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Autore: beagle26    18/03/2014    5 recensioni
New York. Elena fa da assistente in un importante studio di PR di Manhattan. E' indipendente, determinata, ma dal punto di vista sentimentale è molto fragile ed immatura, a causa di una serie di situazioni che hanno messo alla prova le sue rigide convinzioni e minato le sue certezze.
Damon è tornato in città dopo un lungo viaggio in giro per il mondo. Si porta dietro un bagaglio di esperienze straordinarie, ma non è riuscito a liberarsi di ciò che lo tormenta. Tende a mettere alla prova le persone, a mostrare solo il lato peggiore di sé nascondendo un profondo bisogno di essere accettato.
Dal testo:
"Da qui posso vedere bene il profilo della Statua della Libertà, una piccola sagoma verde immersa tra le nuvole. Così ben piantata a terra, lo sguardo fiero puntato all’orizzonte, mi ricorda un po’ me stessa fino a poco tempo fa.
Oggi però la mia libertà la voglio immaginare diversamente.
Come una piuma che ondeggia nell’aria e si appoggia su un ramo per godersi un raggio di sole.
E poi, in una giornata di pioggia, un’improvvisa folata di vento la porta via con sé… ma non fa niente. Potrebbe essere un bel volo."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 11
 
 
“…Gli erano entrate negli occhi, quelle due immagini, come l'istantanea percezione di una felicità assoluta e incondizionata. Se le sarebbe portate dietro per sempre. Perché è così che ti frega, la vita. Ti piglia quando hai ancora l'anima addormentata e ti semina dentro un'immagine, o un odore, o un suono che poi non te lo togli più. E quella lì era la felicità. Lo scopri dopo, quand'è troppo tardi. E già sei, per sempre, un esule: a migliaia di chilometri da quell'immagine, da quel suono, da quell'odore. Alla deriva.”
 
Castelli di rabbia – A. Baricco
 
 
 
…Mi sono innamorata di te, Damon.
 
Ti sembra di sentirgliele pronunciare in continuazione quelle parole. È come se te le stesse urlando, forti e chiare, con quelle mani che si aggrappano a te, col suo corpo che trema sotto le tue carezze. Gliele leggi nelle lacrime, ancora imprigionate fra le sue lunghe ciglia.
 
È tutto sbagliato. Non avresti dovuto farlo Elena, non adesso.
 
Eppure non ce la fai a staccarti da lei, le rubi ancora un po’ di anima, gliela porti via dalle labbra.
Quando apri gli occhi non trovi le sue palpebre chiuse, ma il suo sguardo appassionato, e allora scopri che sa, che ha capito ogni singola parola del tuo discorso, fin troppo bene. Forse meglio di te.
E te lo chiedi un’altra volta. Che cazzo stai facendo.
 
 
Mi stacco lentamente da lei, sfioro le sue guance, sento ancora il suo respiro confondersi col mio.
 
“È finita, non è così?”
 
È lei a parlare, mentre io non so cosa dire. Posso solo annuire di fronte alla verità, impotente davanti ai suoi occhi che, al mio silenzio, annegano poco a poco in un mare di pianto, come sassolini sul fondo di un bicchiere.
 
“Prima ne ho parlato con Ric. Ho deciso di partire con lui dopodomani Elena, per la Siria. Lo ha ingaggiato un’agenzia, gli farò di nuovo da assistente e…”
 
“In Siria? Ma sei impazzito? C’è bisogno di andare dall’altra parte del mondo per non stare insieme a me? E poi hai deciso così, su due piedi…”
 
Indietreggia di un passo. La sua voce si altera lievemente, una lacrima le rotola lungo la guancia. La scaccia con un gesto secco della mano per tornare a rivolgermi il suo sguardo sorpreso e disorientato. Mi avvicino di nuovo, prendo le sue mani tra le mie. Lei mi lascia fare, inerme, senza smettere di fissarmi stravolta.
 
“Non è per te Elena. Sono io. È la verità, non prenderla come la solita frase di circostanza. Devo mettere una distanza fra me e tutto il resto per riuscire a vedere le cose nella giusta prospettiva. Voglio capire chi sono, altrimenti potrei offrirti solo un vuoto da riempire, e non è abbastanza.”
 
