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Autore: Love_in_London_night    23/03/2014    4 recensioni
Chloe e Shannon. Ci sono attrazione e feeling, eppure qualcosa li frena.
Ma cosa avrà mai fatto lui per incontrare un simile tornado? E, soprattutto, cosa succederà tra loro?
Dalla storia: "«No, grazie». Sogghignò Shannon. «Ho bisogno di proteine che solo un animale morto può darmi. Inoltre mi sento di troppo, ma me ne vado contento: se andate avanti così va a finire che vi ritrovate lo stesso in tre a fine serata». Ammiccò divertito nell’indicarli con il mento.
Lo fulminarono entrambi con lo sguardo.
«Tornando al discorso di prima…» iniziò Logan che sapeva benissimo che ne avevano parlato. Gli uomini erano più pettegoli delle donne, esattamente quanto le donne parlavano di sesso di più e pure peggio degli uomini. «Ti chiedo solo di non complicare la vita a Chloe, perché – credimi – non ne ha davvero bisogno. Mi piacerebbe però che vi conosceste abbastanza affinché fosse lei a spiegarti il perché di queste mie affermazioni. Magari se impari a capirla scopri una persona che ti può piacere, o forse una che non ti interessa per nulla». Cercò di indugiare la ragazza. «Pensi di potercela fare?»
"
Challenge accepted, but remember: he's a cheater.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Shannon Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lost in the city of Angels'
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Capitolo 3

Demons


Si era svegliata verso le due di notte perché stava sudando. Non sapeva come c’era finita, ma era sotto le coperte, come anche Shannon e Ryder, quest’ultimo tra loro due. Decise di togliersi i leggins per sopperire al caldo senza esporsi troppo, la maglietta che indossava era abbastanza lunga da non mostrare troppo le sue grazie. C’era pur sempre un bambino in quella casa.
Si riaddormentò poco dopo, provando sollievo nel sentire le gambe a contatto con le lenzuola.
Le sembravano passati due minuti quando sentì qualcuno leccarle la faccia, invece gli occhi – anche se chiusi – purtroppo percepivano il chiaro del giorno che li colpiva senza pietà.
Oddio, una notte con il trucco addosso, aveva la certezza di assomigliare a un Picasso. Con la faccia gonfia, s’intendeva. No, Shannon non doveva vederla in quello stato.
Ma la domanda che la assillava era: chi le leccava la faccia?
Sentì la risata di Ryder, segno che era sveglio e stava assistendo alla scena.
Bene, anche un bambino di quattro anni riusciva a prendersi gioco di lei.
Aprì gli occhi e accanto al letto trovò Chick, il cane di Shannon. Una femmina, neanche a dirlo. Un cane che si chiamava pollastrella, tutta la classe di quell’uomo racchiusa in un nome.
«Ciao». La salutò Ryder tra una risata e l’altra.
Chloe gli accarezzò la testa bionda e nell’alzarsi riservò lo stesso trattamento a Chick, bisognosa di coccole. La sera prima doveva essere sparita per il trambusto, non era abituata a stare con la gente e con i bambini, all’inizio faceva sempre la ritrosa e si nascondeva. Ryder non contribuiva, le faceva sempre i dispetti, o almeno così le avevano raccontato.
«Dov’è Shannon?» chiese al bambino dopo essersi passata una mano sulla faccia nel tentativo di togliere i segni del sonno.
«A preparare la colazione». Lo guardò con gli occhi sgranati. Era convinta non sapesse prepararsi neppure un toast.
«Davvero?»
«Certo, lo zio è molto bravo a preparare le frittelle». Si leccò i baffi, poi decise di scendere le poche scale per riempirsi lo stomaco di pancake.
Mio dio, era sconvolta. Si era ritrovata nel letto di Shannon, e ora lui le preparava pure la colazione. E non ci aveva neppure fatto sesso!
C’era qualcosa di strano e magnifico in tutto ciò, una dolcezza senza secondi fini a cui nessun uomo l’aveva mai abituata.
Si diresse nel bagno di Shannon, dato che si accedeva direttamente dalla camera, e si diede una sistemata, giusto per rendersi presentabile ai limiti dell’umano. Con le dita si tolse il mascara sbavato e si pizzicò le guance per renderle un po’ più rosa. Cercò anche di dare una forma ai capelli, per quanto sapesse essere una battaglia persa in partenza, avevano vita propria e lei non aveva alcun potere su di loro.
Scese le poche scale che separavano il piano rialzato dalla zona della cucina e del salotto e osservò Shannon ai fornelli.
Piedi nudi, pantaloncini al ginocchio sportivi e senza maglia, di appetiti ne risvegliava parecchi, e nessuno legato al cibo. Fissò Ryder seduto al tavolo con le posate strette nei piccoli pugni, pronto a far sparire qualche pancake.
Rise e Shannon si girò verso di lei. «Buongiorno!»
Poi notò le gambe scoperte e per poco non fece bruciare l’ennesima frittella cucinata. Indicò quelle autostrade fatte di pelle e nudità con la paletta con cui girava il cibo. «Giuro che non ti ho tolto nulla stanotte, non è colpa mia. Anche se… Ringrazio chiunque l’abbia fatto».
Era il suo tentativo per cercare di non rimetterci alcun pezzo del corpo o sentirsi inveire contro di prima mattina.
Chloe rise. «Allora prego, sono stata io a togliere i leggins. Avevo caldo sotto le coperte…»
«In quel caso sono stato io a infilarvi sotto il piumino. Mi sono svegliato ed eravamo tutti e tre addormentati sopra il letto. Tu abbracciata a Ryder, ecco perché non l’ho spostato nel letto che avevo preparato per lui».
Lo sguardo non del tutto contento di Shannon le fece intuire che non era contento di come fossero andate le cose. Forse era giusto così, magari era destino che non facessero sesso nemmeno quella volta.
Destino, chiunque tu sia – pensò Chloe – farti una tazzina di cazzacci tuoi ogni tanto?
Non ricevette risposta.
Si sedettero a tavola tutti e tre e parlarono del più e del meno, per quanto un bambino potesse partecipare a una conversazione normale.
Era strano, sembravano i protagonisti della pubblicità dei biscotti. Tre estranei che, in realtà, fingevano di essere una famiglia. Non che loro fingessero alcunché, però da fuori potevano sembrare un nucleo famigliare, quando invece erano solo tre persone distinte che si erano trovate per caso.
Chloe a fine colazione tentò di aiutare Shannon a sparecchiare e, mentre loro litigavano, Ryder si piazzò davanti alla tv per guardare i cartoni che trasmettevano la mattina. Chloe insisteva perché non aveva fatto nulla fino a quel momento, ma Shannon perseverò sostenendo che lei era ospite e non doveva permettersi di alzare un dito, anche perché lui avrebbe solo caricato la lavastoviglie, nulla più.
La invitò ad andare in bagno per lavarsi i denti, dato che lei gli chiese se le prestava un po’ di dentifricio. Era abituata a lavarseli con il dito in caso di necessità, meglio quello che nulla.
