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Autore: Neens O Brien    19/03/2014    2 recensioni
Ian aveva sempre sognato di innamorarsi di un ragazzo dolce, gentile, disponibile, ma a chi voleva darla a bere? Lui era un Gallagher, non sarebbe mai stato così facile.
Mickey disse quel "vaffanculo" come per cancellare tutte quelle strane cose che aveva provato, quelle cose che sentiva quando guardava Ian, quelle cose che sarebbero rimaste dentro di lui per sempre.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-IAN-
Era ormai passata un’intera settimana da quando aveva parlato l’ultima volta con Mickey. Sette giorni in cui avrebbe voluto rivolgergli la parola un’infinità di volte, ma appena apriva la bocca per fare una battuta o semplicemente per salutarlo, qualcosa dentro di lui gli urlava di bloccarsi.
Istinto di autoconservazione, ecco cos’era. Una specie di interruttore dentro la sua testa che gli diceva “Non farlo, non umiliarti ancora, non ti merita.”. Che Mickey non lo meritasse era tutto da vedere, in fondo anche Ian non era uno stinco di santo, ma per lo meno non aveva tatuato “vaffanculo” sulle dita. Tatuaggio piuttosto bello, in effetti, anche se non quanto quello che aveva sulla natica sinista..
Decisamente pensare a Mickey senza pantaloni non era una buona idea. Ian se ne stava seduto sotto la ferrovia, sentendo ogni tanto un treno sferragliare sopra la sua testa, aspettando solamente che gli arrivasse come un’illuminazione che lo aiutasse ad uscire da quella situazione.
-Perché è tutto così fottutamente difficile?
Sussurrò, ma non gli arrivò nessuna risposta, se non il lontano tramestio dei ragazzini che giocavano a pallone. Aveva saltato scuola quel giorno, ma ormai anche se ci fosse andato sarebbe passata da un pezzo l’ora in cui essere a casa. Ma tanto a chi importava? Fiona ormai era via la maggior parte del tempo, Lip cercava senza successo di capire cosa passasse per la testa di Karen, quindi aveva sempre la mente altrove, e Debbie e Carl si occupavano di Liam. Qual era il suo posto?
All’ennesimo treno che passava sopra di lui, Ian quasi sperò che le rotaie cedessero e che finalmente lui potesse smettere di pensare. Era tutto quello che voleva. Smettere di pensare al fatto che aveva poche possibilità di entrare nell’esercito, che non aveva un soldo, che suo padre era un alcolista, che non aveva qualcuno che lo amasse all’infuori dei suoi fratelli, e forse di Mandy. Ma negli ultimi giorni aveva avuto la sensazione che l’amica stesse con lui soprattutto per la compagnia di Lip che per la sua, anche se forse era solo un’impressione causata dalla sua paranoia.
Eppure smettere di pensare sarebbe stato così semplice, bastava arrampicarsi sul ponte e buttarsi sotto un treno, solo un passo..
Fu a quel punto, quando si era quasi convinto, che sentì la sua voce. Era impossibile confonderla, un po’ per il timbro deciso e un po’ per tutti quei “cazzo” che metteva nelle frasi. Sembrava che parlasse da solo, ma quando finalmente entrò nella visuale di Ian il ragazzo capì che era al telefono, probabilmente con qualcuno che gli doveva dei soldi, vista l’ampia gamma di parole che stava tirando fuori.
Quando si accorse della presenza di Ian, ancora seduto appoggiato al pilastro, Mickey riservò un altro paio di insulti alla persona con cui stava parlando e riagganciò.
-Da quanto tempo Gallagher.
Si erano visti il giorno prima a lavoro, ma magari Mickey intendeva “da quanto tempo non ti vedo fuori dal negozio” oppure “da quanto tempo non parliamo”. Ian era propenso ad escludere la seconda, che cosa importava a quel Milkovich se non parlavano?
-Già, ciao Mickey.
Ecco, era successo. Non era riuscito a bloccare in tempo la sua lingua e le parole gli erano uscite dalla bocca senza che lui potesse impedirlo. Mickey sembrò quasi sorpreso di sentire la sua voce, e non a torto, ma non si scompose e si accese una sigaretta.
