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Autore: Reginadicuori94    24/03/2014    3 recensioni
La prima volta che lo sentì stava chiacchierando con la sua amica Diana, nel cortile della Scuola Privata che frequentavano.
Valerie era una ragazza introversa e timida, estremamente testarda e orgogliosa, una volta che la conoscevi bene potevi scoprire che era molto dolce e buona e che raramente serbava rancore anche verso coloro che maggiormente l'avessero ferita.
Ultimamente la ragazza soffriva di forti mal di testa, tanto intensi, che aveva temuto che si trattasse di emicranie da stress, ma questa volta non si trattava dei soliti dolori: era come se qualcuno le avesse spinto un pungiglione sulla tempia e continuasse a farlo penetrare nel suo cranio, era terribile e la ragazza si ritrovò costretta a chiudere più volte gli occhi per cercare di sopportare il dolore. Sentiva come se avesse le vene in fiamme e poteva quasi avvertire gli spostamenti d'aria intorno a lei.
E' la prima storia originale che scrivo! Per favore passate e fatemi sapere che ne pensate! :-)
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Parte prima
The choice we made, they define who we are

 
1
Ottobre

La prima volta che lo sentì stava chiacchierando con la sua amica Diana, nel cortile della Scuola Privata che frequentavano.

Era una croccante giornata dei primi di Ottobre, gli alberi avevano perso tutte le foglie che si erano depositate a terra a formare un tappeto dai colori caldi che tanto Valerie amava: l'arancio, il giallo, l'ocra, il magenta, il vermiglio e il marrone; i tipici colori dell'autunno, e che scricchiolava sotto i passi degli studenti che si affaccendavano nel Cortile della Couronne* portandosi i libri pensanti e le borse traboccanti di conoscenza appresso. Stavano parlando dell'imminente compito di biologia che, se Diana non avesse preso una A, avrebbe definito l'intero percorso scolastico della sua amica, bloccandolo al quinto anno delle superiori. 

Diana Louise Paroix era la figlia di Monsieur François Paroix (primario di cardiologia) e della signora Andrea Smith (nota diplomatica inglese) e voleva proseguire gli studi per diventare una giornalista di cronaca, Valerie la conosceva dal primo giorno di scuola della sua vita: sebbene Diana abitasse nel cosiddetto Quartiere Inglese della città (ovvero agli antipodi rispetto a lei) aveva frequentato sin dalla prima elementare i collegi Couronne che seguivano l'istruzione dei giovani rampolli della Ginevra per bene da generazioni, fin dai più piccoli sino alla laurea. Diana era una ragazza solare ed estroversa, molto combattiva ed eccessivamente permalosa, aveva la corporatura minuta e la pelle ambrata (gentile concessione della madre) mentre i capelli erano di una tonalità di rosso che ricordava un po' i ritratti degli Irlandesi che avevano studiato a scuola; sulla sua pelle così scura rispetto al normale stagliavano due grandi occhi blu (ereditati dalla nonna paterna), era la sua migliore amica da anni, sebbene per i primi dodici anni della loro vita le due si fossero bellamente ignorate. Diana parlava in continuazione, tanto che raramente nei loro discorsi Valerie spiccicava parola, ma le andava bene così, non era una persona estremamente chiacchierona anzi stava spesso in silenzio e si sentiva molto più a suo agio in biblioteca a leggere in silenzio che in una festa della Scuola. Così non le parve strano che l'amica si fosse momentaneamente distratta dalle sue chiacchiere, visto che (specialmente negli ultimi tempi) accadeva di continuo: Valerie era una ragazza introversa e timida, estremamente testarda e orgogliosa, una volta che la conoscevi bene potevi scoprire che era molto dolce e buona e che raramente serbava rancore anche verso coloro che maggiormente l'avessero ferita e Diana spesso si ritrovava ad ammirarne la forza d'animo nello stare vicino alla vecchia prozia malata e definita da tutta la famiglia come una "squinternata", ma Valerie non aveva altra aspirazione nella vita oltre all'essere utile alle persone come meglio poteva. 

Ma la distrazione di Valerie, questa volta, non era dovuta né alla noia né al disinteresse dei pettegolezzi che l'amica aveva tirato fuori dopo che aveva liquidato l'argomento "compito di biologia" con due parole. Ultimamente la ragazza soffriva di forti mal di testa, tanto intensi, che aveva temuto che si trattasse di emicranie da stress, ma questa volta non si trattava dei soliti dolori: era come se qualcuno le avesse spinto un pungiglione sulla tempia e continuasse a farlo penetrare nel suo cranio, era terribile e la ragazza si ritrovò costretta a chiudere più volte gli occhi per cercare di sopportare il dolore. Sentiva come se avesse le vene in fiamme e poteva quasi avvertire gli spostamenti d'aria intorno a lei. 

