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Autore: Jo_The Ripper    23/03/2014    0 recensioni
La storia di come è nato e come è andato evolvendosi il rapporto tra Johanna e Finnick, prima e durante i 74esimi Hunger Games, attraverso una raccolta di one shot. Contiene spoiler per chi non avesse ancora letto "Il canto della rivolta".
1. Narciso e l'Amazzone: "In quel momento decise che mai e poi mai un tipo del genere sarebbe potuto diventare suo amico."
2. Imprevedibilità: "Perché lei era Johanna Mason, ed imprevedibilità era il suo secondo nome."
3. Ottone: "Capitol City…quella città era come un ingannevole bagliore dorato, visto da lontano."
4. Lacrime: "Era selvaggia e terribile come una delle dee della vendetta di cui aveva letto in passato."
5. Nome maledetto: "Per lei gli occhi di Finnick non avevano il colore del mare."
6. E se: "Quindi se fossimo venuti dallo stesso Distretto anche noi saremmo stati degli Sfortunati Innamorati?"
7. Il principio delle cose: "Felici Hunger Games, Johanna Mason." - "E possa la fortuna essere sempre a nostro favore, Finnick Odair."
Genere: Angst, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Finnick Odair, Johanna Mason
Note: Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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E se

Johanna guardava la messinscena degli sfortunati amanti del Distretto 12 con aria disgustata. Da quando la 74esima edizione degli Hunger Games era cominciata, tutto era stato un continuo susseguirsi di colpi di scena che avevano come protagonisti proprio quei due ragazzini dell’ultimo Distretto: Katniss Everdeen e Peeta Mellark.
Lei, introversa e scontrosa, la ragazza di fuoco, come era stata soprannominata dopo il suo ingresso alla parata dei tributi; lui, espansivo e gentile, comunicativo e simpatico.
Poi la ciliegina sulla torta, l’elemento decisivo che aveva mandato in estasi il pubblico di Capitol City: l’amore.
E non un amore semplice, ma un amore impossibile tra due tributi il cui unico scopo era quello di uccidersi a vicenda.
Un amore destinato a soccombere, ad appassire prima ancora di sbocciare.
“Dio, potrei vomitare.” Asserì Johanna con un’espressione orripilata e Finnick, seduto accanto a lei in uno degli eleganti bar di Capitol City, sorrise senza staccare gli occhi dal televisore che rimandava in onda una tenera scena in cui Katniss assisteva Peeta ferito.
“Io dico che sono carini.”
“Sei sempre il solito stupido sentimentale.” Lo apostrofò lei, agitandogli la mano davanti agli occhi con sufficienza.
“Sarà come dici tu…” replicò Finnick senza insistere ulteriormente.
Johanna buttò giù l’ultimo sorso del drink, si alzò e gli afferrò la manica della maglietta.
“Sono stanca di stare qui a guardare questi due che giocano ai piccioncini accaparra sponsor. Andiamocene.” Sentenziò seccata.
Finnick levò gli occhi al cielo e scosse il capo. Senza fiatare si limitò a seguirla mentre lo trascinava con poca grazia attraverso il locale.
La ragazza si fece largo tra la calca a spintonate e sguardi ostili, più che altro rivolti verso la mandria di galline urlanti che si contendeva anche un solo cenno da parte di Finnick.
“E levatevi di torno, oche giulive!” gridò loro contro con la sua solita affabilità.
Le donne la fissarono con repulsione a causa della sua mancanza di educazione e sfacciataggine, Finnick, invece, se la rise di gusto e fu tentato dall’intrattenersi ancora a flirtare con le ragazze giusto per farle dispetto. Ma accantonò l’idea, poiché interagire con una Johanna adirata era molto peggio che interagire con una Johanna annoiata o indispettita.

