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Autore: Light Clary    24/03/2014    4 recensioni
Violetta si è appena trasferita a Buenos Aires e quando comincia a frequentare i ragazzi del luogo, la sua vita cambia. Scopre di essere destinata a salvare la luce e per farlo dovrà ricorrere ai poteri che non sapeva di possedere.
Riuscirà Violetta a sfuggire al potere dell'oscurità che vuole impossessarsi di lei ad ascoltare il suo cuore che le indicherà la strada da percorrere per capire chi amare?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
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VIOLETTA POV
Come al solito sono in ritardo. Non dovevo soffermarmi davanti allo specchio per tutto quel tempo. Ma vorrei vedere voi al posto mio. Sono una tipa che si agita ininterrottamente nel letto e alla fine i miei capelli sono sempre più simili a una foresta pluviale dopo un diluvio.
Stavo dicendo, ora sto correndo come una matta verso Via Rombon. La nuova scuola, secondo la cartina, deve trovarsi da queste parti. Detesto arrivare tardi il primo giorno, ma come sempre sarò giustificata visto che sono nuova. Questo è il mio settimo trasloco. Ormai sono abituata a spostarmi da un paese del mondo all’altro. Sicuramente non appena tornerò a casa dopo questa giornata, mio padre mi annuncerà l’ottavo trasferimento questa volta, chissà, in Polonia.
Col fiatone chiedo indicazioni ai passanti che mi indicano tutti la stessa direzione. Svelta la seguo sbucando di tanto in tanto di fronte a delle ballerine che danzano un ballo appassionato. La danza è sempre stata la mia più grande passione che mi sta trattenendo anche questa volta. Mi risveglio di colpo e riprendo la corsa.
Le mie gambe accelerano ancora per qualche minuto, finché non inciampano in un gradino. Sono sempre stata una ragazza un po’ goffa. Deve essere anche questa la ragione per cui non esco tanto volentieri da sola, tranne per la scuola.
Sollevo lo sguardo e i miei occhi leggono gioiosi la scritta:
Liceo Classico/Artistico/ Scientifico/ Sacro cuore.
Mi rimetto in piedi un po’ barcollante e osservo l’edificio.
È piuttosto alto, le finestre non sono poche e il portone d’ingresso, naturalmente è chiuso.
Stringo la borsa di Terranova sulla clavicola e inizio a salire i gradini. Busso. Nessuno apre. Ci riprovo altre tre volte e …
-Posso fare qualcosa per lei, signorina?- domanda una signora con i capelli biondi accompagnati da qualche forcina, gli occhi coperti da occhiali a mezzaluna e l’abito di seconda mano che sembra stato stirato una sola volta da quando è stato cucito.
-Sì- sospiro frugando nella borsa – sono Violetta Castijio - tiro fuori il foglio d’iscrizione che papà aveva compilato qualche giorno prima. Lo porgo alla signora che dopo averci buttato un occhio o due sorride e mi afferra un braccio.
-La stavamo aspettando signorina Castijio - nella sua voce scorgo una nota di molestia.
Mi trascina all’interno dell’edificio e rimango paralizzata. L’ingresso è molto ampio con qualche statua qua e là. Il pavimento produce rumori acuti che rimbombano sotto i nostri passi. La segreteria non è molto distante. Si tratta di una stanza piccola, con una scrivania e dei libri con fogli sparsi da una parte all’altra. Il resto è occupato da una libreria colma di volumi polverosi e modellini in scatola.
La donna si siede alla scrivania e inizia a far scorrere una penna a inchiostro sulla mia iscrizione.
-E’ in ritardo- dice senza guardarmi – la puntualità è la prima cosa che tolleriamo qui.
-Chiedo scusa- l’ennesima richiesta di perdono all’ennesima segretaria dell’ennesima scuola – non si ripeterà.
-Lo spero proprio- prende un timbro da un cassetto e lo sbatte sul foglio, che poi mi tende senza più sorridere come prima – da oggi la tua classe è la prima D. Secondo piano- mi spiega – le auguro una buona lezione- e mi indica la porta invitandomi ad andarmene.
Conosco perfettamente le tipiche vecchie stronze che dapprima si fingono dolci e amabili per poi rivelarsi scorbutiche e irritabili. Lo so perché in tutta la mia vita, ne sono sicura, ne ho conosciute più di cinquanta.
Esco dalla segreteria pensando a quanto è odiosa quella signora. Salgo le scale appoggiandomi al corrimano di marmo e dopo averne superate due, arrivo al secondo piano, dove si apre il corridoio delle prime classi liceali.