Non sei tu, sono io. Sei veramente uno stronzo Damon, una cosa del genere non si può sentire. Fa sembrare così banale quello che c’è stato, e non lo è. Non lo è affatto.
Solo che è così maledettamente strana la sensazione di perdita, di mancanza che sento. Come se avessi la certezza che sto lasciando andare via la persona più giusta che abbia mai incontrato. E in effetti è così.
Lei è giusta, lei è… semplicemente Elena. Sono io quello che non funziona fra noi due, e sarei solo un egoista a trattenerla. Per questo devo allontanarmi. I miei casini devo riuscire a risolverli per conto mio, senza coinvolgerla e senza lasciarmi abbagliare dalla sua luce. Ed è un cammino da fare in solitudine, se voglio avere veramente qualcosa da condividere con lei che non siano le mie insicurezze. Elena sospira tristemente, scuotendo la testa e abbassando le palpebre.
 
“Non ti sto chiedendo di cercare le tue risposte in me Damon, ma con me.”
 
“Non ce la faccio. Mi dispiace Elena. Ho una vita da riprendere in mano da zero. Mi sono sempre concentrato talmente tanto sul passato che adesso non riesco più a immaginarmi un futuro. Sono troppo confuso, mi manca una parte dentro che nemmeno tu puoi darmi. Finirei per appoggiarmi a te e sarebbe sbagliato. Lo capisci?”
 
“Credo di si. Solo che… in Siria. È pericoloso.”
 
“Fidati, andrà tutto bene. Te lo giuro.”
 
Le faccio questa promessa cercando di metterci tutta la sincerità che posso. Lei annuisce senza convinzione, visibilmente incredula e smarrita. La sento respirare a fondo prima di alzare gli occhi dalle nostre mani per puntarli dritti nei miei.
 
“Sarà meglio per te Damon, altrimenti salirò sul primo aereo e verrò a prenderti a calci.” sussurra, rivolgendomi un sorriso debolissimo, che le solleva appena un angolo della bocca, mentre il pianto sfugge nuovamente al suo controllo.
Non posso fare altro che avvicinarla a me e abbracciarla. La sento abbandonare il viso sulla mia spalla mentre con le dita si aggrappa al risvolto della mia giacca. La stringo fino a che non la sento calmarsi un po’.
 
“Quindi ci salutiamo qui, adesso.” mormora contro il mio petto.
 
Per una frazione di secondo passo in rassegna  le fotografie di Ric, che ci sovrastano, ci circondano e sembrano assistere mute e impotenti alla fine inevitabile di questa nostra strana storia.  
Elena solleva il viso, posa nuovamente gli occhi dentro i miei. Così gonfi e bagnati sembrano ancora più grandi del solito. La consapevolezza che la sto facendo soffrire mi causa una fitta di dispiacere che assomiglia a una coltellata nello stomaco. Un dolore che si mischia al biasimo verso me stesso. Se quella volta l’avessi lasciata perdere come avevo deciso fin dall’inizio, ora non si troverebbe in questa situazione.
 
“È un bel posto per dirsi addio, non trovi? Meglio qui che in uno stupido aeroporto. Sarebbe troppo scontato.” commento, facendo spallucce.
 
Le dita che fino a un attimo fa cercavano sostegno in me, mi abbandonano troppo presto. Le porta alla testa, spostandosi i capelli dietro le orecchie. Si aggiusta, si ricompone, si rimette in ordine.
Forse si sta già preparando ad allontanarsi da me. Senza pensarci la trattengo, facendo scivolare le mani lungo le sue braccia. Un gesto egoista, che mi dimostra una volta di più quanto lei mi renda debole e possessivo.
 
“Prima che tu te ne vada devo farti due raccomandazioni, Elena.”
 
“Oh andiamo Damon… non sono mica una bambina.” sbuffa, alzando gli occhi al cielo con disappunto.
 
“Tu ascolta.” rispondo, rivolgendole un sorriso a metà.
 
“Sentiamo.”
 
“Innanzitutto non farti mettere i piedi in testa, mai più. Tu sei in gamba, non sottovalutarti, non permettere a nessuno di schiacciarti o di portarti via i tuoi desideri. Sono la cosa più preziosa che hai. Me lo prometti?”
 
La sua espressione si addolcisce immediatamente e ancora una volta mi rivolge un sorriso appena accennato, ma sincero.
 
“Ci proverò. E la seconda?”
 
“Beh la seconda è…”
 
Magari, se ti riesce, aspettami. Dio, quanto vorrei chiedertelo, ma non posso. Sarebbe troppo egoista perfino per uno stronzo come me.
 
