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Autore: LazySoul    16/03/2014    9 recensioni
Salve a tutti :)
In questa storia si alterneranno le vicende delle due coppie protagoniste: Luna/Blaise e Pansy/Theodore.
La vicenda è ambientato in un sesto anno alternativo, dove il Signore Oscuro e i suoi Mangiamorte sono riusciti a conquistare Hogwarts, Harry e Ron sono fuggiti, mentre Hermione, Luna e altri ragazzi sono trattati come servi nella loro stessa scuola. Malfoy e Zabini aiuteranno le due ragazze (se volete sapere il perchè vi consiglio di leggere "Mai scommettere col nemico" e "Mai fidarsi del nemico") e le nasconderanno all'interno della scuola. Ed è così che Blaise e Luna dovranno condividere la stessa stanza, finendo con l'avvicinarsi sempre di più l'uno all'altra. Riuscirà Blaise a confidarsi con lei? E Luna sarà in grado di farlo innamorare?
Nel frattempo Pansy e Theodore sono in missione con Greyback alla ricerca di alcuni professori che sono riusciti a fuggire da Hogwarts. Pansy vorrebbe rivelare al giovane i propri sentimenti, ma ha paura di rovinare l'amicizia tra loro così impone a se stessa di non dirgli niente. Cosa succederà quando Theodore le dirà di chi è innamorato? Sarà lei la fortunata?
Bene, detto ciò, non mi resta altro che augurarvi una buona lettura! ^^
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Luna Lovegood, Pansy Parkinson, Theodore Nott | Coppie: Draco/Hermione, Pansy/Theodore
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Da VI libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mai Scommettere col Nemico'
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Capitolo terzo

(Luna's point of view)


 

Non avevo mai mangiato tanto in vita mia.

Solitamente la mattina prendevo una tazza di tè, oppure un semplice succo di zucca, da accompagnare con qualche toast con marmellata, oppure dei biscotti al cioccolato.

Eppure quel giorno, seduta di fronte a Blaise Zabini mi ritrovai a mangiare praticamente tutto quello che riuscivo ad afferrare.

Sapevo che il motivo era uno solo: la prigionia mi aveva fatto soffrire la fame ed ora stavo combattendo il buco che sentivo nello stomaco con tutto il cibo che riuscivo ad assimilare.

Non m’importava cosa pensasse il mio nuovo amico di me, anche se una piccola vocina mi suggeriva che mi sarei dovuta sentire a disagio.

Il punto era che solitamente ignoravo tutto quello che suggeriva quella voce, quindi perché iniziare in quel momento?

Afferrai un muffin con dentro lamponi e sopra alcune praline al cioccolato bianco, percependo il mio stomaco brontolare per la fame, anche se ormai era il terzo che mangiavo.

Zabini continuava a guardarmi, lui aveva mangiato semplicemente una fetta di crostata di mele e bevuto un caffè nero senza neanche un po’ di zucchero. Quando avevo visto che portava la tazzina alle labbra avevo storto le labbra al suo posto, al pensiero di quanto la bevanda potesse essere amara.

Comunque non mi toglieva gli occhi di dosso e sembrava stupito da quanto mangiassi.

Una qualsiasi persona normale sarebbe arrossita, accampando qualche scusa ma, sfortunatamente per lui, io non ero affatto normale.

Quindi, mentre addentavo con gusto il mio terzo muffin, gli sorrisi semplicemente, anche se in realtà continuavo a chiedermi perché continuasse a guardarmi.

«Hai ancora fame?», chiese alla fine, spezzando il silenzio senza preavviso e facendomi quindi sussultare.

Non ricordavo che la sua voce fosse così bassa e mi ritrovai, senza rendermente pienamente conto, ad ammirare quel suo timbro profondo.

«Sono stata per una settimana senza cibo, a parte un pezzo di pane di cinquanta grammi al giorno», dissi semplicemente, affondando nuovamente i denti nel muffin.

