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Autore: _elanor_    30/06/2008    4 recensioni
Mi sono sempre chiesta, e se nel “Principe Mezzosangue”, nel capitolo 24, ad entrare nel bagno e trovare un affranto Draco Malfoy non fosse stato Harry, come sarebbero andate le cose? Che piega avrebbe potuto prendere se a trovarlo fosse stata per esempio una ragazza dai capelli rossi ed intensi occhi scuri… "< Che ci fai qui, Weasley? > lo sentì singhiozzare tra le mani. < Va’ via! Lasciami in pace! >. Ma Ginny rimase, massaggiando leggermente la schiena del ragazzo, con un tocco talmente lieve che non era certa lui lo potesse percepire."
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter | Coppie: Draco/Ginny
Note: Alternate Universe (AU), What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti. Questa Fic è dedicata a Draco e Ginny.

Mi sono sempre chiesta, e se nel “Principe Mezzosangue”, nel capitolo 24, ad entrare nel bagno e trovare un affranto Draco Malfoy non fosse stato Harry, come sarebbero andate le cose? Che piega avrebbe potuto prendere se a trovarlo fosse stata per esempio una ragazza dai capelli rossi ed intensi occhi scuri…?

 

 


 

 

 

 

A volte il destino tira brutti scherzi, e ci fa ricredere completamente su cose che consideravamo ovvie. E a volte questo, senza che noi lo volessimo, o che lo avessimo programmato, o che lo avessimo scelto, sconvolge la nostra vita, la cambia e la plasma a suo piacimento. Ci fa allontanare dalla strada che credevamo fosse quella giusta per noi, e ci scaraventa in luoghi che non pensavamo di poter mai visitare o percorrere.

Perché ad alcune esperienze è impossibile restare indifferenti.

È impossibile…

 

 

 

 

 

 

Unexpected

 

 

 

u

 

 

 

“Lacrime e baci”

 

La stagione di maggio ad Hogwarts era piacevole e l’aria frizzante. Non era molto calda, ma mitigata dal sole che riprendeva a sbucare dalle nuvole che quasi costantemente lo nascondevano per tutti i mesi invernali. Ed il paesaggio verdeggiante tutto intorno si beava di quei raggi, che lo impreziosivano come il più raro degli smeraldi.

Ginevra Weasley adorava quel periodo dell’anno, e ne approfittava per studiare dopo le lezioni distesa sul soffice manto erboso del parco che circondava il castello. Ed in quel momento, scalza e con i capelli sciolti, fissava le pagine fitte del suo libro di Trasfigurazione, anche se in realtà non riusciva ad assimilare una sola parola di quello che leggeva. E avrebbe dovuto davvero impegnarsi, dato che i suoi G.U.F.O. erano alle porte.

Ma proprio la sua mente non ne voleva sapere di concentrarsi. Ed era tutta colpa sua, come sempre da quando aveva iniziato a frequentare Hogwarts. Colpa di quegli intensi e luminosi occhi verdi. Di quei capelli scuri perennemente spettinati. Di quel ragazzo dolce, sensibile, simpatico e coraggioso che gli rimbalzava in testa da anni, e che rispondeva al nome di Harry Potter.

Era assurdo, quasi patetico che ancora covasse tante illusioni su di lui. E doveva ammettere che le aveva provate tutte per toglierselo dalla testa. Ma tutte le sue precedenti relazioni, con ragazzi che non aveva mai realmente amato, nonostante tutto il suo sforzo, non erano valse a niente. Neanche l’ultima, con Dean, che era stata la più seria e la più intensa.

E, a peggiorare le cose, ora che si era lasciata con lui sembrava che Harry le girasse sempre attorno. Spesso nell’ultimo periodo si ritrovavano da soli a chiacchierare e scherzare. Tornavano dagli allenamenti di Quidditch assieme. Passavano le sere in sala comune con Ron e Hermione. Il ragazzo non le aveva mai parlato così tanto, né le aveva mai rivolto tante attenzioni come in quell’ultimo periodo.

A volte le era capitato di alzare lo sguardo ed incrociare i suoi occhi fissi su di lei, che subito distoglieva. E si era illusa che, magari, anche lui provasse qualcosa nei suoi confronti. Che forse c’era ancora speranza, dopo tutto questo tempo. Ma no, non doveva illudersi. Doveva tenere i piedi per terra. Non fantasticare, come al suo solito.