Fu così che si ritrovò nel bagno di Shannon a tentare di dare alla propria bocca la freschezza della menta.
Appena finito arrivò il proprietario di casa, così Chloe approfittò della sua compagnia; si sedette accanto al lavandino, sul liscio ripiano in marmo dal colore tenue.
«Ryder?» domandò facendo dondolare i piedi nudi davanti a sé.
«È di sotto che guarda Scooby-Doo, ha detto che può rimanere da solo mentre ci vestiamo» rispose prima di lavarsi la faccia.
Soltanto dopo essersi lavato anche i denti si mise davanti a lei. Nonostante fosse nel suo bagno che lo fissava non gli dava fastidio, tra di loro le cose erano diventate naturali quasi subito, aiutati dal fatto che si fossero conosciuti anni prima e avessero instaurato subito una certa confidenza.
Le aprì con delicatezza le gambe per sistemarsi in quello spazio, il basso ventre che poggiava contro il marmo freddo, le mani sulle cosce di lei. «Allora, cosa facciamo?»
Avrebbe potuto riportarla a casa prima di passare da Wayne, oppure avrebbero potuto accompagnare Ryder dai suoi genitori e poi fare qualcosa insieme, Shannon era libero fino alle due, poi avrebbe raggiunto Jared e Tomo per un photoshoot.
Chloe si piegò in avanti, le braccia dritte e le mani strette attorno al bordo del ripiano. Lo fissava dall’alto al basso, negli occhi un lampo d’eccitazione, quella posizione e la vicinanza la stuzzicavano parecchio. Intanto Shannon, senza allontanarsi né senza staccarle gli occhi di dosso, con la mano destra cercava qualcosa nel cassetto accanto a loro.
«Sesso?!» rispose lei diretta e con la voce bassa, le ginocchia vicine al busto di lui nel tentativo di fare presa sul suo corpo.
Lui si leccò le labbra, poi sorrise. Inutile nascondere la soddisfazione per quella risposta, sperava che dicesse una cosa simile. Le accarezzò la lunghezza delle cosce, mentre gli occhi di lei si accendevano di desiderio. «Per quanto  possa allettarmi l’idea, non penso sia l’ideale farlo con un quattrenne che non è nemmeno mio figlio in giro per casa. Sarebbe diseducativo. Pensavo più a farmi la barba».
La voce roca di chi era sveglio da poco ma di chi, soprattutto, provava la stessa voglia che leggeva nello sguardo di lei.
Era una tentatrice nata, peggio del demonio stesso.
Per distrarla le mostrò il rasoio elettrico che di solito usava per sistemarsi la barba.
Chloe sbuffò, l’ennesimo attacco era fallito miseramente. Forse farsi trovare nuda in camera sua sarebbe stato più efficiente, ma non era sicura del risultato, quindi era meglio lasciare perdere.
«Allora lascia che ti aiuti» disse cercando di mettere da parte l’eccitazione.
«Davvero?» Shannon rimase colpito da quella proposta.
«Certo». Sorrise con la lingua tra i denti per poi allacciare le gambe attorno al bacino di lui. Ok, le piaceva giocare sporco, ma lui di solito non era da meno.
«La radi o la accorci?» domandò esperta.
Shannon appoggiò le braccia al ripiano per permetterle di arrivare meglio al suo viso. «Accorcio. Anche se ho un servizio fotografico e mi hanno chiesto di essere pulito, senza un filo di barba non mi piaccio»
«Peccato» aggiunse lei dispiaciuta.
Gli scostò il ciuffo più lungo che gli ricadeva sull’occhio e poi accarezzò una guancia coperta dalla barba abbastanza lunga e folta. «Mi piace di questa lunghezza, ti sta molto bene».
Il suo tocco non sfuggì a Shannon. Un gesto così delicato e amorevole non gliel’aveva rivolto alcuna donna. Era stato terribilmente seducente, anche se per nulla malizioso.
Era normale sentire il cuore in gola e un principio di rigonfiamento nei boxer?
Senza indugiare ancora lei iniziò ad accorciare la barba, facendogli spostare il viso all’occorrenza con una delicatezza che nemmeno Shannon avrebbe creduto possibile. Rimasero in silenzio tutto il tempo, gli occhi di lui fissi sul volto di Chloe, concentrata per non fare danni, le mani di lei sul viso del batterista che si muovevano con attenzione, i loro respiri che si mischiavano a metà strada.
Entrambi si ritrovarono a pensare che quello fosse più eccitante del sesso stesso.
La voleva, e ormai era chiaro come il sole anche per lui. E no, era convinto che non fosse solo attrazione sessuale, ma che ci fosse un briciolo di interesse tra loro, una scintilla che andava coltivata per vedere se portava da qualche parte. Forse non essere riusciti a fare sesso era stata una benedizione per loro, per quanto non fossero d’accordo.
«Esci con me» mormorò senza essersene davvero reso conto.
Chloe l’aveva sentito, quasi l’avesse urlato. Si fermò con il rasoio a mezz’aria, incredula.
«Cosa?» un sussurro più flebile ancora di quello di Shannon.
«Esci con me per davvero. Usciamo insieme». Le mise le mani sulle anche e la fece scorrere in avanti fino a farla scontrare con il proprio corpo, in modo da averla vicino a sé.
Aveva gli occhi sgranati e le guance rosse. Lo stupore nel suo sguardo era la soddisfazione più grande per lui, segno che per una volta era riuscito davvero a sorprenderla e ad avere vantaggio su di lei.
Annuì dopo aver deglutito rumorosamente, non riusciva ad aggiungere altro.
Forse non c’era altro da aggiungere. Anche se lei sapeva che le parole non uscivano a causa del cuore in gola, lo sfarfallio nello stomaco più forte che mai. Nemmeno quando Grant l’aveva invitata fuori la prima volta si era sentita così su di giri.
«Ho finito» mormorò vergognosa, non sapendo come togliersi dall’imbarazzo di quella situazione. Non credeva che sistemare la barba a un uomo potesse essere così eccitante ed edificante, dato che aveva appena rimediato un appuntamento. «Controlla che non abbia fatto danni».
Shannon si scostò a sinistra per fissare il proprio riflesso e verificare di non sembrare un cretino.
«Perfetta» disse guardandola negli occhi come se si stesse riferendo a ben altro rispetto alla barba mentre la prendeva in braccio per poi farle posare i piedi per terra, il sedere appoggiato al bordo di marmo, Chloe incastrata tra le sue braccia. I nasi che quasi potevano toccarsi.
«Perfetta» sussurrò di nuovo mentre piano si avvicinava alla sua bocca.
La ragazza capì come avesse avuto tutte le donne che si vociferava si fosse portato a letto. Aveva una carica sessuale – e non solo – naturale, era impossibile resistergli. E lei non era nessuno per esimersi dal farlo.
