo quando urla ti stordisce... è una banshee!' pensa ridacchiando tra sé e sé, sfogliando a caso le pagine e soffermandosi su una nuova creatura, trattenendo a stento le risate.
Un ghoul è il membro di una razza notturna sotterranea. Sono esseri umani che si trasformano in orripilanti umanoidi in seguito all'abitudine di cibarsi di cadaveri umani. Per quanto terrificanti, non sono mostri necessariamente malvagi; non uccidono (si limitano a cibarsi di chi è già morto) e talvolta sostengono conversazioni intelligenti con le persone normali.”
«Quante stronzate riesce a inventarsi la gente! Da non crederci!» borbotta tra sé e sé, afferrando dal piccolo mobiletto al suo fianco uno dei biscotti che Akemi aveva imbustato, quelli che tanto gli piacciono.
Lo mangiucchia con calma, sfogliando distrattamente le pagine alla ricerca di qualcosa di abbastanza interessante e stupido che lo faccia ridere di gusto, finché non trova la raffigurazione di un'incantevole donna pressoché nuda.
Una Succuba è un demone di aspetto femminile che seduce gli uomini per avere rapporti sessuali. Secondo la leggenda assorbono l'energia dell'uomo per alimentarsi, spesso portando alla morte l'indemoniato. Secondo altre versioni del mito, spingono l'uomo al peccato con le loro tentazioni.
Appaiono agli uomini sotto forma di giovani donne di enorme bellezza, capaci di ineguagliabili arti seduttive ed erotiche derivanti dalla loro natura diabolica.

'Cazzo, questa è Akemi!' non riesce a trattenere una sonora risata, tanto forte da dover chiudere il libro per potersi tenere la pancia.
In quel momento Akemi fa il suo ritorno, trovando così il compagno che quasi cade dal letto per il troppo ridere.
«Ehi, che è successo?» gli domanda sorridendo, posando le buste a terra e trotterellando verso di lui, dimenticandosi tutto in un colpo del malumore che provava fino a tre secondi prima.
«Una vecchia prima mi ha dato questo libro... fa morire dalle risate!»
«Allora più tardi gli darò un'occhiata.» si sdraia al suo fianco a pancia in giù, poggiando dopo qualche istante la guancia sul suo torace «A parte leggere che hai fatto oggi?»
«Mi sono annoiato a morte.» borbotta fingendosi offeso. Abbassando lo sguardo, poi, nota una medicazione sulla sua spalla e subito un campanello d'allarme gli martella nel cervello «Che ti è successo?!»
«Mh? Ah, questo?» gli sorride con aria furbetta, Akemi, scattando in ginocchio e togliendosi la maglietta senza tante esitazioni, abbassando poi la spallina del reggiseno «Togli pure.»
Ace, invece di imbestialirsi come sarebbe invece giusto, si appresta a toglierle la grossa fasciatura, sorridendo come un bambino di fronte al nuovo disegno che svetta sulla pelle candida della ragazza. A lui d'altra parte piacciono i tatuaggi, non se la sente proprio di rimproverarla per questo.
«Ti piace?» domanda sorridendo speranzosa, voltando un poco la testa verso di lui.
«Si, dai. Ma come mai proprio un colibrì e una gabbia aperta?» domanda incuriosito, tornando poi sul comodo materasso a sgranocchiare biscotti.
«Rappresenta la nostra vita, se ci pensi. I pirati, in fondo, rappresentano uomini e donne che non hanno voluto piegarsi al volere del Governo e vagano indipendenti per i mari, liberi da ogni catena... da quella gabbia soffocante che è la società.»
«Bastava che dicessi “libertà”, sai?» sghignazza divertito il maggiore, pulendosi dalle briciole, afferrando subito dopo l'ennesimo biscotto «Quando torniamo chiedi a Satch di rifarteli? Se glielo chiedo io mi sputa in un occhio!»
Akemi scoppia in una cristallina risata, di nuovo serena come quella mattina. Non le importa più del fatto che Týr le abbia mentito, che non le parli più, che il giorno prima abbia fatto delle cose orrende. No, assolutamente. Adesso le importa solo di Ace, della sua allegria contagiosa, delle sue battute stupide e del bene che si vogliono.
«Per stasera hai già dei programmi?» domanda prendendo anche lei uno dei biscotti e mangiucchiandolo con calma, gustandoselo a fondo. D'altra parte, vista la velocità con cui Ace li tira giù, non può davvero sperare di poterne mangiare altri.
«Si va a mangiare e poi a far festa, che domande?!» le risponde euforico Ace, facendola ridacchiare.
«Beh, allora penso che dovrò andare a prepararmi!» scatta in piedi velocemente, afferrando molte delle buste abbandonate in giro per la stanza e trascinandole nel microscopico bagno.
«Akemi, capisco che voi donne siete di una lentezza disarmante nel prepararvi per uscire, ma mancano ancora un paio d'ore all'ora di cena!»
Akemi semplicemente si volta verso di lui, guardandolo come se avesse appena detto un'eresia impensabile «Senti, è la prima volta che ho la possibilità di cambiarmi per uscire la sera, quindi voglio fare tutto con estrema calma.»
«E se ho bisogno del bagno?» domanda sarcasticamente il pirata, riprendendo in mano il libro, pronto a farsi altre risate.
Akemi non si perde nemmeno a rispondergli, sbuffando divertita e chiudendosi dentro a chiave, cominciando a frugare nei sacchetti per scegliere il vestito adatto.
Non lo credeva possibile, ma le importa di quelle frivolezze. Non ci aveva mai badato, non ci aveva proprio mai pensato, ma ora le trova vagamente necessarie. Tutte quei gioielli luccicanti, quelle scarpe alte ed eleganti, quei vestiti attillati e corti... sente come una profonda attrazione per quelle cose.
In realtà, anche se non se ne è resa conto, qualcosa dentro di lei sta mutando, maturando, e sta cominciando a rosicchiare le catene che lo tengono prigioniero. Perché quel qualcosa vuole la libertà, vuole correre libero, vuole scatenare tutto il suo potere, ma prima di riuscirci dovrà scavalcare un grosso ostacolo, creato da qualcuno di cui però non ha memoria.
Ace nel frattempo si è rimesso a leggere, soffocando come meglio può le risate.
«La vuoi sentire una stronzata colossale?» urla divertito, ricevendo una risposta positiva dalla ragazza che nel frattempo si è infilata sotto la doccia «Si parla di fantasmi. Sei ferrata sull'argomento?»
«Non m'interessa il soprannaturale.»