Si riscosse, realizzando che il sole era ormai quasi tramontato, e lei non aveva studiato neanche la metà delle dieci pagine che le erano state assegnate per l’indomani. Sbuffando, chiuse il libro con un colpo secco e lo infilò nella borsa. Presto sarebbe stata ora di cena, e se si dava una mossa, magari riusciva ad arrivare in tempo per fare la strada fino alla Sala Grande con lui, suo fratello ed Hermione.

Dannazione, era decisamente patetica…

Si infilò le nere scarpe lucide dell’uniforme e prese a risalire il parco, diretta alla sala comune, per lasciare in camera il peso della cultura che le affondava le spalle.

Svoltò un angolo, ritrovandosi in un corridoio deserto, quando un rumore colpì la sua attenzione. Proveniva da una porta alla sua sinistra. Era il bagno delle ragazze in cui albergava lo spirito irrequieto di Moaning Myrtle. Di sicuro era lei a fare quei versi.

Ma poi si arrestò. Non erano i soliti schiamazzi dello spettro; erano singhiozzi. Qualcuno lì dentro stava piangendo. Accostò l’orecchio alla porta. Non c’era dubbio, erano singhiozzi.

Pensò che forse era meglio non intromettersi. Se era lì dentro da solo a piangere, chiunque fosse, di certo non voleva essere disturbato. Ma quel pianto le rimbombava nelle orecchie.

Senza fare il minimo rumore, spinse leggermente la porta. Davanti a lei c’era un ragazzo biondo che le dava le spalle, con le mani appoggiate ai lati di un lavandino e la testa abbassata, scosso dai tremiti del pianto. Aprì di più la porta, che cigolò rumorosamente. Il ragazzo alzò di scatto la testa, e Ginny poté incrociare i suoi occhi grigi nel riflesso dello specchio. Non poteva credere a quello che vedeva; il volto sconcertato e rigato dalle lacrime che si rifletteva nello specchi era quello di Draco Malfoy.

Ginny rimase immobile, incredula, mentre Malfoy si voltò di scatto verso di lei.

< Weasley! > disse, con la voce rotta dal pianto.

< Ah, ehm, ecco > la ragazza era nel panico, non sapeva cosa dire. < Ho sentito qualcuno piangere, e mi sono chiesta chi fosse, se avesse bisogno d’aiuto… >

< Quei pezzenti dei tuoi genitori non ti hanno insegnato a farti i cazzi tuoi? >. La voce del biondo era sprezzante come sempre, ma insolitamente roca e bassa. La ragazza rimase immobile sulla porta. Non sapeva se in lei prevalesse in quel momento la collera per le abituali parole piene di cattiveria del Serpeverde o la pena per quel dolore che stava spingendo il ragazzo più antipatico di tutta Hogwarts a piangere chiuso in un lurido bagno.

< Va’ via > disse lui, con tono raggelante. Le lacrime continuavano a scorrere sul viso diafano.

< Posso fare qualcosa per aiutarti? >. Lo disse senza rifletter, senza che il suo cervello capisse quel che stava dicendo. E subito se ne pentì, quando il ragazzo la fissò con occhi sgranati. Che le era mai saltato in mente? Era pursempre Draco Malfoy, l’irritante e crudele figlio di un Mangiamorte, che odiava sia lei che tutta la sua famiglia, ricambiato con la stessa intensità.

< Aiutarmi? Tu? Una Weasley pezzente come te? > disse lui con fare disgustato. < Non essere ridicola. Cosa pensi di poter fare tu, insulsa ragazzina! >

Ginny non si mosse, non perché non volesse andare via, lontano da quegli insulti che il biondo le vomitava addosso. Ma perché le sue gambe non rispondevano ai comandi. La sua testa era troppo piena di quelle lacrime. l’espressione del ragazzo si fece più dolente, e i singhiozzi ripresero a scuoterlo. E Ginny vide Draco Malfoy accasciarsi a terra, sul sudicio pavimento di quel bagno abbandonato, e portarsi le mani a nascondere il viso.