Basta sussurrò a se stessa, stremata.

«Ma 'Lie! -la richiamò alle realtà Diana -mi stai ascoltando? Che cos'hai?» ma il pungiglione continuava a premere contro le sue tempie e continuava a sentire come se il suo corpo fosse in fiamme. La ragazza si alzò a fatica dal muretto sul quale erano sedute e stringendosi notevolmente il colletto dell'impermeabile beige, visto che si era alzato un vento parecchio forte:

«A dire il vero no, Diana -disse d'un fiato -forse è meglio che vada a casa…»

«Ma non puoi andarci da sola in queste condizioni!» protestò la sua migliore amica visibilmente preoccupata «Ma dannazione perché si è alzato tutto questo vento!» imprecò stringendosi nel giubottino viola (contro regolamento) che indossava, ma che mal la proteggeva dalle folate gelide. Gran parte degli studenti erano rientrati oppure si erano allontanati dal cortile e in pochi impavidi ancora restavano ad osservarsi intorno. 

«Io… non lo so, Diana -disse la ragazza -ma non mi sento per niente bene… deve essere quell'influenza di cui hanno parlato al telegiornale l'altro giorno… domani andrò dal Signor Sanders, magari qualche giorno di riposo mi farà solo bene.» cercò di rassicurare l'amica. 

Si voltò verso l'edificio gotico che faceva loro da scuola: era stato un tempo un Maniero appartenente ad una famiglia caduta in disgrazia, poi un orfanotrofio e infine una scuola, alto appeso al balconcino della Presidenza si stagliava lo stendardo della Couronne, una corona attraversata da una rosa rossa su sfondo scuro e ricamato in oro che svolazzava con aria poco stabile. Per un attimo le parve di vedere una figura affacciata alla porta finestra della Presidenza, una figura che non poteva appartenere alla vecchia Preside che era una donna piuttosto bassa e ben piazzata, ma fu un momento, un momento in cui le parve di incrociare lo sguardo della persona e il mal di testa d'improvviso svanì, così come si calmò il vento che si era alzato tutto d'un colpo. 

«Che strano» borbottò tra sé Diana guardandosi intorno circospetta, Valerie spostò lo sguardo dalla porta finestra per guardare la sua migliore amica e quando lo rialzò verso la Presidenza trovò solo il vetro a riflettere il suo sguardo curioso. 

«Davvero strano -concordò tornando ad osservare Diana -però forse è meglio che vada a casa, in fondo, anche se ora mi sento meglio credo mi stia salendo la febbre, meglio che vada al caldo.» 

«Ma certo! Mi raccomando, riposati e non stressarti anche se perdi il compito di domani hai tutte A e B!» le ricordò sorridendo e dandole una gentile pacca sulla testa: «La mia secchiona» Valerie sorrise e recuperata la tracolla da per terra si diresse verso il cancello di ferro battuto ormai arrugginito dal tempo, per poi sentirsi chiamare da dietro.

«Ehi, Valerie, aspetta!» si voltò. A chiamarla era stato un ragazzo alto, dai corti capelli biondi e dagli occhi scuri che ora si stava sbracciando come un matto per attirare la sue attenzione, correva con la giacca aperta verso di lei, tenendosi a stento la tracolla piena di libri sulla spalla sinistra. La raggiunse abbastanza in fretta e Valerie poté scambiarsi uno sguardo di intesa con Diana prima che il ragazzo riprendesse il fiato.

«Ciao Mathieu -lo salutò sorridendo -dove vai così di corsa?» nonostante fosse un giocatore di soccer della squadra della scuola la resistenza non era ancora il suo forte. Le sorrise, era un bel ragazzo e indubbiamente (nonostante la reticenza della diretta interessata a crederci) aveva una cotta per lei e aggiustandosi la postina sulla spalla le fece un piccolo, elegante inchino:

«Madamoiselle Croix -disse con tono pomposo -mi potreste concedere l'onore di accompagnarvi a casa?» Valerie si lasciò scappare un risolino e poi fingendosi altrettanto pomposa alzò il mento dicendo: «Ma certo Monsieur Villiars» Mathieu le sorrise ancora e le fece un cenno con la mano di uscire pure per prima (per cavalleria) dal cortile. 