«Beh, alla vecchia scema che mi ha dato questo si. Apri bene le orecchie, così estendi la tua già ampia conoscenza!»
Si alza in piedi e si trascina fin davanti alla porta, poggiandosi con la schiena contro il muro e cominciando a leggere le righe sbiadite che circondano l'immagine sfocata dell'essere descritto.
«”Un fantasma è l'anima di una persona che ha perso la vita attraverso una morte violenta e non ha diritto di passare nell'aldilà o che resta sulla Terra per proteggere qualcuno. È una presenza incorporea, spesso caratterizzata da alcuni elementi (avvolta in un sudario oppure senza testa, contornata da una certa luminescenza o che produce un rumore di catene). I più conosciuti e temuti sono i poltergeist, degli spiriti chiassosi, che si manifestano emettendo forti rumori come dei battiti contro il muro o facendo sbattere porte e finestre in modo violento. I poltergeist interagiscono in un determinato ambiente di appartenenza (dove si pensa presumibilmente siano stati legati in vita) spostando oggetti come mobili, soprammobili, rompendo piatti e rovesciando bicchieri e bottiglie. Raramente le loro attività non sono ostili.”
Cioè, ma ti rendi conto cosa va ad inventare la gente?» scoppia a ridere di nuovo, Ace, sentendo che il getto dell'acqua è stato chiuso.
«Non penso sia una cosa così assurda... possono anche mangiare?» domanda divertita, aprendo un poco la porta e sporgendo giusto la testa per poterlo guardare in viso.
«Qui non lo dice... perché? Vuoi offrirgli i biscotti?»
«In realtà ero arrivata a pensare che la nave fosse infestata... sai, sparisce sempre la carne durante la notte.» gli fa l'occhiolino, divertita dalla sua espressione indispettita, per poi richiudersi nel bagno «Torna pure alla tua interessante lettura, poltergeist dalle mani lunghe, che io mi devo preparare!»

La serratura della porta scatta, la maniglia si abbassa lentamente.
Ace, arcistufo di tutta quell'attesa, scatta a sedere sul bordo del letto, guardando la porta che lentamente si apre con ostilità. Ostilità che però sparisce nell'esatto istante in cui i suoi occhi si posano sulla figura della ragazza: un vestito nero, corto, scollato ed aderente, mette in mostra le lunghe gambe e il petto formoso, i tacchi alti slanciano la sua figura; le labbra sono state dipinte di nero, gli occhi truccati con dell'ombretto scuro che li fa risaltare ulteriormente.
«Allora? Come sto?» domanda incerta la ragazza, allargando le braccia e guardandolo con un certo imbarazzo.
«Sei uno schianto...» mormora con un filo di voce, guardandola con occhi completamente diversi dal solito. Certo, si era già largamente reso conto che fosse una gran bella ragazza, ma adesso ai suoi occhi appare come qualcosa di oscenamente bello, tanto che l'idea di portarla fuori lo preoccupa. Non potrebbe sopportare la vista di qualche idiota che prova ad abbordarla!
«Bene!» sorride raggiante, Akemi, afferrandolo con decisione per un polso e trascinandolo verso la porta «Andiamo dai, ho una fame da lupi!»
«Se Marco ti vedesse adesso non farebbe più tanto il prezioso!» scherza, affiancandola velocemente e mettendole un braccio attorno alle spalle, giusto per far capire a chiunque la veda che non la deve avvicinare.
«Ancora con questa storia? Sei noioso.»
«Dico solo la verità, al contrario tuo.»
«Ma infatti ho detto la verità, brutto malfidato.» non può far altro che mentire e fingersi offesa dalle sue insinuazioni, Akemi, pensando alle più disparate vie di fuga.
«Quanto vorrei avere la tua capacità di sentire il battito cardiaco degli altri.» borbotta roteando gli occhi al cielo, Ace, mentre nella sua mente cerca di ricordarsi dov'era la locanda in cui aveva deciso di portarla quel pomeriggio.
«Non percepiresti alcuna variazione.»
«Si, certo.»
Camminano con passo calmo per le strade affollate della cittadina, notando molte più persone di quel pomeriggio, probabilmente arrivate con una nave da viaggio. In pochi prestano loro attenzione, guardandoli di sfuggita e cambiando velocemente strada quando notano i Jolly Roger che adornano la loro pelle.
Ace, che finalmente ha trovato la locanda che voleva, afferra distrattamente Akemi per la mano e la porta dentro, conducendola senza tante storie al primo tavolo vuoto che trova ed Ace subito fa segno all'uomo dietro al bancone perché gli porti da bere.
L'uomo, avendo immediatamente riconosciuto i due, si affretta a portare due enormi boccali pieni di birra al loro tavolo, muovendosi goffamente tra i vari clienti.
«Ace, lo sai che non bevo.» afferma sorridendo Akemi, allungandogli il proprio boccale e voltando lo sguardo verso la band che suona una canzone allegra in fondo alla stanza.
«Questo è inesatto: tu non bevi sulla nave perché hai paura che il babbo ti spacchi il bicchiere in testa, non è che non bevi.» controbatte prontamente Pugno di Fuoco, attirando così la sua attenzione.
«Ti sbagli.»
«Assolutamente no.» le allunga di nuovo la birra, sorridendole con aria furbetta «Ne hai bisogno, sorellina, credimi. Sei sempre tesa, pensierosa. Pure oggi eri spesso con la testa tra le nuvole!»
«È tanto grave pensare?»
«Ovviamente no, ma scervellarsi così su ogni singola cosa può essere dannoso per te. Non riuscirai mai a goderti a pieno la vita se ti soffermi sempre ad arrovellarti su tutto, credimi.»
Akemi abbassa lo sguardo, prendendo il bicchiere e guardandolo con aria incerta.
«Ci stai pensando anche adesso.»
Si lascia sfuggire una lieve risatina, rendendosi conto subito dopo che il proprietario del locale adesso la guarda con timore.
«Come faccio a non scervellarmi su tutto, Ace? La gente continua a fissarmi in modo strano, con paura... non so da dove provengo, sono apparentemente immortale e nessuno sa spiegarmi il perché-»
«Ok, ok, ferma!» la interrompe prontamente Ace, costringendola a prendere saldamente in mano il boccale e spingendolo verso il suo viso «Sai come si dice in questi casi? Giù i pensieri e su i bicchieri, piccola!»
Akemi lo guarda bere con ingordigia, arrendendosi di fronte al suo infondato desiderio di farla bere e quello più giustificabile di farla divertire.
