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Autore: Rhona    21/03/2014    1 recensioni
Parigi, 1772.
I poveri sono stremati. Tutti ripongono le loro speranze nel Delfino, il futuro re, e nella sua nuova sposa, tanto amata dal popolo quanto odiata nella corte.
Poi ci sono loro...Pierre: uno scassinatore belloccio ma piuttosto stupido. Henri e Philippe: ladri di strada, gente dalle mani leggere e vellutate. Mathieu: l' orfano del mugnaio della Cité. Gilbert: un bracciante fuggito dal sud e approdato nella capitale. Jean: un vecchio mendicante che suona il violino sul sagrato di Notre Dame per quattro spiccioli di elemosina. Edouard e André: amici dal momento in cui sono nati in due case attigue, ma fin troppo diversi. Ognuno di loro fa parte di un gruppo, una banda, una strana combriccola di saltimbanchi che rubano e donano: la banda di Monsieur Dubois.
Scelte disumane, tragedie familiari, pregiudizi. Onore ai nobili, fasti di corte, lussuria. Amori impossibili o non corrisposti, un segreto tenuto nascosto per più di vent'anni... E la rivoluzione che, inesorabile, si avvicina.
«Ma chi credete di essere?!» chiese ridendo «Robin Hood, forse?!» Lui sorrise, le scostò i riccioli castani dall’orecchio e le sussurrò «Io sono Dubois.»
NOTE: ispirata in parte al classico ideale del “ladro-gentiluomo”.
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
Capitoli:
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2. Il figlio di Nessuno








