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Autore: jas_    23/03/2014    9 recensioni
“Ma chi se la caga una make-up artist? Va’ a fare la modella” era stato il commento di Deb quando, il primo giorno di convivenza, avevano chiacchierato un po’ delle loro vite e dei loro sogni. Wynne le aveva spiegato che era proprio il non essere presa in considerazione dal mondo intero che le piaceva, voleva il successo a modo suo, senza essere accecata dalle luci della ribalta.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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7
 
 
 
Il sabato sera “Luke’s” era sempre affollato. Si riunivano trentenni scapoli che seguivano il campionato di calcio con coinvolgimento, uomini sposati che prendevano una boccata d’aria dalla vita coniugale almeno una volta alla settimana, anziani che spendevano parte della loro pensione in birre ma anche giovani che volevano bere qualcosa in compagnia prima di continuare la serata in qualche discoteca.
«Wynne, queste ordinazioni vanno al tavolo sedici.»
La ragazza annuì, appoggiò i drink sul suo vassoio e stando attenta alle persone che affollavano il locale raggiunse gli uomini che avevano ordinato quelle sei birre.
Li servì con un sorriso gentile nonostante loro la stessero ignorando, troppo presi a criticare Torres che aveva sbagliato un goal clamoroso davanti alla porta e la tattica scelta da Mourinho, per quella partita decisiva contro il Manchester United.
Wynne si avvicinò ad un altro tavolo e lo liberò dai bicchieri vuoti prendendo poi le altre ordinazioni.
«Tre tequila, sale e limone e un Long Island» esalò raggiungendo il bancone dove Dave era occupato a preparare altri cocktail.
«Puoi preparare te il sale e il limone?» le domandò il ragazzo che non aveva nemmeno alzato gli occhi da ciò che stava facendo.
Wynne annuì, lo raggiunse e tagliò alcune fette di limone.
«C’è anche un Long Island» gli ricordò.
«Sì, è che George stasera non c’è e proprio oggi sembra che mezza Londra sia qua» si lamentò il ragazzo senza smettere di mischiare e shakerare alcolici.
«C’è Chelsea-Manchester, che ti aspettavi?» rispose Wynne, mettendo alcuni bicchieri sporchi nella lavastoviglie sotto il bancone. Nello stesso istante in cui lei si alzò Dave si voltò per prendere la bottiglia di Bayley’s appoggiata lì vicino, picchiò addosso al suo petto e senza nemmeno rendersene conto finì tra le sue braccia.
S’irrigidì sentendo le mani forti del ragazzo reggerla – se non l’avesse fatto avrebbe perso l’equilibrio finendo sicuramente per terra – ed abbassò lo sguardo cercando di nascondere il rossore sulle guance.
Dave era un ragazzo di cinque anni più grande di lei che aveva preferito prendere in gestione il bar aperto da suo padre molti anni addietro che continuare gli studi. Era alto, aveva gli occhi e i capelli scuri ed un sorriso a dir poco stupendo. Wynne notava sempre le occhiate che le clienti del pub gli lanciavano, interessate non soltanto ad ordinare qualcosa da bere ma anche a quelle mani grandi ed esperte che preparavano con movimenti quasi automatici i cocktail richiesti. Non era il ragazzo per lei, era simpatico e gentile, la lusingava come lui diventasse impacciato quando si ritrovavano insieme a parlare ma i sentimenti non erano mai stati ricambiati. Wynne l’aveva capito quel venerdì sera di sei mesi prima che quando alla chiusura del locale Dave le aveva chiesto di accompagnarlo a buttare la spazzatura, sarebbe successo altro. Aveva sempre buttato quei sacchetti neri, nemmeno troppo pesanti, da solo e quel repentino cambio di routine l’aveva subito messa all’erta. Quella sera Dave era stato più schivo del solito, non l’aveva guardata negli occhi nemmeno quando lei gli riportava le ordinazioni e quei sospiri continui e quelle mani tra i capelli non avevano fatto altro che metterla sempre più in agitazione.
“Ti andrebbe di uscire con me, una di queste sere?” aveva poi esalato lui, le sopracciglia aggrottate ed in mente chissà quali parole magiche per far sì che Wynne accettasse.
Lei era rimasta immobile e zitta, quella richiesta non la sorprendeva – aveva captato ciò che Dave sembrava provare per lei – ma in quel momento non sapeva, e non avrebbe mai saputo, come rifiutare, spiegargli che lui era un ragazzo fantastico ma non quello adatto a lei, e spezzargli il cuore. Aveva cercato di essere gentile e delicata nello spiegargli che sarebbe volentieri uscita con lui, da amica.
Dave aveva annuito, lo sguardo basso e le mani ormai libere da quei sacchetti strette in due pugni. Wynne l’aveva guardato dispiaciuta ma senza sapere cosa dirgli per rendere quella situazione meno dolorosa e imbarazzante. Se n’era andata lasciandolo solo con i suoi pensieri.
Da allora Dave era diventato sempre più schivo, non parlavano più se non quando era indispensabile farlo e lui non le rivolgeva più alcun sorriso. Solo dopo mesi la situazione aveva cominciato a farsi meno tesa e più sopportabile, ogni tanto chiacchieravano, quando i clienti non erano troppi, ma sempre di cose superflue: lamentele tipiche di ogni cittadino, Wynne che chiedeva come andavano gli affari e lui che le domandava degli studi. Niente di più. Wynne si sforzava di essere la stessa, di mostrarsi disponibile e simpatica, di fargli capire che un rifiuto non era poi la fine del mondo, che lui non doveva sentirsi umiliato, e Dave pian piano aveva ripreso a sorriderle e a guardarla negli occhi. Quello però era stato troppo. Wynne non gli era mai stata così vicina, non sapeva quale fosse il suo profumo e quell’odore di dopobarba che invece sentiva in quel momento la stava mandando in confusione. Si staccò lentamente da Dave che sembrava sorpreso quanto lei e si schiarì la voce mormorando un «devo tornare al lavoro» a malapena udibile tra tutto il baccano del locale per quel goal subito dal Manchester.
 