«Siete pronti? Mi manca la mamma». Spuntò Ryder dallo stipite che collegava il bagno alla camera da letto. «Ok, anche il papà».
Si separarono imbarazzati.
«Due minuti e partiamo» rispose Shannon espirando a lungo mentre si passava una mano tra i capelli e poi sulla faccia. Forse aveva bisogno di un’altra doccia, quella volta gelata, però.
Bambino malefico, era peggio del ciclo mestruale. Di sicuro aveva ancora più tempismo, il sadico.
«Vado a vestirmi prima di ritrovarmi senza niente addosso per dare ascolto alla mia volontà» disse lui uscendo dal bagno. «E tu dovresti fare lo stesso».
Indugiò solo un attimo sulla soglia della porta, il tempo di assicurarsi che il messaggio fosse stato recepito.
«Cosa?» sorrise. «Spogliarmi?»
Ecco, appunto.
«No, l’esatto contrario». Shannon sorrise e scosse la testa per poi allontanarsi.
Era l’unica soluzione, se voleva tenere fede alle parole appena pronunciate. Senza contare che nel momento meno opportuno sarebbe spuntato di sicuro Ryder. Come gli avrebbe spiegato magari una Chloe senza reggiseno? Wayne non sarebbe stato contento di ricevere domande sul corpo femminile, soprattutto se nudo.
Infilò i jeans e una maglietta e attese in salotto che anche Chloe si rivestisse.
Come ieri sera.
Nella sua camera.
Se non ci fosse stato un bambino nei paraggi, l’immagine sarebbe stata ottimale.
Nemmeno un’occhiatina? No, si rispose, non sarebbe stato carino, nemmeno se avesse voluto pareggiare i conti togliendosi la maglia.
Chloe si presentò una decina di minuti dopo.
«Andiamo?» gli occhi di Ryder erano luminosi, ci teneva proprio a riabbracciare i suoi genitori.
Salirono in auto e Shannon, per non indursi da solo in tentazione, decise di lasciare a casa prima Chloe.
«Cosa ne dici di questo venerdì?» le domandò prima di lasciarla scendere dall’auto, dopo che lei salutò anche Ryder.
«Ma oggi è sabato!» protestò lei, sconvolta.
Il tono petulante fu una musica per le orecchie di Shannon, allora anche lei ci teneva a uscire con lui almeno quanto Shan stesso lo voleva.
«Perché così tardi?!» era piegata verso l’abitacolo per guardarlo in faccia.
Allungati un altro po’ Chloe, vediamo se poi ti diverti ancora a sporgere il labbro inferiore se te lo catturo tra i denti, alla faccia di ogni bambino minorenne presente.
Coscienza 1 – Shannon 0.
Lui sorrise, molto più a suo agio in quella situazione così allettante. «Perché così mi ricresce la barba».
Dovevano dirglielo, pensò Chloe, che l’avrebbero arrestato a breve: il suo sorriso con un solo angolo della bocca mieteva troppe vittime.
«Ok» rispose più rasserenata la ragazza. «Allora a venerdì. Ciao Ryder, a presto!»
Li salutò con la mano prima di allontanarsi.
Che bel sorriso. E che culo.
La guardò finché non la vide sparire dietro la porta.
Com’era quel detto? ‘Odio quando vai via, ma adoro guardarti quando ti allontani’. Qualcosa di simile, non ricordava di preciso. Di sicuro era saggezza popolare maschile, non poteva non trovarsi d’accordo.
«Piccolo» e lo prese per il busto per farlo sedere accanto a lui sul sedile del passeggero. «Andiamo dai tuoi genitori».
Ryder batté le mani, e intonò la canzoncina del suo cartone preferito. Shannon non poté tirarsi indietro, canticchiò con lui quel motivetto orrendo, troppo felice di come si fossero messe le cose quella mattina.
 
«Tornado, cosa ci fai qui?» la fece salire in auto per portarla dal cancello fino all’entrata di casa. Cento metri e non di più, ma non gli sembrava carino lasciarla a piedi.
Parcheggiò la macchina nel vialetto, appena dopo la porta d’ingresso. Sull’uscio le passò un braccio attorno al collo per avvicinarla a sé, le labbra che le sfioravano l’orecchio. Percepì un brivido percorrerla. «Sentivi così tanto la mia mancanza?»
«No». Non solo, pensò. «Ti ricordi il colloquio di settimana scorsa?»
Shannon annuì per poi invitarla in casa.
«Ecco, avevo dimenticato il mio portfolio, e l’hanno ritrovato stamattina. Così oggi sono passata a ritirarlo» e sventolò la cartellina rigida. «Ho pensato di farlo sul tardi per fermarmi qua, dato che dobbiamo uscire a cena. Ti dispiace?»
«Affatto. Dammi il tempo di una doccia e sono pronto».
Ah, il bello degli uomini. Solo una doccia di lei durava venti minuti. Per non parlare della crema idratante da spalmare, lo scrub da fare, la ceretta, il trucco. La piega! Che disastro, quella occupava un sacco di tempo.
Insomma, le servivano almeno due ore per ottenere un risultato appena soddisfacente.
Stava leggendo una mail di sua cugina, quando Shannon tornò da lei.
«Pronto. Andiamo?»
Si girò a guardarlo e rise. No, a dire il vero stava per morire dal ridere. Si teneva la pancia e non riusciva a fermarsi. Quelle lacrime le avrebbero rovinato il trucco.
«Cosa c’è?» e dire che si era guardato allo specchio e si era trovato un bel bocconcino. Se non fosse stato attento avrebbe provato a baciare il proprio riflesso. Dio, passava troppo tempo con Jared.
«La camicia? Davvero?» Chloe si asciugò gli occhi, cercando di tornare a essere padrona di se stessa. «E il blazer. Ti giuro Shannon, apprezzo lo sforzo».
Si schiarì la voce, cercando le parole per non offendere la sua virilità. Un giorno avrebbe voluto averci a che fare, non voleva precludersi ogni possibilità.
«Però ho accettato di uscire con te perché mi piaci come sei. Intendo dire che non ho bisogno che tu ti metta in tiro, preferirei uscire a cena con il solito Shannon, quello che indossa una maglietta e una semplice giacca»
«Mi stai dicendo che così faccio schifo?» l’inizio di quell’appuntamento non era per nulla promettente.
Rimpiangeva quando Ryder si aggirava per casa.
Chloe si alzò per raggiungerlo. Dio, indossava una gonna nera aderente a vita alta e abbastanza corta, un top aperto sulla schiena e delle ballerine con dei brillantini, era davvero bella nella sua semplicità.
Lo prese per il bavero della giacca. «Sto dicendo che mi piaci e, quindi, non hai bisogno di colpirmi ulteriormente». Sorrise, lasciandolo stordito. «Sto dicendo che vorrei ti sentissi a tuo agio, in modo che mi ci possa sentire pure io».
Lui era a suo agio senza vestiti. Poteva andare?
Avrebbero anche saltato la cena, così.
