Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Segui la storia  |       
Autore: KikiShadow93    20/03/2014    11 recensioni
Durante una tranquilla giornata di navigazione, Barbabianca e la sua famiglia trovano qualcosa di incredibile in mare: una bambina, di cui però ignorano la vera natura.
Decidono di tenerla, di crescerla in mezzo a loro, ovviamente inconsapevoli delle complicazioni che questa scelta porterà, in particolar modo per l'arrogante Fenice.
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciurma di Barbabianca, Marco, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Un'allegra combriccola di mostri.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Piccola avvertenza: su richiesta di Vivi y, in questo capitolo apparirà qualcuno :D in realtà avevo in mente di far passare Doma a salutare il nuovo acquisto della grande famiglia, ma il suo posto è stato preso da qualcuno molto più... affascinante.
Vivy y, spero tanto di non deludere le tue aspettative per la piccola parte che gli ho scritto >.< purtroppo non potevo spingermi molto oltre con lui, dal momento che non è in rapporti molto amichevoli con l'Imperatore :S Vabé, spero comunque che ti piaccia :)

 

Image and video hosting by TinyPic


Che diavolo di posto è? Sembra tutto così incredibilmente antico. Solo le abitazioni, costruite in modo rudimentale, con travi di legno malandate e paglia, sono la cosa più bizzarra che abbia mai visto. Non credevo che esistessero ancora edifici di questo genere, in realtà. Ne ho viste di simili giusto in alcuni libri storici che trattavano di antiche popolazioni ormai trapassate.
Delle donne dagli abiti logori spuntano dalla boscaglia, tenendo tra le mani delle ceste pesanti, parlottando tra loro spensierate.
Degli uomini si esercitano nell'arte della spada, in modo più rude rispetto a come mi è stato insegnato. Non hanno grazia nei movimenti, solo brutalità e una potenza incredibile.
«Hai barato!»
Mi volto di scatto verso quella voce infantile e acuta, che mi ricorda stranamente Týr. Però lui non c'è. Al suo posto c'è un bambino di forse sette anni, piccolo e magro, grazioso, dal viso dolce con i lineamenti pennellati, i capelli lunghi fino alle spalle neri e lucenti e dei vivaci occhioni azzurri.
Sorride felice, trotterellando dietro ad un ragazzo con i capelli castani spettinati, coperto da una pesante pelliccia marrone e bianca, che tiene in spalla un enorme cinghiale.
«Io non baro mai, fratellino.» risponde il maggiore con tono calmo, allungando una mano verso di lui. Lo solleva senza sforzo non appena il piccoletto ci si attacca, issandoselo in spalla come se pesasse due chili scarsi.
Il bimbo ride spensierato, sgambettando allegro e stringendo le esili braccia attorno alla testa del maggiore, di cui non riesco a scorgere bene il viso. Vedo giusto una cicatrice che gli solca una guancia e il naso, ma niente di più.
Improvvisamente sento una forte ventata fredda e tutto attorno a me perde colore e forma, diventando totalmente nero.
Per un brevissimo istante ho creduto di poter finalmente parlare con Týr nel limbo, di poterlo insultare, magari pure picchiare, ma in un battito di ciglia mi trovo catapultata in un nuovo panorama.
Sono ai margini di una radura, tutto è ricoperto da un lieve strato di neve candida, gli alberi sono spogli, il piccolo lago che intravedo da qui è ricoperto da una sottile lastra di ghiaccio.
«Fratello?» questa voce non mi è nuova.
Voltandomi verso destra vedo finalmente quel grandissimo stronzo bugiardo uscire dalla vegetazione. È giovane, forse quindici anni o qualcosa di meno, con i capelli spettinati che gli ricadono morbidi sul collo, una spessa pelliccia bianca sulle spalle e una spada di mirabile fattura che gli pende dal fianco. In mano tiene strette le redini dell'enorme stallone grigio che lo segue mansueto.
«Týr!» niente, non mi sente. Ero sicura che non mi potesse sentire, non questo Týr, ma dovevo provarci. Provo pure ad andargli in contro, ma lo trapasso come se fossi un fantasma. Fantastico.
Per quale assurda ragione mi starà mostrando tutto questo? Per evitarmi? Ma poi, perché evitarmi? Ho fatto quello che voleva in fondo, mentre lui non ha mantenuto fede alla sua promessa! Almeno una spiegazione me la deve!
Il ragazzetto nel frattempo continua a camminare calmo per la radura, bloccandosi poi di punto in bianco. Porta veloce una mano all'impugnatura della spada, tenendo gli occhi chiusi, probabilmente per concentrarsi.
Possibile che sia stata così sciocca da non rendermi conto che qualcuno ci sta raggiungendo? Dall'odore deduco che non è suo fratello.
Si volta di scatto, Týr, brandendo l'arma e puntandola a pochi centimetri dalla faccia di un bambino che per poco non gli va a sbattere addosso.
È piccolo, gracile e vestito di stracci. La pelle è pallidissima, il viso sporco ed incavato, quasi scheletrico. I capelli sono di un insolito grigio chiaro, corti e spettinati. Guarda Týr con due grandi occhi scuri ricolmi di paura e le lacrime non tardano a rigargli le guance.
Poverino... mi fa una tale tenerezza. Se ora lo ammazza giuro che non appena lo vedo glielo faccio rimpiangere amaramente!
«Smettila di frignare, moccioso.» ordina con tono duro, allungando una mano verso la sacca che pende dal fianco del cavallo e cominciando a frugarci dentro «Che ci fai da queste parti?»
Il bimbo non risponde, limitandosi a piagnucolare terrorizzato.
Týr, bastardo fino all'ultimo, si lascia sfuggire una risatina di fronte alla sua paura, compiendo poi un gesto che mi spiazza completamente: si piega alla sua altezza, mettendogli in mano una manciata di monete d'oro e una sacca di pelle con dentro dei pezzi di carne.
«Tieni duro, piagnucolone, e ricordati una cosa...» afferma, passandogli una mano tra i capelli prima di montare agilmente a cavallo «... la vita è troppo breve per soffrire.»
Parte al galoppo, facendo correre veloce il destriero in mezzo a quella distesa innevata, lasciando da solo quell'incerto bambino, che adesso sorride allegro, in un modo che, onestamente, risulta vagamente inquietante.
Altra folata gelida, altro buio e altro paesaggio. Quando finirà tutto questo, dannazione? Non posso sognare come le persone normali? Devo per forza vedere il passato di questo stramaledetto psicopatico?!
Adesso mi ritrovo in una casa arredata con pochi mobili fatti di legno, coperti con delle pellicce. Le pareti sono di pietra, probabile indice che il proprietario di casa non se la passa male economicamente o che comunque ricopre una carica considerevole.
«Sul serio, è un mostro! Dovresti seppellirlo!» mi volto verso Týr, che con aria disgustata continua a fissare quella che comprendo subito essere una culla arrangiata.
Il fratello, di spalle rispetto alla mia postazione, non lo degna neanche di uno sguardo, limitandosi a guardare fuori dalla finestra.
«Mi ascolti?»
«Ti ascolto sempre, fratellino. Ma la maggior parte delle cose che escono dalla tua bocca sono sciocchezze, quindi provo a non badarci.»
«No, dico sul serio: è orrendo.» controbatte convinto, tornando poi a fissare con insistenza il pargolo che trilla allegro allungando le braccia paffute verso l'adorabile zietto «Davvero non dovrei buttarlo nel fuoco?»
«Se trovi una scusa plausibile per spiegarlo al re, non ci sono problemi.» risponde apatico il maggiore, uscendo semplicemente di casa, venendo seguito a ruota dal pazzo sociopatico.
Io mi aggrego velocemente, senza però riuscire a stargli al passo come vorrei. Non so spiegare perché, ma quando mi trovo in questi suoi ricordi non posso muovermi come voglio la maggior parte delle volte. Sono quasi del tutto certa che sia lui a manovrarmi in qualche modo, a frenarmi, ma non posso affermarlo con sicurezza finché non ci parlerò.
«A te non importa proprio niente di quello sgorbio, eh?» domanda divertito saltandogli sulle spalle, ridendo allegro.
È quasi piacevole vederlo così... così... così. Basta. Non ci sono aggettivi positivi per definirlo. Neanche se m'impegno riesco a collegare un qualsiasi pensiero positivo a lui. Basti pensare che voleva buttare un povero neonato tra le fiamme!
«La mia famiglia sei tu, Týr.» risponde con la solita calma innaturale il maggiore, mettendogli le mani sotto le ginocchia per sorreggerlo «Non sei un po' cresciuto per farti portare a cavalluccio?»
«O forse sei invecchiato te e non riesci più a portarmi.» ridacchia in risposta, cingendogli il collo con le braccia e poggiando la guancia sulla sua testa.
Questa scena, per quanto possa sembrare strano visto che coinvolge direttamente lo schizofrenico bugiardo, mi fa annodare lo stomaco.
Quanto deve averlo amato quando era in vita... quanto deve aver sofferto quando l'ha visto morire, quando la cosa a cui era più attaccato gli è stata strappata dalle mani così brutalmente.
Il mio corpo si intorpidisce lentamente e presto tutto viene avvolto da una luce accecante...


