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Autore: Rimbaud_Baudelaire    16/03/2014    0 recensioni
Che cosa accade?
Edmond si sente inadeguato, non è contento della sua vita.
Passa il tempo a leggere nella libreria della sua città, passa il tempo a osservare il mondo attorno a sè, ma lui non vive nessuna vita, si limita ad osservare, senza cambiare nulla di sè.
Non si sente compreso dalla propria famiglia, dalla donna che dice di amarlo.
Erika ultimamente si lamenta che è freddo, che il suo amato è scostante, spesso arrabbiato, si lamente con il migliore amico di Edmond, Valentine.
Valentine però è crudele nei confronti di Edmond, litigano brutalmente, la vita del giovane inizia a cambiare sempre più drasticamente, e si immerge nella solitudine della propria mente e stanza, ripensando al passato che ha appena finito di vivere, retrocendendo sempre di più...
In un mondo moderno, dove le vite sono circondate dalle tecnologie, l'essere soli è quasi impossibili, tutti si controllano grazie a social network, si ha bisogno di evadere da qualche parte, si creano fake con cui incappare in qualche gioco di ruolo online e estraniarsi dal mondo...
Forse finalmente la vita burrascosa di Edmond avrà pace, forse finalmente avrà risposte, forse finalmente capirà perchè Valentine è stato crudele, perchè Erika gli urla che è cambiato fin troppo...
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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01 Amicizia o amore?
 
Era un giorno tiepido di autunno quando per la prima volta lo incontrai, me lo avevano fatto conoscere per vie traverse di Facebook, qualche chiacchiera di chat, qualche role di gioco tra personaggi e poi finalmente dopo un anno riuscii a combinare un incontro con lui.
Valentine era, ed è tutt’ora il mio migliore amico.
Lui che è anticonformista con il mondo stesso e sembra uscito da qualche romanzo vampiresco, in modo perfetto e affascinante: il suo modo di parlare, di porsi, vestirsi galante, nobile di animo quanto di aspetto, lasciando tutti sempre un po’ spiazzati per quel suo atteggiamento di altri tempi. Non vedevo difetti in lui, solo all’inizio lo trovavo viscido, infimo, come un serpente. A volte lo detestavo, ma non mi sono mai bloccato ai pregiudizi, come il fatto del suo essere gay, non mi ero scandalizzato quando me lo disse, anzi! Ne fui contento, lui si fidò di me e mi fece quella confessione, quella confidenza che tuttora porto nel cuore.
Ma torniamo all’incontro.
Quel mattino ero come sempre nella mia libreria di fiducia, leggevo Goethe, ma prima delle sue opere leggevo la sua biografia, come ogni autore, mi affascinava e vivevo con lui i momenti immaginavo nella mia testa, che cosa provasse, come agisse, se qualche volta avesse imprecato, immaginavo i suoi sentimenti.
Le biografie tendono ad essere troppo oggettive, ecco perché amo molto di più le autobiografie, c’è un po’ di sentimento in tutti quegli eventi…
Il cellulare mi squillò e sentii una voce profonda, calda e avvolgente, una voce che mi mise i brividi, ma allo stesso tempo mi fece sentire quasi confortato:
‹‹Sir. Edmond? Sono Valentine, ho appena parcheggiato l’auto, dove siete?Mi reco da voi al più presto per raggiungervi.››
Vi mentirei se vi dicessi che quelle parole non mi fecero smuovere le viscere, non riuscii per un momento neppure a rispondere alla sua domanda. Credo che sul volto mi apparve un sorriso un po’ ebete e quando tornai in me riuscii finalmente a rispondere:
‹‹ Valentine..sono alla solita libreria, ti mando un sms con l’indirizzo?›› la mia voce tremava, me ne resi conto solo dopo aver socchiuso le labbra che mi inumidii con la lingua, ero così nervoso!
Nell’anno in cui eravamo stati lontani, che parlavamo solo attraverso chat e mail chilometriche, lettere per lo più, avevo scoperto in lui un’amicizia quasi, quasi, con i miei ideali, l’amicizia che per me era quasi perfetta.
Quasi, perché la lontananza era una brutta parte di essa.
Scritto il messaggio, non riuscii a rimanere seduto con il libro in grembo, così mi alzai e mi recai all’esterno dell’edificio, guardando da una parte all’altra della strada.
inutile dire che le persone mi finissero addosso, che più di qualcuno mi chiedesse di togliermi da in mezzo ai piedi, ma non mi schiodai da lì, troppo in ansia di vederlo.
Ed eccolo lì, dall’altra parte della strada, che attendeva il semaforo pedonale divenire verde. Gli occhi mi si riempirono di lacrime, il cuore mi scoppiava ad ogni battito, le gambe si mossero per me, attraversai di corsa quella strada trafficata, clacson, imprecazioni, il volto di Valentine diventare bianco di preoccupazione, ma io ero salvo, e mi gettai senza timore al suo petto, abbracciandolo forte.
Indietreggiò, mi strinse tra quelle braccia forti, anche se sottili, mi tenne a lui e mi posò le sue sottili labbra sul capo.
‹‹M’avevan avvisato della vostra statura e corpo minuto. Non ho voluto credere fin quando non mi siete finito tra le braccia.›› Mi parlava con sussurri delicati all’orecchio. ‹‹Tremate Sir?››
La sua domanda sorpresa era del tutto giustificata, tremavo. Sì tremavo come una foglia prima di finire giù dall’albero al termine del giallo, del rosso e infine marrone autunno.
‹‹Non fraintendermi Valentine, semplicemente sono davvero felice di vederti, quasi non ci speravo.›› mi giustificai asciugandomi un po’ gli occhi, mentre lo liberavo dalla mia presa ferrea, ma quando le sue braccia lentamente scivolarono via dalla mia schiena, una sensazione di smarrimento mi colse, ma decisi di ignorarla.
Lo guardai dritto negli occhi, i suoi occhi brillavano di gioia, lo notavo, capii bene i sentimenti che provava per me, me ne aveva parlato a lungo in una lettera, e accennati in altre, che anch’io provassi la sua stessa gioia in quel momento? Che anch’io provassi amore?
‹‹E’ stato difficile arrivare fin qui?›› chiesi cercando d’iniziare una conversazione degna di tale nome.
‹‹No, assolutamente, alcune cose, anche se non vi credete, aiutano davvero! Per esempio il navigatore, il gps dell’auto. Mi ha condotto sino ad un parcheggio molto comodo, sicuro e soprattutto non troppo lontano da qui, dal vostro amato rifugio intellettuale…
Ma ditemi, Sir Edmond, Lady Erika non è con voi quest’oggi? ›› Parlava tranquillamente, e iniziò a dirigersi forse in nessun posto, forse desiderando di passeggiare e mi mossi con lui, seguendolo, senza chiedere nulla a riguardo, lo ascoltavo e sì, dovevo ammetterlo che aveva perfettamente ragione, ma quando toccò il tasto di Erika mi sentii quasi male..
Erika è la mia ragazza, o meglio, dice di esserlo, dice di volermi bene, di amarmi, ma critica ogni mia mossa, mi da contro ogni volta che provo a spiegarle il mio punto di vista, e smettendo di parlarle di ciò ha criticato il mio modo di essere e di vivere insano, ha detto più volte che la escludevo dalla mia vita, che ero freddo. Ma come potevo escluderla se lei per prima se ne stava a  casa invece di venire con me in quella città e parlare con me, passare il tempo con me?
La mente umana è strana, e così passai dei buoni minuti a lamentarmi anche di questo aspetto. Una relazione insana, per la mia mente insana, che mi stava rendendo ancora più complicato e paranoico.
Valentine mi guidò alla fine in un bar, ma a me piace chiamarli come un tempo, in un caffè.
Il luogo era carino, accogliente e caldo con le luci soffuse, non troppo affollato e con posti abbastanza appartati, così che potessimo parlare tranquillamente.
Quando finii le mie lamentele su Erika, lui mi guardò, mi persi nei suoi occhi, e alla carezza sul viso della sua mano non riuscii a non rilassarmi. Mi posai lentamente alla sua mano, strusciai la gota nel suo palmo caldo e quando labbra morbide come petali di rosa si posarono alle mie, non mi sottrassi, schiusi le labbra e ricambiai quel bacio fatto di emozioni strane: malinconia, solitudine, dolore, tormento, desiderio, possessione, affetto, sofferenza.
 