Avvicina il boccale alle labbra, i primi sorsi vanno giù veloci, freschi, deliziosi.
Una birra non è un problema, Akemi lo sa. Il problema sta nel fatto che ne vuole di più, sempre di più, vuole osare sempre di più, e il passo che precede una sbornia colossale è assai breve.
Infatti ci vogliono poche ore che i due si sono girati quasi tutti i locali della cittadina, trangugiando quanto più alcol possono, fregando bottiglie da dietro al bancone, urlando e ridendo. Ballano a ritmo delle canzoni allegre che sentono, si lasciano trascinare dalle persone che li circondano.
Ace si lascia baciare da alcune sconosciute che ai suoi occhi appaiono decisamente belle, ma non può sperare in qualcosa di più. Akemi infatti lo interrompe ogni volta, spuntando dal niente, prendendolo per un braccio e allungandogli altro alcol, incenerendo con lo sguardo qualsiasi donna bramante di sesso.
Dentro di lei si muove qualcosa, velenoso e corrosivo.
Gelosia, rabbia, possessività però sono solo la punta dell'iceberg. C'è di più dentro di lei: voglia di distruggere, di far baldoria, di continuare a martoriare il proprio fegato con smisurate dosi di alcol e, non meno importante, un'incredibile voglia di affondare le dita tra i capelli corvini dell'amico e di baciarlo con la stessa passione bruciante di quelle donne.
Ballano insieme adesso, muovendosi come due cercopitechi epilettici, sbattendo contro qualsiasi oggetto o persona a loro vagamente vicina, scivolando a terra, ridendo come impazziti.
«Andiamo in camera?» gli domanda con un sorriso malizioso Akemi, abbandonandosi tra le sue braccia, completamente incapace di reggersi ulteriormente in piedi su quei trampoli che assurdamente ha deciso di indossare. L'unica nota positiva sta nel fatto che finalmente è alla sua altezza e non si deve più sentire una specie di nanetta.
«Diavolo, si!» risponde un più che euforico Ace, mettendole un braccio attorno alla vita e barcollando con passo malfermo verso l'uscita, non prima però di aver rubato una grossa bottiglia di rum da dietro il banco.
Barcollano a braccetto, stretti l'uno all'altra, ridendo per un niente di fatto, biascicando frasi senza un senso logico e completamente sconnesse tra loro.
Nessun pensiero li sfiora in quel momento, neanche che la marina potrebbe arrivare da un momento all'altro o, ancora peggio, che Barbabianca potrebbe venire a sapere in qualche modo che la sua adorata bambina si è ubriacata pesantemente.
Niente, solo quello di arrivare in fretta al loro alloggio e buttarsi sul letto, a ridere ancora insieme, a far sparire per magia il contenuto invitante della bottiglia che Ace tiene stretta in mano.
Il problema è che nessuno dei due ha preso in considerazione quello che adesso si sta rilevando un enorme ostacolo: le scale.
Infatti le loro capacità motorie sono assai scarse in questo momento, e l'unica soluzione sembra quella di gattonare per riuscire a salire. Ma anche questi semplici movimenti sembrano complicati, considerata anche la scarsa illuminazione che non permette loro di vedere dove mettono mani e ginocchia, così si trovano a strisciare verso la camera, disturbando tutti con le loro risate sguainate.
Ma che gli importa? Fanno parte della ciurma di Barbabianca, nessuno oserebbe toccarli!
«Vedo la nostra stanza.» biascica Akemi, rotolandosi sul pavimento per poi riuscire a mettersi a quattro zampe e gattonare fino alla maniglia, che però non riesce ad aprire. Pure Ace, miracolosamente in piedi, trova qualche difficoltà nell'inserire la chiave nella toppa, riuscendoci solo grazie ad una forte determinazione. Non ha alcuna intenzione di dormire per terra!
«Il mio lettino!» urla Akemi, riuscendo a mettersi in piedi e barcollando sui tacchi alti verso il morbido ed invitante letto, su cui si abbandona senza tante cerimonie.
Ace, poggiato con la schiena contro la porta, non riesce a trattenere le risate nel guardarla mente prova a togliersi i vestiti, che quasi vengono strappati dalla foga.
«Me li togliii?» urla, scoppiando subito dopo in una fragorosa risata, alzando i piedi in aria e muovendo a scatti.
Ace, seppur a fatica, riesce a trascinarsi verso di lei e a sfilarle quei sandali dall'intricata chiusura, buttandoli subito dopo da un lato. Si spoglia a sua volta, rimanendo in boxer, buttandosi a peso morto dalla sua parte del letto e guardandola mentre sbatte a destra e a sinistra in cerca di una maglietta per dormire. Grazie ad un qualche intervento divino riesce a rimanere fermo e zitto quando la vede, seppur dandogli le spalle, togliersi il reggiseno e buttarlo a terra.
Ma quell'intervento fortuito viene velocemente annegato dall'alcol ed Ace non riesce a trattenersi oltre.
«Perché ti metti la maglia? Dormi in mutande come me!» propone con finta innocenza, sorridendole maliziosamente.
Akemi, troppo ubriaca per cogliere il fine di quella richiesta, scoppia semplicemente a ridere e lo raggiunge sul letto, mettendosi sotto le coperte «Sei un coglione!»
Rimangono in silenzio per un po', entrambi impegnati in una lotta interiore per evitare di vomitare anche l'anima, finché Ace ripensa alle sue parole e sente una leggera tristezza avvolgergli il cuore.
«Davvero pensi che sono un coglione?» le domanda rattristato mentre continua a fissare il soffitto, facendola sbuffare.
«Ma certo che no! Perché me lo chiedi?»
«Perché ultimamente mi dai troppo spesso del coglione.» borbotta fingendosi mortalmente offeso, incrociando le braccia al petto e voltando la testa dall'altra parte in modo teatrale «Ora dimmi cosa pensi davvero di me.»
«Perché scusa?» domanda ridacchiando la minore, passandosi la lingua sulle labbra alla ricerca di qualche residuo di alcol, che però non riesce a trovare.
Ace ridacchia a sua volta, senza però abbandonare il cipiglio offeso «Sai com’è, ci tengo a sapere che opinione hai di me.»
«Ma lo sai che opinione ho di te!»
«E sarebbe?» si gira di lato verso di lei, aggrovigliando il lenzuolo tra le gambe.
«Sei un bambinone imprevedibile e anche vagamente rozzo-»
«Ah grazie!» rimette il finto broncio, Ace, trattenendo a stento una risatina.