Era notte fonda ormai. La luna piena rischiarava le strade di Parigi come a giorno, facendo apparire tutto più candido. La Senna sembrava scorrere più lentamente, come catturata da quel torpore che avvolgeva la città intera. Un ragazzino sui dodici anni stava pescando, forse sperando di prendere qualche pesce notturno. Aspettava, seduto in dormiveglia sul pontile ligneo, la sua preda, fissando l’acqua scura. Una mano sbucò da quella stessa acqua, al lato più esterno di quello stesso pontile. Completamente bagnato, André uscì fuori dal fiume, issandosi su con una sola  mano; nell’altra teneva il bauletto tintinnante. Cercò di asciugarsi gli occhi con la manica, ma peggiorò la situazione. Rimase immobile, torreggiando sul piccolo pescatore, aspettando che la vista gli diventasse più chiara. Poi avanzò verso la terra ferma, avvertendo gli occhi del ragazzino piantati su di lui. Si calzò il tricorno sulla fronte, coprendo una gran parte del viso.  Riconobbe subito il punto in cui si trovava. Lo scantinato non era distante; si mise a camminare sopraffatto dai pensieri. Aveva commesso un’imperdonabile errore: non aveva fatto camuffare il viso a tutti. L’unico non riconoscibile, sotto gli strati di vestiti e sotto la cipria, era Pierre. Per il resto erano tutti scoperti. Soprattutto lui, che si era mostrato senza maschera o altro allo stesso conte che aveva derubato. Stupido! Stupido! Stupido! Come aveva potuto non pensarci! Sbuffò amareggiato. La sua unica speranza era che il conte non l’avesse guardato bene. Appena tornato allo scantinato si sarebbe rasato la barba ricresciuta, e avrebbe detto agli altri di fare lo stesso. Svoltò agli angoli giusti, passò sul Pont Neuf e camminò fino allo scantinato. Bussò quattro volte alla porta. Sentì qualcuno agitarsi all’interno. Gilbert venne ad aprire.  «Desidera?»
«Sono André.» disse, togliendosi il cappello. Gilbert tirò un sospiro di sollievo.
«Credevamo t’avessero preso, ormai.» disse, togliendo i catenaccio dalla porta e facendolo entrare. Con sua sorpresa trovò tutti sveglia ad aspettarlo. Edouard stava pulendo le armi. Non si poteva mai sapere quando sarebbero servite... Jean era in un angolo a bere vino; Henri, Philippe e Pierre giocavano a carte. Mathieu era seduto su una brandina, osservando la scena. «Preoccupati?»
«Ci conosci,» disse Henri, sorridendo ma continuando a fissare le carte in gioco «non dormiamo se non sappiamo che il nostro malfattore preferito è al sicuro!»
«Già.» mugugnò Philippe, fissando anche lui le carte.
André scosse la testa, sorridendo «Cosa è successo, perché il conte è venuto in cantina?» chiese poi.
Rispose Gilbert per gli altri: «Aveva già capito che era una farsa, quando Pierre ha detto che voleva comprare l’immobile. Ha cercato in tutti i nodi di cacciarci, poi ha visto Mathieu che si avvicinava ai candelabri dorati e la situazione è precipitata.» istintivamente di voltò contro Mathieu, che fissò il pavimento diventando paonazzo «Mi dispiace, André. Io volevo dimostrarti che non sono solo un orfano di cui avere pietà.»
«Non preoccuparti. So che sei un bravo borseggiatore, ma devi stare attento in certe occasioni.» si avvicinò e gli diede una pacca sulla spalla, comprensivo. Poi tornò a guardare Gilbert. «Ma perché subito la cantina?»
«Ha visto una certa cameriera mezza nuda che correva via! Tu ne sai qualcosa, André?»
«Io?» chiese sorridendo complice. Si spogliò all’entrata, restando solo con i pantaloni e la camicia, aderenti e fradici.
«I gioielli della contessa sono nella giacca, chiusi nelle tasche.»
«Cosa c’è nel baule?» chiese allora Mathieu. André sorrise, guardò sottecchi tutti gli uomini nella stanza. «Un regalo da parte del conte.» sussurrò misterioso. Edouard posò la pistola che stava pulendo, si passò una pezza dalla trama rozza sulle mani e si avvicinò ad André. Si abbassò, spaccò il lucchetto –ormai più debole- e, tenendo gli occhi piantati su André, lo aprì. André si compiacque nel vedere l’espressione stupefatta di tutti i compagni. Le monete erano in perfetto stato, anche se bagnate. Al contrario, l’acqua che rifletteva le fiamme danzanti della candela sul tavolo le faceva sembrare ancora più brillanti.
«Un brindisi ad André!» annunciò trionfante Jean, forse ubriaco. André fece un cenno con la testa a Mathieu, che chiuse la bottiglia e la consegnò ad Edouard perché la nascondesse. Pierre buttò le carte sul tavolo e si alzò. «È  la sesta volta di fila che perdo dei soldi con voi! Siete ladri!»
«Ma davvero, Pierre?»  disse Philippe, suscitando le risate degli altri.
«Cani bastardi...» mugugnò «Io me ne vado a dormire!»
«Vai, vai...» lo incoraggiò Henri, senza togliere gli occhi dalle carte.
«Smettetela di punzecchiarvi, io non voglio ricucire i pezzi dopo la rissa.» commentò Edouard.
«È  meglio che vada anche tu, Mathieu. Domani andiamo ad alleggerire un po’ di passanti.» si rivolse André al giovane. Mathieu sorrise, dapprima con gli occhi, poi si alzò scattante «Si, André.» esclamò. Corse per le scale. Si sentì la sua voce chiamare dall’alto «Svegliami quando vuoi, d’accordo?»
«Si.» rispose André, sorridendo. Era davvero un ragazzo zelante. Gli avrebbe insegnato i trucchi del mestiere.
Si piazzò davanti alla porta, il posto più caldo, dove poteva facilmente asciugarsi. Tirò a sé il bauletto, prendendo ad una ad una manciate di monetine e cominciando a contarle.
Le chiacchiere di Gilbert, Henri e Philippe affollarono lo scantinato. Edouard poggiò la pistola che stava pulendo, raccomandò agli altri di abbassare la voce; poi prese due bicchieri e vi versò il vino della bottiglia. Gli si avvicinò, con il vino in mano, sedendosi accanto a lui mentre contava.
«So perché lo fai, André.»
«Avanti allora.» lo incoraggiò «Illuminami.»
«È  da quando aveva diciotto anni che continui ad assillarti su chi siano i tuoi veri genitori. Sei stato cresciuto da persone meravigliose, non ti basta questo?»
André capiva perfettamente quel suo ragionamento, l’aveva fatto anche lui tante di quelle volte che aveva perso il conto, ormai. Ma la conclusione era sempre la stessa. «Dovrebbe, ma non mi basta. Io sono infinitamente grato ai Dubois per avermi cresciuto, ma tutti sanno che non sono figlio loro. Io li amo come se fossero i mie veri genitori e loro amano me, ma io –nella mia mente e in quella degli altri- resto il figlio di nessuno.»
«Non conosci neppure il loro nome, come puoi sperare di incontrarli?»
«So che mia madre era una cameriera nella casa di un importante generare, nulla di più. Forse non era sposata, forse aveva paura. Non lo so. Io spero che sia ancora viva, e con lei mio padre.»
«Quindi, che vuoi fare? Rapinare tutte le case nobiliari per vedere se in una c’è una cameriera che ti assomiglia vagamente?» lo prese in giro.
Sospirò «Centodiecimila franchi e spiccioli.» annunciò. «Io vado a dormire.» detto questo, senza aggiungere altro, si alzò agile, prese una candela dal tavolo e salì le scale lignee.
 
