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Autore: SilviAngel    16/03/2014    7 recensioni
Dal primo capitolo: “Lo so, mi manca solo il gilet, la giacca e le scarpe e sono pronto” borbottò Stiles guardando per la prima volta il compagno vestito di tutto punto e fasciato perfettamente da un completo grigio scuro che lo rendeva ancora più bello e affascinante del solito e sospirando continuò “Ora spiegami perché tu devi andare alla cerimonia vestito da figo e io devo sembrare un pinguino”
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Nuovo personaggio, Sceriffo Stilinski, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Oggi Sposi'
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Cap. 2
 
Decidendo di dargli una mano, Derek si mosse in modo da intercettare il piccolo e, prendendolo di sorpresa, lo agguantò, sollevandolo poi in braccio.
“Oh, grazie” lo raggiunse Stiles “Questo signorino non vuol saperne di stare tranquillo nemmeno per poche ore”
Sorridendo, il mannaro parlò con il figlio “Ne abbiamo parlato questa mattina, Oliver, oggi dobbiamo fare i bravi e, se sarai ubbidiente, questa sera potrai scegliere il cartone da guardare nel letto con noi”
“Davvero?” domandò euforico il piccolo, altalenando lo sguardo tra i suoi due papà e, vedendo entrambi fare segno di sì con il capo, promise che sarebbe stato il bambino più buono di tutti.
In quel momento, il lupo vide sopraggiungere lo sceriffo “Ehi, è appena arrivato tuo padre”
“Ciao pa’” disse voltandosi Stiles.
“Ciao nonno” trillò con gioia Oliver cercando di sporgersi in avanti e venendo prontamente accolto nell’abbraccio dell’uomo.
“Ciao campione” il tutore della legge, oramai sulla via della pensione, lo strinse a sé “che ne dici di andarci ad abbuffare di stuzzichini?”
“Papà!” lo riprese Stiles, accontentandosi però di vedere suo padre e suo figlio ghignare e voltargli le spalle.
 
Rimasto solo con il giovane, Derek tentò di capire il motivo dell’umore ballerino del compagno.
“Ho saputo che hai fatto passare la tremarella al futuro sposo”
“Beh, dovevo pur dire qualcosa, ancora un po’ e gli sarebbe servito di nuovo l’inalatore” si giustificò Stiles.
“Certo, solo che mi stupisce. Neanche un’ora fa avevi tu i dubbi sul matrimonio e poi hai spazzato via i suoi” cercò di pungolarlo ancora, ottenendo come risultato solo di farlo innervosire.
“E allora? Uno non può cambiare idea? Da quando in qua devo informarti di tutto? Noi non siamo sposati. Non c’è niente a questo dito” continuò sventolandogli una mano di fronte al viso “che mi dice che devo dirti tutto” concludendo quel discorso assurdo.
“Pensavo ci dicessimo tutto a prescindere” obiettò il moro cercando gli occhi dell’altro, trovandoli inaspettatamente lucidi, prima che questo si dileguasse tra la folla.
Derek non riuscì più ad acchiappare il compagno da solo, fino a che giunse il momento di rimettersi in auto, destinazione chiesa.
 
Il matrimonio era entrato nel vivo e, tra cerimonia e ricevimento, i due quasi per magia si trovavano catapultati sempre ai lati opposti della sala.
Alla fine il castano aveva avuto ragione, il licantropo aveva faticano non poco a tenere a bada le cugine e amiche – nonché damigelle – di Kira e alla fine, esasperato, era stato costretto, cosa che di solito non faceva mai ritenendo che gli affari suoi fossero solo ed esclusivamente suoi, a dire a chiare lettere di essere gay, di essere felicemente accoppiato e di essere padre.
Sorridendo al fuggi fuggi delle ragazze, notò Isaac farsi largo tra la folla, muovendosi nelle sua direzione e tenendo stretto al petto Oliver.
“Ehi, il piccoletto” iniziò il biondino “sta crollando” e, porgendoglielo con attenzione, lo salutò, per tornarsene dalla sua ragazza.
Sistemandosi meglio il figlio tra le braccia, Derek lo sentì mugolare infastidito “Ho sonno”
“Ok. Andiamo a cercare papi e poi andiamo a casa”
“Ma il cartone” si lamentò il bambino tentando in tutti i modi di svegliarsi.
“Che ne dici se lo guardiamo domani mattina sempre nel lettone?” sussurrò il mannaro.
Oliver si limitò a strusciare su e giù la guancia contro la spalla dell’uomo, appisolandosi nuovamente.
Dopo aver gironzolato per alcuni minuti – la musica e tutte quelle persone gli impedivano di usare appieno i suoi sensi – riuscì a individuare Stiles e, raggiuntolo, lo ragguagliò sulla situazione.
“Ok, andate pure a casa” disse secco, prima di voltarsi nuovamente a parlare con quelli che dovevano essere ex compagni di scuola.
“Come scusa?” chiese stupito il moro.
“Ho detto che potete iniziare ad andare. Anzi, aspetta” e rovistando nelle tasche dei pantaloni tirò fuori le chiavi del SUV “dammi pure le chiavi della Jeep”
“Tu resti ancora qui?” si ritrovò a domandare incredulo il beta.
“Sì, perché?” risposte nervoso il figlio dello sceriffo.
“Stiles, cosa diavolo ti è preso oggi?” lo guardò con occhi tristi e arrabbiati al tempo stesso o forse semplicemente delusi.
“Non mi è preso niente. Voglio solo restare ancora a parlare con i miei vecchi amici”
Le chiavi delle auto vennero scambiate e, per nulla tranquillo, Derek se ne tornò a casa.
 
