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Autore: Northern Isa    22/03/2014    1 recensioni
Inghilterra, XI secolo. Una terra di cavalieri e stregoni dominata da re Ethelred l'Impreparato, sopravvissuta alle incursioni vichinghe, si appresta ora a vivere un periodo di pace.
Nonostante la tregua, l'equilibrio tra maghi e Babbani è sempre più instabile, non tutti i Fondatori di Hogwarts condividono l'operato del sovrano e c'è chi auspica un dominio dei maghi sull'Inghilterra. Una nuova minaccia è alle porte: Sweyn Barbaforcuta e i suoi Danesi sono ancora temibili, e questa volta hanno un esercito di Creature Magiche dalla loro. Roderick Ravenclaw, nipote della celebre Rowena, farà presto i conti con quella minaccia. Ma scoprirà anche che il pericolo maggiore per lui proviene dal suo passato.
[Questa storia partecipa al contest "Gary Stu, noi ti amiamo" di Santa Vio da Petralcina]
Genere: Angst, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Corvonero, Godric, Nuovo, personaggio, Priscilla, Corvonero, Salazar, Serpeverde, Serpeverde, Tassorosso, Tosca, Tassorosso
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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Capitolo 10
 

Roderick calcava la pietra dei sotterranei con decisione. Aveva un’agitazione in corpo che si era scatenata fin dall’alba, quando era stato svegliato dal suo incubo ricorrente. Era da mesi ormai che i lampi rossi non disturbavano il suo sonno, ma quella mattina erano ritornati con prepotenza. Negli anni, Roderick si era convinto che significassero qualcosa, ma non era mai riuscito a capire cosa. Aveva anche rinunciato a domandarlo a Lord Slytherin, esperto di tecniche divinatorie, dal momento che erano diventati sempre più rari e insignificanti. Invece quella volta i lampi rossi erano esplosi davanti ai suoi occhi, gettandogli addosso schegge di paura e disperazione. Il turbamento provato dal ragazzo si era amplificato in Sala Grande, quando aveva pranzato con i suoi compagni di quarto anno. Un banditore con gli abiti impolverati e i capelli impastati di sudore e terra aveva fatto irruzione nel castello, con il guardiacaccia Harvey Keepwood che si era precipitato al suo seguito, non era stato chiaro se per trattenerlo o per scortarlo. Il banditore aveva chiesto dei quattro Fondatori e si era rifiutato di scucire anche una sola parola su ciò che aveva da dire. Roderick, così come era sicuro anche gli altri studenti, si era incuriosito, ma la situazione era apparsa immediatamente grave e ben lontana da possibili scherzi. Così, dopo le prime domande dei Capiscuola, che il banditore aveva rudemente messo a tacere, nessuno aveva più osato aprire bocca.
I Capiscuola si erano alzati e avevano condotto l’uomo dai due Lord e da Lady Hufflepuff. Lady Rowena era assente, sarebbe arrivata al castello solo quella sera.
Non appena il banditore aveva lasciato Hogwarts, centinaia di ipotesi sussurrate avevano iniziato a serpeggiare tra i maghi e le streghe, ma Roderick era sicuro che quelle legate a un Lethifold che aveva strangolato Lady Rowena nel sonno fossero decisamente false. La strega era assente perché era con la figlia e il marito al castello dei Bachelor e su questo non c’era da dubitare.
Quando Baldric e Alef gli avevano chiesto cosa pensasse che fosse accaduto, Roderick non aveva risposto. Non solo non ne aveva la minima idea, ma non riusciva neanche a pensare a qualcosa che non fossero i lampi rossi che lo avevano svegliato in un bagno di sudore.
Qualche tempo dopo, i tre Fondatori avevano sospeso le lezioni di quel giorno e pareva che avessero lasciato la scuola. Era accaduto presumibilmente in momenti diversi, cosa che lasciava intuire che i maghi e la strega avessero impegni e direzioni diverse. All’ora di cena, Lord Slytherin era rientrato e si era fatto vedere in Sala Grande. Roderick l’aveva sentito parlare con Keepwood del fatto che anche Lady Ravenclaw e Lady Hufflepuff fossero al castello.
La curiosità degli studenti non si era affatto smorzata, mentre la loro preoccupazione era aumentata esponenzialmente, complici le angoscianti voci che stavano circolando. Lord Slytherin però non aveva offerto nessuna spiegazione, anzi si era defilato il prima possibile.