“…non ubriacarti alle feste. Là fuori è pieno di uomini che si approfitterebbero della situazione per saltarti addosso, o peggio per salvarti. E tu lo sai… lo sai come vanno a finire queste cose…”
 
“Ci starò attenta.”
 
Adesso mi sorride. Sorridiamo tutti e due, mentre lei si asciuga la guancia col dorso della mano.
 
“Non è paradossale? Ti ho appena detto che ti amo e tu mi hai lasciata. E adesso mi viene da ridere.”
 
Per tutta risposta inarco le sopracciglia, rifilandole un’espressione fintamente offesa che la fa solo ridere di più, illuminandosi come tutte le volte. Poi i suoi occhi si incatenano ai miei per un lunghissimo istante. Forse è proprio così che mi sta dicendo addio, con quello sguardo profondo e misterioso che mi ha legato a lei fin dalla prima volta che l’ho vista. E quell’immagine mi ritorna alla mente con prepotenza, come se potessi riviverla, lasciandomi la sensazione dolceamara che mi si è tatuata dentro e non potrò mai cancellarla, ovunque io vada.
 
“Suppongo che sia arrivato il momento di andarmene. Non è così Damon?”
 
Annuisco, mordendomi l’interno della guancia. “Buona fortuna, Elena. Scusa se ti ho fatta soffrire, spero che un giorno mi perdonerai.”
 
“Non hai niente da farti perdonare. Fai attenzione, ok?”
 
Le faccio sì, con un cenno del capo. E poi, tanto per aggiungere un’altra cazzata alla lista, invece di lasciarla andare la attiro a me e la bacio ancora, anche se lo so che non dovrei farlo. Ma mi manca il coraggio, per l’ennesima volta. Elena come al solito è più forte di me, mi prende le mani con dolcezza e le allontana dal suo viso. Mi guarda un’ultima volta prima di incamminarsi verso la porta della sala.
 
“Senti Elena...”
 
Quando la chiamo si volta subito verso di me, gli occhi pieni di una speranza che serve solo a illuderla un’altra volta e a far cadere me ancora un po’ più in basso.
 
“Parlando per assurdo, se un giorno tornassi dalla Siria e mi venisse voglia di un cheeseburger pesantissimo, potrei chiedere alla più esperta in materia di accompagnarmi?”
 
“Conosci la risposta. Non direi mai di no… a un cheeseburger, è ovvio.”
 
Poi sorride amaramente e si volta di nuovo, uscendo a passi incerti dalla mia vita.
 
***
 
“Sveglia Elena, è tardi…”
 
Sento la voce di Bonnie e la sua mano gentile che mi accarezza i capelli. Ci metto un po’ più del solito a sollevare le palpebre e quando lo faccio mi trovo davanti il sorriso comprensivo della mia amica, che siede sul bordo del letto e regge una tazza fumante fra le mani.
 
“Ti ho preparato il caffè. Hai dormito poco questa notte.”
 
Sarebbe più corretto dire che non ho dormito affatto. Ho preso sonno solo un paio d’ore fa.
Ieri sera, quando sono tornata, sono rimasta seduta sui gradini del palazzo per non so quanto tempo.
Mi sono accesa una sigaretta dopo l’altra, senza nemmeno rendermi conto dei minuti che passavano. Ero confusa, senza forze, completamente svuotata, come se un’onda si fosse portata via tutto quello che avevo dentro.
Quando sono salita in casa e ci ho trovato Bonnie, non sono riuscita a fare finta di niente e trattenere le  lacrime è diventato impossibile. Lei mi è stata vicina come sempre offrendomi il suo sostegno e la sua spalla su cui piangere.
Mi metto a sedere portandomi le ginocchia al petto e strofinandomi gli occhi, per poi afferrare la tazza dalle mani di Bonnie e prendere un piccolo sorso della bevanda calda, sperando che possa sortire un qualche effetto.
 
“Grazie. E scusami se ti ho monopolizzata con le mie paranoie. Sono un disastro.”
 
Per tutta risposta si alza e mi chiede di farle posto con un gesto della mano, per poi sedersi di nuovo accanto a me. E così ci ritroviamo vicine, a inseguire con lo sguardo il disegno geometrico sul piumone, senza dire nemmeno una parola per minuti.
 
“Cosa farò adesso Bonnie?”
 