In silenzio, mise a letto Oliver e, raggiunta la loro camera, si spogliò deciso a concedersi una doccia, sperando che il compagno arrivasse presto.
Dovevano parlare.
Derek doveva assolutamente capire cosa avesse l’altro.
Con i capelli ancora umidi, si stese a letto e, senza riuscire a prendere sonno, decise di attendere Stiles, guardando pensieroso lo spicchio di luna visibile dalla finestra.
Senza rendersene conto, dopo un po’ di tempo, il lupo si addormentò.
La notte scivolò via quasi del tutto e, solo quando l’alba era ormai prossima, un sottile rumore destò Derek.
I suoi occhi non ebbero bisogno di tempo per adattarsi alla luce ancora scarsa e individuarono subito Stiles che, ai piedi del letto, si spogliava, slacciando lento i bottoni della camicia.
“È molto tardi o molto presto, a seconda dei punti di vista” borbottò il licantropo con la voce che, parola dopo parola, si faceva più nitida e chiara.
“Dormi” si limitò a dire il minore, senza neppure voltarsi verso il compagno.
“Avresti potuto avvisare o avremmo potuto lasciare Oliver a tuo padre, così io”
“Cosa? Così tu cosa? Mi saresti stato appiccicato al culo tutta la sera?” attaccò immediatamente e senza apparente motivo Stiles.
“Che ti prende, si può sapere?” lo supplicò Derek, mettendosi seduto e alzandosi pochi attimi dopo per avvicinarsi a lui, cercando comunque di non cedere alla rabbia e non mettersi ad urlare.
“Smettila di assillarmi” si ritrovò ad urlare il professore “Non posso avere una giornata no? Devo essere sempre il divertente ed euforico Stiles? Non posso svegliarmi una mattina ed essere semplicemente incazzato col mondo?”
“Tu non sei incazzato con il mondo” lo contraddisse “Tu ce l’hai con me”
“Ah sì? Che sciocco, è vero, tu sai tutto! Tu senti tutto grazie ai tuoi fottuti sensi da lupo. Allora dimmi cosa sto provando? Cosa sto pensando?” continuò a gridare.
“Stiles smettila, lo sai che” iniziò con tono piatto Derek sperando di riportarlo alla ragione.
“Papi” entrambi si voltarono verso la porta dove un lupacchiotto in pigiama si sfregava gli occhi assonnati.
“Scusami cucciolo” sussurrò Stiles, raggiungendolo e abbassandosi sulle ginocchia “Non volevo svegliarti. È ancora molto presto, che ne dici di dormire qui?” chiese poi, abbozzando un sorriso.
Il bambino non rispose, ma corse contento verso il letto, saltandoci sopra e infilandosi come un fulmine sotto le coperte.
 
Derek osservò il compagno avvicinarsi al proprio lato del letto e lo vide, tolti da sotto il cuscino gli indumenti che era solito usare per dormire, incamminarsi verso la porta.
“Dove vai?” chiese allarmato da un tale gesto, dato che erano soliti utilizzare il bagno privato della loro camera.
“Vado a dormire in camera di Oliver” e senza ulteriori spiegazioni Stiles sparì in corridoio lasciando Derek ancora nel bel mezzo della camera, senza dimenticare che erano anche nel bel mezzo di un litigio.
 
Era già mattino inoltrato quando Derek e Oliver videro entrare in cucina un ciondolante Stiles alla ricerca della sua dose di caffè.
“Ciao papi”
“Ciao cucciolo” disse sbadigliando il castano – concedendo solo una fuggevole occhiata al compagno che, davanti allo sportello del frigorifero, stava evidentemente cercando di capire cosa poter cucinare per pranzo – e, spettinandogli capelli con le dita, domandò “Allora piaciuto dormire nel lettone?”
“Sì” gridò felice il piccolo.
“Allora che ne dici di farlo di nuovo stanotte?” propose Stiles incurante della presenza di Derek o forse proprio con l’intenzione di farsi sentire.
“Davvero posso? Ma ci vieni anche tu?” indagò Oliver.
“Il letto di papà sta diventando troppo piccolo per tutti e tre. Io dormirò nel tuo”
“Ma così non mi piace” si imbronciò.
“Su ora non ci pensare. Andiamo a prepararci”
“Per andare dove?” finalmente si udì la voce di Derek.
“Mio padre ci aveva invitato a pranzo da lui. Te lo eri scordato vero?” e quella che avrebbe potuto essere la tipica frase canzonatoria e divertente da parte di Stiles fu solo un insieme di parole dal tono piatto rivolto al moro, prima che il giovane sparisse di nuovo su per le scale.
 
Il pranzo a casa dello sceriffo fu una pessima recita, anche se Oliver chiacchierava come sempre riempiendo di mille domande e racconti il nonno. Per questo motivo, il padrone di casa, rimasto da solo con il figlio, mentre Derek e il bambino erano sul retro a giocare, tentò di farlo confidare.
“Figliolo, so che non sono affari miei però, no, anzi, sono affari miei dato che sei mio figlio. Quindi, ora dimmi, che c’è che non va?”
“Niente” rispose troppo in fretta Stiles, rimettendo a posto le posate appena asciugate “abbiamo solo litigato”
“Solo litigato? Dal momento in cui vi ho sorpreso a pomiciare in lavanderia anni fa, io non ricordo di aver mai sentito di un vostro litigio. A volte vi prendere per i capelli e ve ne dite di santa ragione, vi lanciate frecciate glaciali, ma non avete mai litigato davvero”
“C’è una prima volta per tutto, no?” sorrise forzatamente il ragazzo.
“Non ti va di parlarne con il tuo vecchio?”
“Non è niente” cercò di risultare convincente ma, arrendendosi all’ultimo, domandò “Papà perché hai sposato la mamma? So che erano altri tempi e le tradizioni, ok, ma perché l’hai sposata?”
   
 
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