*

“Sai,” esordì una volta che si furono seduti su una panchina nel parco più isolato della città, “dopo la tua performance di prima, se avessimo partecipato come Tributi nella stessa squadra avrei potuto usarti come ariete contro i nemici.” Finnick non riuscì a soffocare un risolino divertito a quella considerazione e lei, per tutta risposta, tirò su un angolo della bocca e gli regalò un’occhiata bieca.
“Ah ah, molto spiritoso. Dì pure che mi avresti fracassato la testa con quella roba da sirenetta mancata che ti porti dietro di solito.” Commentò pungente e lui assunse un’espressione stupita.
“Credi sul serio che ti avrei lasciata a morire?” domandò con una punta di sorpresa nella voce. A Johanna parve strano che, dopo tante edizioni, al ragazzo ancora sfuggisse l’obiettivo cardine degli Hunger Games. Tirò una gamba contro il petto e posò il braccio sul ginocchio.
“Saremmo stati nemici, Finnick. Non mi illudo certo che mi avresti protetta. Al massimo avresti sperato che fosse qualcun altro a farmi fuori al posto tuo.” Replicò in tono pratico.
Lui si portò due dita al mento e cominciò a tamburellare, preso da chissà quali pensieri. Johanna lo lasciò alle sue riflessioni e tornò a focalizzarsi sui giochi acquatici della fontana situata di fronte a loro.
Finnick riemerse dal suo mondo e ritenne opportuno renderla partecipe delle sue elucubrazioni.
“Avremmo potuto giocare d’astuzia, come Katniss e Peeta.” Dichiarò risoluto e aspettò che la ragazza recepisse le sue parole. Johanna si voltò a guardarlo, aprì la bocca e ne uscì una risata derisoria.
“Fingere di essere innamorati per salvarci la pelle? Penso sia una delle idee più cretine che ti siano mai venute in mente!” sbottò scandalizzata e lui si strinse nelle spalle, tranquillo.
“Perché? Loro se la stanno cavando bene. Con la regola dei vincitori dello stesso Distretto saremmo stati a cavallo.” Finnick ci tenne a rimarcare il suo punto di vista, ma Johanna dissentì ulteriormente.
“Tu sei convinto che quegli strateghi bastardi li lasceranno vincere così facilmente? Solo uno resta vivo negli Hunger Games, Odair. E più che vincitore è un sopravvissuto miracolato, specie se viene da un Distretto che non è favorito.”
“Io continuo a dire che Haymitch sta facendo un ottimo lavoro con il pubblico.” Ribadì serio.
Johanna si portò le dita alla testa e si massaggiò le tempie; quella conversazione stava diventando scomoda e snervante. Per non parlare poi della sua totale e completa inutilità.
“Vogliono lo spettacolo e questa storiella d’amore campata per aria ottiene audience. Guarda, tutti li adorano! Persino un ubriacone come Haymitch sarebbe riuscito a far guadagnare loro un pubblico fedele. Gliel’hanno servita su un piatto d’argento.” Commentò beffarda.
Finnick non sembrò turbato, anzi, la guardò furbo, come se in tutta quella faccenda ci fosse un dettaglio che solo lui aveva intuito e che era la chiave per dipanare la matassa.
“Ricorda, Jo, che in tutte le storie c’è un fondo di verità. Se hanno studiato questa strategia, significa che Haymitch ha avuto del materiale sul quale impostare il piano da fargli seguire.”
Eccolo, il dettaglio, il pezzo mancante, l’idea sulla quale Finnick basava tutte le sue macchinazioni: lui credeva che ci fosse qualcosa di vero.
“Oddio, quindi quei due sono veramente innamorati? È davvero rivoltante... e assurdo.” Disse la ragazza ruotando gli occhi al cielo, allibita. Finnick non le badò, continuò anzi ad illustrarle le sue ipotesi.
“No, non lei. Lei lo sta facendo solo perché ormai quello è un copione da rispettare. Ma il ragazzo…glielo si legge in faccia.”
“Tradotto sarebbe solo lo sfortunato innamorato del Distretto 12…bene, suona decisamente meglio. Amore unilaterale e palesemente non corrisposto.” Replicò sarcastica.
“Chissà, magari con i giochi lei si accorgerà di lui e cambierà idea.” Aggiunse Finnick con un sorriso enigmatico. Johanna inarcò un sopracciglio, scettica.
“Io non ci giurerei.”