«Aspetta, non ho finito! Sei affidabile, gentile e affettuoso-»
La interrompe di nuovo, stavolta assumendo un tono assai divertito «In pratica sono un cucciolo di cane! Manca solo che scodinzoli!»
Stavolta anche Akemi scoppia in una leggera risata, non riuscendo però a trattenersi dal continuare a parlare a causa del troppo alcool ingerito «Ho dimenticato permaloso e rompiscatole.»
«Come sei dolce.» grugnisce, offeso, rigirandosi a pancia all'aria e passandosi una mano tra i capelli corvini.
«Ma soprattutto sei adorabile ed è impossibile non volerti bene.»
«Uhm. Stai migliorando, ma puoi fare di meglio per farti perdonare.» sbuffa, afferrando distrattamente una ciocca dei lunghi capelli della ragazza e rigirandosela tra le dita.
«Sei attraente.»
Quest’ultimo aggettivo fa calare tra loro un silenzio improvviso; Ace deglutisce a vuoto, girandosi di nuovo verso di lei.
«Mi prendi in giro?»
«No. E’ vero, sei attraente. Sei sexy. E hai anche una voce sensuale, quando la abbassi di un tono.» Akemi non si rende realmente conto della strana piega che sta prendendo quel discorso e non riesce nemmeno a fermarsi, mandando così il pirata steso al suo fianco in un'incredibile confusione.
Ace sente un brivido di eccitazione scuotergli il corpo, e quasi dimentica con chi sta parlando.
«Direi che sei perdonata...» involontariamente abbassa la voce, sfiorando con la punta delle dita il braccio freddo della minore.
«Ecco, è questa la voce.»
«Uhm. Allora potrei davvero considerare l'idea di abbandonare la pirateria e di passare alle chatline erotiche. Una cosa tipo: ‘Ciao, sono Ace. Dimmi cosa vuoi che ti faccia, sono tutto tuo.’ Che ne pensi? Potrei fare carriera così?»
«Troppo forzato, devi essere spontaneo!» gli consiglia ridendo assai divertita, scostandosi di colpo le coperte di dosso e accavallando le gambe sotto lo sguardo incredibilmente attento del comandante.
«Ok, ce la posso fare. Visto che tanto non abbiamo sonno, ho trovato come passare il tempo: tu fai la cliente che telefona!» le ordina divertito ma deciso, preparandosi psicologicamente e ridacchiando da solo.
«Mi verrà da ridere!» Akemi in realtà sta già ridacchiando, divertita da quella situazione assurda ma del tutto innocente.
«Allora rideremo!» non sa perché sta insistendo così tanto, forse davvero solo per passare il tempo o forse per farsi ripetere che ha una voce sensuale. Fatto sta che ormai ha deciso di farlo, ignorando deliberatamente il fatto che lo sta facendo con la sua sorellina.
«Ciao, sono Ace. Tu chi sei?» si sente un cretino, cercando di non forzare un tono di voce particolare ma di usare quel tono che secondo Akemi è sensuale.
«Akemi.» trattiene a stento le risate, tenendosi una mano sulla bocca e chiudendo gli occhi per concentrarsi, sentendo che anche l'amico è nelle sue stesse condizioni.
«Ciao Akemi, che fai nella vita?» non ne sa nulla di chatline erotiche, quindi si ritrova a chiederle cose stupide come quella, come se non fosse Akemi e non fosse a neanche mezzo metro da lui, stesa al buio nel suo stesso letto.
«Sono una piratessa...» involontariamente si ritrova a dirlo con un tono di voce più basso e caldo, tanto da far vacillare per un istante Ace.
«Le piratesse sono eccitanti...» deve rimanere nel suo ruolo se vuole giocare, ma la vista delle gambe nude della minore quasi gli fa dimenticare che stanno solo giocando.
«Ah si? Beh, lo sono anche i pirati... nella mia ciurma ce n'è uno davvero attraente.»
Ace deglutisce, sforzandosi di non pensare troppo alle sue risposte, trattenendosi dallo sfiorare con le dita le gambe lunghe e incredibilmente invitanti che vede nitidamente nell'oscurità.
«E’ la prima volta che chiami, Akemi?»
«Sì… è stato per scommessa con un mio amico scemo.»
Ace sorride appena, passandosi una mano sul viso «E questa cosa ti imbarazza?»
«Un po’.»
«Non esserlo, stiamo solo scambiando due chiacchiere. Dimmi di te, come sei fisicamente?» Ace ci sta davvero prendendo gusto, anche se la situazione gli pare un po' strana. Fortunatamente per entrambi, però, l'alcool non gli fa provare quel profondissimo senso di imbarazzo che sennò li paralizzerebbe.
«Non sono molto alta, corpo troppo magro secondo alcuni compagni di ciurma, capelli decisamente troppo lisci di un nero abbagliante, gli occhi freddi come il ghiaccio e dei denti da brividi… malgrado questo, i miei fratelli mi chiamano Angioletto, e sul mio avviso di taglia sono chiamata "Angelo Demoniaco".» parla a vanvera quasi, ridacchiando per aver detto pure i suoi soprannomi, così fuori luogo in quel momento.
«Scommetto che sei una bellissima ragazza.» in realtà non deve scommetterlo, lo sa molto bene, ma mai avrebbe pensato che glielo avrebbe detto con quel tono.
«Né bella né brutta. Ordinaria. Ma tu sei gentile…» gli passa leggera le dita sul dorso della mano, sentendo la pelle a contatto con la sua come rovente.
«E tu come sei?» Akemi continua a giocare, attribuendo quelle strane sensazioni che prova al troppo alcol.
«Vuoi la versione vera o quella da contratto?» ridacchia come uno scemo, Ace, senza però riuscire ad ignorare il gesto della ragazza.
«Quella vera.»
«Sono alto, non troppo ma forse per te lo sarei. Sono piuttosto muscoloso, secondo una mia amica quando mangio faccio salire la nausea e... niente. Sono una specie di bambinone rozzo.» ripete la stessa definizione di poco prima, facendola ridacchiare appena.
«Non sembri male, scommetto che sei involontariamente sexy.»
«Così dicono… e tu?» prima che Akemi possa rispondere, però, rincara la dose, facendole una domanda che mai da lucido si sognerebbe di farle «Hai qualche vestitino sexy da sfoggiare?»
Sta diventando sempre meno un gioco e se ne rende perfettamente conto quando si ritrova girato su un fianco a sfiorare con la punta delle dita il fianco scoperto della ragazza, facendola poi scivolare lentamente sotto la maglietta leggera.