Un lampo di... qualcosa, che assomigliava in modo impressionante a tristezza, gli attraversò il volto, prima di scomparire sostituito dalla compassione.

«Hai ragione, sono stato indelicato»

Aggrottai le sopracciglia, nascondendomi inconsciamente dietro al muffin, che avevo all’altezza del viso, mentre lo scrutavo.

Aveva ammesso di aver parlato a sproposito o era stato tutto frutto della mia fervida immaginazione?

Nel suo viso vidi quell’espressione, quella che mi aveva sciolto il cuore quando gli avevo parlato quel pomeriggio delle Piastelle. Era un misto di interesse e tenerezza.

Come se per lui fossi una scoperta; qualcosa da analizzare con gli occhi di un bambino.

«Non importa», sussurrai, dopo aver deciso che non era stato tutto frutto della mia fantasia e che, per mostrarmi almeno un po’ educata avrei dovuto rispondergli qualcosa.

«Ti piacciano tanto i muffin, eh?», disse, sorridendomi, ma sembrava in imbarazzo, come se non sapesse come intavolare una conversazione che non sembrasse troppo banale.

«In realtà non li avevo mai mangiati», ammisi, dedicandogli un vero sorriso, non come quello pieno di incertezza che lui aveva appena sfoggiato.

«Ah no? E come mai?», domandò, seguendo ogni mio movimento con occhi attenti.

«Mamma mi preparava i muffin ogni fine settimana, solitamente la Domenica. Li mangiavamo tutti insieme e poi uscivamo in giardino a giocare coi Gulippe», raccontai, sbriciolando tra le dita un pezzo del dolce per poi portarmelo alla bocca.

«Perché non te li prepara più?», chiese, aggrottando le sopracciglia e io sospirai, distogliendo lo sguardo, fissandolo sulla mia tazza di tè ormai vuota.

Lo vidi irrigidirsi, prima di dire: «Oggi sono davvero un pessimo conversatore. Questa è la mia seconda gaffe in meno di dieci minuti. Mi dispiace per tua madre»

«Oh, non dispiacerti. Di sicuro in questo momento è in posto migliore»

Lui sorrise tristemente: «Qualsiasi posto sarebbe migliore di Hogwarts in questo momento, in effetti»

Annuii appena, incerta su come avrei potuto continuare il discorso perché, per la prima volta in vita mia, non volevo che la conversazione s’interrompesse.

Di solito non m’interessava particolarmente parlare con le persone, anche perché spesso nessuno si sforzava abbastanza da cercare di capirmi.

Blaise Zabini invece, con a sua voce bassa e calda, mi stava facendo cambiare idea.

«Il...»

«Cosa...?»

Parlammo nello stesso istante e, senza rendermene conto, arrossi.

Non aveva senso il forte imbarazzo che sentivo, come se avessi voluto dire la cosa giusta ad ogni costo, ma non ci fossi riuscita.

«Scusa...»

«Scusa...»

Mi morsi il labbro inferiore.

Avevamo di nuovo parlato nello stesso momento!

Passarono pochi secondi, mentre noi due ci fissavamo negli occhi, prima che scoppiassimo entrambi a ridere.

Non riuscivo più a smettere, ma mi faceva piacere che anche lui sembrava esser stato colto dallo stesso incantesimo Ridens, soprattutto per il fatto che la sua risata era davvero bella e contagiosa.

Quando alla fine riuscimmo a tornare ad avere un minimo di contegno fu lui il primo a parlare: «Prima hai parlato dei Gullipet, giusto?»

Sorrisi, scuotendo la testa: «Gulippe», lo corressi.

«Beh, sì quelli... Cosa sono?»