«Ehi, pelandrona!» Halta continua a scuotere Akemi per una spalla con forza, sorridendole a due centimetri dal viso. Si è svegliata incredibilmente di buon umore e l'unica cosa che vuole in questo momento è svegliarla per andare a fare colazione insieme.
Akemi mugugna delle bestemmie incomprensibili, mettendosi il cuscino sulla testa e raggomitolandosi su sé stessa, più che contraria all'idea di alzarsi. In fondo è andata a dormire da circa due ore e mezzo, dopo aver passato metà nottata con la simpatica piratessa che adesso prova in tutti i modi a svegliarla e l'altra metà con Izo, decisa più che mai a scoprire cosa pensa dell'amica. Infatti ormai si è decisa di farne una coppia, anche se Halta non è esattamente della stessa idea. Si, lo trova sempre un gran bel ragazzo, gli vuole bene, ma l'ultima cosa a cui pensa è proprio una storia d'amore, per giunta con un compagno di ciurma.
«È ora di colazione, muoviti! Non vorrai che il tuo dolce amante mangi anche la tua parte, mh?» la sfotte prontamente Halta, provando a trascinarla fuori per un braccio, inutilmente.
Akemi non da alcun segno di vita, rimanendo ben ferma sotto le lenzuola nere, provando a riprendere sonno. Ormai ha capito che è inutile minacciarla se solleva l'argomento “Ace”, visto che in quei cinque giorni non ha fatto altro che sfotterla imperterrita non appena erano sole. Purtroppo per lei Halta non la teme minimamente.
«Ti muovi o vado a chiamare Fossa? Lo sai che lui non si fa tanti problemi a ribaltare il letto per svegliarti.» la minaccia con fare divertito Halta, aprendo le ante del suo armadio per farle trovare subito i vestiti. Non che sia una grande intenditrice di moda, anzi non le sono mai piaciute quelle cose e mai se ne è interessata, ma stando sempre a stretto contatto con Akemi ha imparato qualcosa. Più che altro i suoi gusti, ecco.
Per questo estrae un vestito lungo e nero senza maniche, con degli spacchi laterali che partono dalle ginocchia e con dei ricami sul petto che lasciano intravedere il reggiseno sottostante.
Glielo butta addosso, cruccia compresa, facendola mugolare infastidita.
«Ti vuoi alzare?!» dopo essersi calcata in testa il suo cappello nero, le sfila senza tante cerimonie le lenzuola di dosso, facendola raggomitolare ulteriormente «Sai che se Satch ti vede quel tanga ti spezza le gambe, vero?»
«Halta... sei insopportabile...» mormora aprendo finalmente gli occhi, stiracchiandosi come un gatto.
Con una calma disarmante, poi, si alza finalmente in piedi, ravvivandosi i capelli con le mani e lasciandosi sfuggire un sonoro sbadiglio, mentre Halta si butta a peso morto sul suo letto, osservandola distrattamente mentre si sfila la canottiera nera, rimanendo in mutande davanti a lei, cosa a cui si è velocemente abituata. La prima volta che Akemi lo fece, in realtà, rimase piuttosto scandalizzata, non abituata a questo genere di cose, ma la minore l'ha fatta “ragionare” dicendole che sono entrambe donne e che non ha assolutamente niente che lei non abbia mai visto. Da quel momento in poi Akemi si spoglia di fronte a lei senza il minimo pudore, lasciandola del tutto indifferente.
Akemi nel frattempo è andata in bagno per farsi una doccia veloce, uscendo in pochi minuti avvolta solo da un asciugamano.
«Come mai sei così allegra oggi?» le domanda ancora vagamente assonnata, guardandola mentre sorride sovrappensiero.
«Non ne ho idea, mi ci sono svegliata. A te non capita mai?»
«Io per lo più mi sveglio incazzata come una bestia per colpa di Týr e poi mi do una calmata.» risponde vestendosi velocemente, cercando poi in giro per la cabina un paio di occhiali scuri «Continuo a non vederlo più, sai?»
«Sembra impossibile credere che ti è bastato dirgli di sparire per non averlo più attorno.» mormora realmente sorpresa la comandante, mettendosi a sedere con le gambe incrociate.
«Dillo a me... se lo sapevo non stavo a patire per settimane!»
Una volta trovati gli occhiali desiderati, un paio squadrati adornati con delle borchie, sfila il cappello dalla testa dell'amica e le fa cenno di uscire dalla cabina, camminando con passo calmo, quasi strascicato.
«Ho notato che hai messo pure la taglia di Rufy in camera tua.» afferma sovrappensiero Halta, guardandola subito dopo con un sorrisetto strafottente stampato in faccia «Non è che per caso vuoi allargare i tuoi confini prendendoti anche lui, mh?»
«Sei simpatica come uno spillo nell'occhio stamani, Halta...» borbotta dandole una leggera spallata, giungendo per sua somma gioia nella mensa, dove già bivaccano quasi tutti. Infatti nessuno si premura più di attenderla, lenta com'è a svegliarsi.
Si dirigono con passo calmo verso il tavolo dei comandanti, ma Akemi preferisce fare una deviazione per andare a salutare il capitano, intento a leggere le novità sul giornale.
«Babbo!» trilla allegra, saltandogli in collo e dandogli un sonoro bacio sulla guancia.
Barbabianca la guarda incerto per un breve istante, per poi sorriderle bonario e passarle una mano sulla schiena «Dormito bene?»
«Non mi lamento.» si acciambella tranquillamente sulle sue gambe, salutando con un sorriso cortese le infermiere che le passano di fronte, concentrandosi poi sui vari articoli, addentando un pezzo di ciambella del genitore e bevendo un lungo sorso del suo caffè.
«Devi per forza mangiare la mia roba?» le domanda cercando di fingersi accigliato, anche se in realtà non gli fa altro che piacere avere questo genere di rapporto con lei.
Solo con lui è così calma e dolce, solo con lui c'è un rapporto davvero famigliare. Poi, diciamolo, vederla così pacata e allegra di prima mattina non è cosa da tutti i giorni, quindi vuole godersela al massimo.
«Mi sa fatica andarmela a prendere...» biascica ancora con la bocca piena, bloccandolo prima che possa girare pagina «Ok, ho finito, gira pure.»
Il gigante, dopo un sonoro sbuffo, volta la pagina, tornando a leggere con aria pacata, cercando di ignorare la folle figlia che continua a sottrargli vari bocconi, finché non sente i suoi furbi occhioni puntati addosso. Solo a quel punto abbassa lo sguardo su di lei, notando un'espressione vagamente pensierosa che lo insospettisce. Si è pure tolta gli occhiali da sole, quindi sa per certo che sta pensando a qualcosa che a lui non andrà giù.
«Se mi facessi altri tatuaggi?» domanda innocentemente Akemi, facendogli un sorriso dolce e colpevole, ormai fissata con quell'argomento.
«Se ti spaccassi la testa?» brontola in risposta l'Imperatore, indurendo lo sguardo, inutilmente. Non le negherebbe mai una sciocchezza simile, in fondo il corpo è suo e può farci ciò che vuole, ma gli dispiace parecchio che si rovini in quel modo. Le donne troppo tatuate non gli sono mai piaciute.
«Ti sei alzato con la Luna storta, babbo?» ridacchia scendendo dalle sue gambe per raggiungere i compagni, ricevendo una specie di grugnito in risposta.
Per quanto le piacerebbe dimostrarlo, o anche solo dirlo, non riesce ad esprimere il profondo amore e l'infinita riconoscenza che nutre nei suoi confronti. Lo ama semplicemente, in un modo tanto puro ed incondizionato che forse riuscirebbe a far cambiare il modo di vedere i pirati alle persone.
«Caro!» allaccia le braccia al collo di Satch, sorridendogli nel modo più dolce e adorabile che riesce a trovare. Tentativo abbastanza difficile in realtà, considerata la sua dentatura spaventosa.
«Che vuoi?» la fredda immediatamente il quarto comandante, guardandola con aria dura. In fondo quando fa così la coccolosa è perché vuole qualcosa in particolare.
«Mi fai dei tatuaggi?» domanda speranzosa, facendogli gli occhioni dolci.
«Ne hai già troppi.» se la toglie di dosso con un gesto brusco, cercando di trattenersi dal prenderla in braccio e portarla nella sua cabina per accontentarla. Le è talmente affezionato che non riesce a dirle di no, soprattutto se insiste, ma sa che per il suo bene è meglio che cominci a farlo.
«Non costringermi a farli da sola un'altra volta!»
Satch la guarda di traverso per poi negare con il capo, tornando tranquillamente a mangiare.
«Rognoso...» borbotta Akemi, fingendosi offesa, sedendosi tra Halta e Jaws, mangiucchiando un pezzo di pane con la marmellata di more, senza mai staccare gli occhi dal comandante.
«Che ti vuoi fare?» le domanda sorridendole Ace, smettendo giusto per trenta secondi scarsi di strafogarsi come un animale. “La colazione è il pasto più importante della giornata” ripete ogni volta per giustificarsi del suo smisurato appetito al mattino, arrivando addirittura a convincere gli altri.
«Li vedrai questa sera quando li avrò fatti.»
«Te li vuoi davvero fare da sola?!» sbotta Satch, che nel mentre origliava la conversazione tra i due.
Akemi annuisce sorridendo furbetta, facendolo sbuffare.
«Farai una schifezza come per il braccio...» borbotta a mezza bocca, scoccandole un'occhiataccia «Appena trovo due minuti te li faccio, ma è l'ultimo favore, sia chiaro!» 'Da domani giuro che comincerò a dirle di no.'
Akemi gli sorride, più che felice, per poi fargli l'occhiolino in segno d'intesa.
Satch semplicemente si lascia sfuggire una risatina, riprendendo a mangiare tranquillo. 'È una manipolatrice nata, non c'è che dire... ma come si può resistere a quel faccino? È... ipnotica, ecco.'
Marco, dal suo posto, ha ascoltato disinteressatamente la conversazione, non riuscendo però ad ignorare gli strani sguardi che di tanto in tanto si lanciava con Ace. Cosa che, in realtà, ha notato dal momento che sono tornati da Dejima.
Nessuno pare averci fatto caso e lui non ne ha nemmeno fatto parola, ma sente che è successo qualcosa tra quei due. I loro sguardi sono diversi quando s'incrociano, come più intensi, complici, e questo gli da sorprendentemente fastidio.
Non sa davvero spiegarsi perché, in realtà. In fondo non sono affari suoi se tra quei due è successo qualcosa o meno, ma vedere i loro sorrisetti, vederli mentre si abbracciano più spesso del solito, gli da fastidio. Molto fastidio.
«Ehi, Akemi!» la richiama con troppo entusiasmo Izo, attirando inevitabilmente anche l'attenzione della Fenice «Gli facciamo vedere il giochetto di ieri sera?»
Akemi scoppia a ridere, portandosi una mano affusolata a coprirsi la bocca, alzandosi subito in piedi e montando in ginocchio sul tavolo, sporgendosi verso di lui.
«Che giochetto?» domanda incerto Kingdew, guardando Izo che afferra e chiude con forza un barattolo ormai vuoto di marmellata.
«Stai a vedere.» risponde semplicemente, mettendo una mano sulla nuca della ragazza che gli sta davanti con la bocca ben aperta. Il pirata poi pianta semplicemente i canini appuntiti della ragazza nel tappo di metallo e comincia a girare il barattolo, aprendolo come con un apriscatole.
«Ma che gioco idiota è?!» domanda Halta, fissando i due come se fossero una coppia di imbecilli.
«Che c'è? È divertente!» afferma convinta Akemi, passandosi la lingua sui denti taglienti.
«Affatto. Tuttalpiù è inquietante.» controbatte Speed Jill, attirando su di sé lo sguardo della ragazza, che gli si avvicina gattonando lentamente sul tavolo.
«Mi trovi inquietante?» domanda con un ghigno divertito ad incresparle le labbra colorate di un rosso molto scuro, facendolo immobilizzare per l'imbarazzo.
Scoppia a ridere, Akemi, seguita dagli altri. Ormai, d'altra parte, si sono perfettamente abituati a questi suoi sbalzi di umore e questi suoi strani atteggiamenti, tanto da lasciarla fare senza fiatare. Tanto è inutile dirle di comportarsi bene, come una signorina qual è, si finisce solo con il farla imbestialire. E nessuno dei presenti ha mai voglia di sentirla urlare come un'indemoniata.
«Ehi, pantera, vieni ad aiutarmi a sistemare le vele, forza.» le ordina Curiel, alzandosi dal tavolo e dirigendosi calmo verso l'uscita, facendo ridacchiare i compagni per via del soprannome.
«Pantera?» ripete interdetta la diretta interessata, inclinando un poco la testa di lato con fare pensieroso. 'Che ho fatto?'
«Ti muovi?» le urla il comandante, facendola rinsavire.
Scatta di giù dal tavolo velocemente, seguendolo come un fedele cagnolino, pronta a svolgere il proprio lavoro.
«Quella ragazza non sta per niente bene.» ridacchia un perplesso Vista, scuotendo un poco il capo con fare rassegnato «Direi che è quasi irrecuperabile.»
«Attento, fratello.» lo riprende con tono annoiato Marco, alzandosi a sua volta per andare a svolgere i suoi compiti, con l'entusiasmo di un morto «L'ultima volta che ho fatto un commento simile mi ha tirato un piatto in testa!»
Ora che ci ripensa gli viene quasi da ridere. Non gli ha rivolto la parola per quasi due settimane, evitandolo come un appestato, e adesso invece gli gira attorno tranquillamente, scherzando con lui come se non fosse mai successo niente. 'Vista ha incredibilmente ragione: è una pazza irrecuperabile!'

