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Autore: MadAka    22/03/2014    1 recensioni
"Chiamano questo posto il Banco dei Sogni, perché è proprio questo che fa, compra sogni.
Le persone qui vendono ciò che hanno di più evanescente, ma anche di più profondo. Racchiudono la loro speranza all’ interno della loro firma, la scrivono su un foglio bianco candido, lo ripongono in una busta e vengono fin qui per farsela valutare, farsi valutare il prezzo della propria anima, come diceva mio padre."
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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All I want is

all I need is

to find somebody.

 

 

 

Non so da quanto sono fermo immobile ad osservare ciò che è appena nato ai miei piedi, calcolare il tempo in cui i miei occhi si perdono in tanta bellezza non è nemmeno nei miei piani, ma devo essere fermo ormai da diversi minuti. Le persone intorno a me sfilano silenziose come anime smarrite, gli occhi persi su qualunque cosa li possa distrarre, sono solo anche se circondato da decine di passanti, ma non mi importa in questo momento, ho appena aiutato il mondo e lui ha aiutato me.

«Che cosa meravigliosa.»

La voce proviene alle mie spalle, mi fa sussultare, immediatamente mi volto e, di riflesso, tento di nascondere l’iris sbocciato con il mio corpo, ma è impossibile non notare i fili d’erba verdi che hanno timidamente raggiunto i miei piedi e che contrastano fortemente con il nero dell’asfalto.

Davanti mi trovo una ragazza, forse mia coetanea, forse più giovane, non riesco a distinguerlo bene. I lunghi boccoli neri le incorniciano il viso, elegante, sul quale aleggia un sorriso dolce e amichevole. Tuttavia i suoi occhi sembrano appannati, spenti, mi ricordano inevitabilmente quelli della ragazza seduta in fila accanto a me al Banco dei Sogni. Lei si sporge di poco, quel tanto che basta per notare la trasformazione del mio sogno:

«Lo hai fatto apposta?» mi domanda.

Io mi sento ancora confuso per tutto quello che è successo nell’arco della giornata, una giornata che sarebbe dovuta andare diversamente.

«Non capisco.» le dico ed è vero, non ho idea di ciò a cui si sta riferendo.

«Il fiore, lo hai fatto sbocciare qui apposta?» chiede nuovamente, superandomi e chinandosi accanto all’iris bianco.

«No. È stato…il vento.»

Non mi crederà mai, nessuno crede al vento, perché qui non soffia più da interi anni. Addirittura alcuni dicono che si sia estinto.

Ma lei sorride, sinceramente, si alza in piedi e si avvicina a guardarmi. Scoprire di non essermi sbagliato, scoprire che i suoi occhi castani sono realmente spenti, però, mi rattrista.

«Dici davvero? Il vento?»

Annuisco.

«Stupendo.» esclama e torna a concentrarsi sul fiore.

Mi sento più spaesato di prima, il che significa che non ho idea di che pesci pigliare:

«Aspetta, ma tu mi credi?» le domando avvicinandomi a lei, che subito alza gli occhi e risponde:

«Perché non dovrei? Guarda che cosa meravigliosa hai fatto nascere.»

Indica l’iris e io lo guardo. Effettivamente è meraviglioso e pensare che è nato da quel piccolo pezzetto di carta che non ho avuto la forza di vendere mi fa pensare a cosa sarebbe potuto succedere se il vento mi avesse strappato dalle mani l’intero foglio in cui avevo rinchiuso il mio sogno. Chissà, magari sarebbe potuta crescere un’intera foresta.

«Come ti chiami?» mi chiede all’improvviso.

«Steve.»

In realtà il mio nome è Stephen, Espoir, ma a nessuno importa veramente sapere il nome dell’altro, non completo, non in questa città e, forse, nemmeno in questo mondo.

La ragazza mi tende la mano:

«Io sono Jocelyn.»

Appena le nostre mani si toccano lei sorride per la terza volta in poco tempo:

«Sono felice di averti incontrato.» dice e subito dopo continua:

«Tu hai ancora il tuo sogno, Steve.»

Sgrano gli occhi, profondamente sorpreso da ciò che ha appena detto. Come ha fatto, come è riuscita a capire che il mio sogno si è salvato, che il mondo me lo ha restituito?