Terminato di cenare, Roderick, Lamia, Baldric, Brayden, Alef e Ruben erano rientrati nella loro Sala Comune. Tutti gli allievi di Lord Slytherin, dal primo all’ultimo anno, si erano raccolti intorno al camino acceso per continuare a bisbigliare e a proporre tesi sempre più oscure e improbabili sull’accaduto. I Prefetti e il Caposcuola non erano riusciti a mantenere la calma, ma non si erano neanche impegnati troppo su quella linea, dato che erano curiosi tanto quanto gli altri.
Roderick non aveva avuto voglia di unirsi ai suoi amici quando questi avevano iniziato a sostenere che probabilmente quell’agitazione era legata alla previsione nefasta fatta da Lord Slytherin qualche mese prima. Tutto ciò che sapeva era che il loro Capocasa doveva essere più che informato su ciò che stava accadendo e, se voleva una spiegazione, doveva chiedergliela direttamente. Lord Slytherin non gliel’avrebbe negata, non a lui.
Il mago si era alzato dal divano che stava occupando con Brayden e Lamia e aveva mosso qualche passo verso l’ingresso segreto della Sala Comune. Nella confusione, né i Prefetti, né il Caposcuola avevano notato nulla. Quando il giovane aveva raggiunto l’uscita però si era accorto che gli occhi chiari di Lamia lo stavano fissando attentamente.
Mai i corridoi dei sotterranei gli erano sembrati così lunghi. Roderick era stato tentato di correre, ma aveva cercato di dominarsi. L’operazione era stata particolarmente difficile, infatti il passo del mago era comunque abbastanza svelto da dargli il fiatone.
Quando Roderick si fermò davanti alla porta degli alloggi di Lord Slytherin, dovette inspirare profondamente nel tentativo di regolare la sua respirazione. Era come se i suoi polmoni si fossero ridotti e rinsecchiti, privandosi della possibilità di riempirsi dell’aria fredda che anelava. Davanti agli occhi continuava a vedere le immagini dei lampi rossi del sogno; per scacciarle, Roderick allungò il braccio e bussò con decisione. Non ottenne nessuna risposta. Lord Slytherin doveva essere lì, perché non gli apriva?
Roderick bussò ancora, più forte e più a lungo.
«Mio signore, apritemi, vi prego» chiamò. Ancora nessuna risposta.
Il giovane aveva appena voltato le spalle alla porta, quando udì un rumore di passi e il cigolio dei cardini che ruotavano su loro stessi.
«Cosa c’è?» gli domandò in Fondatore.
«Fatemi entrare, per favore.»
Lord Slytherin parve pensarci un poco, dopodiché scostò l’uscio il tanto che bastava per far entrare il ragazzo e gli rivolse un cenno della testa.
Roderick fece il suo ingresso in un’ampia sala rettangolare e calcò un largo tappeto steso sul pavimento di pietra. A differenza delle aule del maestro, solitamente spoglie o quasi, il suo alloggio personale era pieno di oggetti. Larghi arazzi erano stati appesi alle pareti tra un’apertura del muro e un’altra. Raffiguravano scene di pesca, e la luce verdognola che filtrava attraverso le finestrelle faceva quasi sembrare vivi tanto i maghi pescatori, quanto gli Avvicini e gli Ippocampi che catturavano. Un’enorme libreria ricopriva un’intera parete, davanti ad essa c’erano uno scranno intagliato e un ampio tavolo. Due piccole panche erano state orientate in modo che gli occupanti potessero avere una chiara visione di Lord Slytherin seduto dietro il tavolo, o meglio che il mago potesse avere un’ottima visione dei suoi ospiti. Dal soffitto pendevano candelabri circolari in ferro battuto, bastò un movimento della bacchetta del Fondatore perché le candele si accendessero all’istante.
«Allora?» domandò il Fondatore, facendo segno a Roderick di sedersi su una delle panche di fronte alla scrivania. Contrariamente alle aspettative del ragazzo, Lord Slytherin non raggiunse il suo scranno, ma si accomodò sull’altra panca.
«Signore» esordì Roderick, con ancora un po’ di fiatone. «Voglio sapere cosa aveva da dire il banditore, dove siete stato insieme agli altri Fondatori… cosa sta succedendo, insomma» snocciolò rapidamente. Accorgendosi all’ultimo di non essere nella posizione di poter imporre qualcosa a qualcuno, men che meno al suo maestro, aggiunse: «Se non vi dispiace.»