Akemi dorme acciambellata sui morbidi cuscini posti accanto al seggio del capitano, baciata dai caldi raggi del sole.
Il capitano di tanto in tanto le lancia qualche fugace occhiata per controllare che non abbia qualche incubo violento, ritrovandosi a sorridere di fronte alle sue buffe espressioni o ai suoi movimenti.
'In effetti il soprannome “pantera” non è poi così sbagliato...' pensa amareggiato, notando come si muova in modo felino pure nel sonno, fasciata con quell'abito nero che lascia troppo in mostra per i suoi gusti.
Però, malgrado lo faccia dannare un giorno si e l'altro pure con colpi di testa discutibili, non riesce a non essere fiero di lei: è venuta su intelligente, forte, bella, quando vuole dolce e premurosa. Adesso, inoltre, può addirittura vantare una taglia di 72.000.000!
Se non fosse per il fatto che di tanto in tanto tira di nuovo fuori l'argomento “Shanks”, sarebbe praticamente la figlia perfetta!
Certo, quel dettaglio più quello che dorme in continuazione...
Si riscuote dai suoi pensieri, abbassandosi su di lei e dandole una leggera pacca sulla schiena per riuscire a svegliarla, con scarso successo.
«AKEMI!» tuona, facendola svegliare con una calma disarmante.
«Mh?» mugola stiracchiandosi piano, trattenendo a stento uno sbadiglio.
«Vai ad aiutare a pulire la stiva, forza.» le ordina con fare autoritario, ricevendo in risposta un allegro sorriso che lo fa insospettire «Bada che vengo a controllarti quando meno te lo aspetti! Se ti trovo a non fare niente sono dolori per te, signorina.»
«Non ti preoccupare, babbo. Non sono una fannullona simile.»
«No, eh?» la segue con lo sguardo mentre si allontana ancheggiando sicura, e si trova inevitabilmente a pensare che, tutto sommato, avrebbe assai preferito che venisse su uno sgorbio. Gli avrebbe dato decisamente meno preoccupazioni. 'Ma dimmi te se mi dovevo ritrovare per le mani una mocciosa del genere a settantadue anni!'
Non fa però in tempo a finire quel pensiero che la testolina corvina della discola figlia fa capolino davanti ai suoi occhi, cosa che lo urta all'inverosimile.
«Non ti avevo appena dato un ordine?!» tuona, assai infastidito, notando però con sgomento l'espressione quasi sognante di Akemi.
«Ma...» mormora, portandosi le mani davanti alla bocca per nascondere un più che entusiasta sorriso «È Mihawk!»
I vari pirati guardano in cagnesco la piccola navetta tetra che si avvicina lentamente a loro, senza però scomporsi troppo. Non ci vuole certo un genio per capire che non sta andando da loro con intenzioni ostili. Sarebbe da idioti, per non dire di peggio, e Drakul Mihawk di certo non lo è.
Occhi di Falco avanza senza ostentare alcun tipo di emozione e anche Akemi si rende conto di quanto sia calmo e a suo agio, seppur circondato da nemici.
«Che ci fai da queste parti, Mihawk?» gli domanda con un certo garbo Vista, osservandolo con attenzione. Se per puro caso fosse li per sfidarlo, a lui non parrebbe il vero!
«Sono venuto per constatare se le voci che circolano ultimamente sono vere.» risponde pacato lo spadaccino, alzando lo sguardo fino ad incrociare gli occhi glaciali dell'Angelo Demoniaco «E così tu saresti la ragazzina che sta dando qualche problema al Governo, mh? Beh, mi aspettavo qualcosa di più, in tutta onestà.»
«Ehi!» gli ringhia contro Akemi, saltando giù dalla nave con agilità, atterrando in modo sorprendentemente silenzioso sulla piccola imbarcazione dell'uomo «Com'è che non raggiungo le tue aspettative?!»
'Orgogliosa ed impavida, oltre che stupida.' ecco la prima impressione che lo spadaccino si fa della ragazza. Ma non gli ci vuole molto per ricordarsi delle parole che si è scambiato con Shanks tempo addietro, dove gli diceva che gli ricorda incredibilmente una persona che tenne testa senza grandi problemi al grande Re dei Pirati.
La guarda con più attenzione, riconoscendo in lei la stessa persona che il suo vecchio amico gli ha riportato alla memoria. Una persona altolocata, potente e dai modi raffinati, che si distingueva ovunque andasse per la sua forza e per il suo carisma ammaliante.
Ricorda vagamente di averlo intravisto all'esecuzione del Re, ma non vi badò poi molto al tempo. L'evento, in fondo, era assai più importante e sconvolgente che un incontro con quell'uomo.
«Mi aspettavo una donna in grado di portare morte ovunque andasse.» afferma con tono pacato, mettendosi comodamente seduto, facendole cenno di andarsene, soddisfatto di quanto scoperto «Ma sono sicuro che, con dell'impegno, potrai soddisfare le mie aspettative, ragazzina.»
Una cima viene calata ed Akemi l'afferra distrattamente, senza mai staccare gli occhi dal pirata dagli occhi ambrati che tanto sperava di incontrare, un giorno o l'altro. Non per sfidarlo, sia chiaro: giusto per vedere se le voci che circolavano sul suo fascino assassino fossero veritiere.
'Non male, non c'è che dire. Occhi penetranti, fisico statuario, postura fiera.' lo guarda mentre si allontana, cercando di ignorare il chiacchiericcio che sente provenire dalla nave.
«E così la nostra piccola combina guai è diventata famosa, eh?» afferma Halta, sorridendole con aria orgogliosa.
«Già, tanto da attirare l'attenzione di Mihawk.» aggiunge prontamente Ace, avvicinandola velocemente «Non è che ci ha provato?»
«Tutt'altro.» risponde con una punta di delusione, osservandolo per l'ultima volta mentre si allontana «Ha detto che non raggiungo le sue aspettative e che devo migliorare. Però, è stato strano... mi guardava in modo bizzarro.»
«Con quegli occhi ci credo!» afferma ridendo Ace, sollevato dall'idea che quel cane del Governo non ci abbia provato. Perché è vero che tra loro c'è stato un momento di passione e poi è finita li anche da parte sua, ma rimane comunque geloso per dei possibili spasimanti. L'unico che le può passare senza problemi è Marco, perché si fida di lui e sa che è un uomo dal cuore d'oro che non la farebbe soffrire.
«Non è per quello, Ace. Era come se... come se cercasse di capire qualcosa.»
«Probabilmente voleva capire se un domani saresti potuta diventare una degna avversaria per lui o meno. Sai, si annoia parecchio ultimamente, quindi se qualcuno comincia a fare notizia e mostra una più che discreta forza, può essere interessante per lui.» la informa Vista, dandole una leggera spintarella per le spalle «Ora fila a lavorare, signorinella!»

Passano pigramente due ore, nelle quali Marco non è riuscito a non domandarsi quale sia stato il vero motivo da spingere Occhi di Falco fino a loro. Il come sia riuscito a trovarli non gli importa niente, ma il perché si.
Per un brevissimo istante ha preso in considerazione che la volessero nella Flotta dei Sette, ma l'idea gli è sembrata a dir poco assurda. Nessuno del Governo Mondiale li avvicinerebbe se non per farli fuori!
'Ma allora perché? Ha una taglia decente, ma niente di impressionante come può essere quella del fratello di Ace o degli altri novellini.'
Anche stavolta non ne ha fatto parola con nessuno, rimuginandoci da solo come è solito fare, arrivando alla conclusione che Vista ha avuto di nuovo ragione: Mihawk si annoia terribilmente e doveva trovare un modo per passare il tempo. Sennò la cosa non si spiega.
C'è un dettaglio, però, che continua a ronzargli fastidiosamente in testa, senza sosta.

Mi guardava un modo strano”