«Allora -le domandò d'un tratto -ho saputo che hai tutte A e B quest'anno come tuo solito, che indirizzo vuoi prendere dopo quest'anno?» Mathieu aveva un anno in più di lei e stava studiando Fisica passando gli esami con il massimo dei voti, tanto da avere già ottenuto una cospicua (quanto inutile, visto la ricchezza della sua famiglia) borsa di studio. «Pensavo Sociologia o Medicina -rispose prontamente Valerie -sono ancora incerta su quale delle due, perché desidero aiutare le persone come mestiere e, sebbene Sociologia mi intrighi molto, ho paura che mi risulti poi noiosa, così come ho il terrore di non possedere le doti adatte per essere un ottimo medico. A tal proposito pensavo di chiedere anche il parere del Signor Paroix, però temo che l'affetto che provi per me possa indurlo a non ragionare lucidamente» gli spiegò. Le veniva facile parlare con Mathieu, era molto capace ad ascoltare e sapeva dare consigli sinceri. 

«Beh se vuoi un parere esterno, mia cugina Lucy, ha appena terminato il suo tirocinio come neurochirurgo - Valerie si ricordava di Lucy, era una bellezza ed era stata per anni nominata Reginetta della Couronne, aveva otto anni più di lei e si era sposata da poco con il suo fidanzato d'epoca che era diventato un notaio -magari potreste incontrarvi per un the e parlare.» le suggerì.

«Davvero…? Cioè pensi che riuscirebbe a trovare un po' di tempo per me?» domandò congiungendo le mani, come in preghiera. Mathieu sorrise e fece finta di pensarci:

«Beh mia cugina è molto impegnata, ma magari per fare un favore al suo cuginetto preferito, potrebbe trovare un buco tra i suoi impegni» Mathieu non fece in tempo a sentire il suo "Grazie" che si ritrovò a stringere la ragazza che gli era saltata al collo in un gesto di improvviso affetto. 

Una Lamborghini nera lucida si fermò di fianco a loro e uno dei vetri oscurati (che a cosa serviranno poi in pieno autunno) si aprì: all'interno dell'auto stava la persona più arrogante, orgogliosa e prepotente che Mathieu e Valerie avessero mai avuto il dispiacere di conoscere nei molti gala ai cui le loro famiglie li avevano costretti a partecipare: Julien Rempoire:

«Valerie -disse, prendendosi un po' troppa confidenza, più di quanto la ragazza stessa non volesse, e decisamente più gradita di quanto fosse disposta ad ammettere -ho incrociato Diana in cortile mi era sembrato non stessi bene - Ma che fa, ora? Si domandò Valerie mi controlla? -e mi ha detto che ti sta arrivando l'influenza, sali, tanto devo passare a casa tua per parlare con Victor, ti do un passaggio» Valerie stava già per declinare dicendo che tanto ora si sentiva meglio e che il tempo era troppo bello per non godersi una passeggiata all'aperto, quando una folata di vento gelido improvvisamente li colpì sferzando i loro visi. 

«Dai Valerie, vai -le intimò Mathieu, che aveva più a cuore la salute della ragazza, abbastanza da decidere di lasciarla nelle mani della persona che forse più disprezzava nell'ambito scolastico -se ti sta arrivando l'influenza è meglio non rischiare un viaggio a piedi. Sta sera telefono a Lucy e domani ti dico quando vi potete incontrare» Valerie non voleva salire in macchina con quell'essere che ora la guardava da sopra gli occhiali da sole con quegli occhi color liquirizia e ghignava: «Dai retta al fidanzatino, 'Lerie -la apostrofò -è meglio per te» Valerie inarcò un sopracciglio si voltò verso Mathieu e gli stampò un bacio sulla guancia, un po' più ungo di quanto non fosse opportuno:

«Grazie, Mathieu» disse sinceramente, prima di voltarsi e salire in macchina, che ovviamente partì tempestivamente. Notò a malapena la mandibola serrata di Julien, mentre continuava a guardare fuori. Arrivarono davanti a casa sua in un batter d'occhio. 

«Grazie del passaggio» disse acida, mentre raccoglieva la tracolla e se la sistemava in spalla prima di scendere.

«Hey e a me non lo dai un bacio?» domandò mimando il bacio con le labbra carnose, Valerie non sapeva se sentirsi oltraggiata o lusingata da questa sua richiesta: optò per la prima soluzione e inarcò un sopracciglio con fare saccente. 

«Non dovevi salire a vedere Victor?» domandò, retorica.