“Starai di nuovo bene Elena, te lo prometto. Forse non subito, ma succederà. Sotto sotto pensi anche tu che Damon abbia ragione. Deve riuscire a rimettersi a fuoco. Ha subito troppe delusioni, troppe bugie e tu lo sai meglio di chiunque altro.”
 
“È solo che era appena cominciata e adesso… Ho paura che non riuscirò mai più a essere quella di prima.”
 
“E infatti è così Elena. Guardati. Sei diversa, sei cambiata. Prima respiravi soltanto, adesso sei viva. Sei di nuovo tu. Non pensi che ne sia valsa la pena, indipendentemente da tutto?”
 
“Penso proprio di si.”
 
“E allora cerca di essere forte. Lui vuole che il vostro rapporto sia basato su desideri reali, non sul bisogno di colmare le vostre reciproche necessità. Lasciagli il tempo che gli serve e se è destino, accadrà. Intanto concentrati sulla nuova te, non lasciarla scappare un’altra volta. Ti preferisco così, sai? E adesso vestiti, che fai tardi.”
 
Quando Bonnie esce dalla mia stanza riesco finalmente a scendere dal letto. Prima di vestirmi scosto la tenda che oscura la finestra e osservo la distesa di tetti ricoperti di neve che si confondono con il cielo grigio e pesante, insieme ai rivoli di vapore che si sollevano delle case ricoperte di mattoni rossi. Tutto è al suo posto, tutto è sempre uguale. Vorrei aggrapparmi a questa convinzione, a tutte le certezze di cui ho costantemente riempito la mia vita, per riuscire ad andare avanti. Ma adesso è troppo tardi. Sono ormai consapevole che una parte di me che dormiva sotto pelle è stata liberata per sempre, e niente sarà più come prima.
 
***
 
“Ciao Stefan. Buongiorno Barbie, dormito bene?”
 
Come quasi tutte le mattine, mio fratello e la biondina stanno già facendo colazione quando entro in cucina. Però oggi c’è qualcosa di diverso. Mentre Stefan mi saluta come al solito, forse solo lievemente più cupo, Caroline non mi accoglie con una delle sue solite battute al vetriolo. Mi rivolge invece uno sguardo comprensivo, oserei dire quasi dolce. Il che mi fa intuire che deve essere stata informata da mio fratello sull’ultimo capitolo dell’interminabile saga della mia esistenza, quello intitolato Will l’ameba.
 
“Grazie.” le dico, quando mi piazza sotto il naso la solita tazza di caffè.
 
“Non ringraziarmi, è avvelenato!” sbraita spalancando gli occhi e scuotendo i riccioli biondi, freschi di messa in piega. Poi incrocia le braccia sul petto e mi osserva dall’alto al basso con un’aria più nevrotica del solito, gli occhi ridotti a due fessure.
 
“Finalmente! Adesso ti riconosco, mi stavo preoccupando. Non farlo mai più biondina, hai capito?” scherzo, puntandole contro l’indice con finta disapprovazione.
 
“Fai meno lo spiritoso. Stefan mi ha detto tutto e mi dispiace per te, davvero. Ma so anche che hai lasciato Elena perché ti sei messo in testa di seguire il tuo amico in capo al mondo. Dico, ma sei fuori?”
 
“Scusa Damon. Caroline per cortesia.” interviene Stefan asciutto, senza sollevare gli occhi dal giornale che sta leggendo con tanto interesse. Probabilmente è troppo stanco per avere l’energia sufficiente a mettere a tacere la sua fidanzatina logorroica.
 
“No Stefan, fammi finire. Non è giusto che lui la illuda e poi la faccia soffrire in questo modo ok? Se conosco Elena adesso sarà disperata e…”
 
“Stalle vicino.” la interrompo. “Tu sei brava in questo, l’hai già aiutata una volta. E visto che ci sei, occupati anche di mio fratello. Affido tutto a te Barbie, vedi di non deludermi, ok?”
 
Le rivolgo un sorriso sghembo, che la lascia completamente senza parole, forse dalla prima volta da quando la conosco. Tutte le frecciatine che ha sempre in tasca pronte all’uso sembrano essersi volatilizzate. La sua espressione si fa di nuovo tenera e indulgente. Forse sotto quei capelli perfetti e i vestiti firmati, un cuore ce l’ha anche lei. Altrimenti non si spiegherebbe perché Stefan ed Elena l’adorino tanto.
 
“Ci tieni veramente a lei, non è così?”
 
