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Autore: formerly_known_as_A    18/03/2014    7 recensioni
Armin darebbe un braccio per sapere cosa Jean gli dica ogni tanto nella sua lingua.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Armin Arlart, Jean Kirshtein
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Armin darebbe un braccio per sapere cosa Jean gli dica ogni tanto nella sua lingua.

Ci prova, davvero, ci prova a cercare assonanze, a chiedere ad altri cosa vogliano dire quegli improvvisi sbalzi tra tedesco e francese che sembrano diametralmente opposti.

Il tedesco rigido e ordinato scivola sulla lingua del ragazzo con una sicurezza che sembra sciogliersi in tutt'altro quando passa al francese, più dolce, lento e, spesso, sensuale.

C'è una luce diversa nel suoi occhi, quando passa da una lingua all'altra. Se non altro, guarda lui in modo diverso. E alle parole si accompagnano gesti diversi, mani strette prima di una missione o appena sfiorate quando si trovano isolati dal mondo ed improvvisamente in uno stato di sicurezza come non provavano da tempo.


Ma puce. È quello che ripete più spesso, in fine di frase o come una specie di punteggiatura in mezzo a frasi altrettanto incomprensibili. È il tono tenero a farlo arrossire, mentre Jean gli sfiora una guancia ed ha il coraggio di guardarlo negli occhi.

Armin è convinto che potrebbe insultarlo e prenderlo comunque come una frase tenera, in quel momento.


Questo finché, ripulendo il rifugio in cui si sono isolati dopo la fuga, non sente Oh putain de merde! con una convinzione che non lascia dubbi su quanto abbia fatto male darsi una martellata sul dito. Nonostante questo, deve reprimere una risata quando lo porta fino al pozzo per immergere la mano.

La sua espressione è comica, tutta corrucciata per il dolore e l'ego ferito.

Vorrebbe essere capace di allungare la mano verso il suo viso e dire qualcosa di dolce come suonano solitamente le sue parole, ma lo sfiora soltanto, sorprendendolo.

Fa un sorriso nervoso, aprendo appena la bocca e corrucciandosi a propria volta.
Non ricorda nulla, all'improvviso ed abbassa la testa.

Mettiamo delle erbe su quel dito.”


...il y a longtemps que je t’aime, jamais je ne t’oublierai.

Se potesse esprimersi in una lingua che Jean non capisce, Armin sa che sarebbe capace di dire qualcosa di tenero e più simile a quello che prova. Non ci sarebbe l'imbarazzo di un eventuale rifiuto, non ci sarebbe la paura mai completamente sopita di essere preso in giro per i propri sentimenti.

Chante, rossignol, chante, toi qui as le coeur gai...”

Ha la testa sulle gambe di Jean mentre legge un libro che sa ormai a memoria. Gli passa la mano tra i capelli e canta a mezza voce qualcosa che non capisce, ma gli fa socchiudere gli occhi.

Tu as le coeur à rire, moi, je l’ai à pleurer.”

C'è una nota triste, in quella melodia a volte strascicata, come se facesse fatica a respirare.

Non l'ha lasciato solo un momento da quando si sono sostituiti a Eren e Christa. Quella presenza costante lo preoccupa più che rassicurarlo. Perché al disgusto si sono sostituite domande a cui non vuole rispondersi, ancora. E non vuole che Jean abbia da porsele.

Il y a longtemps que je t’aime, jamais je ne t’oublierai.”

Appoggia il libro per terra, subito dimenticato e le nozioni che ha appena ripassato sulla coltivazione degli alberi da frutta potrebbe essergli davvero utili, un giorno, ma la voce bassa di Jean lo culla in un torpore che fa bene, alleviando ogni preoccupazione.

Alza il braccio e gli sfiora il viso con la punta delle dita, mormorando parole a caso che seguano il ritmo della canzone. Gli tocca le labbra e Jean smette di canticchiare, facendo cadere la stanza in un silenzio irreale.

Per un momento vorrebbe chiedergli di cosa parli la canzone. Vorrebbe chiedergli se la tristezza che ha sentito fosse solo nella sua voce o anche nel testo.

Ma si dice che per il momento lo lascerà esprimere sentimenti che non può condividere, ancora per un poco.

Jean, dormiamo un po'.” mormora.

Il proprio tedesco è addolcito di riflesso.

Che sia per la canzone o le carezze tra i capelli, Armin non saprebbe dirlo.


Si rende conto solo la settimana dopo di un dettaglio.

Non proprio un dettaglio, più qualcosa di perfettamente ovvio che gli è sfuggito per motivi che ignora. Non dovrebbe succedere a qualcuno capace di confondere un titano nel disperato tentativo di salvare delle vite.

Eppure rendersene conto è come un fulmine a ciel sereno e gli fa lo stesso effetto che essere buttato giù dal letto e direttamente in un cumulo di neve fresca.