Lord Slytherin non protestò per i modi del futuro genero, appoggiò rigidamente un braccio al piano del tavolo e diresse lo sguardo verso la finestra alle spalle del ragazzo.
«La guerra…» iniziò il mago.
Roderick non ebbe bisogno di chiedere di cosa parlasse. Ricordava perfettamente la prima lezione di Aruspicia, la sua improvvisazione e infine la previsione seria e preoccupante del maestro.
«È iniziata?» chiese con un filo di voce.
Il Fondatore tornò a concentrarsi sul ragazzo, gli occhi scuri quasi scomparivano sotto le sopracciglia aggrottate.
«A quanto pare... Vuoi sapere cosa è venuto a dirci il banditore?»
Roderick annuì appena mentre Lord Slytherin si alzava bruscamente dalla panca. Intrecciò le dita dietro la schiena e iniziò a camminare avanti e indietro.
«Maledizione!» inveì all’improvviso il Fondatore. Continuò a muoversi e a stringere le labbra, Roderick stava iniziando a pensare che si fosse dimenticato della sua presenza lì, invece il mago riprese:
«Sai che Olaf Trygvasson è morto. Il nostro saggio e lungimirante sovrano, re Ethelred, ha pensato di cogliere l’occasione per vendicarsi dell’invasione dei Norvegesi e dei Danesi. Ha ordinato l’esecuzione dei Danesi che vivevano in Gran Bretagna, e la notizia è arrivata a Sweyn Barbaforcuta.»
Le narici di Roderick si allargarono e il ragazzo trattenne il respiro.
«Siete sicuro che…»
«Sì» rispose nervosamente Lord Slytherin, anticipandolo. «Le navi nemiche sono state avvistate, presto raggiungeranno le nostre coste.»
Roderick avrebbe preferito dubitare ancora per aggrapparsi a qualsiasi cosa potesse suonare come una smentita di quella notizia, ma l’espressione del Fondatore non glielo consentiva. Le viscere del ragazzo iniziarono a impastarsi tra di loro e la sua bocca si seccò all’istante. Un’improvvisa sensazione di pericolo lo aveva colto e quella volta sembrava dannatamente concreto.
«Combatteremo, mio signore?» domandò, in cerca di rassicurazioni.
«Purtroppo credo che saremo costretti a farlo» rispose il mago rabbuiandosi.
Qualche settimana dopo, i quattro Fondatori convocarono tutti gli studenti di Hogwarts in Sala Grande. Alcuni ragazzini del primo anno mormoravano preoccupati, chiedendosi cosa aspettarsi, ma i più acuti conoscevano già il contenuto del discorso che i quattro maghi avrebbero tenuto.
Lord Gryffindor, Lady Ravenclaw, Lady Hufflepuff e Lord Slytherin aspettavano i ragazzi in piedi dietro il tavolo dei maestri, le loro espressioni erano insolitamente contratte.
«Studenti» esordì Lord Gryffindor, sciogliendo le braccia che aveva incrociato sul petto. La sua barba era più lunga e folta della regolare peluria bruna che normalmente gli copriva le guance e i capelli castani erano più scarmigliati del solito. «In qualità di vostri maestri, è nostro dovere avvisarvi di ciò che sta accadendo sulle coste del nostro amato regno.»
Molti studenti si scambiarono occhiate cariche di ansia o di intesa. Ragazzi come Baldric o Brayden avevano già una conoscenza più o meno parziale dei fatti grazie alle lettere dei loro genitori. Lo stesso Roderick aveva parlato con Lord Slytherin e Lady Ravenclaw e, anche se l’incontro non era stato voluto da lui, con l’arciduca Bachelor. Poteva dire di essere perfettamente al corrente di ogni cosa, ma sentire l’avvertimento dalla bocca dei Fondatori, annunciato in Sala Grande davanti a tutti, dava al ragazzo un’ufficialità della cosa che gli faceva male allo stomaco.
«Il re danese Sweyn Barbaforcuta ha diretto la sua flotta contro di noi, dopo un’aspra battaglia navale i nemici sono riusciti a prendere le nostre coste. Lì abbiamo subito una seconda sconfitta. Le barriere tra noi e i Danesi sono sempre di meno» arrivò al punto Lord Slytherin.