«Sono delle piccole creaturine color pesca con il pelo corto che assomigliano molto a degli scoiattoli, ma sono leggermente più piccoli e poi non hanno la coda. Di solito vivono vicino a boschi o corsi d’acqua»

Lo vidi annuire e, anche se nei suoi occhi leggevo una punta di scetticismo, vedevo anche che c’era meraviglia; era affascinato da quello che gli avevo raccontato.

«Perché si chiamano Gulippe? Gliel’hai dato tu il nome?»

Abbassai gli occhi per solo un istante, cercando di contenere la tristezza, prima di tornare a sorridergli: «È stata mia mamma ad insegnarmi la maggior parte dei nomi delle creature che posso vedere, di molte altre so il nome grazie al suo diario»

«Terza gaffe», lo sentii sussurrare e, senza pensarci, allungai una mano e gli afferrai il braccio.

«No, non ti preoccupare. Non devi sentirti in colpa. È normale che pensare a lei mi faccia male, ma temo che non farlo sarebbe peggio. Non voglio dimenticarla e parlare di lei me la fa sentire vicina»

I suoi occhi blu scuro erano fissi sulle mie dita appoggiate sul suo braccio e, solo dopo un paio di minuti silenziosi, alzò lo sguardo e mi sorrise: «Allora sono solo due le gaffe?»

Sorrisi, sentendo la tensione allentarsi tra di noi: «No, non ne hai fatta neanche una»

«Sei troppo buona Lu... Lovegood»

Mi fece male sentire che usava il cognome e non il nome, me in fondo non ci conoscevamo poi molto e capivo il suo desiderio di mantenere le distanze da una ragazza stramba come me.

La mia autocritica mi fece davvero male, ma provai ad ignorare quell’offesa mentale e a sorridergli: «Grazie, Zabini»

L’istante dopo era in piedi, il suo braccio lontano dalla mia mano e le mie dita che sentivano già la mancanza del tepore piacevole della sua pelle.

«Vuoi che ti cerchi qualcos’altro da mettere? Qualcosa di più femminile magari?»

Scossi la testa: «Non ce n’è bisogno, grazie»

«Oh, ma non è un problema. Se vuoi rubo qualcosa dall’armadio di Pansy o di Daphne...»

«Non è necessario», ribadii, alzandomi a mia volta.

Il suo sguardo tornò nel mio, prima di studiare attentamente la mia mise.

Scrutando nei suoi occhi potei vedere vari sentimenti rincorrersi per poi scomparire con una velocità impressionante, sostituiti da uno sguardo deciso: «Non importa, voglio che tu ti senta a tuo agio, quindi vado a fare rifornimento di vestiti. Richieste particolari?»

Ero sorpresa: per quale motivo stava facendo tutte quelle cose per me?

«Preferirei dei pantaloni se possibile. Io e le gonne non andiamo molto d’accordo», ammisi, vedendolo sorridere in un modo davvero tenero che mi fece stringere il cuore.

«Sissignora! Tornerò in un baleno»

L’istante dopo era già uscito dalla stanza, lasciandomi sola.

 

***

 

«Ci ho messo un po’, scusa», disse, Zabini.

Era scomparso da meno di venti minuti e io nel frattempo non ero stata in grado di fare altro se non sedermi sul letto ed abbracciarmi le gambe strette al petto.

Avevo pensato di sbirciare un po’ in giro, per dare un’occhiata, ma poi mi ero sgridata da sola e avevo optato per stare buona.

«Non pensavo che cercare dei pantaloni negli armadi di Pansy e Daphne fosse come cercare un ago in un pagliaio, ma alla fine ce l’ho fatta»

Sfoggiò un sorriso pieno d’orgoglio che mi fece venir voglia di applaudirgli per l’impresa, ma per fortuna riuscii a trattenermi all’ultimo, evitando di mostrarmi più strano di quanto già non sembrassi.

«Ecco a lei», disse, facendo un breve inchino, prima di appoggiare sulle coperte del letto tre paia di pantaloni, alcune camicie e dei golfini di lana.