Inizio a percorrerle leggendo le sezioni. A,B, C, E, …
Stranamente trovo la D dopo la F. La porta è chiusa e dall’interno non si ode alcun rumore.
Se vivessi ancora a Granada, avrei avuto il cuore che batte a mille per l’emozione e i brividi della paura. Ma ora che conosco perfettamente cosa si deve fare per ambientarsi al più presto in una nuova scuola, busso senza problemi. Abbasso la maniglia d’acciaio un po’ arrugginita e mi ritrovo a varcare la soglia di un’aula non molto grande. La cattedra è posizionata accanto alla finestra chiusa, i banchi sono diciotto e sono occupati solo da dodici persone. Gli altri sembrano rimasti vuoti per anni. Tutti gli sguardi ora sono puntati su di me.
Mi addentro chiudendomi la porta alle spalle e mi avvicino alla cattedra dove un professore dalla faccia buffa con il nasone, i capelli un po’ lunghi e la barbetta nera, sta disegnando una rana su un foglio mentre gli allievi leggono.
-Salve- saluto il professore – sono nuova- e poggio sotto il suo naso, il mio foglio d’iscrizione, ora firmato.
Lui ha il tempo di leggere solo il nome e la data di nascita. Mi guarda sorridente, poi si rivolge alla classe: -Diamo il benvenuto a Violetta Castijio!- i ragazzi si alzano.
-Benvenuta- e si risiedono.
Che accoglienza! Come se avessero appena visto un moscerino fastidioso che non possono uccidere.
L’insegnante infila il foglio nel registro e poi mi indica la classe: - Ti troverai molto bene, qui da noi. Scegliti un posto. Sarà tuo fino alla fine dell’anno.
Guardo la classe. Mi avvicino ad un banco posto vicino ad una finestra senza tende, passando fra i ragazzi che mi lanciano occhiate veloci prima di ritornare con gli occhi sul foglio. Non appena mi siedo, noto che qualcuno continua a fissarmi. È un ragazzo … con gli occhiali da sole? Strano. Lo fisso per qualche secondo, poi lui si gira.
-Allora- dice il professore – io sono Beto e sono il professore di musica. Ho dato un compito ai ragazzi e mi aspetto che lo faccia anche tu.
-Di che si tratta?- chiedo, iniziando a tirare fuori i quaderni dove mi ero appuntata le etichette con i nomi delle materie.
-Scrivi cos’hai fatto quest’estate- mi spiega Beto.
Tutto qui? Sono in ritardo di due giorni e siamo ancora a questi livelli? Mi aspettavo una verifica per sapere a che livelli mi trovo, o un ripasso veloce delle vecchie cose. Non di certo una piccola descrizione dell’estate, che evidentemente non centra un fico secco con la musica!
Questa scuola è così? Avrei dovuto arrangiarmi fino al prossimo trasloco?
Sbuffo ponderando sulle difficoltà delle altre scuole e inizio il tema. Prendo una penna a caso, non m’importa il colore, e comincio a farla scorrere sui righi della prima pagina.
LEON POV
Chi è questa nuova ragazza, che si presenta con due giorni di ritardo nella nostra classe? Perché continuo a guardarla? Ha l’aria seccata e sembra non le piaccia scrivere come ha passato le vacanze estive. Sono stranamente rimasto attratto dai suoi grandi occhi nocciola. I capelli castani, molto tendenti al biondo e il suo viso perfetto. Non mi piace. Non è il tipo di ragazza che scatena il colpo di fulmine nel petto. Ma non posso fare a meno di ammettere che è tanto carina. Qualcosa mi accinge a parlarle, a presentarmi. Anche lei poco prima mi ha guardato, ma credo si sia fermata alla svelta per via degli occhiali. Se sapesse cos’ho passato l’altra notte voglio vedere se lo rifacesse.
In fretta torno con gli occhi sul tema, ma prima guardo l’orologio. Le nove meno un quarto. Calcolando quel poco tempo rimasto, con quello in cui un professore goffo come Beto impiegherà a correggerli tutti … beh, posso rilassarmi un attimo. Lo porto alla cattedra per posarlo. Sono il primo a finire eppure ho fatto tre pagine. Frugo nello zaino e prendo il romanzo di Roldan Starr che sto quasi finendo. Sento la ragazza nuova ringhiare per la noia e improvvisamente mi rendo conto che sia lei, sia la protagonista del libro che stringo fra le mani, hanno lo stesso nome: Violetta.
  
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