Annuisco lievemente e per un breve istante i nostri occhi si incontrano, scambiandosi quello che sembrerebbe essere un cenno di intesa. Allora so che ha capito e che farà quello che le ho chiesto.
 
Quando Caroline ci lascia per andare al lavoro, rimango da solo con Stefan che finalmente si decide a piegare il giornale e metterlo da parte, per poi concentrare la sua attenzione su di me.
 
“Si dice che la notte porti consiglio Dam, ma  mi sembra di capire che questa volta non riuscirò a farti cambiare idea.”
 
“Dai Stef. Sii sincero. Come designer faccio schifo, e come fratello sono un disastro. Starai meglio senza di me.”
 
Mi rivolge un sorriso stanco e tirato. So che non ha intenzione di opporsi alla mia scelta, anche se gli dispiace. La giornata di ieri ha provato anche lui e sono convinto che staccarsi da me non potrà fargli che bene. Forse lo aiuterà a distrarsi, senza che la mia presenza gli ricordi tutto il tempo la mediocrità di suo padre. Vorrei che la smettesse di sentirsi in colpa per lui e riprendesse in mano le redini della sua vita, senza farsi ostacolare da me.
 
“E di Elena cosa mi dici?”
 
“Ha capito. Starà bene. Te l’ho già spiegato ieri sera Stef… Se restassi con lei non sarebbe giusto per nessuno dei due.”
 
“Ma tu la ami?”
 
Me lo chiede così, a bruciapelo. E in effetti non avrebbe nessun senso girarci intorno. Ci sono cose che si sentono, che si sanno ancora prima di rendersene conto.
È un pensiero che mi ha tenuto sveglio per gran parte della notte, quello che provo per Elena.
Senza dubbio all’inizio era solo un’attrazione, una stupida curiosità verso quella specie di forza che mi attirava verso di lei. Semplicemente mi piaceva, la volevo. Anche perché sentivo che averla non sarebbe stato così facile. Era una specie di sfida con me stesso. Ma fin da subito è subentrato dell’altro.
Forse è stato il modo in cui lei è riuscita a guarire il mio cuore senza nemmeno conoscere quello che lo agitava, la pazienza con cui mi ha insegnato a mostrarle le mie debolezze per poterle affrontare, fino ad arrivare ad oggi. Oggi che devo scappare dall’altra parte del mondo per non cedere al bisogno di vivere per lei.
 
“Dai Stef, che discorsi fai?”
 
“E glielo hai detto?”
 
“Detto cosa? Sei impazzito per caso? Non si può lasciare una persona e dirle che la ami. E poi, anche se fosse, glielo dirò solo se e quando sarò in grado di meritarmela.”
 
Stefan alza gli occhi al cielo, in un gesto pieno di frustrazione. Poi si porta le mani dietro la testa, rivolgendomi un’espressione che è insieme esasperata e incuriosita.
 
“Che hai da guardare adesso?”
 
“Niente. Pensavo solo che la vita è proprio strana. Tutti passiamo la nostra esistenza con l’ansia di scoprire la felicità che non abbiamo mai conosciuto, o ritrovare quella che abbiamo perso chissà dove. Però quando la stringiamo tra le mani, quella felicità, non siamo mai in grado di riconoscerla.”
 
***
 
Giro la chiave nella toppa, appoggiandomi per un attimo alla porta per riprendere fiato. Devo ammettere che oggi la vecchia me ha nettamente sconfitto la nuova Elena e la promessa fatta a Damon riguardo il non farmi mettere i piedi in testa è letteralmente andata a farsi benedire.
Forse ero semplicemente troppo stanca, addirittura troppo assonnata per rispondere alle frecciatine di Rebekah, che ha pensato bene di premiarmi per il successo della conferenza stampa di ieri con una bella lista di comunicati da preparare.
Gli argomenti sono come sempre i miei preferiti: una malta, una nuova lastra di cartongesso e per finire un rubinetto dalla forma avveniristica e improbabile, tanto per non annoiarmi.
E alla fine, dopo avermi fatto fotocopiare una per una le trecentosessantasette pagine della rassegna stampa della Steel Supplies, mi ha permesso di tornare a casa.
Quando apro la porta, mi trovo davanti i sorrisi di Bonnie e Caroline, che siedono attorno al tavolo sul quale è appoggiato un gigantesco cartone di pizza.
 