«Come lo sai?» domando immediatamente, affamato di risposte.

Lei indica il fiore con un cenno della mano:

«L’iris, è nato dal tuo sogno, no? Questo vuol dire che il mondo se lo è preso, se n’è nutrito e te lo ha restituito, è così che funziona, da sempre.»

«Tu come fai a esserne sicura?»

«Me lo hanno insegnato.»

Rimango immobile a fissarla, inebetito. Mi sento stupido e confuso, ma proprio non so come reagire. Chiunque sia questa ragazza è la prima persona che incontro che mi tende la mano sorridendomi e presentandosi senza sembrare infastidita dal fatto di doverlo fare. Ma la cosa che più mi sorprende in lei è che sa cosa lega il nostro mondo ai nostri sogni e io non avevo mai incontrato nessuno, prima, informato su questo.

«Posso chiederti chi te lo ha insegnato?» riesco a domandarle infine.

Lei alza leggermente le spalle e sorride ancora. Nel suo sorriso c’è tutta la luce che i suoi occhi hanno perso.

«Un amico. Tempo fa mi ha aiutata e mi ha illustrato tutto quello che c’è da sapere sul legame che abbiamo con il nostro mondo, cose che ormai nessuno spiega più, nemmeno ai bambini.»

«E dove lo hai incontrato?»

«Lui ha incontrato me. Se vuoi, posso presentartelo.»

Abbasso lo sguardo, per pensare, e quello si posa immediatamente sul fiore. C’è davvero un legame, misterioso, magico, che ci unisce al nostro mondo attraverso i nostri sogni, una cosa di una potenza inimmaginabile che nessuno sa spiegare realmente o dimostrare. Tuttavia lei sembra davvero sapere ciò di cui sta parlando, forse è per questo che non si è stupita minimamente nel vedere l’iris bianco e l’erba al posto del bitume nero.

«Ma lui, cosa può insegnarmi?» le chiedo dopo essermi preso tempo a sufficienza per pensare.

«Quello che vuoi. Può aiutarti ad aprire gli occhi su quello che fanno al Banco dei Sogni, può aiutarti a ritrovare la speranza anche una volta venduto il tuo sogno.»

Una risata di scherno esce spontanea dalla mia bocca. Jocelyn assume un’espressione sorpresa e pare rattristarsi.

«Mi stai dicendo che è una specie di guida spirituale?» le chiedo.

Non voglio essere offensivo nei suoi confronti, ma vedere l’infinità di persone che ci circondano, persone che hanno venduto ciò che avevano di più profondo, di più personale, mi fa chiedere come possa, un solo uomo, aiutare veramente qualcuno a tenersi stretto qualcosa che, a quanto pare, non aveva per loro tanto valore quanto può averlo per me.

Ma lei subito risponde, con fermezza:

«No, non è niente del genere. È solo un amico, una persona che ascolta veramente ciò che qualcuno può avere da dire. Lui mi è stato accanto e mi ha davvero aiutata a non cadere nel baratro dopo che ho venduto il mio sogno.»

La sua notizia mi coglie alla sprovvista. Ecco perché i suoi occhi mi sono parsi tanto spenti, proprio come quelli della ragazza al Banco dei Sogni: ha venduto il suo sogno.

Nonostante tutto lei la forza di sorridere ancora ce l’ha, riesce a capire quanto bello possa essere un semplice fiore sbocciato dal nulla, cosa che il resto delle persone pare non notare neanche, perché continuano a passarci accanto fingendo di non vederci.

«Scusami.» sussurro, sentendomi uno stupido.

«Non preoccuparti. Piuttosto, sei sicuro di non voler incontrare Vinny? Può esserti d’aiuto veramente.»

«Ma come può aiutarmi? Voglio dire, io non ho venduto il mio sogno, l’ho riavuto indietro e al Banco non vogliono più vedermi, di cosa avrei bisogno in più? Il mio sogno è salvo.»

«Davvero sei felice, solo per questo?»

La sua voce accarezza il mio udito, le sue parole risuonano come un monito nella mia mente e mi costringono a pormi delle domande.