Bonjour mon poussin.” mormora Jean al suo orecchio, prendendolo per il fianco e portandoselo addosso. Dietro di loro c'è un rumore improvviso di liquido che si sparge per la cucina e voltandosi Armin nota il Capitano Levi con la tazza di tè ancora in mano, ma il contenuto per metà rovesciato sui pantaloni chiari.

Ha un momento di terrore, che si trasforma in ilarità nel vedere Eren affrettarsi gridando al cospetto del superiore. Davvero, che cos'è successo per traumatizzarlo in quel modo?

Jean tiene ancora la mano sulla sua vita, pizzicandolo appena. Deve trattenersi per non scoppiare a ridere. Quello sarebbe deleterio, in presenza del Capitano, lo sa senza nutrire per quell'uomo il rispetto e la paura esagerati di Eren.

Capitano che li sta ancora fissando come se qualcuno avesse appena scaricato una montagna di fuliggine su di loro, il disgusto chiaro sul volto.

E allora Armin capisce. Ricorda, almeno.

Levi capisce il francese. Levi è francese.

E qualsiasi cosa Jean gli abbia detto, è talmente melenso da averlo lasciato con una paralisi del viso.

Non sa se scoppiare a ridere o chiedere perdono e, nel dubbio, scappa fuori dalla stanza trascinandosi dietro il ragazzo.


Mon lapin.” sussurra Jean, gli occhi appannati dal sonno e feriti dalla luce del primo sole. Ha un sorriso timido e stanco sul volto, ma non per questo è meno bello.

Per un momento Armin si chiede se sia un buongiorno, ma crede di aver ormai appurato che quello è bonjour.

Sbadiglia, la testa che trova immediatamente rifugio sulla sua spalla nuda.

Che cosa blateri.” gli chiede, portandosi la coperta sopra alla testa per allontanare il freddo dalla schiena e nascondere il rossore.

C'è un lungo silenzio, poi un sospiro.

Tu es mignon comme un lapin.”

Sbuffa ed alza la testa, tirandogli una ciocca di capelli. Cominciano ad essere lunghi e più chiari di quando l'ha incontrato. Sono passati anni. Ha passato anni come compagno nel Corpo di Ricerca, accanto a lui. E un ulteriore anno come altro. Compagni davvero.

L'ha visto cambiare e non vede l'ora di conoscere di più, di vederlo diventare un uomo e riflettersi nei suoi occhi.

Jean?”

Il francese cerca il suo sguardo per un momento e lo distoglie quasi subito, come se pochi secondi potessero mandarlo nel panico.

Insegnami.” mormora Armin, punzecchiandogli la guancia.

Non è sicuro di vedere la sua espressione cambiare, dopo. Non del tutto certo di vedere gli occhi illuminarsi e il sorriso tirare le guance, perché il ragazzo lo stritola come se volesse incastrarlo con lui e Armin scoppia a ridere per forza, colpito da quelle dimostrazioni di affetto improvvise, come ogni volta.

Je t'aime.”

Il ragazzo lo stringe di rimando, perché ormai quella è una frase conosciuta, una frase di cui ha intuito il significato per il tono ed il modo in cui l'altro la pronuncia. C'è devozione e amore, la sicurezza della voce che però scivola verso la fine, in un sussurro. Armin si sorprende di non esserci arrivato prima.

“Je t'aime.” cerca di dire, copiandolo, ma il suono finisce per metà soffocato sulla sua pelle e per l'altra metà ha un accento terribile che sente anche lui.

Jean però ride, facendolo sparire tra il suo corpo e il materasso e Armin si dice che si godrà ancora quelle parole incomprensibili per un po'.



Angolo autrice

Salve a tutti! Spero che questa storia sia piaciuta, io mi sono divertita a scriverla, in uno stile un po' diverso dal solito!

Tutto è partito dalla mia personale headcanon per cui Jean è originario dell'Alsazia, regione francese in cui si parla sia tedesco che francese. Poi ovviamente la voglia di chiamare Armin in modo carino e ridicolo ha avuto la meglio.

Sempre secondo headcanon, Levi/Rivaille sarebbe originario invece della Lorena, la regione accanto all'Alsazia, terra d'origine di Giovanna d'Arco, quindi in teoria dovrebbe capire tutto quello che Jean non osa dire in tedesco.

Ho esitato a mettere le traduzioni in fondo, perché volevo mettervi nei panni di Armin che non ci capisce granché di francese, ma visto che i nomignoli teneri francesi sono ridicoli una volta tradotti (spesso), li condivido con voi.

Ma puce: mia pulce/pulce.

Bonjour mon poussin: buongiorno pulcino mio.

Mon lapin: coniglietto mio.

Tu es mignon comme un lapin: sei carino come un coniglietto.

Je t'aime: ti amo.

Per quanto riguarda la canzone, si tratta di una filastrocca/canzoncina per bambini. È triste da morire come quasi tutte le canzoncine per bambini francesi.

Qui potete trovare il testo francese, inglese e ascoltarla.


   
 
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