«Ho capito, vado a cambiarmi»
«Bravo» si congratulò lei.
Arricciò il naso e lo sfregò contro quello di Shannon, gli occhi brillanti e maliziosi.
Ok, forse non faceva così schifo come inizio.
«Hai qualche preferenza?» urlò dalla propria camera da letto mentre cercava di trovare alla svelta una soluzione.
«Mmmmhhh» ci pensò lei.  «Ti ho visto in una clip in cui indossavi una maglietta bianca e ballavi in un supermercato. L’ho trovato terribilmente eccitante»
«Ma la maglietta bianca non mi sembra elegante, la uso quando voglio sporcarmi le mani»
«Pensi che con me non ci sarà da lavorare?» lo punzecchiò divertita per poi scoppiare a ridere.
Si presentò di nuovo poco dopo con una maglietta nera, gli stivali marroni, dei jeans scuri e una giacca nera in pelle.
La vide sgranare gli occhi colpita e appagata da ciò che vedeva.
«Molto più Shannon Leto. Molto più il mio stile». Gli sorrise sincera.
«Insomma, preferisci il look da rockstar»
«Assolutamente» asserì. «Adoro la pelle, le borchie e gli strappi».
Un altro punto a suo favore, come se anche il solo respirare non lo fosse.
«Ho pensato al giapponese, ti va?» glielo chiese nel salire in auto.
Voleva farle una sorpresa, ma c’erano un sacco di persone che odiavano i cibi esotici, per non parlare della cucina nipponica che veniva associata sempre e solo al pesce crudo.
«Sushi, oddio» Shannon tremò, lui si sarebbe nutrito di sushi a vita. «Che voglia!»
Tornò a respirare, più sollevato.
«Dove mi porti?»
«Da Katsuya, il mio ristorante preferito»
Chloe sgranò gli occhi, questa volta preoccupata.
«Che succede? Tutto bene?»
«No Shannon, non va tutto bene». La voce acuta come se qualcuno la stesse strozzando.
Sospirò, cos’aveva fatto quella volta? «Perché?»
«Senti, non sarò una echelon, ma ho fatto i compiti a casa. Google è la bibbia moderna caro mio, non sfugge nessuno da lì. Nemmeno tu. Ci sono più tue foto da Katsuya che salmoni freschi che entrano in quel ristorante. È pieno di paparazzi. Non ho voglia di fare una cena collettiva».
In effetti i fotografi erano garantiti tanto quanto il sushi nel ristorante di Hollywood, non ci aveva pensato. Non sarebbe stato carino condividere un momento così intimo con il mondo. Poi avrebbero preso di mira Chloe per sapere chi fosse.
No, che tormento.
«Cosa ne dici se andiamo a quello in Olympic boulevard? È vicino a Downtown. Potremmo dare meno nell’occhio».
Grazie a Dio gli smartphone erano dotati di internet, almeno aveva trovato una soluzione più velocemente di quanto Spiderman riuscisse a sventare un crimine.
Lei annuì e si diressero, più rilassati, nella sera losangelina tra chiacchiere e battute.
Scoprirono ben presto che scegliere quel Katsuya era stata la mossa migliore.
«Le salette private, non ci credo!» era da un sacco che non approfittava di un po’ di intimità in un ristorante.
Li fecero accomodare e poi il cameriere si chiuse la porta della stanzetta alle spalle.
Wow. Il sottofondo rumoroso del locale era stato completamente attutito.
Chissà fino a dove poteva arrivare quella riservatezza. Si potevano concepire dei bambini, lì dentro, senza essere scoperti da tutti?
Avrebbe voluto offrirsi volontario – solo per l’atto, senza paternità – per scoprire se fosse fattibile, ma accantonò l’idea per concentrarsi sul menù. Una volta pronti avrebbero dovuto suonare il pulsante vicino al tavolo per far arrivare un cameriere.
E così, dopo poco, fecero.
Chloe ordinò una tagliata di tonno e qualche pezzo di maki e di nigiri, per non farsi mancare nulla. Aveva evitato il primo per non riempirsi nulla e avanzare quel ben di Dio. Adorava il pesce molto più della carne.
«Per me invece del riso saltato con gamberi, del rombo alla griglia con contorno di verdure, una porzione di California maki con tonno, uno con il salmone e una porzione di nigiri con del pesce spada, grazie».
Il cameriere segnò gli ordini e uscì per poi lasciarli nella loro bolla privata.
«Shannon» Chloe  attirò la sua attenzione, questa volta seria e sbalordita.
«Sì?» sapeva di dover avere paura, con lei doveva essere pronto a tutto.
«In quanti siamo a cena? Ci raggiunge altra gente?»
«No, solo noi due. Perché?» e dire che pensava di essere stato chiaro riguardo quella serata, era convinto di essere lì per un appuntamento, non per le solite uscite che facevano con Jared e Tomo.
«Hai ordinato per quattro persone. Forse cinque» convenne Chloe sempre più scioccata.
Sapeva bene da quanti muscoli fosse composto il corpo di Shannon, li aveva studiati con attenzione, e ogni volta che si era ritrovata a osservarlo senza maglietta aveva ringraziato ogni divinità esistente per quel piccolo miracolo. Come poteva ingurgitare tutto quel cibo e continuare ad avere un fisico tanto… Definito?
Se erano i geni di famiglia li voleva pure lei, che ingrassava anche solo a respirare.
«Vedi» Shannon le si avvicinò per poter sussurrare, la voce roca e il tono suadente di chi sapeva quello che diceva. «Devi capire che nonostante io non sia proprio un armadio a quattro ante, ho comunque grandi appetiti. Non mi piacciono le mezze misure: o tutto, o niente. E di solito preferisco tutto».
Chloe si ritrovò a sospirare, era ingiusto quell’uomo. La situazione era più congeniale a lui che a lei, e aveva approfittato della cosa per sfoderare il proprio savoir faire, quello che non lasciava via d’uscita a nessuna donna. Aveva attivato la modalità ‘Strappavestiti’ e lei non se ne era accorta, doveva subire la cosa, lo sapeva. Non che le dispiacesse, solo che non era abituata a essere impreparata davanti alle avance di Shannon, o forse le sue erano sempre state allusioni molto meno dirette.
Tutto, pensò Chloe. Sì, puoi avere tutto di me, basta che te lo prendi.
Quanto testosterone aveva rilasciato con quella semplice frase? Troppo, ne era sopraffatta.
Furono interrotti dall’arrivo del primo piatto di Shannon e alcune porzioni di sushi.
«Quando siete pronti per il resto suonate, poco dopo arriverà tutto». Li istruì il cameriere, sempre molto rispettoso, così ligio al dovere da essere inquietante.
«Sembra buono». E, nel guardare il riso di Shannon, Chloe si leccò i baffi.
Senza chiedergli il permesso  mise le bacchette nella piccola ciotola e si trovarono così invischiati in una lotta all’ultimo chicco. Risero per quella battaglia così infantile e divertente, ma alla fine Chloe la spuntò e riuscì ad assaggiarne un po’.