Questa semplice frase, detta con una vaga perplessità, gli ha dato fastidio. Certo, è stato subito spiegato il perché, ma gli da comunque fastidio. E ancora di più gli da fastidio il modo in cui lo guardava andare via, quasi con rammarico.
'Ma che diavolo mi prende?!' si passa una mano dietro al collo, sospirando frustrato per tutti quegli sconvolgenti cambiamenti che sta subendo poco a poco, non riuscendo più a gestire quella sensazione sgradevole e sconosciuta che gli opprime il petto.
Ultimamente il loro rapporto è cambiato, si è evoluto, e adesso il comandante della prima flotta si trova a sentire di tanto in tanto la sua mancanza quando gli è lontana, quando da attenzioni agli altri, quando gioca in modo provocatorio con Ace, quando si sussurra chissà quali diavolerie con Halta.
Sa anche che pure per lei è cambiato qualcosa, che nella sua mente contorta e malata è scattato un qualcosa, e adesso non riesce davvero più a tenerla lontana dai suoi sogni più perversi, in cui si trova addirittura capace di cose che nemmeno pensava si potessero fare a letto.
Negli ultimi giorni rimane sul ponte a vegliare su di lei quando si addormenta dopo il pasto serale, le mette la camicia sulle spalle per non farle sentire freddo e, prima che qualcuno arrivi a svegliarla per darle il cambio, la porta nella sua cabina, lottando ogni sera con quella diabolica maniglia.
Svegliandosi quella mattina, però, Marco ha deciso che tenterà di evitare questi contatti troppo ravvicinati, perché non riuscirebbe più a sentirsi sincero e disinteressato come poche settimane prima.
Non potrebbe mai dire ad Akemi certe cose: certo aveva capito da subito che, con le buone o le cattive, sarebbero diventati amici, ma ciò che non aveva messo in conto era che avrebbe iniziato a provare qualcosa che andava oltre l’amicizia per quella ragazzina che, come se non bastasse, è diventata di una bellezza disarmante.
Non aveva messo in conto che quella pulce petulante e viziata avrebbe sviluppato, nel giro di pochissimo tempo, un fisico da mozzare il fiato e che avrebbe iniziato a guardarla con occhi ammaliati.
Non aveva messo in conto che un giorno si sarebbe svegliato, rendendosi conto che non è solo il suo folle sub-conscio a volere il corpo di Akemi, ma che è proprio lui a volerlo.
È cambiato tutto troppo in fretta per Marco e adesso non sa più come gestire la situazione.
'Potrei provare a prendere delle distanze da lei, ma poi se la prenderebbe e ci si ritroverebbe di nuovo da capo come prima che non ci si parlasse... e non voglio neanche questo.'
Un lieve vociare allegro attira l'attenzione del biondo, che si azzarda a lanciare un’occhiata alle sue spalle, dove la trova sorridente a scherzare col babbo.
'Devo ammettere che è molto carina quando è allegra...'
Drizza di colpo la schiena, sgranando gli occhi per la sorpresa.
'Cosa mi salta in mente? Diavolo, quella è mia sorella!'
«Ma guarda un po' chi si rivede!» urla Ace, seduto a gambe incrociate di fronte a lui «Ti sei divertita?»
«Odio pulire la stiva.» si lamenta la ragazza, avvicinandoli con passo aggraziato ed incredibilmente silenzioso, passandosi le mani tra i capelli scompigliati «Poi quando c'è altra gente è anche peggio! Sono tutti scorbutici quando vanno là sotto.»
«La prossima volta vacci da sola.» azzarda Marco, evitando accuratamente di guardarla negli occhi. Ogni volta che lo fa, in fondo, è come se gli scavassero nel profondo dell'anima e la cosa potrebbe rivelarsi pericolosa per lui.
«No, la prossima volta ci trascino uno di voi, così mi diverto un po'.» afferma convinta Akemi, acciambellandosi tra le gambe del secondo comandante, lasciandosi avvolgere dalle sue braccia calde e forti.
Pure questo, a Marco, da fastidio. 'Va in giro mezza nuda! Se ha freddo si copre e fine della faccenda. Occorre starle sempre col fiato sul collo?'
«Se vuoi ti accompagno io.» si propone Ace, sorridendole in un modo che alla Fenice non piace per niente. Troppo complice, divertito, malizioso.
È chiaro come il sole, almeno per lui, che tra i due è successo qualcosa, ma l'idea di indagare oltre e di scoprire che se la sono spassata tutta la notte lo manda in bestia.
«Tu finiresti col poltrire da qualche parte e avrei il doppio del lavoro da fare!» controbatte prontamente la minore, guardandolo con una più che evidente espressione truce «Verrai tu, Izo, vero? In fondo dobbiamo ancora finire un discorso.»
«Che discorso?» domanda Atmos, che passava di lì per puro caso e ha sentito la fine della conversazione. In fondo le discussioni della ragazza si rivelano quasi sempre piuttosto divertenti, quindi tanto vale scoprire il più possibile.
«Non ti deve interessare.» lo liquida sorridendo Akemi, facendolo sbuffare.
A loro si unisce Satch, finalmente libero dai suoi compiti, e si abbassa per raggiungere il suo volto, guardandola con aria furbetta.
«Allora andiamo a rovinarti?» le domanda Satch con un sorriso allegro, facendola illuminare.
I due però non fanno in tempo ad andare sottocoperta perché Akemi si blocca di colpo, attirata da un odore ormai a lei molto familiare.
Scatta verso il parapetto, attaccandocisi con forza e scrutando con attenzione il mare, fino ad intravedere la sagoma di un uomo alla deriva.
«UOMO IN MARE!» urla, scattando verso le scialuppe di salvataggio per andare a soccorrerlo.
«Akemi, che stai facendo?» le domanda in tono duro l'Imperatore, guardandola in cagnesco.
«Non possiamo lasciarlo alla deriva.» risponde secca, cominciando ad armeggiare con le cime. Si è già macchiata le mani di sangue innocente, non vuole avere sulla coscienza pure quel pover'uomo.
«Non è affar nostro.» controbatte con tono duro Teach, afferrandole con forza un polso e tirandola lontano dalla scialuppa.
«Neanche io ero affar vostro, eppure mi avete presa a bordo!» gli strilla contro inviperita, liberandosi con uno strattone dalle sue manacce.
Lo guarda con astio, snudando d'istinto le zanne, ringhiando sommessamente, mettendolo leggermente in soggezione. Perché gli era si chiaro di non esserle troppo simpatico, ma non pensava che gli si potesse addirittura rigirare contro!
Akemi si volta di scatto verso il padre, guardandolo con aria determinata «Che tu lo voglia o no, io andrò a prenderlo. Scegli tu se devo farlo a nuoto o sulla scialuppa.»
'Malgrado abbia degli scatti violenti ingiustificati e sia un'assassina provetta, vuole salvare la vita di quell'uomo... perché? Cosa vuole mostrare? E, soprattutto, a chi? Nessuno su questa nave ha pensato neanche per un istante di salvarlo.' si domanda il capitano, guardandola con aria cupa, finché arriva la risposta, chiara come il sole 'Vuole redimersi. Vuole dare prova, per chissà quale ragione, di non essere il mostro che crede.'
«Curiel, accompagnala.» ordina perentorio il capitano, ricevendo in risposta dalla figlia uno sguardo colmo di gratitudine e amore, espressione che mai si toglierà dalla mente.
'La mia bambina coraggiosa... lo sei sempre stata. Mai una sola volta hai avuto paura di misurarti con ciò che ti si presentava davanti. Non temi la marina, non temi i pirati, non temi coloro che vogliono rapirti per chissà quale ragione... temi solo te stessa. E io spero con tutto il cuore, figlia mia, di riuscire a farti capire non hai niente da temere, perché io, Edward Newgate, ti proteggerò a qualsiasi costo da qualsiasi cosa.'
«È vivo?» domanda Curiel remando con forza per avvicinarsi velocemente alla povera anima che galleggia attaccato ad un pezzo distrutto di una parete, ricevendo in risposta un cenno deciso con la testa.
È un ragazzo biondo, con diversi orecchini all'orecchio destro e una vistosa croce d'argento galleggia vicino al suo viso. È vestito con abiti eleganti, che fasciano perfettamente il fisico allenato ma mal ridotto dallo scontro.
'Pensandoci, in effetti, grazie a questo poveraccio possiamo scoprire se chi l'ha attaccato punta pure a noi...' pensa giustamente Curiel, adesso completamente d'accordo con l'idea della ragazza, che si trattiene con tutta sé stessa dal buttarsi in mare per soccorrerlo.
«Ehi! Mi senti?» gli urla quasi disperata, mentre rema con le braccia per provare a far prima.
Il ragazzo alza debolmente la testa: i capelli biondi gli ricadono scompigliati sul viso abbronzato e stanco, il naso dritto e sottile perde sangue, così come il labbro inferiore. Gli occhi, di un delicato castano chiaro, li scrutano con attenzione e subito nota la ragazza che prova ad allungare un braccio per afferrarlo.
'I tuoi occhi...' pensa, indurendo lo sguardo e lasciando scivolare una mano sott'acqua, gesto che non sfugge al comandante, che subito porta una mano all'impugnatura della sua pistola.
«Forza, non stare lì impalato! Aiutami!» strilla Akemi, preoccupata per la salute del giovane che continua a fissarla con espressione indecifrabile.
Il medaglione ciondola davanti al suo viso e un incredibile gioia lo pervade completamente. 'Sarò io ad ucciderti, mostro! Il mio nome diverrà leggenda!'
Akemi riesce finalmente ad afferrare il braccio del ragazzo e lo trascina con forza verso di sé, decisa a portarlo sulla nave e medicarlo. Chissà, magari potrebbe rivelarsi un ottimo amico e potrebbe piacere ad Halta!
Ma i suoi buoni propositi vanno presto al Diavolo.
Lo sconosciuto, infatti, ha estratto molto velocemente qualcosa dall'acqua e l'ha piantata brutalmente nell'avambraccio destro della ragazza: una siringa, contenente del liquido chiaro, vagamente verdognolo, che subito le inietta.
Akemi rimane completamente shockata da quella bizzarra reazione, ma il suo stupore viene presto sostituito da un acuto dolore che si propaga dal braccio colpito fin sulla spalla, diramandosi poi molto velocemente al resto del corpo.
«Come hai osato?» ringhia un furioso Curiel, puntando senza esitazioni l'arma in faccia all'aggressore della compagna, senza però avere il tempo di premere il grilletto: il ragazzo, infatti, ha fatto da solo, sparandosi dritto alla tempia.
«Curiel...» lo richiama con paura, cercandolo a tentoni «Curiel, non ti vedo...»
L'uomo si butta subito sui remi, urlando che le infermiere si tengano pronte per il suo arrivo e sulla nave scoppia il caos: bestemmie, maledizioni e urla varie si propagano nell'aria in un secondo, gli uomini si muovono freneticamente, e il capitano sente il cuore battergli all'impazzata per la paura di perderla.
Marco, che si è accorto del suo stato, di cui in realtà è preda anche lui, gli si avvicina cauto e gli poggia una mano sulla sua, guardandolo con aria assolutamente sicura «È immortale, babbo. Starà bene, non temere.»
Non ci crede neanche lui, in realtà. Ha una paura fottuta di poterla perdere così, di non poter più scherzare con lei, di non poterla più vedere in preda ad uno dei suoi attacchi di pura stupidità, di non poterla sfottere, di non poter combattere con lei.
Curiel, veloce come mai in vita sua, ha raggiunto l'imponente nave e ha portato sul ponte la ragazza, che però non riesce più a tenere in braccio tanto si dimena, preda di forti spasmi.
Si rotola a terra, artigliando il pavimento per cercare un appiglio, ringhiando ferocemente per il dolore atroce che sta provando ad ogni respiro. Sente il corpo andare in fiamme dall'interno, sgretolarsi lentamente.
Nessuno riesce ad avvicinarla, preda di un violento delirio e per i vaghi tentativi che ha fatto di mordere chiunque le si sia avvicinato di mezzo passo.
Solo Fossa e Blenheim hanno avuto l'ardore di immobilizzarla, bloccandole braccia e gambe con la loro considerevole mole e forza, riuscendoci però a fatica. Quel dolore così forte e allucinante le sta tirando fuori una potenza fisica che nessuno pensava che avesse, tanto da mettere in seria difficoltà i due comandanti.
«STO ANDANDO A FUOCO!» continua a strillare Akemi, snudando le zanne e piantando i lunghi artigli nel pavimento legnoso, incidendolo in profondità.
Ma con il passare dei minuti, fortunatamente per tutti, l'effetto pare placarsi, e Akemi cade velocemente preda di un sonno molto profondo.
Tachi le si avvicina incerta, prendendole delicatamente un polso tra le esili dita per controllare il battito cardiaco, accorgendosi che è quasi assente.
«In infermeria, subito!»
Le varie donne accorgono immediatamente e la portano di peso in infermeria, dove l'adagiano su un lettino e cominciano a controllarla.
Le fanno dei prelievi di sangue per controllare con cosa è stata avvelenata, trovando in tempo record la responsabile di tutti quei danni.
«Dobbiamo somministrarle morfina e idrato di cloralio. Servono degli eccitanti, anche... etere! Inoltre dobbiamo occuparci anche degli eventuali rivulsivi cutanei, quindi preparate una bacinella d'acqua fredda per abbassarle la temperatura corporea e delle pomate per le eventuali escoriazioni. SBRIGATEVI!»
Fuori dalla stanza tutti quanti si stanno dannando per poter sapere in che condizioni riversa la ragazza, alcuni quasi sul punto di piangere. Gli assenti sono rimasti sul ponte a calmare il capitano, scrutando inoltre l'orizzonte per capire la sua provenienza.
«Ran, cosa le è successo?!» urla Ace non appena la vede uscire, furioso oltre ogni limite. È già un miracolo che non abbia dato libero sfogo a questa sua rabbia, incendiando tutto quello che lo circonda.
«Calmatevi, tutti quanti. Se ne stanno occupando le ragazze e presto sarà fuori pericolo, non temete.» afferma con tono duro la donna, mettendo entrambe le mani sulle spalle forti del secondo comandante, sperando di riuscire a calmarlo con questo semplice contatto.
«Le è stata iniettata una massiccia dose di estratto di Belladonna, una pianta molto velenosa.» aggiunge subito dopo, facendo saettare lo sguardo da un pirata all'altro.
«No aspetta: è bastata una fottuta pianta a ridurla in quello stato?!» sbotta Satch, sgomento.
«A meno che il suo corpo non sia intollerante all'acqua, cosa di cui dubito fortemente, si.» risponde con sarcasmo l'infermiera, rigirandosi Ace tra le mani e spingendolo via. Nessuno deve stare loro col fiato sul collo, non in un momento così delicato e quindi tutti loro devono togliere immediatamente le tende.
«Adesso tornate ai vostri compiti, tanto si sveglierà tra almeno due ore.» ordina perentoria quando alcuni di loro provano a superarla, ricevendo in risposta degli sguardi torvi che farebbero svenire dalla paura chiunque. Ma non lei, ormai abituata a stare in mezzo a loro.
Alla fine, seppur riluttanti, i vari pirati si dileguano lentamente con il cuore colmo di paura per la sorte del loro piccolo angelo, lasciando così alle infermiere tutta la quiete di cui hanno bisogno per riuscire a rianimarla.