«A dire il vero no -rispose lui -semplicemente non mi piaceva quanto ti stava appiccicato il biondino» si scrollò nelle spalle e tornò a guardare davanti a sé, Valerie alzò gli occhi al cielo e uscì dall'auto sbattendo con forza la portiera: non poté vedere, dati i finestrini scuri, il ghigno che era apparso sul viso del conducente. 

 

 

A casa non c'era nessuno sennon la Signor Lennox, la governante, che comunque era affaccendata con dei problemi causati da una delle cameriere, la sera precedente al Gala d'Autunno che la famiglia Croix organizzava ogni anno. 

Valerie la salutò e salì in camera sua a cambiarsi. La sua camera non era, come ci si sarebbe aspettati dalla camera di una persona chiusa e introversa, oltre che elegante come lei, di quel classico color panna, o glicine che tutti si aspettavano quando la incontravano: era bensì di un verde lime molto acceso e le pareti erano piene di foto e di disegni, sul letto, che si trovava sotto una finestra rialzata spiccava un biglietto con una margherita di campo: la prese in mano e lesse il biglietto: era di suo fratello minore Hans, che aveva solo cinque anni. 

Era un bambino davvero dolcissimo, così come suo fratello Victor, che si stava per laureare in Filologia, per il quale era e sarebbe sempre rimasta la sua piccola principessa.  Poggiò il biglietto col fiore sul comodino e si slegò i capelli castano dorati che aveva tenuto raccolti in una coda alta tutta la giornata, facendoli ricadere ondulati fino a metà schiena. Si tolse la divisa e indossò la sua tuta preferita e decise di andare in biblioteca e leggere un bel libro. 

Nella biblioteca il caminetto era spento, ma si stava ancora caldi così raggiunse la sua sezione preferita e recuperò quel libro che aveva già letto milioni di volte, ma che continuava ad appassionarla: Orgoglio e Pregiudizio, aveva in mano una tazza di latte fumante. Si diresse verso la sua poltrona preferita: di stoffa verde-oro e si sedette poggiando sul davanzale della stanza la tazza e il libro. Si sistemò sulla poltrona portando una gamba appoggiata sul bracciolo sinistro e recuperando il libro per leggerlo di nuovo, dopo che lo aveva abbandonato meno di due settimane fa. Cominciò a leggere.

 

È una verità universalmente riconosciuta, che uno scapolo in possesso di un'ampia fortuna debba avere bisogno di una moglie. 

Per quanto poco si possa sapere circa i sentimenti o i punti di vista di un uomo del genere al suo primo apparire nel vicinato, questa verità è così saldamente fissata nelle menti delle famiglie del circondario, da considerarlo di legittima proprietà di una o l'altra delle loro figlie.

                                                                                 ***

 

Mr. Bennet era un insieme talmente bizzarro di acume, animo sarcastico, riserbo e fantasia, che l'esperienza di ventitré anni non era bastata alla moglie per capirne il carattere. La mente di lei era meno difficile da cogliere. Era una donna di scarsa intelligenza, di poca cultura e di temperamento mutevole. Quando non era contenta si immaginava nervosa. Lo scopo della sua vita era di far sposare le sue figlie; la sua consolazione erano le visite e i pettegolezzi.

 

Si era addormentata e quando si sveglio pioveva. Pensò inconsciamente di doversi sfregare le braccia per proteggersi dal freddo che avrebbe dovuto regnare sovrano nella stanza il cui fuoco era stato spento tutto il giorno: invece si stava bene e un fuocherello scoppiettante riscaldava e illuminava la stanza. La Signora Lennox doveva essere venuta a cercarla e aver deciso di non disturbarla, accendendole però il fuoco perché evitasse di avere freddo. Che cara signora!

Decise di chiudere il libro, che aveva letto fino a pagina 10, e di andare subito in cucina a ringraziarla, ma non la trovò: probabilmente era uscita per andare a prendere Hans all'asilo visto che erano le 18.00 e alle 17.30 il suo fratellino usciva dalla scuola materna, come ricordava orgogliosamente lui, stringendosi il suo orsacchiotto di peluche al petto, ogni volta. Sorrise al pensiero e decise di salire in camera sua a dare una ripassata a biologia, sebbene sapesse di aver studiato minuziosamente ogni dettaglio dell'apparato cardiocircolatorio. 



Eccoci con il primo capitolo! Questa è la mia prima storia originale e spero di avervi interessato! :-) Comunque sono bene accette critiche e consigli! Così come anche le recensioni positive ;-P quindi beh, fatemi sapere, se vi va, lasciando anche solo due righe di commento cosa ne pensate! Alla prossima.
  
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