«Giusto questo pomeriggio ho comprato dei completini intimi sexy.»
«Ah sì?!» si è distratto un secondo, facendo suonare la sua voce leggermente più alta e sorpresa, non essendo a conoscenza di quel dettaglio. In realtà se lo immaginava, visto che era voluta andare da sola, ma l'idea che dentro a quei sacchetti ci siano dei completi provocanti lo manda su di giri più del dovuto.
«Certo. Anche se sono una piratessa, rimango comunque una donna. Se mi dovessi trovare un uomo attraente nel letto, vorrei fargli perdere la testa...»
Ace rimane a bocca aperta, incapace di proferir parola, mentre la sua mano si è fermata sul suo ventre.
«...e brava Akemi...» un sorrisetto malizioso gli increspa involontariamente le labbra, su cui poi passa lentamente la lingua, gesto che non sfugge agli occhi attenti della più giovane.
«Ti piace la mia voce?» le domanda quasi sovrappensiero, avvicinandosi ulteriormente al suo corpo, intrecciando una gamba tra le sue.
Si guardano negli occhi intensamente, sono troppo vicini. I loro cuori battono all'impazzata, e l'odore dell'alcool è decisamente forte, tanto da confonderli ulteriormente.
«Sì, è eccitante...»
Un brivido li percorre totalmente, facendo trattenere loro il respiro. Un brivido di eccitazione, segnale che dovrebbe porre inequivocabilmente fine a quel gioco.
Segnale che però viene completamente e deliberatamente ignorato.
Ace non saprebbe neanche dire quando si è trascinato fin sul corpo di Akemi, sovrastandola, baciandole il collo in un modo tutt'altro che fraterno.
«Ace…» è come un sottile lamento, un gemito, che gli arriva dritto all’inguine, facendolo vacillare.
«Akemi.» non è più un gioco, lo hanno capito entrambi, e inspiegabilmente la cosa non gli dispiace per niente. Lascia vagare le mani sul suo corpo, beandosi delle carezze leggere che Akemi gli lascia sulla schiena, perdendo velocemente il controllo, facendo scivolare rapida una mano verso il basso, venendo però interrotto dalla voce spezzata della ragazza.
«Saresti bravo, magari hai trovato la tua vocazione... dormiamo ora?»
Rimane imbambolato a guardarla per una manciata di secondi, annuendo poi con poca convinzione e rimettendosi nel suo lato del letto, scosso nel profondo. Non pensava che finisse così.
Akemi chiude con forza gli occhi, cercando inutilmente di riacquistare lucidità. L'alcool ingerito è troppo, l'eccitazione anche.
Senza pensare si alza di scatto a sedere, causandosi un forte giramento di testa a cui però non bada minimamente, rigirandosi per cercare la bottiglia lasciata accanto al letto, bevendo una lunga sorsata per provare a calmare i nervi scossi.
Ace la guarda con attenzione, seguendo le linee del suo corpo delineate dalla luce che debolmente filtra dalle tende e in un moto spontaneo si alza a sua volta, strappandole la bottiglia di mano e bevendo con ingordigia, pensando anche lui che sia l'unica soluzione per distrarsi.
Il problema nasce dal fatto che entrambi vogliono quella maledetta bottiglia, tanto che Akemi si trascina a sedere sulle sue gambe pur di strappargliela di mano.
Beve, beve come se non ci fosse un domani, senza però riuscire ad ignorare l'erezione del ragazzo che preme contro il suo inguine, la sua mano che le stringe con decisione la vita e l'altra che le palpa un seno con forza, la sua lingua che lentamente cattura una goccia del prezioso liquido ambrato che le stava scivolando sul collo.
Accade tutto in un attimo: le loro bocche si sfiorano, cercandosi poi più avidamente, mentre le lingue si scontrano, con il sapore dolce dell'alcool ad inebriarli ulteriormente.
Le mani scorrono sui corpi scossi da brividi, le menti annebbiate dall'alcool, la consapevolezza che stanno facendo qualcosa di sbagliato li abbandona quasi immediatamente.
Non esiste nient'altro quella notte: solo loro e la bottiglia ancora stretta nella mano della ragazza.

I postumi di una sbornia clamorosa come quella sono forse la cosa più odiosa al mondo e Ace lo sta capendo perfettamente in quel momento, con la fastidiosa e pungente luce che gli folgora il cervello dolorante, lo stomaco in subbuglio e la bocca impastata.
Si stropiccia gli occhi con la mano più vicina al volto, rendendosi conto che stava dormendo abbracciato ad una bottiglia vuota di rum.
«Credo di non essermi mai ridotto così male...» mormora intontito, rannicchiandosi lentamente su sé stesso.
«Io non avevo mai bevuto e penso che non lo farò mai più...» biascica Akemi, completamente nascosta sotto le coperte, sveglia ormai da una ventina di minuti «Sei consapevole del fatto che siamo nudi?»
Passano un paio di secondi prima che Ace elabori pienamente la sua domanda e quando finalmente ci riesce, non riesce a trattenersi quasi dall'urlare.
«Cosa?!» si volta di scatto, rischiando seriamente di vomitare anche l'anima, trovandosi così costretto a reggersi la testa con le mani per il dolore.
«Tranquillo, non abbiamo fatto sesso.» lo tranquillizza la minore, spuntando solo con gli occhi da sotto il lenzuolo, guardandolo con aria furbetta «Però tu hai il collo rovinato.»
«Eh?» la guarda senza capire, ricomponendo velocemente gli eventi della sera precedente, arrivando velocemente alla conclusione di aver fatto una colossale scemenza e che, in realtà, non se ne pente minimamente.
«Ti ho riempito di succhiotti...» ridacchia, con un pizzico di imbarazzo.
Rimangono in silenzio per qualche minuto, fissando il vuoto, finché entrambi non scoppiano in una fragorosa risata.
«Siamo due deficienti!» trilla allegra Akemi, facendo emergere finalmente la testa arruffata dalle lenzuola, facendo ridere ancora più forte il pirata.
«Prima ed ultima volta che ti porto a fare spese!»
Akemi gli si accoccola sul petto, fissando fuori dalla finestra e ascoltando il battito calmo del suo cuore «Adesso che succede?»
«In che senso?»
«Cambierà qualcosa tra noi?»
Ace ci pensa su con attenzione, passandole una mano sulla testa e arrivando alla conclusione che no, non permetterà mai ad una “sciocchezza” simile di rovinare il loro rapporto.