Ginevra si chiuse la porta alle spalle, isolando il bagno dal resto del corridoio, e mosse dei passi incerti verso di lui. Si piegò in avanti, appoggiandosi sulle ginocchia, e posò una mano sulla schiena tremante di Malfoy, che sobbalzò a quel contatto, ma non alzò il viso.

< Che ci fai qui, Weasley? > lo sentì singhiozzare tra le mani. < Va’ via! Lasciami in pace! >. Ma Ginny rimase, massaggiando leggermente la schiena del ragazzo, con un tocco talmente lieve che non era certa lui lo potesse percepire.

Inaspettatamente, Draco si mosse verso di lei e si aggrappò al suo maglioncino, appoggiando la testa sulle mani chiuse a pugno. Non smetteva di piangere, curvo sulle ginocchia di lei, tremando convulsamente. Un pianto disperato. E la ragazza si commosse di quel pianto, di quel dolore, e sentì gli occhi inumidirsi. Ma non permise anche alle sue lacrime di scendere. Si fece forza, ricacciandole indietro.

< Vuoi… > disse con un filo di voce, che tradì le sue emozioni. < Vuoi dirmi che è successo? > chiese gentilmente.

Draco scosse la testa < No > disse. < Maledizione, no… Tanto sarebbe tutto inutile… >.

Ginny non chiese altro. Solo cinse le spalle del ragazzo con le sue braccia minute, e attese in silenzio che i singhiozzi si calmassero.

Se glielo avessero detto in qualunque altro momento che avrebbe consolato un affranto Malfoy, di certo avrebbe risposto che no, era impossibile; che solo un pazzo masochista e sadico avrebbe mai fatto una cosa del genere. Ed ora, contro ogni sua aspettativa, si trovava lì, china sulla persona che forse odiava di più al mondo, con le braccia sulla sua schiena tremante. E non sapeva dire perché lo facesse. Era assurdo. Era illogico. Ma rimaneva lì, seduta sulle ginocchia, con le mani di lui strette attorno al maglione della sua divisa e il viso pallido che versava lacrime calde sulle sue cosce.

Il ragazzo parve calmarsi, a poco a poco, e allentò la presa sul suo maglione. Automaticamente, anche lei smise di abbracciarlo e Draco si risollevò. Gli occhi grigi, arrossati e gonfi, si fermarono nei suoi. Non l’aveva mai guardato da così vicino. Forse, non l’aveva mai guardato direttamente in viso. E si accorse per la prima volta di quanto fossero delicati e belli i tratti di quel viso pallido come l’avorio. Le sopracciglia arcuate e sottili, il naso diritto e non troppo pronunciato, la mascella delicata, le labbra carnose. Aveva un aspetto quasi androgino ed infantile.

L’espressione del ragazzo era estremamente vulnerabile. Draco distolse in fretta lo sguardo e lo fissò su un punto indefinito del pavimento. Parlò a voce bassa, calma; in cui non c’era il solito disprezzo che era abituata a sentir uscire da quella bocca quando si rivolgeva a lei.

< Per favore… Weasley… vai via >. Si rialzò in piedi, come fece anche lei, e le diede le spalle, camminando in direzione dei cubicoli dei gabinetti, fino a fermarsi con le braccia incrociate infondo alla stanza.

Ginevra fissò in silenzio per qualche attimo le spalle larghe del ragazzo e la sua nuca biondissima. Ora, non tremava più. Si girò e si diresse verso la porta. < Scusa, se ti ho disturbato > disse prima di aprire la porta e richiudersela alle spalle.

 

 

 

 

 

< Era ora! Ginny, ma che fine hai fatto? >

Demelza, come sempre, le aveva tenuto il posto. Ginny si sedette accanto alla compagna.

< Allora? Dove sei stata fino ad adesso? >

< Eh? Ah, si, scusa. Sono stata giù al parco e mi si è fatto tardi >. Disse Ginny.

Era ancora sconcertata per la scena cui aveva appena assistito. Ancora negli occhi il viso pallido e solcato dalle lacrime di quell’odioso ragazzo.

Scosse la testa e si versò nel piatto una grossa porzione di sformato di carciofi e tortino di carne. Ma non si sentiva affamata, quindi lasciò il piatto intatto per qualche minuto, contemplandolo assente.