‹‹Dove cazzo sei?!›› gridò Erika al telefono, quando finalmente le risposi.
Già, dov’ero? Non ne avevo la più pallida idea, mi guardai attorno, nel buio, ed ero in un’auto, un corpo caldo accanto a me, sembrava privo di abiti; arrossii quando vidi che era Valentine, che mi cingeva l’addome, gli occhi chiusi, addormentato.
Notai che ero privo di abiti pure io, e notai poi che eravamo fuori città, in un parcheggio sperduto, forse di qualche autogrill.
‹‹Ehm..sono fuori città…›› la mia voce suonò impastata da stanchezza e forse un po’ di alcol, mentre lei, la mia ragazza iniziò a strillare offese e sputarmi rabbia nelle orecchie.
Socchiusi gli occhi e ripensai a come ero arrivato lì: mi ero lasciato baciare da Valentine, lo avevo abbracciato mentre lui mi tirava a sé, poi lui lasciò dei soldi sul tavolo e mi trascinò via da quel posto dopo avermi spinto in auto. Dove mi portava?
Via. Lontano.
Lontano da occhi.
Lontano da tutti.
Mi trascinò nel suo mondo e nuovamente le sue braccia mi avvolsero, le sue mani mi accarezzarono e non riuscii a dirgli “fermati”, solo “continua”. Mi sentii male.

Scesi dall’auto dopo essermi mezzo vestito alla svelta per vomitare bile e succhi gastrici dal sapore acido e l’odore acre, mi sentivo male, per lui e per Erika, come avevo potuto? Non mi ero neppure reso conto, non sapevo neppure come e cosa avevamo fatto, non riuscivo a ricordarlo, ero sconvolto e vomitavo.
Una mano si posò sulla mia spalla e mi tirò indietro i capelli, pulendoli con una salviettina per mani umida..
‹‹Non vi sentite bene? Così prenderete freddo…›› calda e avvolgente, la sua voce mi entrò dentro, chiusi gli occhi nel sentire il suo cappotto caldo sulle spalle e le sue carezze sulla schiena. ‹‹Venite, vi riconduco a casa…››.
  
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