 
 
Erano le due passate, Wynne era rientrata in casa più presto del solito, solitamente quando le partite finivano male i clienti tornavano a casa subito, le bocche piene di consigli da dare alla squadra ma che questa non avrebbe mai sentito e i volti imbronciati. La ragazza aveva aperto la porta con lentezza per non svegliare Deb, e si era sorpresa nel trovarla invece ancora davanti alla tv.
«Già a casa?» le domandò la coinquilina alzando la testa dal divano.
Wynne annuì togliendo la giacca ed appendendola dietro la porta.
«Tu, ancora sveglia?»
«Stanno facendo la maratona dei film con Hugh Grant, Notting Hill è quasi finito poi faranno Quattro Matrimoni E Un Funerale!» esclamò Deb estasiata.
Wynne sbadigliò stancamente ignorando gli atteggiamenti strani della sua pazza amica. «Io vado a farmi una doccia veloce, puzzo di birra» spiegò dirigendosi a passo strisciato verso il bagno.
«Cos’è successo?» gridò Deb, non preoccupandosi del fatto che fosse notte fonda e che qualche vicino avrebbe potuto sentirla.
Wynne, che di buon senso ne aveva un po’ di più, tornò in salotto. «Un cretino troppo ubriaco per reggersi in piedi mi è venuto addosso ed ha rovesciato tutta la sua birra sulla mia maglietta. Ho quest’odore nauseabondo addosso da più di tre ore, se non mi faccio una doccia all’istante svengo» spiegò.
Deb scosse la testa. «Tutte a te capitano…» mormorò tornando con lo sguardo sulla televisione. «Ma Harry non doveva tornare oggi? O meglio, ieri?» le domandò poi di punto in bianco, come se quel primo piano di Julia Roberts le avesse fatto venire in mente Harry.
«Sì, sarà stato stanco…» disse vaga Wynne nonostante quello che aveva detto Deb non era altro che quello che lei pensava da quella mattina. Harry non si era mai fatto vivo quel giorno e Wynne si era trattenuta dal chiamarlo o dallo scrivergli perché non voleva sembrare troppo oppressiva, eppure continuava a sperare che il suo cellulare s’illuminasse e che “Harry” comparisse sul display. A volte le era persino parso di sentire il telefonino vibrarle nella tasca ma ogni volta che l’aveva estratto si era resa conto che quelle sensazioni erano solo frutto della sua immaginazione.
Tornò in bagno lasciando Deb di nuovo sola sul divano, completamente rapita dal fascino di Hugh Grant. La ragazza aveva lo sguardo completamente rapito dalla scena finale del film, quella in cui il signor Thacker si autodefinisce un “cazzone avariato”, quando qualcuno suonò alla porta, facendola sussultare.
Deb rimase immobile, il film che continuava ad andare avanti e un po’ di ansia che si faceva spazio dentro di lei. Chi andava a casa di qualcun altro nel cuore della notte? Si alzò lentamente e si avvicinò alla porta cercando di non fare alcun rumore. Wynne era sotto la doccia, probabilmente non aveva sentito niente e Deb non sapeva se chiamarla prima di rispondere. Si fece coraggio, avvicinò il viso allo spioncino e quando mise a fuoco la persona che c’era dall’altra parte della porta si allontanò di scatto, confusa. Si avvicinò di nuovo, convinta che fosse la stanchezza a farle venire le allucinazioni ma il ragazzo che aspettava pazientemente che qualcuno venisse ad aprirgli era sempre lo stesso.