Alzò la testa e, senza volerlo, puntò lo sguardo sul tavolo dei Serpeverde, verso il lato occupato dagli alunni del sesto anno. Lui non c’era. C’erano solo quei due energumeni dei suoi amici, Crabbe e Goyle che ingurgitavano cibo a grossi bocconi; ma tra di loro non spiccava come sempre la capigliatura sfavillante di Draco.

< Ehi. Ci sei? >. Ginny si riscosse, distogliendo lo sguardo dal tavolo dall’altra parte della sala, e incrociò gli occhi scuri di Hermione, la sua migliore amica, che la fissavano dubbiosi. < In che pianeta sei stavolta? >

La ragazza divenne rossa in viso, reazione che purtroppo le capitava fin troppo spesso (eredità Weasley, come i capelli cremisi e le lentiggini), e accennò un sorriso spostando lo sguardo sugli altri commensali di fronte a lei. Harry la stava guardando da dietro le spesse lenti, con espressione dolce, e sentì le guance imporporarsi se possibile ancora di più.

< Sai, ti abbiamo aspettato in sala comune per scendere a cena insieme > disse sorridendole Hermione. Uno dei suoi sorrisi ammiccanti e sornioni, di chi sapeva più di quanto dicesse.

Era la sua consigliera, la sua spalla, il suo punto fermo tra un mare di vorticanti incertezze. A lei, e soltanto lei, aveva confidato tutto di quell’amore morboso e irrazionale che provava per Harry. E lei, pazientemente, era stata ad ascoltarla ogni qualvolta ne aveva avuto bisogno, consigliandola su cosa potesse fare per toglierselo dalla mente.

Aveva passato un brutto periodo, la dolce Hermy, quell’ultimo anno; e stranamente la cosa era coincisa con la relazione tra suo fratello Ron e Lavander Brow. E, ancor più stranamente, ora che i due si erano lasciati, sembrava più pimpante e felice che mai. Hermione era molto riservata e non amava parlare di sé, specie di questioni sentimentali, ma non serviva certo un veggente per rendersi conto che la ragazza era totalmente cotta di quel ridicolo spilungone dalla faccia costantemente inebetita che era suo fratello.

Che gusti assurdi aveva Hermione. Era la ragazza più intelligente di tutta Hogwarts. E non era neanche tanto male, a parte quella matassa indistricabile di capelli bruni perennemente scompigliati. Avrebbe potuto avere chiunque volesse.  Ma lei aveva occhi solo per Ronald Weasley.

< Scusate > fece Ginny rivolta all’amica. < Non mi sono resa conto di che ora fosse >.

< Vabè, non importa >.

< Ehi, Ginny >. Il suo cuore mancò un colpo, nel sentirsi chiamare da quella voce. Si voltò e rivolse ad Harry un luminoso sorriso. < Domani sera ci sono gli allenamenti >.

< Anche domani? >. Erano settimane che non facevano che allenarsi per la partita contro Corvonero, che ci sarebbe stata quella domenica.

< Non vorrei stressarvi così, ma è l’ultima partita, è decisiva… >.

< Si, lo so. Tranquillo, Harry, non mancherò. Fidati, la vinceremo noi stavolta >.

< Mi fido >.

Per le mutande di Merlino, quant’era dolce…

 

 

 

 

 

La graziosa stanza circolare era immersa nel più profondo silenzio. Le candele erano spente e l’unica fonte di luce erano i tenui raggi di una luna calante che entravano dalla finestra lasciata aperta per far entrare la fresca brezza notturna, che trasportava gli aromi floreali della primavera.

Ginevra era distesa sul suo letto, supina, con i setosi capelli rosso fiammante sparsi sulla trapunta dalle stesse tonalità. Amava quei momenti di solitudine, in cui si ritrovava da sola nella sua stanza a fare il punto della situazione. Non che fosse una ragazza solitaria o scostante, ma le piaceva ritagliarsi spazi  che fossero solo suoi, dove ascoltare con attenzione i suoi pensieri, riflettere sulle preoccupazioni che l’assillavano, o, più semplicemente, gustarsi il rumore assordante che poteva procurare un intenso silenzio.