«Beh, mi dispiace dirtelo ragazzina ma...» Akemi sente il cuore gelarsi in quel momento e di scatto alza la testa per guardarlo negli occhi, vedendolo sciogliersi in poco in un sorriso divertito «...ma non ti libererai di me tanto facilmente!»
Akemi gli tira un sonoro schiaffo sul petto, facendolo scoppiare a ridere «Maledetto idiota! Pensavo che mi avresti detto una cosa tipo "spero che tu lasci la ciurma perché non potrei sopportare di vederti"!»
«Beh, in effetti mi risulterà difficile guardarti con gli stessi occhi adesso e penso seriamente che un pochino ti farò la corte...» ridacchiano entrambi, rimanendo stretti tra le braccia l'uno dell'altra «...e penso anche che sarò un po' invidioso di Marco quando finalmente aprirà gli occhi e si renderà conto di quanto sei dannatamente fantastica.»
«Da quando sono ''dannatamente fantastica''?»
«AH! Non neghi più ehhh?»
«È inutile provare a convincerti, Ace. Ormai ti sei fissato con l'idea che mi piaccia il polletto, anche se non è così. Tanto vale lasciarti nella tua convinzione assurda.»
Ace la guarda con un sopracciglio inarcato, consapevole di conoscerla troppo a fondo per sbagliarsi «Beh, se vuoi possiamo anche fare una scommessa.»
«Dopo ieri notte non scommetterò mai più con te!» controbatte prontamente Akemi, alzandosi a malincuore dal letto, tenendosi il lenzuolo sul seno e cercando con lo sguardo la maglietta abbandonata sul pavimento.
«Oh, andiamo! Sono stato così pessimo?» scherza fingendosi offeso, lanciandole un cuscino.
Akemi lo guarda con sguardo divertito, sbuffando «Sei stato bravissimo, contento?»
«Mi dovrò accontentare, anche se lo dici con un'estrema sufficienza...» afferra al volo i vestiti che gli lancia, passandosi una mano tra i capelli spettinati, già stanco all'idea di dover prendere il mare per tornare alla nave.
«Muoviti pelandrone, il babbo sarà già in pena perché non ci ha visti rientrare all'alba!» scherza, dirigendosi verso il bagno per farsi una doccia ristoratrice.
«Vuoi compagnia? Magari t'insapono la schiena!» le urla dietro il comandante, mettendosi giusto le mutande per poterla raggiungere, più che divertito da quella strana situazione.
«Da quando sei diventato un tale imbecille?» gli urla Akemi, nascondendo a stento il suo divertimento.
«Da quando ti sei sdraiata nuda sotto di me miagolando come una gattina!»
Akemi gli lancia contro la spazzola, mancandolo per un soffio, facendolo ridere ancora più forte.
«Se invece di comportarci come due idioti, archiviassimo l'accaduto e ci comportassimo da persone mature e vagamente intelligenti?»
Ace la raggiunge in bagno, cingendole la vita e baciandole la testa, sorridente, guardando i suoi occhi nel riflesso dello specchio «Si potrebbe anche fare... ma non voglio.»
«Allora lo spiegherai tu al babbo il fatto che il primo bicchiere me l'hai offerto te, che mi hai convinta a fare quel gioco scemo, che mi hai messo la lingua in bocca e la mano in mezzo alle cosce?» è sicura di averlo fregato, di averlo messo in crisi e di potersi così risparmiare le sue battute più imbecilli del solito, ma, purtroppo per lei, il pirata non è proprio di quell'idea.
«E non solo la mano!»
Akemi lo spinge via con un colpo d'anca, alzando gli occhi al cielo e sbuffando.
«Tranquilla, Angioletto... non dirò una parola e mi comporterò meglio di fronte agli altri. Nessuno saprà di questa nostra scivolata!»

Il resto della giornata è trascorso tranquillamente.
Dopo aver rubato una scialuppa e averla legata allo striker, i due pirati sono ripartiti per tornare alla Moby Dick. Se la sono presa con calma, fermandosi in mezzo al mare per mangiare e rilassarsi, chiacchierando del più e del meno, scherzando sulla folle notte trascorsa insieme. Ace, inoltre, ha più volte rimarcato la sua convezioni riguardante i sentimenti di Akemi per Marco, ricevendo alla fine un sonoro pugno in testa e svariate minacce.
Adesso, finalmente, intravedono da lontano l'enorme nave, illuminata dai caldi raggi del sole che tramonta dietro di essa.
«Secondo te il babbo ci farà la ramanzina perché siamo tornati così tardi?» domanda vagamente preoccupata Akemi, guardandolo con aria colpevole.
«Nah.» risponde semplicemente il maggiore, facendole l'occhiolino «Sarà troppo preso nel mangiarsi le mani vedendoti vestita così.»
«Che hanno di sbagliato i miei vestiti?» domanda innocentemente, abbassando lo sguardo per capire. Indossa una maglia nera con una spallina sola che le lascia l'addome completamente scoperto, un paio di shorts di jeans chiari e dei sandali allacciati fino a metà polpaccio di cuoio nero.
«Semplice: praticamente non ci sono.»
In realtà non gli dispiace per niente ad Ace. In fondo ha avuto la possibilità di guardarla per tutto il giorno senza dover stare attento a non attirare l'attenzione di qualcuno!
«Ma falla finita!» risponde piccata, legandosi distrattamente i capelli in una treccia morbida.
Arrivano velocemente alla nave, dove vengono subito accolti calorosamente dai presenti.
«Te lo dicevo, Izo, che sarebbe tornato per l'ora di cena!» esclama un più che sollevato Satch, fino a quel momento intento a fare battute stupide per distrarsi dal pensiero che la sua adorata ed incosciente sorellina potesse correre qualche rischio.
«Ma quanto sei simpatico!» sbotta Ace, tirandogli una lieve spinta, facendolo ridacchiare «A lei non dici niente?»
Satch si volta, così come tutti gli altri, e un'incredibile voglia di strangolarli lo assale.
«Ace...» sibila, chiudendo gli occhi e respirando affondo nel vano tentativo di calmarsi «Come hai potuto permettere che si comprasse della roba simile?!»
«Anche tu ce l'hai con i miei vestiti?! Halta, difendimi!» strilla un'esasperata Akemi, sbracciando a destra e a manca, puntando poi il dito contro l'amica, che a stento trattiene le risate.
«Mi astengo dal commentare.» si tira subito fuori la piratessa, alzando le mani e sorridendole con aria divertita, andando poi ad abbracciarla.