Non riesco a muovermi. Il mio corpo è completamente paralizzato, schiacciato e fottutamente dolorante. Solo respirare mi provoca dolore, come se respirassi del fuoco.
Intorno a me c'è pace, tanto da mettermi in allerta.
Un freddo raggio lunare colpisce l' assonnato paesaggio notturno, cambiando i colori di ogni cosa. Il cielo sembra abbassarsi, avvolgendo con il suo abbraccio protettivo ogni cosa terrena.
Sono circondata da alte mura di pietra liscia e a poca distanza da me c'è un piccolo falò che scoppietta, mentre le lingue di fuoco danzano tra loro.
Sui muri rocciosi che mi circondano ci sono tante incisioni che non riesco a decifrare. Ma poi mi accorgo di un’incisione, bellissima, dai colori vivi che neanche la luce lunare riesce ad alterare: un motivo floreale blu che s’intreccia in alcune scie scarlatte dai colori brillanti.
Vedo qualcosa avvicinarsi lentamente a me, giunto chissà da dove. Un'ombra, una minaccia.
«Chi diavolo sei?» ansimo spaventata, senza riuscire a scappare come vorrei.
Rimane in silenzio, voltandosi verso il muro dove solo ora riesco a scorgere un’insenatura, da cui esce un’altra macchina nera, più grossa, da cui riesco a scorgere due macchie gialle, che suppongo siano occhi.
«Se opp for jegere.» ma che diavolo dice?
Sento uno strano calore pervadermi il corpo quando mi sfiora, leggera, per poi allontanarsi subito.
«Aspetta...»
Si ferma sul posto, ma non saprei dire se si sta voltando verso di me o meno. È una cosa talmente indefinita che risulta impossibile capire qualcosa, anche solo il sesso. Pure la sua voce suona ovattata e confusa, tanto da rendermi impossibile capire anche un dettaglio così semplice.
«Huske.» mormora prima di sparire, insieme all’altra.
È tutto così confuso... i miei occhi non riescono più a stare aperti.
Dove sei... Týr?


Apre lentamente gli occhi, infastidita dalla luce che la circonda, che per un breve istante l'acceca.
Il corpo è intorpidito e pesante, respirare le risulta faticoso. Non credeva possibile che si potesse soffrire così tanto fisicamente. 'È stato agghiacciante...'
Sente una mano calda poggiarsi sulla sua e lentamente volta la testa, incrociando gli occhi pieni di gioia del quarto comandante, che mai in tutta la sua vita è stato preoccupato come in quelle ore di lunga e straziante attesa.
«Ehi...» mormora con tono dolce, passandole l'altra mano sulla guancia fredda.
«Satch...» pigola Akemi, sorridendogli debolmente, notando alle sue spalle la presenza della sorella «Halta...»
«Ciao sorellina...» mormora commossa, sedendosi sul lettino al suo fianco e prendendole l'altra mano tra le sue, stringendola appena «Come ti senti?»
«Come una che è stata avvelenata.» sorride la minore, cercando di ignorare il forte mal di testa che la sta martellando.
«Per un attimo ho temuto il peggio.» ammette Satch, chinandosi su di lei e depositandole un bacio vaporoso tra i capelli, stringendo appena la presa sulla sua mano.
«Sai che sono dura a morire...» sorride, mentre un'onda di felicità la travolge. Si sente incredibilmente a posto in quel momento... a casa.
«Ehi, ragazzina...»
Akemi volta piano la testa verso la porta, rimanendo di sasso.
«Marco...» mormora sorpresa, cercando di ricomporsi un minimo. Che gli altri la vedano ridotta ad uno straccio le va anche bene, ma lui no.
«Come mai da queste parti?» domanda dopo un istante di incertezza, stendendo le labbra in un lieve sorriso.
«Volevo sapere come stavi.» risponde semplicemente la Fenice, avvicinandosi al trio.
Pure lui ha avuto paura. Tanta. Troppa.
Quando, un'ora prima, le infermiere le hanno dovuto praticare una rianimazione perché aveva avuto un arresto cardiaco e respiratorio, aveva realmente temuto il peggio. In un secondo si è ritrovato a pensare alla sua vita prima di conoscerla, a come sarebbe se morisse sul serio, se non l'avesse più intorno... e non gli è piaciuto. Ha bisogno di lei più di quanto voglia ammettere. Della sua allegria, dei suoi modi infantili e folli, dei suoi discorsi senza senso.
«Sei gentile.» gli sorride di nuovo, senza staccare neanche per un istante gli occhi dai suoi. Vorrebbe liberarsi dalla presa che gli amici hanno sulle sue mani per afferrare una delle sue, stringerla, bearsi del suo calore. Vorrebbe restare da sola con lui in quella stanza, inspirare a pieni polmoni il suo odore, imprimendoselo a fuoco nella mente.
Gli basterebbe stare in silenzio da soli, ognuno con le proprie cose per la testa. Le basterebbe così.
«Come mai non guarisce?» le domanda di punto in bianco Halta, sfiorandole l'avambraccio su cui svettano le diramazioni scure delle vene avvelenate.
«Mh? Ah, non ne ho idea. Si ritirerà, penso.» risponde con noncuranza Akemi, distogliendo finalmente lo sguardo da quello del pirata che tanto la fa dannare.
Satch drizza la schiena di colpo, sorridendole allegro e allungandole una mano, deciso che d'ora in poi le darà qualsiasi cosa senza fiatare. Non potrebbe sopportare l'idea di non averla resa felice per una cavolata e perderla subito dopo. Immortale o meno, questa volta ha rischiato davvero tanto e secondo le infermiere, dopo la ricaduta, non è del tutto fuori pericolo.
«Allora, sorellina, li vogliamo fare o no questi tatuaggi?» le domanda allegro, facendola sorride felice. Ed è proprio di quel sorriso che lui è innamorato, quello di cui non potrebbe fare a meno, quello che lo rende fiero delle proprie azioni. Il sorriso di una persona che ti vuole bene sul serio.
Akemi prova ad alzarsi, trascinandosi a fatica fuori dal letto, riuscendo miracolosamente a mettersi in piedi. Fa un paio di passi in avanti, ma una nuova fitta alla testa le fa perdere l'equilibrio, facendola quasi capitolare a terra. Quasi.
«Aspetta, ti aiuto.» afferma Marco, prendendola giusto in tempo e rimettendola in piedi.
Akemi a sua volta gli avvolge le braccia attorno al collo, lasciandolo fare senza protestare. E lo guarda. Lo guarda come se fosse la prima volta che lo vedesse, ammaliata e rapita.
Marco la guarda a sua volta, messo in difficoltà da quell'estrema vicinanza, e si ritrova a ringraziare ogni divinità esistente quando Satch gliela sfila dalle braccia per portarla nella sua cabina.
«Grazie.» mormora Akemi sorridendogli prima di sparire oltre la porta.
Marco rimane fermo in mezzo alla stanza, completamente solo, e sussurra un appena udibile “non c'è di che”, mentre la sua idea di prendere le distanze da quell'angelo maledetto va allegramente a farsi un giro.