Prese un respiro profondo, rincuorata dal fatto che non fosse nessun viso ignoto –qualche malintenzionato, anche se non aveva mai sentito di ladri che bussavano alla porta della casa che volevano derubare – ed aprì la porta cercando di mantenere la calma.
«Ciao, c’è Wynne?»
Harry le sorrideva, il viso palesemente stanco e tirato eppure ancora così bello. Era più alto di quanto pensasse, i capelli erano spettinati come sempre, tirati indietro da una bandana, e la pelle più chiara di come sembrava invece essere nelle fotografie.
Era come paralizzata, solo quando notò il viso di Harry fare una smorfia confusa, si rese conto di essere in pigiama e struccata, e che lui aspettava una riposta.
«Oh, Wynne!» esclamò, spostandosi dalla porta per fare entrare Harry. «È… È a fare la doccia» spiegò con difficoltà. «Te la chiamo.»
Il ragazzo annuì e si sedette sul divano, lo stesso dove c’era lei pochi minuti prima, pensò Deb, con una strana agitazione che cercava con fatica di tenere dentro. Aspettò di essere in corridoio, lontano dagli occhi stanchi di Harry, per cominciare a saltare sul posto e mordersi le labbra con forza per non farsi sfuggire alcun urlo o rumore strano. Spalancò la porta del bagno senza preoccuparsi di Wynne che sussultò nella doccia, ancora insaponata.
«Ma che combini?» domandò la ragazza spegnendo l’acqua e guardando Deb confusa.
«Siamo fatte tutte uguali non c’è niente da nascondere» cominciò. «E…»
Deb prese un respiro profondo, Wynne aspettò pazientemente che la ragazza continuasse a parlare e quando esclamò “Harry Styles è nel mio salotto!” cominciando a saltellare per il bagno, lei dovette trattenersi dal non mettersi ad esultare con lei.
«Fammi sciacquare e arrivo» spiegò Wynne con calma. «E non fare cretinate. Non fargli un interrogatorio, non metterlo in imbarazzo, anzi, non parlargli proprio perché sei un pericolo ambulante.»
Deb annuì, se si fosse trovata in un’altra situazione, probabilmente si sarebbe lamentata del tono dell’amica ma in quel momento la sua mente era nel caos più totale e le direttive, seppur poco gentili, dell’amica l’avevano aiutata a darsi un contegno.
«Okay» mormorò Deb prima di tornare in salotto.
Wynne sciacquò via il sapone dal suo corpo velocemente, si coprì con un asciugamano e uscì dal bagno. Il freddo del corridoio la fece rabbrividire, si sarebbe dovuta chiudere in camera e vestirsi il prima possibile ma i suoi piedi nudi si diressero verso il salotto.
Harry era seduto sul divano, le palpebre socchiuse e lo sguardo troppo stanco per accorgersi di Deb, accovacciata dalla parte opposta del divano, che lo guardava con lo stesso sguardo di adorazione che un orso rivolgerebbe ad un barattolo di miele.
«Ehi…» disse Wynne rabbrividendo per l’acqua fredda che le gocciolava sulla schiena.
Harry sussultò, sembrò riprendersi da quello stato di trance in cui era caduto e si alzò dal divano sforzando un sorriso tirato, sempre sotto lo sguardo adorante di Deb.
«Ciao» mormorò il ragazzo avvicinandosi a Wynne, fece per darle un bacio sulla bocca ma la ragazza si spostò lievemente facendo scontrare le sue labbra con la sua guancia.
Harry la guardò confuso ma troppo stanco per chiedere spiegazioni.
«Sei arrivato solo ora?» le domandò Wynne con fare materno.