“Sorpresa! Sono sicura che quello che ti ci vuole è una bella serata tra ragazze e la fenomenale pizza formato famiglia di Grimaldi.”
 
Care si affretta a prendermi la borsa dalle mani e mi aiuta a togliere la giacca, tutta entusiasta. La lascio fare, concedendomi il lusso di farmi coccolare dalle mie amiche e dalle loro attenzioni.
Quando ci sediamo a mangiare però, mi ritrovo a combattere con l’istinto di chiederle notizie su Stefan. L’ultima volta che l’ho visto era talmente sconvolto che proprio non riesco a fare a meno di rivolgergli un pensiero.
 
“Sta abbastanza bene, Elena. Davvero. Stasera aveva una cena di lavoro, così ha lasciato Damon a casa a preparare i bagagli e…”
 
“Caroline!” irrompe Bonnie, con un tono pieno di rimprovero, lanciandole un’occhiata di fuoco. Per tutta risposta la bionda appoggia le posate sul tavolo e smette di masticare la sua pizza, rivolgendomi uno sguardo dispiaciuto e troppo azzurro perché lo possa sopportare.
 
“Scusami, io…”
 
“Non fa niente Care. Solo che adesso… mi sono ricordata che devo fare una cosa ragazze. Scusatemi, se avanza un po’ di pizza tenetemela in frigo.”
 
“Elena!” mi urlano in coro. Ma ormai è troppo tardi, ho già afferrato il cappotto e la borsa e mi sono precipitata giù per le scale salutandole frettolosamente e chiudendomi la porta alle spalle.
 
 
Venti minuti dopo mi trovo davanti alla porta di casa di Damon. Qui dove tutto è cominciato, in piedi sui gradini dove la prima volta ci siamo parlati veramente. Quella volta in cui l’ho sentito, una sensazione così forte e così intensa da farmi sbarazzare in un attimo di tutte le mie regole in favore del mio istinto.
Lo stesso istinto che questa sera mi ha riportata qui.
Quando apre la porta, me lo ritrovo davanti con un paio di pantaloni della tuta e una maglia stropicciata. Ha l’aria stralunata mentre con le mani regge una maglietta nera altrettanto sgualcita, che con ogni probabilità aveva intenzione di infilare in valigia.
 
“Ciao.”
 
“Ciao.”
 
“Senti Damon, scusa se sono piombata qui così all’improvviso, lo so, ci eravamo già salutati e non avrei dovuto farlo... solo che ero a casa con Bonnie e Care, e poi lei mi ha parlato di te. Cioè non proprio parlato, è stato più un accenno. E io non avevo fatto che pensarti per tutto il giorno, così non ci ho capito più niente. Così eccomi qui e… non lo so, mi sono detta che invece di pensarti e basta avrei voluto vederti, dato che domani partirai.”
 
La mia voce è un po’ incerta mentre gli rovescio addosso quel mare di parole che servono solo a confondermi di più, mentre lui mi scruta con il viso piegato da un lato. Sembra sorpreso, forse un po’ disorientato dal mio discorso senza capo né coda.
 
“Hai finito?”
 
“Beh sono un po’ a corto di parole adesso. Sarà perché prima ne ho dette troppe tutte insieme…”
 
Cerco di attingere dai miei pensieri, alla disperata ricerca di qualcosa di sensato da dire, ma non faccio in tempo a terminare la frase. Mi ha già preso la mano, attirandomi oltre la porta.
 
*********
Buonasera!
Inizio questa nota ringraziando Misiamis, Meiousetsuna e Muttima per le recensioni così piene di entusiasmo per lo scorso capitolo… io ero piena di dubbi e invece voi mi avete lasciato parole bellissime e incoraggianti… siete troppo carine e io vi adoro sempre di più.
Venendo a questo, l’idea originale era diversa, avevo in mente un capitolo più dinamico. Poi mi sono resa conto che mi ci volevano più parole del previsto per dare un peso e una dignità ai sentimenti di questi due e così ecco il risultato.  Spero mi perdonerete per questa parentesi di pippe mentali e discorsi che non aggiungono quasi nulla a quello che avevate già intuito. Parole che per me nonostante tutto hanno un peso, nel senso che tutto ciò che dicono i vari personaggi (per me) ha un senso. :)
Prometto che farò il possibile per postare presto il seguito dove succederà anche qualcosa, sempre nella speranza di non avervi annoiate troppo.
Grazie come sempre a chi arriva fino a qui!
Chiara
  
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