Halta cammina con passo svelto verso la cabina di Akemi, carica di roba da mangiare. Debole com'era, infatti, le hanno impedito di muoversi dalla sua stanza, neanche per andare a cena, e ora la comandante le porta la sua razione, curiosa anche di vedere cosa si è fatta marchiare.
«Akemi?» bussa con un piede, aspettando che venga ad aprirle, cosa che l'altra però non fa «Akemi, sono piena di roba da mangiare, mi apri?»
Dopo qualche interminabile minuto la ragazza è riuscita a trascinarsi fino alla porta per poterla aprire.
«Wow, sei uno straccio.» afferma stupita Halta, guardando il suo volto più pallido del solito e le profonde occhiaie che le circondano gli occhi stanchi.
«Sopravviverò.» risponde semplicemente Akemi, dirigendosi di nuovo verso il comodo letto su cui ormai ha fatto il solco. Si appallottola su sé stessa, lasciando il posto per l'amica proprio accanto a sé.
Halta si siede e le porge le pietanze, sperando vivamente di non doverla pure imboccare, cosa che poi invece deve fare.
'Quanto è debole... possibile che una pianta l'abbia ridotta in questo stato?'
Abbassando lo sguardo nota un piccolo disegno nero svettare sulla sua clavicola sinistra: una piccola ancora con una sagola che s'intreccia.
«Carino.» afferma sorridendole «Gli altri?»
Akemi alza semplicemente le braccia, mostrandole due disegni poco sopra i gomiti: a destra ci sono due frecce incrociate, mentre a sinistra un cuore anatomico.
«Quello lo trovo... non so, inquietante.» mormora sfiorandole il cuore, senza però domandarle il perché abbia deciso proprio un disegno simile. In fondo, si sa, non si dovrebbero mai svelare i significati dei tatuaggi.
«A me piaceva.» risponde sicura la minore, riuscendo finalmente a mettersi seduta, ricominciando subito a mangiare grossi pezzi di carne da sola «Sembra impossibile, ma mangiando mi sento meglio.»
Halta storce un poco la bocca, notando che per il momento ha mangiato solo la carne, evitando tutto il resto. Nota anche che sta riacquistando un poco di colorito e che le occhiaie si stanno attenuando.
«Che dicevano gli altri?» domanda sovrappensiero Akemi, ingozzandosi senza ritegno. Non credeva di poter provare una fame del genere da un momento all'altro! 'Adesso so come si sente Ace.'
«Niente di che, erano solo un po' preoccupati.» le risponde sorridendo, sdraiandosi sul suo letto «Pensavamo di andare un po' nella cabina di Ace a fare due chiacchiere, vieni anche tu?»
Akemi annuisce semplicemente, stiracchiandosi le braccia indolenzite. I segni scuri sono ancora presenti sull'avambraccio, anche se meno rispetto a quel pomeriggio.
«Andiamo?» domanda di nuovo allegra Akemi, scattando in piedi come una molla e afferrandola saldamente per un braccio.
Halta rimane di sasso nel vederla di nuovo piena di energie, pimpante e viva. 'Che diavolo hanno messo in quella carne?!'
Camminano veloci per i corridoi scuri, arrivando finalmente di fronte alla cabina del secondo comandante, da cui sentono provenire le voci dei loro compagni che blaterano di sciocchezze.
Akemi, senza tante cerimonie, spalanca semplicemente la porta ed entra, sorridendo allegra ai presenti. Izo e Satch stanno accanto al piccolo oblò a fumare una sigaretta, Marco ed Ace sono stravaccati sul letto, Namiur e Vista sono seduti vicino alla porta, entrambi con una grossa bottiglia di saké in mano, Jaws e Rakuyo invece se ne stanno in piedi in un angolo .
«No, aspetta.» la blocca Satch, puntandole contro un dito «Questo sarebbe il tuo pigiama?»
Akemi abbassa lo sguardo, guardando la canottiera blu e i pantaloncini neri con sguardo perplesso, per poi rialzare la testa e guardare il fratello con aria beffarda «Qualcosa in contrario?»
«Giusto una cosa o due.» borbotta il comandante, incrociando le braccia al petto e mettendo il muso, borbottando tra sé frasi incomprensibili.
«Lo sai che una delle regole principali dei pirati è quella di tenere sempre le proprie armi pronte?» le domanda Marco, placidamente sdraiato sul letto di Pugno di Fuoco, con gli occhi che studiano minuziosamente il soffitto. 'Non sai quanto sono d'accordo con te, Satch.'
Akemi si siede accanto ad Halta per terra, per poi mostrare le unghie alla Fenice.
«Io non me ne separo mai.» afferma con ovvietà, sorridendo allegra. Non è realmente così sicura di poterle definire “armi”, ma contro Geri funzionarono benissimo e anche quando ha combattuto le gole le squarciavano alla perfezione.
«Contro un Ammiraglio non ci faresti niente, lo sai vero?» controbatte prontamente Izo, mettendosi seduto accanto alle due piratesse, inspirando poi una lunga boccata di fumo.
«Neanche con una pistola o un pugnale, se è per questo.» afferma con indifferenza Akemi, giocherellando distrattamente con una ciocca di capelli, alzandosi poi di scatto per sgranchirsi le gambe «Non temere, Izo. I miei artigli sono più che sufficienti in caso di necessità.»
«Se ne sei convinta...» borbotta il comandante in risposta, sdraiandosi subito con la testa sulle gambe della compagna, che si mostra completamente indifferente a quel contatto non esattamente desiderato.
Sa bene, Halta, che Akemi non ha fatto la spia, non lo farebbe mai, però è convinta che dietro a quel gesto così inusuale per lui ci sia dietro il suo zampino. 'Chissà di cosa hanno parlato ieri sera...'
Akemi nel frattempo è andata a sedersi sulle gambe di Namiur, completamente indifferente alle attenzioni che di tanto in tanto la ragazza gli rivolge. Per quanto si renda conto che sia una bella ragazza, non è proprio il suo tipo, cosa che lo rende “immune” ai suoi bizzarri atteggiamenti e alle sue richieste.
«Ace?» lo richiama la corvina, facendolo voltare «Mi fai dare un'occhiata a quel libro?»
«Che libro?» le domanda incuriosito Vista, bevendo un lungo sorso di saké.
«A Dejima una vecchia mi ha dato questo libro per “uccidere la progenie del diavolo”. È pieno di cazzate incredibili!» lo informa subito Ace, prendendo il libro da sotto al letto e allungandolo alla ragazza, che subito comincia a sfogliarlo «Non dicevi che non t'interessa il soprannaturale?»
«Si tratta sempre di cultura, Ace... anche se sono stronzate.» risponde distrattamente Akemi, osservando quelle strane scritture pressoché incomprensibili «Poi hai detto che c'è una parte che non riesci a tradurre, no? Bene, vediamo se io ci riesco!»
Dopo qualche istante di silenzio, nella quale Akemi si è messa d'impegno per decifrarlo, Satch la richiama, curioso quanto gli altri «Allora?»
«Se mi date tempo...» borbotta Akemi senza staccare gli occhi dalla lettura, passandosi distrattamente le dita sulle labbra «Mh... questo è un esorcismo.»
«Davvero? Che c'è scritto?» domanda davvero incuriosito Izo, voltando la testa verso di lei mentre si gode le vaghe carezze che la compagna ha cominciato a fargli sulla testa.
«E io che ne so? Ci sono appuntate le traduzioni di alcune parole e poi c'è il disegnino. Comunque qualcosa riesco a capirlo...» risponde Akemi, senza però alzare gli occhi dalla pagina, come rapita da quei simboli che lentamente riesce a decifrare «In poche parole è un rito per scacciare una presunta presenza demoniaca da una persona, un animale o un luogo... poco interessante, a mio avviso.»
Abbassa per un breve istante gli occhi sull'angolo della pagina, notando il disegno di un triskel circoscritto in un pentagono di un rosso scuro e di colpo sente il cuore battere più forte e la rabbia chiuderle la gola. Distoglie velocemente lo sguardo, voltando pagina, accantonando velocemente l'accaduto. Nessuno dei presenti, per sua fortuna, si è accorto di quel brevissimo cambiamento di umore.
«Mh, questo m'interessa già di più.» afferma dopo qualche secondo, puntando il dito su un'immagine colorata ma allo stesso tempo vagamente inquietante.
«Cosa?» le domanda Namiur, poggiando il mento sulla sua spalla per poter vedere cosa può aver attirato il suo interesse.
«Come costruire ed usare una bambola voodoo.»
«Una che?» le domanda incerto, ricevendo uno sguardo vagamente derisorio.
«La tua ignoranza mi spiazza.» lo sfotte sorridente, ricevendo una pacca sulla testa in segno di ammonimento.
«È una bambola che rappresenta la persona o la Divinità su cui si concentra il rituale magico. Generalmente viene usata per scopi malvagi, perché tramite il rituale giusto si può infliggere dolore al nemico. Però possono essere usate anche per guarire o far innamorare le persone amate, o anche per invocare la presenza della Divinità desiderata.» lo informa osservando nel dettaglio l'oggetto raffigurato, leggendo poi le scritte che lo circondano. Stranamente tutto diventa lentamente più chiaro per lei, come se la sua mente fosse impostata da sempre in modo da poter tradurre quelle scritte.
«Stronzate.» soffia Ace, poggiando la schiena contro la parete e bevendo un sorso di saké dalla bottiglia che l'ottavo comandante gli ha allungato pochi istanti prima.
«Basil Hawkins ha questo potere, se non sbaglio.» afferma distrattamente Marco, sorprendendo i più. Erano convintissimi che non stesse ascoltando neanche una parola, invece a quanto sembra stava seguendo attentamente tutto il discorso e ci stava pure riflettendo!
«Si, ma quello è un frutto del Diavolo, non un rituale magico del cazzo!» controbatte prontamente Ace, facendolo ridacchiare appena.
«Mettetela come vi pare, ma io sarei curiosa di provare.» afferma con una nota di divertimento Akemi.
«Come si costruisce?» le domanda Halta, vagamente attratta da tutti quei discorsi. In fondo sembrano cose divertenti da provare nel tempo libero.
«Si sistemano a croce due rami e si crea il corpo con dell'erba magica adatta al rito e oggetti appartenenti al bersaglio; il tutto poi viene avvolto in stoffa colorata e decorazioni.»
«Che stronzate che mi tocca sentire...» borbotta Satch, passandosi entrambe le mani sul viso.
«Miscredente.» mormora Akemi, facendo ridacchiare il diretto interessato «Se riuscissimo ad ottenere qualcosa appartenente ai marines di alto rango, si potrebbe fare un po' di pulizia senza correre rischi.»