«Stasera ti devo parlare.» mormora Akemi al suo orecchio, accendendo la sua curiosità.
«Qualche problema?»
«Se per “problema” intendi una possibile crisi a livello mondiale, allora si.» scherza Akemi, facendola ridacchiare.
Alza per un solo istante lo sguardo, Akemi, incrociando lo sguardo pacato del primo comandante, e solo in quel momento si rende conto a pieno che non è suo fratello. Non lo è mai stato. Così come non lo è Ace, come non lo sono gli altri. Ma gli altri sono solo amici per lei. Al massimo nutre una non indifferente attrazione fisica nei confronti di Pugno di Fuoco, ma niente di più.
Ma lui, la bella e fredda Fenice... lui è diverso.
Il suo sguardo duro ed impassibile la confonde; il suo profumo la stordisce, facendola andare su di giri; i muscoli lasciati in bella mostra le fanno semplicemente venire voglia di intrufolarsi per l'ennesima volta nella sua cabina e di provare ciò che non ha osato fare con Ace.
Lo vuole, troppo. 'Ma non posso averlo...'
«Il babbo?» domanda semplicemente voltandosi verso Satch, che continua a battibeccare per Dio solo sa cosa con Ace e Izo.
«Mh? Nella sua stanza, era andato a riposarsi un po'.» le risponde frettolosamente, tornando poi all'accesa discussione.
Akemi, silenziosamente, si avvia verso la sua stanza, decisa a portargli il piccolo regalo che ha nascosto tra i vari sacchetti, ancora abbandonati sul ponte della nave.
«Ma guarda chi si vede!» esclama felice il capitano, sorridendole allegro.
«Ho un regalino!» afferma sorridendo di rimando Akemi, tenendo la bottiglia nascosta dietro la schiena «Ma non dirlo alle infermiere. Sarebbero capaci di iniettarmi dell'aria in vena se lo scoprissero!»
Barbabianca scoppia in una fragorosa risata, così forte da costringere Akemi a coprirsi le sensibili orecchie.
L'uomo poi afferra il regalo e lo nasconde sotto al letto, posandole un dolce bacio sulla testa per ringraziarla del pensiero.
«È successo qualcosa?» le domanda apprensivo prima che se ne vada a sistemare le sue cose, facendola voltare.
«Tutto tranquillo!» mente spudoratamente, giusto per evitare quella che sicuramente sarebbe la più colossale parte di merda mai vista nella storia «Ci vediamo dopo a cena, babbo!» gli lancia un bacio prima di uscire, tirando un sospiro di sollievo per non aver ricevuto alcun tipo di ramanzina sul suo modo di vestire.
'Ormai penso che si sia rassegnato con me.' pensa allegra, tornando dai compagni, tutti curiosamente raggruppati, intenti a fissare qualcosa.
«Che succede?» domanda incuriosita, incrociando gli sguardi allibiti dei fratelli.
Si sofferma poi su Satch, dalla cui mano pende un perizoma di pizzo rosso fuoco, e il suo cuore perde qualche battito. Si sente andare in fiamme dall'interno per la vergogna, incapace di dire una qualsiasi cosa per difendersi. Anche perché, cosa può dire? È già tanto che gli altri abbiano creduto alla balla di Ace per spiegare i succhiotti che ha sul collo, dicendo di aver passato la notte con una ragazza che alloggiava nella loro stessa pensione.
«Per curiosità, sorellina...» mormora Satch, alzandosi in piedi e avvicinandola minacciosamente «Quando avresti intenzione di indossarlo?»
Akemi sostiene il suo sguardo, sciogliendosi poi in un sorriso divertito, fierissima della risposta che è riuscita a trovare.
«Mi pare ovvio, comandante: quando riuscirò a mettere le mani su Shanks.»
Molti dei presenti scoppiano a ridere, mentre Satch cade nello sgomento più totale. 'Sapevo di doverle raccontare cose assurde riguardanti il sesso quando era piccola... dovevo turbarla a tal punto da farglielo temere!'
«Vogliate scusarmi ragazzi, ma devo andare un secondo nell'armeria.» afferma distrattamente la ragazza, incamminandosi sotto coperta «Ricordo di aver visto una magnifica mazza chiodata con cui vi fracasserò il cranio per aver curiosato tra le mie cose!»



*Non avevo idea di come chiamarla così ho usato il nome di un'isola giapponese realmente esistente xD Pardon!

Angolo dell'autrice:

Ebbene si: Ace e Akemi se la spassano!
*schiva qualsiasi oggetto stile ninja* chiedo umilmente perdono se la cosa non vi è piaciuta, ma non ho potuto resistere! Vi dirò, in un primo momento la scena l'avevo pensata con Satch, ma mi ha fatto venire i brividi >.< così ci ho messo Ace! :D *schiva altra roba*
In realtà, un po' come ogni cosa in questa storia, c'è un perché se Akemi ha perso così il controllo e gli è saltata addosso, oltre che per l'alcol. Lo stesso vale anche per Ace! C'è un perché se la trova così irresistibile e se non è riuscito a trattenersi, ma dovrete attendere IL capitolo.
Ecco che riappare anche il medaglione! Ve ne eravate scordati, ehhh? :P L'avevo detto che avrebbe avuto una certa importanza! E ne avrà anche in seguito (momento in cui si scoprirà il suo significato). CAZZOQUANTOSONOMISTERIOSA! X°D
Il vecchio tatuatore sa qualcosa... ma sta zitto! AHAH! Bastardello pure lui, ehhh? :P Non preoccupatevi comunque, diciamo che sto disseminando indizi a destra e a manca per farvi capire, anche se non so quanto questi indizi siano comprensibili o.O in ogni caso, se avete delle teorie e siete curiosi di sapere se ci avete preso, sarò più che lieta di togliervi i dubbi :) (sarebbe alto spoiler, ma vabè!)
Cooomunque! Se a qualcuno di voi può interessare, questo è il tatuaggio che si è fatta Akemi: http://tinypic.com/r/2w6utld/8

In ogni caso, perdonatemi se ho pubblicato con tanto ritardo, ma nel fine settimana ero a lavoro e in questi giorni “preparavo” un esame insuperabile, quindi ho avuto poco tempo >.< spero di riuscire a pubblicare in settimana il prossimo!
Ah, a proposito di questo: vorreste che apparisse qualcuno o succedesse qualcosa in particolare? Le idee ci sono, anche troppe, ma se posso “accontentare” qualche vostra aspettativa o cose simili, lo faccio volentieri :D sarebbe una specie di prova pure per me, in realtà.