«È davvero buono come pare». Se l’avesse saputo prima non avrebbe mangiato per tre giorni per sfondarsi di cibo quella sera. Il riso era delizioso.
«Lo so». La prese in giro Shannon.
Prima di riderle in faccia.
Lei lo fissò sconvolta, e lui si avvicinò con le bacchette al viso. «Ferma, non voglio farti male».
Lo lasciò fare anche se non capiva dove volesse arrivare. Alla fine, con molta più delicatezza di quanto si fosse aspettata, le aveva tolto un paio di chicchi di riso che si erano appoggiati sul naso.
Senza esitazione portò le bacchette alla bocca.
«Delizioso». Disse infine sorridendo.
Era seducente. Sensuale. Bellissimo. Da strapparsi i vestiti. La mente di Chloe, che sembrava fosse diventata un dizionario, entrò in cortocircuito. Ora capiva cosa voleva dire Logan quando definiva Jared illegale, solo che per lei lo era Shannon.
Quale uomo avrebbe tolto con una tale grazia e maestria del riso dal naso a una donna?
Nemmeno il più esperto dei cinesi, era da ammettere.
Per una frazione di secondo aveva pensato di fargli una proposta di matrimonio, ma poi decise che non le sarebbe piaciuto vederlo scappare alla velocità della luce, così ridimensionò la propria reazione.
«È il gesto più carino che un uomo mi abbia mai rivolto»
«Forse perché sei uscita solo con idioti». Sentirla parlare di altri uomini non gli faceva piacere.
Geloso?
No. Chi? Lui?
Per favore. Protettivo, se mai.
«Sei brava con le bacchette» disse nell’ingoiare un pezzo di maki. Preferiva cambiare argomento.
«Sei tu quello che ci sai fare!» rise lei spiluccando il proprio nigiri. Divino.
«Oh sì, è una dote molto… Personale» sorrise di rimando lui, alzando le sopracciglia.
Chloe si sbagliava, o per caso si alludeva a più tipi di bacchette?
«Una o due, grandi o… Meno. Sono abituato a tutto, dipende solo dalla bacchetta. Modestamente dicono che fare sesso con me sia magico».
Ok, non  stava sbagliando.
Chloe quasi soffocò. Schiacciò il campanello, aveva bisogno di un’altra bottiglia d’acqua, quella rimasta non era sufficiente.
«Cos’è» la prese in giro Shannon. «Pensi di essere l’unica che può fare battute sul sesso qui dentro?»
La tensione sessuale più palpabile della nebbia che aveva visto a Londra per ventinove anni.
«No, certo che no» rispose cercando di non rantolare troppo. «Ma mi spieghi, ora, come potrò mangiare e… Ficcarmele in bocca di nuovo?»
Quella era melodia per le sue orecchie, inoltre gli aveva appena dato lo spunto ideale per figurarsi al meglio la fine di quel discorso. Fantastico, davvero fantastico.
Era estasiato dal fatto che una simile creatura avesse incrociato il suo percorso. Si sentì fortunato.
Il cameriere fece capolino per chiedere se poteva portare via i piatti e, nel frattempo, Chloe gli chiese un’altra bottiglia di acqua naturale. Infine aggiunsero di essere pronti per le altre portate.
Portarono la conversazione su altri argomenti, almeno finché non arrivò il resto delle ordinazioni.
Chloe assaggiò il suo tonno, ed era veramente buono. Saporito e tenero.
Si poteva sposare un tonno? Era commossa da tanta bontà, l’avrebbe voluto mangiare ogni giorno. Era quasi commossa.
Poi guardò Shannon. E, beh, Shannon era meglio di un tonno.
Non era commestibile, certo, però riempiva i suoi momenti bui, i suoi pensieri, i suoi sorrisi.
E il cuore?
Zitta, coscienza.
Sì, ok, doveva ammetterlo, pure quello.
Sospirò, era arrivato il momento di avere risposte. «Shan… Io ti piaccio?»
Lui sputò un po’ d’acqua, colto totalmente alla sprovvista.
Quanto sadica poteva essere una donna?
Cosa avrebbe dovuto rispondere?
No dai, stava scherzando.
La fissò, ma Chloe stava attendendo una risposta.
Si schiarì la voce. «S… Sì».
Ed era vero. La conosceva da poco, ma quello che aveva visto di lei gli piaceva. Anche quella domanda a tradimento piazzata nel bel mezzo di una cena. Chloe era fatta di pessimo tempismo, sorprese, schiettezza e risposte sempre pronte, ed era proprio quello ciò che gli piaceva di lei.
La chiamava tornado, ma per lui aveva un’accezione positiva. Non metteva a soqquadro la stanza, ma qualcosa dentro le persone, era come se accendesse un sorriso nel profondo di ognuna, e non era una dote comune. E lui era stato sconvolto dalla sua forza, se ne stava rendendo conto in quel momento.
Non sapeva dove avrebbe potuto portarlo, ma gli sarebbe piaciuto scoprirlo.
Il silenzio di lei gli fece ben sperare, sperava di aver passato indenne quel momento d’imbarazzo.
«Quindi perché tra noi non è successo niente?»
Perché, perché riusciva a domandare le cose più difficili come se stesse chiedendo a un passante che tempo faceva o quanto mancava all’autobus che doveva prendere?
Cercò di ridere, forse questa risposta non era così difficile come l’altra. «Oltre al tempismo di Ryder? Penso sia a causa del terrorismo psicologico di Logan».
Chloè lo fissò interessata, lui mangiò più tranquillo parte della propria cena.
«Diciamo che mi ha esortato – per non dire costretto o minacciato – a non approfittarmi di te, non prima di averti conosciuta e di averti esplicitato le mie intenzioni, qualunque esse siano. Insomma, non prenderti in giro».
Inaspettatamente lei rise, come se le avesse raccontato la più divertente delle barzellette.
«Immagino abbia un senso».
Davvero? Che qualcuno lo spiegasse anche a lui, per favore, perché non gli era ben chiara la cosa.
«Potrei esserne messo a conoscenza?! In effetti ha detto che c’era un motivo dietro, ma ha aggiunto» cercò di fare mente locale «Che sarebbe stato meglio saperlo da te».
Come appuntamento si stava rivelando… Strano. Molto.
«Devi sapere che visti i recenti sviluppi della mia vita – motivi per cui sono qui ora – Logan è diventata molto premurosa. Iperprotettiva, direi»
«Credimi, l’ho notato. È già tanto che non mi abbia tagliuzzato qualche parte del corpo mentre mi minacciava». Posò le bacchette nel piatto ormai vuoto, soddisfatto. «Comunque, dicevi»
«Ah già. Non so nemmeno da dove partire» sorrise imbarazzata e tenera, un gesto con una connotazione triste.
«Il mio lavoro mi era sempre piaciuto. Facevo parte di una squadra di designer in una nota società britannica con sede nel centro di Londra». Appoggiò i gomiti sul tavolo e posò la faccia sulle mani incrociate, riusciva a essere graziosa nonostante il tono grave.