 
 
 
 
IL GIORNO SEGUENTE


REGGIA DI VERSAILLES




 
 
Antoinette passeggiava i meravigliosi giardini della reggia. Era un giardino meravigliosamente curato, sicuramente più bello di quello del palazzo a Vienna. Ma Vienna le mancava terribilmente, come sarebbe mancata a chiunque fosse partito da ormai due anni. Marie Antoinette aveva diciassette anni, ma le dame di corte francesi riuscivano ugualmente a farle saltare i nervi. Si fidava di poche persone, molto poche della sua età. «Mademoiselle Genet*?»
«Si, Altezza.»
«Avete visto Sua Altezza il Delfino di Francia, oggi?»
«No, Altezza. Credo che suo nonno, Re Luigi, lo stia facendo assistere al consiglio con i ministri.»
«Oh.» si limitò a dire, assorta. I meravigliosi giardini, il ricco palazzo e il sobrio stile delle dépendance non potevano nulla contro la sua tristezza. Se suo marito forse l’avesse tenuta più a conto forse sarebbe stato diverso, forse non si sarebbe sentita così sola, avendo una persona accanto. Ma a quanto pareva il principe preferiva la bottega del fabbro a lei, la compagnia dei suoi fratelli per la caccia piuttosto che quella di sua moglie nel loro letto. Dopo due anni non avevano consumato il matrimonio, nonostante ogni sera il principe si coricasse con lei nella sua stanza. Si sarebbe voluta confidare con le dame della sua età, ma non poteva. Avrebbe significato dover gettar fango sul re, e lei non voleva assolutamente questo. Le dame di corte tramavano alle sue spalle, mettendo sotto processo ogni suo passo falso, ogni minima esitazione che dava a mostrare. C’erano talmente santi pregiudizi per gli stranieri... Poi c’era stata la du Barry. Era stata praticamente umiliata di fronte a tutti, il primo gennaio di quello stesso anno, e Luigi non l’aveva neppure rivolto la parola, consolandola. Si era imposta di non farsi pesare la cosa. Sarebbe stato bello tornare a Vienna, solo per una volta, sono per rivedere i suoi fratelli: Joseph, Leopold e tutti gli altri che aveva lasciato partendo, quasi senza preavviso. Ogni tanto mandava un suo ritratto a Vienna, ma che valore aveva un ritratto?! Avrebbe tanto voluto tornare, ma non poteva... De Mercy diceva che finché non partoriva un erede non poteva contare sulla sua posizione. Se solo avessero capito che il problema non era lei, ma l’indifferenza del marito. Luigi non aveva certo il fisico che aveva sperato, ma, anche solo per le pressioni soffocanti della corte, avrebbe adempito al su dovere di moglie e Delfina di Francia, ma lui  sembrava anche impettito e imbarazzato, ogni volta che le parlava, goffo e pingue nei movimenti. Fra gli alberi magistralmente potati intravide l’enorme abito della principessa Adelaide, una della tre figlie del re. La principessa le sorrise, vedendola. Amichevole le si avvicinò. “Quanta falsità...” pensò, osservando la sua espressione compiaciuta nel notare la solitudine della Delfina.
«Vostra Altezza.»
«Madame.» si salutarono educate.
«Vedo che siete sola con la vostra cameriera, cosa ne dite di fare una passeggiata fino al Bacino d’Apollo e ritorno?» chiese, avviandosi. “E se io rifiutassi?” si crogiolo al pensiero della reazione della nobildonna, ma annuì educatamente.
«Novità da raccontare, Altezza?» chiese ipocrita.
Marie Antoinette sorrise «Spiacente di deludervi, ma non ne ho.»
«Avete sentito di quello che è successo ieri sera a casa del conte de Marsille?» chiese retoricamente. “No, naturalmente, ma è  piuttosto ovvio che voi stiate per dirmelo...”
«Quale arcano mi rivelate?» chiese, sorridente e graziosa nella sua piccola recita.
«Questa mattina, nelle prime ore, il conte è venuto a denunciare che una strana combriccola di ladri piuttosto bizzarra lo ha privato di una bella fortuna.»
«Ma li avrà visti in faccia, no?»
«Solo uno di loro. Ma il conte è riuscito solo a dire che è alto e con i capelli castani  che gli arrivano alle spalle e gli occhi chiari. Ma capirete che ci sono centinaia di uomini che potrebbero corrispondere a questa descrizione solo fra l’aristocrazia, figuriamoci in tutta Parigi!»
«E, già.» disse controvoglia. “ Certo che lo capisco...”
«Ma in compenso ricorda il nome che gli ha detto. Anche se probabilmente è solo un nome di fantasia.»
«Quale nome?» chiese, d’un tratto curiosa.
«Dubois.» disse la principessa Adelaide, continuando a camminare.




NOTE:
Mademoiselle Genet*: la futura Madame Campan.

 
  
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