Alcune ragazze trattennero il fiato, portandosi una mano alla bocca o premendosela sul petto. La maggior parte dei giovani maghi proruppe in esclamazioni di sdegno e rabbia. Lady Ravenclaw tacitò tutte quelle voci alzando una mano.
«Non vi abbiamo raccolto qui per discutere le strategie militari di re Ethelred.»
Roderick notò che il volto di sua zia era più scavato del solito e che il fisico era tornato asciutto come prima della nascita di Helena.
«Vogliamo solo rassicurarvi» proseguì Lady Hufflepuff. La donna aveva perso la consueta aria gioviale e paciosa e il suo sguardo era forgiato in una determinazione che fece sentire Roderick inerme nel guardarla. «Non in ordine alla situazione dell’Inghilterra, giacché non vogliamo illudervi o mentirvi sulle difficoltà dei nostri cavalieri, ma a proposito delle lezioni a Hogwarts.»
Fu Lord Gryffindor a spiegare cosa intendesse la strega:
«Potrebbe arrivare un momento in cui re Ethelred chiederà il nostro aiuto, così come è capitato anni fa contro lo stesso nemico. Ma l’Inghilterra può vantare la presenza di molti altri maghi capaci che all’epoca dell’invasione congiunta di Olaf Trygvasson e Sweyn Barbaforcuta non c’erano. Parlo di maghi che si sono formati proprio qui, tra queste pareti.»
Roderick e Baldric si scambiarono un’occhiata eloquente. Per quanto Hogwarts avesse effettivamente sfornato dei nomi importanti, nessun mago o strega sarebbe mai stato all’altezza dei quattro Fondatori. Se la situazione fosse stata critica, solo il loro intervento avrebbe potuto dare speranza.
«Saranno questi maghi e queste streghe a intervenire per primi a fianco dei nostri cavalieri» disse Lady Hufflepuff. «Finché la nostra partecipazione non sarà attiva, rimarremo a scuola.»
Quando i Fondatori si allontanarono dal tavolo dei maestri, fu chiaro a tutti che il discorso era finito. Lord Slytherin passò a pochi passi da Roderick e un ragazzo del quinto anno richiamò la sua attenzione.
«Mio Lord, combatteremo anche noi?» domandò con il volto illuminato dall’ardore. Il Fondatore gli scoccò un’occhiata penetrante.
«Non essere sciocco.»
«Rod!»
Il giovane Ravenclaw camminava a testa bassa nel parco, con la borsa sottobraccio. La lezione di Cura delle Creature Magiche di Lord Gryffindor era appena terminata – era incredibile che al quinto anno ci fossero ancora studenti che avevano problemi con gli Avvicini – e non vedeva l’ora di tornare al castello per avere un po’ di refrigerio dalla calura che preannunciava l’estate.
«Roderick!» chiamò ancora la voce. Un altro rumore di passi faceva eco al suo, ma il ragazzo non si fermò, né si voltò. Incassò la testa tra le spalle e continuò a camminare speditamente verso il portone del castello. Un gruppo di studenti di Lady Hufflepuff dell’ultimo anno lo superò schiamazzando.
«Roderick.» Questa volta il proprietario della voce non permise di essere ignorato. Ravenclaw si sentì trattenere per una spalla e si voltò contrariato. Lamia lo fissava con un cipiglio tremendamente simile a quello di suo padre. «Smettila di ignorarmi» gli ordinò.
Il ragazzo tentò di evitare il suo sguardo, ma poi si accorse di non avere vie di fuga.
«Spostiamoci, dai.» Afferrò Lamia per un polso e, senza stringere troppo, la condusse lontano dal sentiero che tutti gli altri studenti stavano percorrendo. Camminarono per qualche tempo nell’erba, finché non aggirarono una delle maestose mura del castello. Lamia fu di nuovo davanti a Roderick, ma non lo osservava più con sguardo perforante; sul suo viso chiaro era stampata un’espressione confusa.
«Roderick, si può sapere cosa ti prende?» gli domandò dopo un po’, ansimando sotto il sole che picchiava. «Prima sei scostante, poi mi ignori, e ora mi trascini qui!»