Deliziosa.
Come se fosse un dessert. Però era vero, se la stava mangiando con gli occhi.
«Sette anni, praticamente ci sono cresciuta. Grant, il nuovo vicepresidente di allora – il pezzo grosso – mi aveva notata sin da subito, aveva creduto in me. Era bellissimo essere al centro di tanta fiducia, davvero. A furia di lavorare a stretto contatto si era creato un buon feeling tra di noi, tanto che siamo finiti a letto».
Più raccontava la storia e più il disagio passava, sembrava si stesse liberando di un bel peso.
«È un bell’uomo, e la cosa è andata avanti un bel po’. Non avevamo una relazione, non era questione di sentimenti. A me andava bene così, lo giuro, anche perché è sposato».
Boom! Aveva vinto come ‘miglior bomba sganciata con nonchalance 2016’.
«Sta di fatto che questo rapporto è durato un anno e poco più, finché ha quasi rischiato di essere scoperto. Abbiamo troncato per non crearci problemi sul lavoro, dato che nella società le relazioni tra colleghi non erano affatto viste di buon occhio. Peccato che questa relazione, nonostante fossero passati mesi, sia venuta fuori a gennaio. La moglie ha scoperto tutto e ha fatto il diavolo a quattro, la società ci stava rimettendo la faccia così come lo stesso Grant che, per salvarsi, ha raccontato che io ero l’arrivista della situazione – dato che avevo da poco avuto una promozione – e che l’avevo usato per quello. Inutile dire che era meglio per la società mettere tutto a tacere licenziando una designer piuttosto che il vicepresidente».
«Davvero?» per la miseria, era sconcertato. Queste cose non dovevano succedere, se una era brava nel proprio lavoro non dovevano metterla nelle condizioni di licenziarla per vicissitudini personali.
Se avesse lavorato per i Mars tutto quello non sarebbe successo. Per loro il sesso non era un problema. Shannon, se avesse potuto, avrebbe inserito il sesso obbligatorio tra loro e lo staff – la parte dotata di passera, ovvio – giusto per non far sentire in colpa le dirette interessate, farle sentire sicure riguardo il proprio posto.
«Devo ammetterlo, quando quella specie di relazione era in corso credevo di esserne pure coinvolta, ma quando abbiamo troncato non ne ho sofferto. Mi è dispiaciuto perdere il lavoro dei miei sogni per una cosa simile, senza alcuna importanza. E mi ha dato fastidio essere messa nelle condizioni peggiori per lasciarlo, senza alternativa»
«Quindi, fammi capire, Logan ha attentato alla mia vita perché aveva paura che, se io ci avessi provato con te e avessimo fatto sesso» concluse mentre la sua testa si faceva mille calcoli. «Avremmo complicato le cose. Giusto?»
«Presumo. In effetti la lezione che ho imparato è stata proprio che il sesso complicato tutto. Forse Logan ha solo voluto proteggermi. In realtà penso di essere in grado di cavarmela da sola e di sapere cosa è meglio per me, anche se non lo dimostro. Io so cosa voglio».
Alzò le spalle e sorrise, serena.
«E cosa vuoi?»
«Te». Un altro sorriso. Nemmeno un briciolo di malizia.
Dio, ora capiva cosa volevano dire tutte quelle foto sarcastiche in cui le ovaie di una donna implodevano, lui in quel momento provava le stesse cose. Stava implodendo internamente.
«E il sesso è contemplato?» no perché questo discorso gli interessava parecchio.
Chloe rise. «Sì, assolutamente».
Un coro di angeli era calato nella stanza, vero? O forse era ‘we are the champions’, non lo sapeva, ma poco importava.
«Però» ecco, l’inizio della fregatura, lo sapeva. «Prima mi ci sarei buttata a capofitto. Nel senso: quando ti ho rivisto ho quasi sognato che tu mi prendessi sul tavolo della cucina davanti a Jared e Logan, oppure che accedesse la sera in cui Ryder si è fermato a casa tua, per non parlare di tutte le altre occasioni che ci sono presentate nel mentre. Però ora boh, non è così»
«Cioè, mi stai dicendo che ti è passata tutta la poesia?» non trovava carino essere illuso così. Alle donne si spezzava il cuore se si giocava con i loro sentimenti, con gli uomini era diverso: restavano feriti a morte se facevi credere loro di giocare con la loro… Bacchetta, e invece alla fine non la trastullavi.
La shanaconda si sentiva offesa, e non poco.
«No, sto dicendo che però è entrato in gioco un altro meccanismo. La voglia c’è, ma aspettare non è un problema, mi sta piacendo conoscerti e andare oltre il lato fisico della questione».
Era così spudorata nella sua schiettezza da essere irresistibile.
«Come fai a essere sempre così chiara?»
«Anni di pratica. Ormai è abitudine. Diciamo che ho tolto anche quei pochi filtri che il buonsenso ha cercato di impormi»
«Comunque comprendo il tuo discorso, perché è lo stesso per me». Rispose Shannon sincero.
Era davvero piacevole sopportare e volere la compagnia di una donna. Vero, la desiderava, ma non si limitava solo a quello. La trovava interessante e non si annoiava con lei.
Sembrava di uscire con la versione femminile di un uomo, solo che per lei provava attrazione fisica. E, a questo punto, anche mentale.
Chloe non disse nulla, non voleva complicare una situazione che stava cambiando più velocemente di quanto loro stessi fossero in grado di cogliere, né tantomeno ci teneva a metterlo in imbarazzo e fargli rimangiare le sue parole.
«Cosa ne dici, andiamo a farci un giro per Downtown?» propose. «Ci potremmo prendere un caffè».
Mmmhhhh caffè, fu il primo pensiero di Shannon. Un po’ come Homer Simpson davanti alla ciambelle.
«Certo, volentieri. Al caffè non dico mai di no».
Seh, certo, ‘al caffè’.
«Bene, allora andiamo a pagare» propose Chloe.
Shannon rise di gusto mentre indossava il giubbino di pelle.
«Cosa c’è?»
«Lascia stare, Chloe. È tutto a posto».
Oddio, no. Ecco perché aveva allungato la mano verso il cameriere quando stava morendo soffocata.
«Ma non dovevi, grazie». Era inutile insistere.
«Ehi, ti ho invitata io». Passò vicino alla cassa e si fece dare la carta di credito. Dopo aver ringraziato per l’ottimo servizio, salutato i camerieri e aver fatto un paio di foto con essi uscirono all’aria fresca della sera.
Chloe lo prese sottobraccio, giusto per averlo vicino.
«Dunque, parliamo di cose più interessanti». Propose lei con tutto il buonumore possibile.
Sesso, sesso, sesso. Ah, c’era pure il sesso orale. Altri punti?
Decise di andarci cauto.
«Tipo?»
«Lascio a te la scelta».