-Ti stai facendo una sega, tutto solo qui sotto?
Chiese il ragazzo ridacchiando, e Ian non potè fare a meno di alzare gli occhi al cielo sorridendo. Gli mancava avere quella sorta di complicità con Mickey, e non era più certo che valesse la pena rinunciare completamente a lui solo perché non gli diceva parole dolci. Era un Milkovich, che cosa si aspettava?
-No, niente seghe. Stavo solo pensando.
-A cosa?
Come se gliene importasse qualcosa. Ian non rispose, si limitò a sollevare le spalle, e Mickey dimostrò che effettivamente non gli aveva fatto quella domanda per sapere davvero a cosa pensava.
-Come ti pare, io vado. Angie mi sta aspettando.
Eccole di nuovo, le lance che gli trafiggevano il petto. Non stavano parlando da nemmeno dieci minuti e Ian stava già male per qualcosa che Mickey aveva detto. Come poteva non accorgersi che a lui importava qualcosa del loro rapporto? Che per Ian non erano solamente scopate? Che avrebbe voluto che ci fosse anche un “dopo”, e non che tutto finisse con l’atto sessuale.
Ma a chi cercava di darla a bere? A Mickey non importava assolutamente nulla di lui, e lo dimostrava il fatto che si stava allontanando, agitando pigramente una mano in segno di saluto. Se in quella settimana Ian aveva cercato con tutte le forze di reprimere l’istinto che gli intimava di parlare con Mickey, in quel momento non ci provò nemmeno, e lo assecondò.
Afferrò la lattina di birra che aveva finito qualche ora prima da terra, si alzò e la scagliò con violenza contro la nuca del ragazzo che si allontanava. Probabilmente con il senno di poi si sarebbe fermato, non era una buona idea iniziare una rissa con Mickey, ma in quel momento era talmente tanta la rabbia che provava contro quel ragazzo, contro la sua insensibilità, che sentiva di doverla sfogare in qualche modo.
-Che cazzo ti prende testa di minchia?
Mickey lo guardava incredulo e, comprensibilmente, arrabbiato. Si avvicinò a Ian e lo sbattè con violenza contro il pilastro, sollevando un pugno.
-Colpiscimi! Sai che mi importa!
A Ian davvero non importava, tanto il dolore si sarebbe semplicemente sommato a quello che provava già.
-Voglio sapere perché cazzo l’hai fatto.
Mickey sembrava esitare, e forse questa volta gli importava davvero della risposta che gli avrebbe dato Ian, anche se lo avrebbe pestato ugualmente dopo. Tanto valeva che fosse sincero, che cos’aveva da perdere ormai.
-Puoi anche colpirmi e poi andarti a scopare Angie, non ci hai messo un granchè a trovare un rimpiazzo vedo.
Sul volto di Mickey si dipinse quello che poteva sembrare come un sorrisetto ironico, ma si vedeva che la sua irritazione stava aumentando, anziché placarsi.
-E’ di questo che si tratta? Sei geloso Gallagher?
Il suo totale menefreghismo era davvero troppo. Ian non pretendeva chissà che, ma almeno che cercasse minimamente di comprendere come si sentisse in quel momento. Spinse via Mickey violentemente, e per la sorpresa il ragazzo lasciò la presa. Ian non voleva più stare male per lui, non poteva permetterselo, non gli avrebbe nemmeno più rivolto la parola, e fanculo all’istinto che gli diceva di farlo.
Ma non poteva lasciare che finisse tutto quanto senza fare quello a cui pensava dalla prima volta che aveva visto Mickey sotto una luce diversa, quella volta nella sua stanza. Avvicinò le sue labbra a quelle del ragazzo, lasciandole per pochi secondi, pochi secondi sufficienti a far capire a Ian che ne era valsa la pena. Dopo di che girò le spalle a Mickey e si allontanò, diretto a casa.
-Divertiti con la tua puttanella.
Quelle parole urlate in preda all’euforia del momento lo fecero sentire grande, potente, invincibile. La sua soddisfazione personale era tale che Ian non si rese nemmeno conto che Mickey, che ora se ne stava fermo impalato in mezzo alla strada, non si era minimamente sottratto al bacio.
   
 
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