Il ragazzo annuì e lei avrebbe voluto accarezzargli dolcemente la guancia e baciarlo ma non aveva ancora avuto il coraggio di raccontare a Deb ciò che era successo la settimana prima.
«Non sono nemmeno passato a casa, arrivo direttamente dall’aeroporto.»
Wynne non riuscì a trattenere un sorriso, non pensava di essere così importante per Harry.
«Ti lasciamo guardare il tuo film in pace» spiegò Wynne a Deb, facendo poi segno al ragazzo di seguirla in camera sua.
La stanza era disordinata, c’erano vestiti sparsi ovunque e la scrivania piena zeppa di trucchi, alcuni mai utilizzati.
«Mi dispiace per Deb, mi sorprendo che non si sia messa a gridare quando ti ha visto alla porta di casa» spiegò Wynne. «E soprattutto non sa ancora niente di noi.»
«Non importa…» disse Harry con un’alzata di spalle. Si tolse la giacca e l’appoggiò lì accanto.
«Saresti potuto venire domani» osservò lei, prendendo un paio di slip dall’armadio.
«Avevo voglia di vederti» sussurrò Harry che nel frattempo si era avvicinato alla ragazza. Prima che Wynne potesse voltarsi le braccia di Harry la strinsero a lui ed il suo viso si posò sulla sua spalla nuda.
«Mi sei mancata» confessò, baciandole la pelle.
«Harry…»
Wynne si sentì pervasa dai brividi ed era certa che Harry avesse notato la sua pelle d’oca. «Devo vestirmi prima che mi prenda qualche malanno» concluse, facendo appello al poco autocontrollo che le era rimasto. Harry annuì staccandosi lentamente da lei, Wynne si voltò e catturò le labbra di Harry nel bacio che gli aveva negato prima, davanti a Deb.
«Arrivo subito» sussurrò poi, prendendo anche la maglietta sgualcita che utilizzava come pigiama e tornando in bagno. Si vestì velocemente senza riuscire a trattenere un sorriso che poteva sembrare sforzato per quanto fosse accentuato. Non aveva mai pensato che Harry sarebbe arrivato a casa sua nel cuore della notte perché non resistiva ad aspettare il giorno successivo per vederla.
Mise l’asciugamano umido nel cesto dei panni sporchi e tornò in camera sua. Sorrise nel vedere Harry sdraiato sul suo letto, le scarpe ancora indosso, gli occhi chiusi e il viso più rilassato. Si sedette accanto a lui e passò una mano tra i suoi capelli, ancora sporchi di lacca spruzzata per chissà quale evento.
Il ragazzo mugugnò qualcosa, mosse lievemente la testa ed aprì gli occhi. «Devo andare» sussurrò, nonostante non avesse per niente voglia di alzarsi, uscire al freddo e tornare nella sua fredda casa, dove era solo.
«Puoi restare qui, se vuoi» rispose Wynne, senza smettere di accarezzargli dolcemente il viso.
«Cosa penserà Deb?»           
La ragazza si strinse nelle spalle, si mise sotto le coperte e si accoccolò ad Harry che la strinse in un abbraccio.
«Capirà» sussurrò soltanto, prima di chiudere gli occhi.






Chi non muore si rivede!
Scusate per il ritardo ma ho perso completamente interesse in questa storia, ho i capitoli pronti fino al 15 - credo - ma non scrivo da settimane. Non so come andrà a finire, se mi tornerà l'ispirazione o altro ma ho deciso comunque di continuare a postare ciò che ho già scritto, poi si vedrà haha
Ringrazio di cuore chi legge, grazie mille per le recensioni <3
Jas
 

 
   
 
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