«Grazie», sorrisi, scendendo dal letto ed ammirando quegli indumenti di alta sartoria che probabilmente erano costati più di tutti i vestiti nel mio armadio messi insieme.

«Figurati»

Restammo qualche secondo in silenzio, poi lui batté le mani: «Coraggio! Ora ti tocca provarli»

Stavo per arrossire, quando riuscii a bloccarmi all’ultimo e gli lanciai un’occhiata indagatrice: «E dove?»

Sul suo volto comparve un ghigno malizioso che non gli avevo mai visto; quello sguardo mi fece contorcere qualcosa all’altezza dello stomaco, ma tentai di rimanere comunque impassibile.

«In bagno, ovviamente. A meno che tu non voglia cambiarti davanti a me»

Alzò un sopracciglio, guardandomi dritto negli occhi e, sorprendendo me stessa, riuscii a sostenere quello sguardo e a sorridere: «Preferisco il bagno»

Afferrai i vestiti e mi diressi verso a piccola porta accanto all’armadio del Serpeverde.

Mentre mi chiudevo in bagno, lo sentii chiaramente dire: «Peccato»

Mi appoggiai al legno chiaro della porta e rimasi sconvolta nell’osservare, dall’altra parte della stanza, il mio riflesso nello specchio.

Perché i miei occhi brillavano? E quel sorriso idiota sulla faccia quando era comparso precisamente?

Cercai di darmi un contegno e, con calma, cominciai a spogliarmi e ad indossare un paio di pantaloni scuri dal taglio raffinato ed una camicetta rosa pallido con sopra un golfino color grigio topo.

Uscendo dal bagno ricevetti un cenno d’assenso e un caloroso sorriso: «Ti sta molto bene»

Riuscii a non arrossire e a ricambiare il sorriso: «Grazie»

«Prossimo outfit!»

Si stava divertendo, lo leggevo dai suoi occhi pieni di emozioni che gli facevano brillare gli occhi e, malgrado sapessi che non avrei dovuto lasciarmi influenzare da lui, ero di riflesso contenta anche io.

Tornai in bagno e mi sfilai i vestiti, rimanendo in biancheria, prima di afferrare un paio di pantaloni grigio perla.

Stavo per metterli, quando sentii chiaramente qualcuno bussare alla porta.

Non a quella del bagno però, ma a quella che permetteva di entrare nella camera di Zabini.

L’istante dopo l’uscio del bagno era aperto e, gli occhi sbarrati del Serpeverde ne approfittarono per fissarmi dalla testa ai piedi, prima di parlare: «Rimani qui dentro e non fare assolutamente rumore. Io vado a vedere chi è»

La porta si richiuse e io, nel silenzio del bagno, ebbi l’opportunità di arrossire come non avevo mai fatto in vita mia.

Mi aveva appena visto con addosso sono un paio di mutande e il reggiseno, eppure nella mia mente sembrava tutto un terribile incubo.

Mi sentivo in imbarazzo per il modo in cui mi aveva guardata e per quell’espressione che mi aveva lanciato prima di parlare; quel modo languido in cui aveva seguito ogni centimetro di pelle esposto...

Indossai i pantaloni grigio perla e un maglioncino bianco il più in fretta possibile, prima di appoggiare l’orecchio alla porta nel disperato tentativo di sentir chi fosse arrivato.

«Mi hai fatto spaventare...», stava dicendo Blaise, la voce chiaramente sollevata: «Come va?»

Una seconda voce rispose: «Domanda di riserva?»

Ci mesi qualche istante a riconoscere chi stesse parlando e quando lo capii mi sentii più tranquilla anche io.

«La Granger non è cedevole come speravi?»

«Hermione non potrebbe mai essere “cedevole”. È un aggettivo che non le si addice nemmeno un po’»

Le parole di Draco Malfoy mi fecero sorridere, mentre pensavo al cipiglio orgoglioso e alle parole taglienti tipiche della mia amica Grifondoro.