Stettero ancora un po’ in silenzio ad osservare le luci del tramonto che lambivano i palazzi dalle vetrate a specchio della capitale.
“Quindi se fossimo venuti dallo stesso Distretto anche noi saremmo stati degli Sfortunati Innamorati?”
Finnick non la guardò neglio occhi. Quella domanda scivolata casualmente dalle sue labbra lo fece sentire leggermente imbarazzato. Per una volta si pentì di aver dato fiato alla bocca, ma non aveva resistito alla tentazione di provocare ancora un po’ la sua amica, che si dichiarava così infastidita dalle faccende amorose.
Quello scambio di battute, però, prese una piega inaspettata quando gli rispose sferzante e sicura:
“Chissà…di sicuro il tuo sarebbe stato un amore non corrisposto.”
Finnick batté le palpebre ripetutamente, punto nell' orgoglio. “E perché scusa?”
“Hai anche il coraggio di chiedermelo?” fece lei con un sorriso irriverente e canzonatorio. “Io non mi sarei mai potuta innamorare di un damerino, bellimbusto e sciupafemmine come te! Saresti corso dietro a tutte le belle gonnelle che si sarebbero parante davanti ai tuoi occhioni verdi! Ed io per insegnarti le buone maniere sarei stata costretta ad evirarti con un colpo secco. E così avresti perso ogni tua utilità, caro mio!” esclamò con fare teatrale e si alzò di scatto dalla panchina su cui erano seduti, ben decisa a porre fine a quella pagliacciata.
Finnick, che non voleva assolutamente lasciarle l’ultima parola sulla questione, fu veloce a raggiungerla, la prese per il polso e la costrinse a voltarsi.
La avvolse tra le braccia, tenendola contro il suo petto.
La guardò con quella sua maschera da gatto sornione stampata su quel viso che tutte le ragazze adoravano. L’espressione pulita da angelo che celava una natura perfida non appena il sole calava all’orizzonte.
“Magari ti saresti accorta di me nell’arena e avresti cambiato idea…O forse avresti solo dovuto imparare a conoscermi per apprezzare le mie qualità più…nascoste.” Le sussurrò all’orecchio con un tono di voce roco e suadente, carico di sottintesi.
Johanna, colta alla sprovvista da quel contatto ravvicinato, sentì i battiti del suo cuore accelerare.
“Andiamo Jo, è solo Finnick e sta facendo il cretino come al solito.” Si costrinse a recuperare l’autocontrollo, non lasciando assolutamente trasparire il disagio che derivava dalla sua vicinanza. A ben rifletterci, non erano mai stati così stretti prima di allora in un abbraccio che di amichevole sembrava non avere niente.
Il silenzio carico di parole non dette, quel gioco di sguardi, la presa su di lei, tutto andava interrotto subito. Non poteva permettersi di apparire così vulnerabile, desiderosa anche solo delle briciole di un contatto umano che si negava da troppo tempo.
Un contatto che, proprio lui, non poteva e non doveva darle.
Perché era pericoloso per entrambi.
Perché le aveva raccontato tutto della sua storia con Annie.
“Rendigli pan per focaccia, Jo. Con te non può usare gli stessi flirt da quattro soldi che adopera con le sciocche di Capitol City. Tu non hai bisogno di questo.”
Si riscosse dal torpore e prontamente elaborò la sua strategia.
Gli passò le mani sul petto in una carezza gentile, inclinò il capo e, sorridendogli languida, con un movimento diretto e preciso gli diede uno spintone che lo fece arretrare di qualche passo. Finnick, sbilanciato, riuscì a salvarsi in corner grazie al suo senso dell'equilibrio, evitando di rovinare al suolo.
“Ma senti un po’ il buffone! Le tue scenette con la faccia da cucciolo bastonato con me non attaccano! Addio!” sbandierò ai quattro venti la sua risoluzione e gli diede velocemente le spalle, cominciando a camminare a passo di marcia.
Finnick la guardò allontanarsi e si trovò suo malgrado a sorridere.  Aveva dato inizio lui a tutto e sapeva che, in quel preciso istante, la sfumatura rossastra della luce solare sarebbe stata un tenue rosa pastello in confronto al viso imbarazzato di Johanna.
E sancì che per lui il rossore sulle gote della ragazza, era già di per sé una grande vittoria.

***
Sei sopravvissuta agli esami? Sì.
Hai toppato con la precedente one shot? Sì.
Ti convince questa qui? No.
Perché l’hai postata? Per mettere a tacere le voci nella mia testa, probabilmente. E masochismo, sicuramente.
Vuoi ringraziare i lettori e augurargli un buon weekend? Certo che sì, ovviamente! :D
Ora tornerai nella tua caverna a fare la maratona degli episodi di Sherlock? Sì, certamente u_u
Adieu!
  
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