«E il divertimento dov'è?» le domanda Ace, sorridendole con aria allegra e beffarda.
«Certe volte mi trovo a dubitare seriamente delle tue facoltà mentali.» afferma con sarcasmo Akemi, guardandolo con aria beffarda.
«Fanculizzati.» borbotta in risposta Pugno di Fuoco, facendo ridacchiare i presenti.
I loro battibecchi sono i più divertenti da ascoltare, subito dopo quelli che di tanto in tanto avvengono con la Fenice, che adesso è in piedi e si dirige a grandi falcate verso la porta.
«Ehi, dove vai?» gli domanda Vista, vagamente assonnato.
«A dormire.» risponde secco Marco, chiudendosi velocemente la porta alle spalle e dirigendosi velocemente verso la sua stanza.
Non può rimanere ancora lì dentro, non con quella ragazzina che non riesce a smettere di guardare.
Dopo una decina minuti, durante il quale tutti quanti si sono rimessi a parlottare di argomenti leggeri ed allegri, Akemi si alza di scatto in piedi, attirando di nuovo su di sé la loro attenzione.
«Dove vai?» gli domanda Izo, adesso alle prese con un'impegnativa partita a poker con Halta, che gli sta facendo un culo impressionante.
«A farmi una doccia e poi a dormire.» mente Akemi, sorridendogli in modo gentile.
Da velocemente la buona notte a tutti i presenti, soffermandosi soprattutto su Satch, che si spupazza per un po' per ammorbidirlo. In fondo sembra sempre particolarmente teso e nervoso a causa del suo nuovo stile, e questo non le piace. Vuole vederlo sempre allegro e solare come è abituata, e sa che con due coccole ciò è facilmente ottenibile.
Nel frattempo Marco si è già messo a letto con il preciso intento di smettere di arrovellarsi il cervello per quella mocciosa.
Non riesce proprio a capire perché ci pensi tanto, perché sia diventata un'ossessione simile. Ossessione che tra l'altro si è sviluppata in un lasso di tempo decisamente troppo breve, tanto da scombussolarlo nel profondo.
'Che diavolo mi prende?'
Si ridesta dai suoi pensieri quando sente qualcuno bussare alla porta e il cuore gli fa una capriola nel petto quando vede spuntare la testolina dell'essere che gli sta dando così tanti problemi.
«Ti ero mancata, ammettilo!» afferma sorridendo Akemi, entrando senza permesso nella sua cabina e dirigendosi trotterellando verso il letto, su cui si siede senza tanti problemi con le gambe incrociate. Poggia una scatola di metallo rossa al proprio fianco, tenendola stretta con fare protettivo, ma Marco non riesce a badarci, troppo preso a maledire il suo “pigiama”.
'Non appena sbarchiamo gliene compro uno io. Uno di quelli brutti, larghi e sformati, di un orrendo marrone con dei coniglietti verdi!'
Si passa entrambe le mani sul viso, infastidito oltre ogni modo per quell'invasione di spazio. Fastidio che poi sale ancora di più quando la ragazza si stende al suo fianco, sempre tenendosi vicina quella scatola.
«Si può sapere perché sei venuta qui?» le domanda in modo sgarbato, guardandola di traverso, senza però riuscire a toglierle quel sorrisetto impertinente.
«Mi sembra ovvio: voglio darti fastidio!»
«Ci stai riuscendo benissimo.» sibila la Fenice, sistemandosi i cuscini dietro la testa e mettendosi sotto le coperte, con la vana speranza che capisca che se ne deve andare.
«Quanto sei scorbutico!» borbotta Akemi, fingendosi offesa, aprendo finalmente la scatola e rivelandone il prezioso contenuto «Ho dei biscotti.»
«Non li voglio, grazie.» la guarda per una frazione di secondo, intimandole silenziosamente di prendere i suoi profumatissimi biscotti e andarsene a mangiarli altrove. L'arguta Fenice però non ha preso in considerazione che la ragazza non possiede il dono della telepatia e che quindi non può recepire questo messaggio.
«Non ho mica detto che sono per te. Questi sono i miei biscotti.» afferma seria, cominciando a mangiucchiarlo sotto lo sguardo sempre più alterato del maggiore.
«Allora perché me ne hai parlato?»
«Come avvio di conversazione.»
«Una conversazione non si comincia così!» controbatte subito Marco, facendola ridacchiare.
«Non di meno adesso conversiamo. Scacco matto!»
La guarda dritto negli occhi per un breve istante, per poi abbandonarsi ad un rumoroso sospiro rassegnato.
«A volte mi preoccupi.» mormora girandosi finalmente su un fianco per poterla guardare, arrendendosi all'idea che non se ne andrà facilmente da lì «Allora... come ti va la vita?»
«La mia esistenza è un continuum, quindi sono ogni momento ciò che sono stata in un periodo di tempo sottinteso...»
«Cosa?!» sbotta Marco, non riuscendo a capire il senso di quell'astrusa risposta. 'Ma perché mi stupisco? Dice sempre un sacco di cazzate!'
«Boh.» risponde sinceramente Akemi, facendogli un amplio sorriso.
«Ribadisco: mi preoccupi.»
Ride ancora Akemi, ricomponendosi in pochi secondi e cominciando a fissare con più insistenza e serietà il comandante, sistemandosi meglio il cuscino sotto la testa e abbandonando momentaneamente i biscotti «A te invece come va la vita?»
«Tutto nella norma.» risponde pacato, allungando lentamente una mano verso quegli invitanti dolci, riuscendo addirittura a prenderne uno.
«Non avevi detto di non volerli?» domanda Akemi, soddisfatta per essere riuscita a farlo crollare e comportare come una persona normale. Beh, normale per i suoi standard, s'intende.
«Mi puoi spiegare una cosa?» gli domanda subito dopo, abbassando lo sguardo con un certo imbarazzo.
«Penso di si.»
«Perché adesso mi chiamate “pantera”? Non ero “Angioletto”?»
Marco si lascia sfuggire una lieve risata, cercando sempre di fare attenzione a non far cadere delle briciole sul letto. Non potrebbe sopportarlo.
«Tornerai ad essere “Angioletto” quando tornerai ad indossare i panni dell'angelo.» le risponde tranquillo, allungando di nuovo la mano per prenderne un altro. 'Ora capisco perché Ace li vuole tanto... sono incredibili!'
«Oddio, anche tu no, eh! Si può sapere cos'hanno di sbagliato i miei vestiti?» sbotta infastidita, guardandolo con un certo astio.
«Per quanto mi riguarda stai meglio così.»
Con questa semplice l'astio svanisce completamente, lasciando spazio ad un fortissimo stupore e un vago imbarazzo. Imbarazzo misto a gioia. Gioia mista ad una voglia impressionante di buttare i preziosi biscotti di sotto dal letto e saltargli addosso come un animale.
«Davvero?» si limita a domandare con un filo di voce, in piena crisi spirituale.
«Sentiresti se ti dicessi una cazzata, no?» domanda sarcastico Marco, non riuscendo -per sua fortuna- a capire quando l'abbia messa in crisi.
Rimangono in silenzio per qualche istante, lui preso dai biscotti e lei dalla sua affermazione, finché alla fine non riesce a trattenere un commento “pungente”.
«E così vestita in questo modo ti piaccio.»
Marco la guarda per un breve istante, lasciandosi poi andare ad un vago sorriso «Se la vuoi mettere in questo modo.»
«E mi chiamate “pantera” perché...?» domanda subito dopo Akemi, che ancora non ha trovato la risposta desiderata.
«Per il modo in cui ti muovi, per come guardi le persone... come un predatore.» le risponde pacato Marco, cercando di rimanere sempre un poco sulle sue.
«Poi oggi eri vestita di nero, quindi gli sarà venuto spontaneo affibbiarti quel soprannome.» aggiunge subito dopo con un sorriso.
«Avete decisamente poca fantasia.»
«Probabile.» ammette, tornando a guardarla dritto negli occhi. Questa volta è proprio lui, il grande Marco la Fenice, a non riuscire a trattenere un commento «In ogni caso quel vestito ti stava bene.»
Akemi sgrana gli occhi per la sorpresa, incapace di riuscire a dire qualsiasi cosa eccetto un flebile “grazie” appena udibile.
Il silenzio cala di nuovo, imbarazzante come mai lo era stato tra di loro.
Marco si rende conto che si è lasciato andare troppo, che il filtro pensiero-azione si è allargato più del dovuto, facendogli uscire dalla bocca qualcosa che sarebbe stato meglio non dire.
Alla fine è Akemi ad interrompere quel fastidioso silenzio, alzandosi lentamente dal suo letto e dirigendosi verso la porta, lasciandogli volontariamente la preziosa scatola.
«Si è fatto tardi, è meglio se vado a dormire. Buona notte.» afferma sbrigativa, preda di troppe emozioni contrastanti.
«Buona notte...» mormora Marco un istante prima che la ragazza si chiuda la porta alle spalle, continuando a domandarsi ininterrottamente cosa gli sta succedendo, perché si sente tanto in imbarazzo al suo fianco, perché sente lo spasmodico desiderio di toccarla come nei suoi sogni.
'L'ho vista letteralmente crescere... non è normale provare questa attrazione.' si ripete, rigirandosi nel letto per prendere sonno.
'Passerà velocemente, basta solo avere pazienza.'
Akemi nel frattempo se ne va verso la propria stanza con passo incerto, pensando e ripensando alla loro breve conversazione, a quanto avrebbe voluto sfiorare quegli addominali scolpiti che di tanto in tanto si ritrovava a guardare, a quanto avrebbe voluto rimanere in quel letto con lui, a dormire al suo fianco.
'Basta, devo darmi una calmata.' pensa respirando profondamente, con la mano che stringe con forza la maniglia della porta 'Con un po' d'impegno posso spegnere questo fuoco che mi sta consumando e potrò tornare a guardarlo normalmente.'
Entra nella sua camera vagamente più tranquilla grazie a quella convinzione assurda, venendo accolta da un odore nuovo.
«Buonasera.»
Si volta di scatto, portando in un gesto automatico la mano alla pistola che tiene sul comodino accanto alla porta e la punta immediatamente contro l'intruso.
È un uomo alto, vestito con una lunga tunica grigia con maniche larghe che in parte gli coprono le mani, dove nota delle lunghissime unghie laccate di nero. Ha i capelli grigi estremamente lunghi e una frangia foltissima, premuta da un bizzarro cappello.
È fermo nell'angolo della stanza, avvolto dall'ombra, e la fissa da sotto la frangia con insistenza, senza nascondere un ghigno entusiasta.