«Ok». Qualcosa che non avesse a che fare con il sesso, forza. «Oltre al giapponese, ti piace qualche altro cibo esotico?»
Per fortuna  non faceva il giornalista, non sarebbe scampato un giorno in quell’ambiente.
«Sì, in generale sì. L’indiano, il cinese, il greco, il brasiliano…»
«E lo spagnolo?»
«Oh sì… Orgasmico!»
Va beh, ma allora lo faceva apposta!
«A proposito di orgasmi» sorrise furbo. «Da quant’è che non ne hai uno?»
Era sempre disponibile a interrompere la serie negativa e immolarsi per una giusta causa. Pronto a perorare le proprie idee.
«Da meno di quanto pensi». Rise divertita.
Era contento che al posto di spaventarsi e prenderlo a schiaffi in una strada piena di gente la prendesse sul ridere. Amava questo suo lato, il fatto che riuscisse a scherzare su ogni argomento con una certa facilità.
«Da sola? Eccitante». Non aveva contemplato l’opzione che a Los Angeles fosse stata con qualcuno, l’idea non gli piaceva per nulla.
«Non è detto». Lo stesso sorriso scaltro che lui le aveva riservato poco prima.
Shannon aveva la fortuna di conoscere molto bene le donne, anche se non bene quanto lui credeva.
«Sì, hai la faccia colpevole che assume ogni donna quando si parla di masturbazione».
Quel discorso gli piaceva sempre più, anche perché lei non dava segni di cedimento, non era imbarazzata davanti a quella conversazione.
Era abituato a fare sesso con donne che si fingevano caste e pure che volevano essere conquistate quando in realtà, nella privacy di un camerino o una stanza d’albergo, erano le prime a rivolgersi a lui con termini spinti e richieste perverse. Chloe – al contrario – parlava di sesso con disinvoltura e sembrava non volesse essere corteggiata come le altre, non sentiva il bisogno di colpire, per questo era tanto affascinante ai suoi occhi. Era come se i ruoli si fossero invertiti.
«Beh… Non ero proprio sola». Concluse con uno sguardo lascivo.
Ok, ora gli sembrava di essere entrato in uno dei tanti American Pie. Non capiva quale dei personaggi essere, se l’arrapato cronico o lo sfigato senza via d’uscita.
«I vibratori non valgono!» e rise. Era divertente affrontare un simile discorso.
«Non parlavo di dildo vari»
«E quindi?»
Era quantomeno convinto di essersi perso qualcosa. Se non c’era di mezzo un uomo e nemmeno un vibratore, di cosa stavano parlando?
«Diciamo che… Tu mi hai dato una mano». Gli fece l’occhiolino e ridacchiò divertita nel vedere la sua faccia sconvolta.
La fissò con la bocca aperta mentre si bloccò in mezzo al marciapiede.
Fermi tutti. Davvero gli aveva appena detto che si masturbava e raggiungeva l’orgasmo pensando a lui?
Shannon sarebbe potuto venire nei jeans in quel momento. Era la cosa più eccitante che gli avessero mai detto. Meglio di qualsiasi scopata mai fatta, di ogni film porno visto – in adolescenza, ci teneva a precisarlo – o di… Non riusciva a immaginare altro. Era troppo.
Una ragazza così era da sposare.
«Ok, dato che ti sei impietrito qua davanti». E indicò un caffetteria alla loro sinistra. «Direi che è il posto adatto dove prendere il caffè».
Fece per muovere un passo ma Chloe glielo impedì. «Fermo, aspettami qui. Dimmi come lo vuoi e te lo prendo. Ti ho invitato io». Lo scimmiottò. «Spetta a me offrire a questo giro».
«Caffè nero senza zucchero, grazie». Non sapeva cosa dire e, in ogni caso, Chloe non gli aveva dato il tempo di aggiungere altro entrando nel locale.
Quella serata gli era piaciuta parecchio, e non se lo sarebbe mai aspettato. Non era solo per la malizia e schiettezza dei discorsi sul sesso, ma per come erano riusciti a parlare di tutto. A scherzare. A sentirsi a proprio agio.
Era bello fissarla oltre la vetrina mentre faceva la coda per il loro caffè, c’era qualcosa di intimo in tutto quello che gli sfuggiva e lo appagava al tempo stesso.
Fu solo nel guardare verso il marciapiede, davanti a sé, che si irrigidì.
La doccia fredda peggiore che potesse aspettarsi.
Il demone del passato.
Avrebbe dovuto immaginarlo, andava tutto troppo bene per essere vero: nessun intoppo durante la serata, nessun fan che lo fermava per un autografo.
Aveva pensato che il destino per una volta potesse essere clemente con lui, invece no, quello stronzo si stava preparando per il gran finale.
Agnes Fischer, la stessa Agnes Fischer con due chilometri e mezzo di gambe e due tette che avrebbero riportato a galla il Titanic tanto avevano la consistenza di due boe, la stessa ragazza che con cui lui aveva avuto una relazione, stava camminando nella sua direzione abbracciata a un tipo che avrebbe fatto apparire basso pure Kobe Bryant, un metro e novantotto di uomo.
No, perché il Signore – o chi per lui – aveva messo Agnes sulla sua strada mentre l’unica ancora di salvezza era in fila per due caffè?
Si ricordava come Agnes l’avesse piantato su due piedi, si ricordava il perché: lei voleva impegnarsi, mentre lui, al contrario, accettava la situazione passivamente, andandogli più che bene così.
Non ci aveva creduto ai tempi, la modella. Come poteva essere che Shannon Leto volesse stare con lei ma non volesse rendere seria la loro relazione? Certo, era bella – doveva esserlo anche per lavoro – e proprio per quello non avrebbe accettato di essere rimpiazzata nel letto di lui da ragazze che con lei non avevano nulla a che spartire soltanto perché Shannon doveva sfogare i propri istinti, soprattutto quando erano lontani. Il suo ego aveva avuto la meglio, Agnes se n’era andata con la sua dignità intatta e un sorriso sulle labbra, mollandolo prima che lui trovasse il tempo di farlo.
E ora lei era al braccio di Godzilla mentre lui era lo sfigato, solo, fuori da un caffè.
Agnes era entrata nell’ottica della vetrina, rallentando alla vista di Shannon, quando Chloe si voltò per vedere la scena in slow motion. Era vero che non era una echelon, conosceva qualche loro canzone ma non era andata oltre, però come aveva detto prima a Shan aveva fatto i compiti a casa, dunque sapeva bene chi fosse la ragazza che aveva attratto gli occhi di lui. Occhi – per inciso – pieni di terrore. Aveva lo sguardo di chi voleva essere ovunque, anche tra le fauci di un leone a digiuno, ma non lì.
«Ciao, Shannon!» lo salutò stupita la bionda. «Come stai? Cosa fai, qui, solo
Nell’avviarsi verso la porta Chloe aveva preso una decisione: sarebbe stata l’eroina della situazione, la soluzione che Shannon invocava con il proprio sguardo.