Sono felice? Davvero felice? È difficile da capire, è difficile trovare la risposta anche per me. La verità è che mi sento smarrito e sempre più confuso. Fino a ieri la mia vita era la monotonia più assoluta, ma ancora avevo la forza di alzarmi e sorridere a qualcuno, ridere per qualcosa, sperare. Ma il solo gesto di aver scritto il mio nome su quel foglio bianco, rinchiudendo il mio sogno, il solo fatto di aver provato a venderlo, mi fa capire che in realtà non sono abbastanza forte. Ho tentato di omologarmi al resto della massa per paura di vivere nella mia solitudine, perché sempre più persone smettono di avere a che fare con me, si allontanano, incluso Mark, il mio migliore amico, che nell’ultimo periodo è sempre più chiuso e assente.

Il mio silenzio dura da troppo tempo, Jocelyn mi viene incontro rivolgendosi a me con la sua piacevole voce:

«Fidati di me, Steve. Conoscerai persone che sanno quello che provi, qualcuno con cui condividere le tue giornate. Avrai modo di distrarti da questa città grigia, tornare a dare un valore diverso al tuo tempo.»

Alzo lo sguardo sui suoi occhi e vederli lì, assenti, nonostante la vitalità che mi ha mostrato fin da subito, è una spiacevole sensazione. Per quale motivo si è fatta questo?

«Perché vuoi aiutarmi?» le chiedo.

La domanda mi esce spontanea non appena realizzo che è proprio questo che lei sta tentando di fare.

«Perché so come ti senti, so che infondo quello che vuoi è trovare qualcuno che possa esserti d’aiuto. So che ti senti in trappola.» Abbassa lo sguardo: «Proprio come me.» mormora infine e non sono neanche sicuro di aver afferrato le parole esatte.

Ma in fin dei conti capisco che ha ragione. Non potrei sopportare di continuare a vivere le stesse cose ogni giorno, vedere i medesimi posti, le solite persone, non potrei riuscirci ancora. Sono semplicemente stanco della mia vita e le cose non cambierebbero con del semplice oro in più, mi serve aiuto.

«Davvero questo Vinny si farebbe carico anche dei miei problemi?»

Lei sorride:

«Lui non si fa carico dei problemi di nessuno. Semplicemente ti spiega che continuare a credere nel tuo sogno è la cura per tutto, per il nostro mondo e per te. E, fidati, non serve sapere altro.»

Non capisco dove vuole arrivare, ma mi ha incuriosito. Forse, posso distruggere la monotonia della mia vita conoscendo persone nuove, persone come me. Forse posso rendere più interessanti le mie giornate, consapevole che da qualche parte c’è qualcuno che ha voglia di ascoltarmi, ascoltare il mio modo di vedere il mondo.

«Dove posso incontrarlo?» chiedo a Jocelyn, deciso a vedere fin dove gli avvenimenti hanno intenzione di condurmi, dopo l’inaspettata piega assunta.

Lei fruga nella sua borsa, che non avevo notato fino a questo momento. Estrae una penna e un piccolo cartoncino, scarabocchia in fretta qualcosa e mi allunga il tutto.

«È qui che ci riuniamo, di solito. Fino a domani Vinny non torna, è andato fuori città, da Jason. Ma domani potrai venire qui e parlare con lui e, credimi, sarà veramente felice di conoscere una persona come te, Steve.»

Leggo l’indirizzo segnato sul pezzetto di carta e un brivido mi attraversa da parte a parte, al pensiero che l’ultima cosa scritta su una base bianca che ho tenuto in mano è stato il mio sogno.

Non appena alzo gli occhi verso la ragazza, lei mi saluta:

«A domani.»

Si allontana subito, prestando particolare attenzione a non pestare alcuno dei piccoli fili d’erba o dei germogli nati precedentemente insieme all’iris bianco.

Io faccio scivolare nuovamente i miei occhi sulle lettere eleganti e frettolose scritte da Jocelyn, domandandomi come possa essersi sentita vedendo il fuoco argentato bruciare lentamente il suo nome e, con esso, anche il suo sogno.

Tutto ciò che è successo nell’arco della giornata mi ha confuso ancora più di prima. Non so cos’è successo, non so cosa pensare, non so nemmeno come sentirmi. Eppure, nel mio profondo, sento una piccola scintilla, una piccola speranza.

Forse, finalmente, qualcosa può cambiare.

 

  
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