Ripensò a qualche ora prima, al bagno delle ragazze al primo piano. Ricordò il volto pallido e sconvolto di Draco Malfoy.

Chissà cos’era che lo rendeva così infelice. Chissà quale grande problema lo aveva portato a sciogliersi di lacrime chiuso in un bagno. Addirittura, ad accettare che lei, una perfetta estranea, una delle persone che più odiava da sempre, lo consolasse.

Era la prima volta che provava compassione per Malfoy. In verità, non avrebbe mai creduto di poter accostare quel sentimento a quel cognome. Perché infondo, Draco Malfoy era solo un nome e un cognome; era una provocazione, un insulto. Non l’aveva mai considerato come una vera persona, capace anch’essa di provare sentimenti che non fossero odio e disprezzo. Non si era mai posta il pensiero che forse anche lui, anche uno come lui, si potesse sentire solo, o triste, o affranto. Non si era mai domandata se le azioni che compiva derivassero da un disagio profondo che covava dentro di se, e che cercava di mascherare con gli insulti.

Pensando a tutto ciò si sentì profondamente stupida e superficiale.

< Weasley >

Una voce la riscosse. Si tirò sui gomiti, ispezionando con gli occhi la stanza buia. Non c’era nessuno lì dentro.

< Weasley! >

Di nuovo sentì chiamare il suo cognome, sottovoce. Si voltò stavolta in direzione della voce, e vide alla finestra un volto pallido incorniciato da capelli chiari.

< Malfoy? > disse incredula, alzandosi dal letto e dirigendosi verso la finestra, aprendola ancora di più. Di fronte a lei, il ragazzo era a cavalcioni del suo manico di scopa, imbacuccato nel mantello nero e la sciarpa verde-argento della sua casa. < Che ci fai qui? >

< Faccio un giro notturno sopra il parco > disse lui con voce noncurante, come se fosse la risposta più scontata che potesse ricevere.

< Oh, certo. E hai pensato bene di venire a farmi un salutino, giusto? > aggiunse lei, alzando un sopracciglio e incrociando le braccia.

Il ragazzo non rispose, solo guardò altrove, con la sua solita espressione dura e scostante. Era strano pensare al suo viso di poche ore fa.

< Come la metti se ti scopre qualcuno? > chiese la ragazza.

Malfoy sbuffò una risata sprezzante. < Sciocchezze. Sono anni che volo di notte e non mi ha mai beccato nessuno >. Rimasero di nuovo in silenzio. Il biondo si schiarì la voce. < Comunque, già che sono qui… >

< Stai tranquillo > lo precedette sul tempo la ragazza, < non ne farò parola con nessuno >.

Malfoy la fissò con i suoi occhi chiari, che riflettevano i raggi lunari come uno specchio. Ginny rimase per qualche attimo interdetta, colpita che quello sguardo tanto intenso provenisse proprio da Draco Malfoy.

< Bene > disse il ragazzo, distogliendo nuovamente lo sguardo che puntò verso il cielo stellato. < Si, be’… l’hai capito al volo, brava. Dopotutto, non sei tanto male, per essere una Weasley >.

La rossa sollevò le sopracciglia, indecisa se arrabbiarsi o essere divertita da quelle parole. < Devo prenderlo come un “grazie”? >.

< Prendilo come ti pare > fu la risposta del ragazzo. Poi strinse le mani sul manico lucente e virò, allontanandosi dalla finestra .

Ginny rimase immobile alla finestra, fissa sulla sagoma del ragazzo che si allontanava a gran velocità. Senza che lo volesse, un sorriso le increspò le labbra rosse.

 

 

 

 

 

Il sole era alto sul campo di Quidditch, quella domenica di maggio. La finale del torneo di Quidditch di Hogwarts, Corvonero contro Grifondoro era iniziata ormai da un’ora e le due squadre conducevano il gioco in parità.

Ginny, in sella al suo manico di scopa, volteggiava tra le porte. Era madida di sudore, e le gambe e le braccia gli dolevano. I ciuffi di capelli che sfuggivano alla sua coda le si incollavano sul viso, dandole il solletico. Un barlume dorato le sfreccio davanti agli occhi.