Il mago la osservava senza sapere precisamente cosa rispondere. Non sapeva a quale impulso aveva risposto nel condurla lì, ma del resto aveva qualche idea. Lo scoppio della guerra lo aveva particolarmente colpito e l’idea che i Britannici non fossero imbattibili come cantavano i menestrelli nelle ballate lo faceva sentire inerme, come se fosse stato esposto in prima persona. Di sicuro quel conflitto aveva cambiato tutto, gli sembrava di essere un ipocrita continuando a vivere la stessa vita di sempre.
«Io… siamo in guerra» rispose Roderick, tentando di articolare in frasi di senso compiuto ciò che provava, ma fallendo in buona misura.
«Davvero?» domando Lamia con pungente sarcasmo. «Non credevo che tra di noi ci fosse un conflitto. O forse hai interpretato la mia richiesta di stamattina di passarmi il pane come una dichiarazione di guerra.»
Roderick sbuffò innervosito. Non sopportava quando la ragazza era caustica con lui, soprattutto ora che cercava di comunicarle qualcosa di serio. Non sopportava quella calura, il frinire delle cicale, la distesa d’erba intorno a loro che il sole stava bruciando impietosamente.
«Cosa c’entri tu?»
«Sembra che te la sia presa per un fatto personale» constatò Lamia, incrociando le braccia sul petto.
Roderick si passò nervosamente una mano dietro la nuca e constatò con disappunto di essere sudato.
«Non è così» ricominciò. «È che…»
Ancora una volta, il ragazzo si inceppò. Lamia volse gli occhi al cielo e puntò le mani sui fianchi.
«Lo so che questa guerra ti preoccupa, non sei l’unico ad essere in pensiero.»
Roderick smise di andare alla ricerca di qualcosa da farfugliare. Quell’ammissione della ragazza sembrava aver sciolto molti nodi, immediatamente parlare fu più facile.
«Non so se i Danesi arriveranno fino a Londra, ma l’hanno già fatto una volta, no? Perché non dovrebbero riuscirci ancora? I Fondatori verranno chiamati di nuovo. Mia zia e tuo padre esposti… Questa cosa non mi piace.»
Le braccia di Lamia si ammorbidirono e scivolarono lungo il corpo.
«Non piace neanche a me» riconobbe a bassa voce.
«E le famiglie di Baldric, di Brayden, di Alef e Ruben! E di tutti gli altri. Quanto dureranno?»
Roderick fu sorpreso dalle sue stesse parole. Fino a quel momento si era chiesto se le persone che conoscevano sarebbero sopravvissute ai Danesi, quando era diventata tutta una questione di tempo?
La strega sollevò lo sguardo su di lui, le sopracciglia che puntavano verso l’alto. Il ragazzo non le avrebbe detto che temeva che il vuoto causato dall’assenza dei suoi genitori si allargasse a causa della mancanza di altre persone care, le avrebbe rivelato troppo. Ma una parte dentro di lui – la parte più vicina a Lamia, quella che sapeva che anche lei aveva perso sua madre – gli  disse che la ragazza l’aveva capito da sé.
«E quando toccherà a noi? Perché se le cose si mettono male, neanche Hogwarts sarà una barriera sufficiente.»
Lamia si strinse le tempie tra le dita e scrollò i lunghi capelli biondi strizzando gli occhi.
«Lo so, lo so» disse. «Ma perché devi ignorarmi? Cosa c’entro?»
Quando la ragazza riaprì le palpebre, il mago scoprì che era davvero arrabbiata. Peggio, era ferita. In quel momento capì che niente di ciò che avrebbe potuto dirle l’avrebbe scusato. Non sarebbe bastato spiegarle che in un momento in cui ogni legame sembrava precario sentiva quasi la voglia di liberarsene per non essere più costretto a preoccuparsi per le sorti di nessuno. Non sarebbe stato sufficiente rivelarle che amava Lord Slytherin come se fosse stato suo padre, che aveva paura di perderlo così come aveva paura di perdere lei, Lamia, che lo aveva accompagnato fino a quel momento e che avrebbe dovuto accompagnarlo per il resto della sua vita.
Senza pensarci, Roderick le prese il viso tra le mani e la baciò.




NdA: Nel mio immaginario, ho associato Lord Gryffindor alla caccia nella Foresta Proibita. Di conseguenza mi è venuto naturale legare Lord Slytherin, il cui elemento è l’acqua, alla pesca nel Lago Nero. A dimostrazione di ciò, il suo alloggio è arredato con immagini di Creature Magiche acquatiche.
Bacio, bacio, bacio! Finalmente.
   
 
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