In fine, ma non meno importante, un enorme grazie a Okami D Anima, Monkey_D_Alyce, Lucyvanplet93, Redangel19, Yellow Canadair, ankoku e Law_Death per le bellissime recensioni! Davvero, siete troppo gentili! Grazie mille! ♥

Alla prossima, un bacione
Kiki ♥


 

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In quello stesso momento, sotto lo stesso cielo arancione, a grane distanza dall'imponente Moby Dick e il suo equipaggio, Killian osserva il mare dalla cima di una scogliera con sguardo vuoto.
Dopo aver lasciato in fretta e furia la nave di Whitey Bay, è tornato con la coda tra le gambe all'isola Helheim, la sua attuale dimora. È stato deriso da Geri e Freki, convinti che avesse miseramente fallito come loro, sorprendendo tutti quanto quando ha affermato di non averla catturata per scelta, senza ricevere però nessuna ripercussione violenta da parte del suo Signore.
Adesso continua a fissare quell'enorme distesa d'acqua che s'infrange violentemente sugli scogli più bassi, bagnandogli il viso con qualche goccia salmastrosa.
Alle sue spalle Wulfric lo osserva in silenzio, senza esternare alcun tipo di emozione. Lo conosce da sempre, lo ha visto crescere, maturare, diventare il Titano, come lo conoscono tutti, ma mai una sola volta lo aveva visto così abbattuto.
È consapevole che non sia un bel periodo per lui, che tutto stia andando nella maniera più sbagliata possibile, ma non riesce a non essere fiero di lui. In fondo ci vuole un bel coraggio per ribellarsi in maniera così sfrontata a colui che viene paragonato ad un Dio.
Sa anche però che non è per quel fallimento che è così abbattuto, ma che il suo dolore è provocato da un evento precedente, quello per cui non riesce a darsi pace neanche per un istante.
«Non è stata colpa tua» ammette con voce apatica, facendo un paio di passi in avanti per poterlo avvicinare, per poter vedere la frustrazione nei suoi occhi chiari.
Lo sente sbuffare sonoramente, mentre continua a rigirarsi tra le mani un sassolino, senza prestargli la minima attenzione.
Non riesce però ad avvicinarsi quanto vorrebbe, che Killian si rigira di scatto nella sua direzione, incenerendolo con lo sguardo. Balza in piedi fulmineo, lanciando il sassolino tra la vegetazione, guardandolo con aria sconvolta «Ho sbagliato! Per un attimo mi ero illuso che sarei stato all'altezza! E invece...» non riesce a completare la frase, un urlo pieno di rabbia gli squarcia la gola, mentre arriva quasi a strapparsi i capelli per la frustrazione.
Lo guarda per un breve istante negli occhi, sentendo l'ennesima fitta al cuore, dolorosa come lo sono tutte le volte.
«Ho solo...» sospira piano, passandosi una mano sul viso e girandosi dall'altra parte, pronto ad andarsene a leccarsi le ferite «Lasciamo perdere...»
«Un momento, stammi un po' a sentire, Killian.» lo blocca saldamente per una spalla, rigirandolo come se fosse un bambino, puntando gli occhi nei suoi, serio come poche volte in vita sua «Tu hai la stoffa per compiere grandi imprese, ma non potevi farcela quella volta. Non hai colpe per quanto è successo, ti sei battuto come una furia, ma la situazione era ben peggiore di quanto chiunque di noi si aspettasse. Nessuno ti farà mai una colpa per quanto è successo, anzi: tutti ti considerano come una specie di eroe, l'unico che ha la forza per riuscire a battere quello che considerano un Dio.» gli mette una mano affusolata sulla guancia, sentendosi improvvisamente triste di fronte ai suoi occhi da cucciolo ricolmi di lacrime. 'Come ti sei ridotto...'
Di slancio lo stringe a sé, cingendogli le spalle con le braccia forti, lasciando che sfoghi parte del suo dolore sulla propria spalla, prendendosi parte di quel fardello che lo sta distruggendo dall'interno.
«Su coraggio, stai tranquillo ragazzino. È tutto a posto.» sussurra senza riuscire a trattenere un sorriso, dandogli delle pacche sulla schiena «Farai tremare le stelle, vedrai.»
«Grazie Wulfric...» mormora staccandosi, pulendosi velocemente gli occhi con le mani per nascondere le tracce di quel pianto «Pensi che andrà lui stesso?» domanda con certo timore, voltando la testa e tornando a fissare il mare.
«Non temere, l'ho fatto ragionare.» sorride con aria enigmatica, girando sui tacchi e dirigendosi verso il castello dove ormai abita, lasciandolo solo con i suoi pensieri e i suoi dubbi, incontrando per puro caso Freki.
Si fissano in cagnesco per un lungo istante, scrutandosi con attenzione, finché Freki si lascia andare ad un ghigno beffardo.
«Continua a torturarsi, mh?» domanda arrogantemente, incrociando le braccia muscolose al petto e guardandolo dall'alto in basso, vagamente divertito dalla sofferenza di quello che da anni è il suo rivale numero uno.
«Pure io lo trovo bizzarro, ma non per questo gli manco di rispetto.» ringhia in risposta Wulfirc, guardandolo con aria altezzosa e vagamente stizzita.
«Non stavo mancando di rispetto proprio a nessuno.»
«Il tuo tono dice il contrario.»
Ridacchia appena, Freki, passandosi le mani tra i capelli, scompigliandoli «Mi ha sempre sorpreso il tuo attaccamento nei suoi confronti.»
Wulfirc, stufo di quell'indesiderata conversazione, ricomincia a camminare, trattenendosi con tutto sé stesso dal prendere un masso e spaccare il cranio del ragazzo quando lo sente corricchiare per raggiungerlo.
«Quale sarà la prossima mossa?» domanda realmente incuriosito, celando appena il suo desiderio di tornare in azione.
«Non credo che la cosa ti riguardi.» afferma atono, allungando le dita affusolate e pallide per attirare l'attenzione del suo corvo, che subito plana in sua direzione.
«Direi di si, invece. Gira voce che i cacciatori stiano intensificando le loro battute di caccia. Devo quindi sapere come avete intenzione di agire, per non far correre rischi inutili a mio fratello.»
«Il tuo attaccamento nei suoi confronti è nauseante, Freki.» lo sfotte prontamente, mentre un ghigno fa capolino sulle sue labbra, non preannunciando niente di buono «Non hai di che temere, giovane principe. La prossima mossa... sono io

  
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