< HARRY! IL BOCCINO! > gridò in direzione del cercatore, che sentendola virò subito verso la scintilla dorata che ora schizzava lontano da lei. Anche Cho Chang, la cercatrice di Corvonero, si era accorta del boccino, e ora si dirigeva nella stessa direzione del ragazzo il ragazzo.

I due cercatori viaggiavano alla stessa velocità, l’uno accanto all’altra, le spalle che si toccavano e le braccia tese davanti a loro. < Forza, Harry > ripeteva Ginny a bassa voce, fissando le acrobazie dei due Cercatori. < Forza >.

In un lampo, un movimento quasi impercettibile, Harry diede uno strattone alla sua scopa, che prese lievemente velocità. E la sua mano si chiuse attorno alla piccola pallina dorata, ingabbiandola.

< Ed Harry Potter ha preso il boccino. Che bravo >. La voce eterea e sognante di Luna Lovegood riecheggiò per tutto lo stadio. Madama Bumb fischiò. La partita era finita. E Grifondoro aveva vinto.

Ginny scese in picchiata verso il suolo, fino a frenare dolcemente e scendere dal manico di scopa, sollevandolo in aria, esultando a gran voce. Uno ad uno, anche gli altri della squadra presero a scendere. Si abbracciarono, stingendosi commossi per la gioia. La rossa stinse in un forte abbraccio il fratello, che era planato esultando e ridendo, col volto rosso per lo sforzo.

Harry stava scendendo in picchiata tra le acclamazioni del pubblico, nelle sue mani Ginny vedeva ancora il luccichio delle ali dorate del boccino. Con una virata esperta fu in piedi sul terreno sabbioso. La ragazza gli corse incontro, gettandogli le braccia al collo. < Sei stato fantastico! > gli disse sottovoce, e sentì le braccia forti di lui salde attorno alla sua schiena, schiacciandola al torace madido di sudore. Rimase stretta a lui, beandosi del calore di quel corpo, elevato per l’attività fisica come lo era anche il suo. La sua fragranza era ancora più accentuata del solito. Poi, d’improvviso, sentì le mani del ragazzo risalire, fino ad afferrarle il viso, scostandolo dal petto, e le sue labbra si ritrovarono vincolate in quelle sottili del ragazzo.

Fu qualcosa di immediato, istintivo. Non capiva neanche lei se fosse vero o solo frutto della sua immaginazione. Chiuse gli occhi e si sciolse in quel bacio. Il loro primo bacio. Erano soli in quel campo, nessuno’altro intorno. Schiuse le labbra, e anche Harry fece la stessa cosa, e sentì il gusto della sua lingua, che giocava con lei. Si strinse ancora di più al ragazzo, persa tra le sue labbra dal retrogusto salato per via del sudore.

Non avrebbe saputo dire per quanto rimasero immersi in quel bacio. Capì dove si trovasse, e quanti spettatori stessero assistendo alla scena, solo quando sentì la sua bocca allontanarsi. E le orecchie furono invase da fischi e applausi che provenivano dagli spalti. Ancora abbracciata a lui, voltò la testa in tutte le direzioni. La squadra li stava fissando ad occhi sgranati, specie suo fratello, che al contrario del solito era pallido come un lenzuolo con le lentiggini che quasi lampeggiavano a contrasto con quel colorito.

Spostò di nuovo lo sguardo su Harry, che la stava fissando con quei suoi magnifici occhi verdi, così espressivi e intensi, da dietro le lenti sporche degli occhiali. E non ebbe più dubbi. Il suo sguardo trasmetteva una dolcezza infinita, una gioia autentica. Il suo corpo fu pervaso da un calore mai provato prima, e sentì le guance bruciare. Il ragazzo la stinse, poggiandole la testa al torace e appoggiando la sua guancia sulla nuca di lei.

< Ti voglio bene… > lo sentì sussurrare.

< Anch’io > disse lei, con la voce spezzata dall’emozione.

 

 

 

v

 

 


 

 

Rieccomi. Spero che la prima parte di questa storia vi abbia incuriosito almeno un po’. Insieme a questa ne sto pubblicando anche un'altra, quindi forse sarò un po’ lentina nell’aggiornare i capitoli, ma giuro che non abbandonerò nessuna delle due.

Fatemi sapere cosa ne pensate, vi prego.

Buona lettura a tutti.

M.

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