«Ti ha graffiato?», chiese Zabini e non riuscii a non chiedermi se fosse una metafora o intendesse proprio ciò che aveva detto.

«No, peggio»

«Morso?»

«Non è divertente, Blaise», disse Malfoy con un tono scocciato: «Dov’è la Lovegood?»

«In bagno»

«In bagno?»

«Sì, in bagno...», la voce di Zabini aveva un tono che non capii, come se avesse voluto dire altro, ma si fosse fermato all’ultimo.

Ci fu un attimo di silenzio, prima che il moro Serpeverde tornasse all’attacco: «Ti ha respinto vero?»

Sentii chiaramente un sospiro e qualcuno sedersi, probabilmente era stato Malfoy.

«Non si fida più di me e io non so cosa fare. Mi manca, Blaise»

«Sei il re della seduzione, un Don Giovanni in piena regola. Sei riuscito a conquistarla una volta, ce la farai una seconda»

«Non sapevo che Don Giovanni alla fine perdesse seriamente la testa per qualcuna», disse Malfoy, usando un tono scherzoso pieno di tristezza.

Zabini rise: «Probabilmente se non fosse stato invitato a quel banchetto e non fosse stato ucciso, prima o poi avrebbe trovato qualcuna che gli avrebbe dato del filo da torcere»

«A proposito di banchetto: i miei genitori mi vogliono a mangiare da loro nelle stanze che il Signore Oscuro ha riservato a loro, mi hanno chiesto di invitarti»

«Va bene, così la Lovegood potrà avere un po’ di tempo per stare da sola, ambientarsi e magari sbirciare in ogni angolo della camera»

«Posso mandare Breedy a prenderla per portarla da Hermione, così possono passare del tempo assieme», propose Malfoy, facendomi sorridere all’istante: «Ma non subito, adesso sono troppo furioso per fare un regalo a quella piccola testarda Grifondoro»

Zabini rise con gusto: «L’amore ti sta rendendo troppo buono, amico mio»

«L’amore...», sussurrò Malfoy con un tono pieno di tristezza che non riuscii ad interpretare.

Ero sconvolta da tutto quello che avevo appreso da una semplice conversazione tra quei due.

Draco Malfoy era davvero innamorato della mia amica?

E lei lo sapeva?

E perché Zabini era così ansioso di lasciarmi sola?

E come facevano a sapere della leggenda di “Don Giovanni” se era un’opera babbana?

«Lovegood», disse la voce di Zabini troppo vicina, mentre lo sentivo bussare alla porta del bagno.

Mi allontanai dal legno e, quando entrò in bagno, finsi di star studiando il contenuto dell’armadietto accanto alla specchio, colmo di boccette e ampolle.

«Ora ho del lavoro da svolgere e poi mangio pranzo con Malfoy. Più tardi arriverà un elfo che ti porterà dalla Granger. Ci vediamo per cena, va bene?»

Annuii, guardandolo dritto negli occhi, imponendo a me stessa di non perdermi nel blu profondo del suo sguardo.

Appena se ne andò mi accorsi di aver fallito miseramente e di trovarmi in un mare di guai.

Blaise Zabini mi piaceva sempre di più e questo non era certo un bene.

 

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Ciao a tutti :)

Sono un po' di fretta quindi scrivo giusto due parole in croce. La prima è GRAZIE, grazie a tutti coloro che hanno inserito la storia tra le preferite, ricordate e seguite, grazie a chi ha recensito e grazie anche a chi ha semplicemente letto. La seconda parola... in realtà non esiste xD

Non so quando arriverà il prossimo capitolo, ma spero che questo vi sia piaciuto quanto è piaciuto a me e che abbiate tempo di scrivermi due righe per dirmi che ve ne pare! :)

Un abbraccio enorme,

LazySoul

  
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