Soprattutto non avrebbe permesso a una stronza bionda ossigenata di rovinarle una bella serata, e nemmeno di farle credere di essere così importante da avere potere su di lui.
Si avviò sicuro verso l’esterno, anche se di fiducia in se stessa non ne aveva nemmeno un briciolo, al momento. Se l’avesse saputo prima avrebbe ordinato un caffè corretto da una bottiglia di vodka.
«Ciao, io…»
Ma Shannon non fece in tempo a rispondere, la porta che si apriva aveva catturato tutta la sua attenzione.
Poi successe tutto di fretta.
«Ehi…» gli disse Chloe per salutarlo dopo aver sorriso.
Gli mise in mano il proprio bicchiere di carta con il caffè bollente, infine si protese in avanti e lo baciò sulle labbra.
Dio, non doveva essere così.
Era sbagliato il momento, il modo, il motivo. Eppure non c’era nulla di meglio che potesse accadere in quel momento.
Con la mano libera corse al collo sottile di Chloe per non farla scappare mentre si divertiva con la sua bocca. Un bacio famelico e controllato: aveva iniziato a succhiarle il labbro inferiore per poi leccare appena l’interno di quello superiore. La sentì sospirare ma non cedere a quel tocco.
Agnes… Chi?
Si separarono con il fiato corto e un sorriso sulle labbra in procinto di gonfiarsi.
Shannon le circondò la vita con il braccio e sorrise soddisfatto.
‘Terra chiama Shannon, terra chiama Shannon’.
‘Huston, abbiamo un problema’.
‘Huston, genio, prova a parlare con la zona inguinale del suddetto, vedrai che riceverai risposta in men che non si dica’.
«Ciao, tutto bene?» ora poteva dedicarsi ad Agnes.
Chloe, finta innocente, si accoccolò al petto di Shannon. Lei gioì per quel contatto, lui esultò tra sé compiaciuto. Chi era solo, eh Agnes?
«Tu sei? Non hai una faccia conosciuta».
Il sorriso di Agnes si incrinò un po’, e Shannon avrebbe voluto baciare di nuovo Chloe, anche solo per ringraziarla di quella piccola cattiveria gratuita.
Lo aveva lasciato? Ecco, lui fingeva di avere una relazione, ora.
«Agnes. Sai, ho fatto il video di Hurricane». Tentò di giustificare il motivo per cui conosceva Shannon.
«Ah ok, sei una comparsa». Minimizzò perfida l’altra con un sorriso angelico. «Chloe, piacere. Ora però è meglio se andiamo, volevamo andare al cinema e tra poco inizia l’ultimo spettacolo».
Si scusò con i due ragazzi, mostrando un dispiacere che in realtà non provava.
«Beh, è stato un piacere Shannon». Una punta di risentimento nella voce di Agnes.
«Anche per me, ragazzi». Nel saluto comprese anche il gigante che oltre a un ciao non aveva proferito parola. «Ci si vede in giro».
Si allontanarono nelle direzioni opposte ma Shannon, con la coda dell’occhio, li teneva controllati.
«Grazie» le sussurrò con le labbra vicino al suo orecchio, il braccio attorno alle spalle.
«Prego». Sorrise divertita. «Ti ho visto in difficoltà. Che fanno? Ci guardano?»
«Oh sì» mormorò spingendola contro il muro tra un negozio e l’altro, il caffè ancora caldo in mano. «Agnes continua a fissarci».
Ovviamente non era vero.
Si era avvicinato di nuovo, un sorriso furbo sulle labbra ancora più vicine alle sue.
«Te ne stai approfittando?» mormorò lei rossa in viso, gli occhi sgranati di chi era stata colta di sorpresa e lo stupore che faceva trasparire l’attesa per un qualsiasi contatto tra di loro.
Decisamente.
«Forse».
E la baciò di nuovo, con più aggressività rispetto a prima dato che non c’erano spettatori che attendevano una loro risposta.
In realtà avrebbe voluto baciarla lui per primo, magari nel riaccompagnarla a casa, ma non c’era stato nulla di convenzionale tra loro, tanto valeva approfittarsene.
E così fu.
La mano libera di Chloe scivolò nella tasca posteriore dei jeans di Shannon per avvicinarlo a sé mentre consentiva che la lingua di lui toccasse la propria.
Si sentiva come una ragazzina al primo appuntamento, solo che i suoi ormoni erano più ricettivi e insolenti e volevano di più, se no non avrebbe infilato la mano nella tasca per toccargli il sedere.
«Vedo che te ne approfitti pure tu». La prese in giro lui, indicando la mano destra nei propri jeans.
Lei alzò le spalle e strinse la presa prima di liberarsi da quella posizione così scomoda per lei, dato che non era sicura di essere in grado di allontanarsi da Shannon se fossero rimasti così vicini ancora un po’.
«Il giusto. Ricorda che non sono io ad aver ficcato la lingua in bocca all’altro».
Si allontanò con un sorriso sulle labbra prima di assaggiare il proprio caffè.
«Tecnicamente non è vero!» la raggiunse Shannon. «Sei stata tu a baciarmi»
«A baciarti, non a prosciugarti la faccia come poco fa contro il muro. Ora su, mostrami le meraviglie che Downtown nasconde di sera».
Come avrebbe potuto dirle che la più bella meraviglia dell’intera Los Angeles, quella sera, gli camminava accanto?


Eccomi! Stavolta arrivo nel momento in cui mi ero prefissata, ovvero all'inizio di questa domenica a rompervi le pallette e rovinarvi il pomeriggio! Immaginatevi una risata sadica e sarà come avervi accanto a voi.
Niente, inizio col dire che mi dispiace che il capitolo scorso abbia fatto schiferrimo, spero di essermi rifatta con questo: il più lungo della storia per ora (dato che mi manca l'epilogo) e quello che mi piace di più. La scena del bagno mi piace un sacchissimo, lo ammetto. :3
Il titolo, Demons, è legato alle due donne: da una parte Chloe che è il "demone tentatore" di Shannon, dall'altra Agnes che è il demone del passato.
Minuscola precisazione: non penso che nei ristoranti esistano campanelli per le salette private, ma siccome gli americani sono tanto fighi e tanto avanti mi sento di dire mai dire mai, quindi ho immaginato questa comodità atta a non disturbare la privacy di chi si prende una saletta. Per quanto riguarda Katsuya è tutto vero, ci sono un casino di foto dei LetoBro che escono da lì. Ma si sa: il cibo preferito di Shannon è il sushi e anche Jared mangia giapponese, quindi Katsuya (quello di Hollywood) è la loro seconda casa Losangelina.
Bene, ho detto tutto, stavolta sono stata veloce.
Ci si legge settimana prossima per il quarto capitolo.
Me lo fate sapere cosa ne pensate di questo capitolo se ne avete voglia? *___*
Se volete mi trovate nel gruppo facebook: Love Doses.
A domenica prossima, marshugs, Cris.

 
   
 
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