Image and video hosting by TinyPic

«Chi diavolo sei tu? Che ci fai nella mia stanza?» gli ringhia contro Akemi, pronta a dare l'allarme. L'idea di attaccarlo da sola l'ha sfiorata per un brevissimo istante, ma l'ha subito accantonata. Sente chiaramente la sua forza, così imponente da farla rabbrividire.
'Neanche il babbo ha una forza simile...' si trova a pensare, mentre deglutisce a vuoto.
«Già, ammetto che forse avrei dovuto bussare, attendere una tua risposta e poi entrare, ma le abitudini sono dure a morire, specialmente quelle brutte.» afferma senza abbandonare il sorriso, portandosi di un paio di passi in avanti e porgendole una mano «Comunque sono davvero molto lieto di incontrarti. Il mio nome è Wulfric. Se preferisci puoi chiamarmi Willy-»
«Che diavolo vuoi da me?» fa un passo indietro, intimorita come se si trovasse di fronte ad una delle ombre dei suoi incubi, ritrovandosi sfortunatamente con le spalle al muro.
Vorrebbe urlare, chiamare aiuto, ma ogni volta che ci prova l'urlo le rimane intrappolato in gola.
«Non agitarti, non sono qui per farti del male.» l'avverte subito, ritirando la mano e girottolando pacatamente per la stanza, notando con la coda dell'occhio che la ragazza non ha abbassato né la guardia né tanto meno l'arma. Osserva poi per un breve istante il medaglione abbandonato sul comodino e un nuovo sorriso fa capolino sulle sue labbra sottili. Si volta così verso di lei, guardandola con aria assai divertita «So che non molto tempo fa hai avuto un diverbio con i fratelli Ulykke.»
«Intendi i due psicopatici che hanno provato a rapirmi?» un nuovo brivido le percorre la spina dorsale, mandandola nel panico.
'Come fa a saperlo?'
«Proprio loro. Tu non puoi capire quanto quei due siano odiosi, anche presi separatamente. Rozzi, volgari, chiassosi e senza un minimo senso dello stile. Insopportabili su tutti i fronti, ecco.» parla tranquillamente, come se si trovasse di fronte ad una vecchia amica, confondendola.
«Invece immagino che tu sia una delizia.» soffia, impugnando con più decisione la pistola e provando ad avvicinarsi alla porta, bloccandosi immediatamente quando l'uomo si volta di nuovo verso di lei, sempre con quel dannato sorriso inquietante.
«I più dicono che sono uno stronzo, in realtà, ma si: sono una delizia.» afferma convinto, allargando le braccia.
«Tu sei strano...» mormora Akemi, più confusa che mai.
Sente che è pericoloso, più di qualsiasi altra persona abbia mai incontrato prima, ma per qualche stranissima ed inspiegabile ragione si sente come calamitata verso di lui, tanto da non riuscire a scappare come in realtà vorrebbe.
«Ti dispiace abbassare la pistola? Sai, le armi m'innervosiscono un po', soprattutto quelle da fuoco. Creano un tale trambusto... molto meglio i pugnali. Lavoro pulito, oggetto elegante...»
«Se ti piacciono così tanto, potrei sempre aprirtici il cranio, che ne dici?» ringhia cercando di sembrare minacciosa, scatenandogli però un'inquietante risolino.
«Dico che non ascolti, ragazza. Lavoro pulito, capisci? Ahhh, i giovani. Con tutta la violenza che vi circonda non pensate ad altro che sbudellare, distruggere e creare dei veri e propri scenari dell'orrore.» farfuglia gesticolando animatamente, continuando a camminare silenziosamente per la stanza.
Solo in quel momento Akemi si rende conto che i suoi passi non stanno emettendo il minimo suono, tanto da farle provare un profondo senso di inquietudine.
'Da quanto mi braccava?'
«Ascoltami bene, Wulfric: questa conversazione si è protratta più del dovuto, quindi vattene. Subito.» sibila sperando di riuscire nell'impresa, pregando che abbia paura quanto meno del resto della ciurma. Speranza assai vana, in realtà...
«Non ho alcuna intenzione di andarmene, per ora.» ammette infatti l'uomo, di colpo serio, che punta lo sguardo sull'arma ancora puntata contro la sua figura, alterandosi «Abbassi quella dannata pistola?!»
Akemi ha come l'impressione che la forza che percepisce provenire da lui sia aumentata per un breve istante, per poi tornare come prima.
'Si sta trattenendo?' lo sgomento è così forte che automaticamente abbassa la pistola, appiattendosi di nuovo contro la parete, mentre il cuore le batte sempre più forte.
«Così va meglio, grazie.»
Rimangono in silenzio per qualche minuto, nel quale Wulfric non ha fatto altro che guardare tutto quello che lo circonda con grande interesse, dando così il tempo ad Akemi di regolarizzare il respiro. L'ultima cosa che vuole, infatti, è provocarle un infarto.
«Se non sei qui per farmi del male o cose simili, cosa vuoi?» domanda con un filo di voce Akemi, senza muoversi di un millimetro, attendendo impaziente la sua mossa.
«Sono qui per darti un piccolo aiutino. Sai, sono contrario a quello che è stato deciso per te, sono dell'idea che ognuno deve trovare da solo la propria strada-»
«Allora non dovresti darmi nessun tipo di aiuto.» lo interrompe involontariamente, tremando quando si volta per osservarla con aria incredibilmente seria, tornando a respirare solamente quando l'uomo le sorride divertito.
«In effetti va contro la mia filosofia per un certo verso, ma tu sei un'eccezione.» ammette infatti Wulfric, intrecciando le lunghe dita da pianista tra di loro e inclinando un poco la testa da un lato «Non voglio rivelarti niente, in realtà, solo darti una cosa che ti donerà un po' di sollievo nei momenti in cui sentirai di perdere il controllo.»
Akemi vacilla per un istante e in poco scatta qualcosa nella sua mente. Qualcosa che la costringe ad avvicinarsi di un paio di passi.
'Lui sa!'
«Non so di cosa tu stia parlando.» mente, cercando di incastrarlo e farlo parlare. È abbastanza sveglia da capire che un tipo così non le dirà mai niente direttamente e che quindi occorre usare dei rigiri di parole, un po' come con Týr.
«Oh, si invece.» si avvicina pure lui, tranquillo e divertito, andandole abbastanza vicino da mostrarle i suoi occhi di un brillante color ghiaccio «La rabbia, le cattiverie gratuite, la voglia di fare del male, l'istinto predatorio... ci siamo passati tutti quanti. Solo che noi sapevamo come comportarci, mentre tu no.»
«Allora dimmelo!» soffia Akemi, che di colpo ha ritrovato la sua forza e determinazione.
'I suoi occhi...'
Non riesce a smettere di fissarli, scrutandoli nel dettaglio, accorgendosi di una cosa che stranamente la rincuora incredibilmente.
'Sono uguali ai miei!'
«No. Hai già scordato la mia filosofia?» ridacchia in maniera inquietante, portandosi le mani davanti al viso per nascondere gli insoliti denti, per poi fare qualche passo indietro, muovendosi leggero e silenzioso come un fantasma.
Torna fino all'angolo buio in cui era all'inizio, inclinando di nuovo la testa, lasciando oscillare i lunghi capelli «Sotto al letto troverai una cosa; consideralo un regalo. Devi berne metà al giorno e per forse sei mesi starai bene.»
«Cos'è?» domanda incuriosita, senza però muoversi. Non può dargli le spalle, potrebbe rivelarsi fatale e lo sa bene.
«Una cosa che ti farà bene. Ti consiglio di tenerla lontana dalla luce, sarebbe bene al caldo, e magari anche lontana dagli occhi dei tuoi amici. Non so quanto gradirebbero la cosa.»
«Si tratta di droga?!» domanda quasi scandalizzata Akemi, spaventandosi quando vede il volto dello sconosciuto contrarsi per la rabbia.
«Ho l'aria del drogato, io?!» le ringhia contro, lasciando andare per un altro brevissimo istante la sua energia distruttiva che la spaventa ancora di più «Non dovevo alzare la voce, perdonami. Comunque no. Niente droga, niente alcol, niente di pericoloso o nocivo che crea dipendenza. È solo una cosa che ti farà bene.» si affretta a spiegare, tornando calmo e incrociando di nuovo le dita tra di loro, sorridendole in un modo che solo lui al mondo può considerare confortante «Bada bene, ragazzina: ti farà bene. A te e a nessun altro, capito? Nessuno
Akemi annuisce piano, spiazzata dai suoi modi e dalla sua personalità confusa e altalenante, trovandosi nuovamente a pensare che sia un pazzo estremamente pericoloso che non le sta raccontando altro che balle.
«Adesso mi rincresce ma devo salutarti. Ho delle faccende da sbrigare e di certo i miei compagni non le faranno al posto mio.» un leggera nebbiolina nera avvolge le sue gambe, salendo lenta e sinuosa sul busto «Un giorno, spero non molto lontano, ci rivedremo.»
Akemi non fa in tempo a dire assolutamente niente. La nebbia lo ha completamente avvolto e altrettanto velocemente lo ha fatto dissolvere nel niente, lasciandola sola.
«A presto, oh dolce creatura delle tenebre...»



Angolo dell'autrice:
Eccomi di nuovo qui! :)
Innanzitutto vi ringrazio di cuore per non avermi maledetta per lo scorso capitolo *w* davvero troppo gentili! :)
Poi, il titolo. Comincio col dire che ha senso. So che sembra non averne minimamente, ma invece si. Infatti, come spiegato durante il capitolo, Akemi è stata avvelenata da quel ragazzo con un infuso fatto con quella determinata pianta, che ovviamente non è stata scelta a caso. Certo, le conseguenze di quell'avvelenamento sono state amplificate, ma diciamo che servono per dare un indizio. Ok, non dico altro. Al limite chiedete :)
All'inizio avevo pensato ad una cosa del tipo “Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio” o, in alternativa, “Atropa belladonna e visite notturne” per delle più che ovvie ragioni, ma nessuno dei due mi convinceva. Così ho deciso di usare l'attuale... da un senso di... non so. So solo che mi piace :)
Poi... MARCO! Povero amore mio... gli piace la piccola schizofrenica ma non lo vuole ammettere neanche a sé stesso! Inoltre è geloso del rapporto che ha con Ace! Sta diventando tenerello :3 peccato solo che lui sarà cocciuto ancora per un po'!
Ora, giustamente, un piccolo spazietto per Wulfirc: ebbene si, questo ambiguo personaggio è interpretato da Undertaker di Kuroshitsuji! Giuro, lo adoravo dal profondo del cuore e, per come l'ho pensato, ci calza a pennello... soprattutto per il sorrisetto inquietante! :D Spero che la mia scelta possa piacervi :)
Infine, un piccolissimo spoiler: nel prossimo capitolo Akemi tirerà finalmente fuori i coglioni! Ma non vi rivelo altri dettagli. >:)

Adesso un grazie di tutto cuore a Portogas D SaRa, Yellow Canadair, Vivi y, Aliaaara, Redangel19, Okami D Anima, Monkey_D_Alyce, Lucyvanplet93, ankoku e Law_Death per le bellissime recensioni! E anche a tutte le persone che leggono i vari capitoli e a coloro che l'hanno messa tra seguite/preferite/ricordate. Siete davvero gentilissimi, grazie sul serio! Se non fosse per voi probabilmente non riuscirei nemmeno ad andare avanti O.O
Beh, direi è giunto il momento di salutarci anche per questa volta. A presto, un bacione
Kiki


PS: se a qualcuno di voi interessa, questi sono i nuovi tatuaggi: http://tinypic.com/r/eqc7c3/8
Io sono una malata di tatuaggi, ne ho diversi sparsi per il corpo, quindi non riesco a trattenermi dal metterli sempre e comunque anche sui miei personaggi >.< sono una frana! :(

PPS: prima che possano sorgere degli equivoci, Akemi ha messo la tagli di Rufy in camera solo per una questione di stima! :P

  
Leggi le 11 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: KikiShadow93