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Autore: Mellark_    24/03/2014    1 recensioni
AU Klaine di due capitoli. Spero vi piaccia! :)
Columbia University, New York; 1967/1968.
Blaine è uno studente al secondo anno figlio di uno degli uomini più potenti della città; Kurt è una matricola arrivata alla Columbia con una borsa di studio. Non potrebbero essere più diversi ma si ritroveranno a dover condividere una stanza e, con il tempo, anche le loro vite.
Dal testo del primo capitolo:
-A volte ha voglia di alzarsi la notte quando lo sente rientrare e chiedergli dove sia stato, ma poi si chiude la bocca ripetendosi che non sono affari suoi perché è già abbastanza un casino che il cuore gli batta così forte quando lo vede, e complicarsi la vita da soli non serve a niente, tanto meno se vuole veramente diventare “lo scrittore del secolo”, come dice sempre suo padre.-
Genere: Angst, Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Entrambi avevano pensato che, dopo la grande confessione di quella notte, qualcosa sarebbe cambiato, o almeno si sarebbe smosso, ma niente sembra mutato nel loro equilibro, almeno non nel verso in cui entrambi avevano sperato.
L’imbarazzo e la tensione si fanno silenziosamente strada nelle loro vite e nel loro rapporto; non passano più tanto tempo insieme, non escono più insieme per andare nei musei, non parlano più per ore, e, a volte, Blaine neanche torna la notte, quindi Kurt non lo può rimettere in piedi la mattina seguente.
La sedia vuota del Signor Anderson, come lo chiama il loro professore di letteratura, pesa sulla classe ed è difficile da ignorare, soprattutto per Kurt. Mancano i suoi commenti irriverenti e le sue contradizioni, il suo continuo quel avere qualcosa da ridire riguardo alla lezione del professore; ma soprattutto manca la sua presenza nella loro stanza, e si anche il suo cinismo, anche i suoi commenti sarcastici. In generale a Kurt manca Blaine, da morire. Gli mancano le sue espressioni di disappunto, gli mancano i suoi sorrisi, gli manca il modo in cui alza gli occhi al cielo  per qualsiasi cosa, gli mancano persino le sue critiche infinite alle storie che ci mette tanto a scrivere. Perché Kurt era il suo “angelo della sbronza” e ha capito che esserlo gli manca da morire, anche se Blaine era sconclusionato e perso rendeva la vita bella e, senza di lui, tutto quello che lo circonda sembra perdere quel fascino che lo aveva entusiasmato le prime volte.
Non sa dove vada Blaine, ma esce nella tarda serata e non si rivede prima della mattina seguente; passa la maggior parte del tempo in cui sta a casa a dormire, a volte scrive, ma tutto quello che butta giù lo getta con rabbia nella spazzatura. Sembra chiuso in un mondo tutto suo nel quale non vuole ammettere neanche lui.
L’unica persona che era riuscita a far crollare i suoi muri l’aveva ora chiuso fuori come uno sconosciuto.
“Ehi, Blaine...” lo chiama Kurt, una sera, mentre l’altro è sdraiato sul suo letto con un braccio sugli occhi. In risposta riceve solo un mugugno. “Mi aiuteresti con questa tesina?” chiede, un po’ esitante.
In realtà sarebbe perfettamente in grado di fare da solo il compito, ma vuole disperatamente richiamarlo, vuole avere la conferma che quel ragazzo che ha imparato a conoscere è ancora da qualche parte, sepolto dentro quello sconosciuto sfuggente che ora divide la camera con lui.
“Kurt, sono cinque mesi che sei qui, Dio! Impara a farti le cose da solo! Non ci sarà sempre qualcuno ad aiutarti!” sbotta, alzandosi e cominciando ad urlargli contro di tutto. Cose che non pensa, o almeno è così che spera Kurt.
“Blaine..” geme il castano, alzandosi anch’egli. Vorrebbe rispondergli per le rime, perché non può farsi mettere i piedi in testa così, ma qualcosa lo trattiene. Una ferita gli si apre nel petto e comincia a bruciare tanto da bloccargli il respiro in gola.
“Impara a fare le cose da solo e smettila di essere un peso per gli altri” sputa il moro poco prima di uscire dalla stanza a grandi falcate.
Kurt rimane lì impalato a guardarlo andarsene e per un po’ resta fermo a fissare la porta, senza rendersi nemmeno conto di ciò che è appena successo. Solo alcuni minuti dopo si riscuote e quasi non riesce a respirare da quanto gli brucia quella ferita che gli sta squarciando il petto, e forse l’anima. Si lascia cadere a peso morto sul letto, mentre alcune lacrime cominciano a bagnargli il viso pallido
 
*

Ma Blaine non lo vuole chiudere fuori, semplicemente succede. Non vorrebbe dire quelle cose, perché non le pensa affatto; semplicemente le dice. Le urla contro Kurt, ma quelle parole solo per lui. Sono le cose che gli ripete suo padre ogni volta che si vedono.
È che è troppo un casino, e non si può trascinare dietro Kurt, già sta cadendo lui; non può costringerlo a seguirlo in quell’oblio dove sa che andrà a finire –se non c’è già, e non è del tutto sicuro di non esserci.
Eppure aveva aspettato tanto quel momento, quel momento in cui non ci sarebbe più stato quel segreto ad opprimerli, quel momento in cui avrebbero potuto smetterla di comportarsi come semplici amici, perché lui voleva di più, aveva sempre voluto di più. E non vuole di più come lo vuole da quei ragazzi nei locali, non vuole passare dai semplici baci a qualcosa di più interessante per lui; non vuole semplicemente avere quello che vuole e poi andarsene senza neanche sapere il nome di quello con cui è appena stato; no, lui vuole conoscere Kurt a fondo, lo vuole conoscere per davvero; lo vuole tenere per mano e vuole portarlo a vedere le mostre d’arte, vuole rifugiarsi tra le sue braccia quando tutto sembra troppo da affrontare da solo; lo vuole baciare delicatamente, senza fretta, vuole baciarlo sulla fronte la mattina e non vuole più che sia il suo ‘angelo della sbronza’, perché vuole smetterla anche di bere tutto quell’alcol per cercare di cancellare i brutti ricordi. Desidera che sia lui a cancellarli, quei ricordi, perché Blaine è sicuro che le sue braccia siano più calde e accoglienti di una bottiglia stretta in pugno che, se si rompe, ti taglia pure. Anche se poi alla fine anche l’amore è un po’ così; è un po’ come una bottiglia di vetro: se la stringi troppo si rompe. Ma lui Kurt lo vuole stringere piano, con tutta la delicatezza di cui è capace, non lo vuole rompere.
Ma sa che lo farebbe, alla fine, perché basta una fottuta telefonata da parte di uno dei collaboratori di suo padre –perché lui ovviamente è troppo impegnato per telefonargli di persona-  che annulla l’ennesima cena che la sua segretaria l’aveva costretto a programmare tra una donna e l’altra, a farlo cadere a pezzi. E non può costringere Kurt ad occuparsi di lui che è così fragile, lui che è così debole, troppo debole; perché a lui non serve che qualcuno lo stringa troppo forte, lui si rompe anche da solo e diventa come uno di quei pezzi di vetro che rimangono per strada fuori dai locali. Vulnerabile, alla mercé del vento e della pioggia, in attesa di venire completamente consumato e nessuno si azzarda a toccarlo perché potrebbe tagliare. E allora gli angoli iniziano a smussarsi e non sono neanche più pericolosi, non tagliano più; poi inizi a diventare piccolo, sempre più piccolo e sempre più fine, finché qualcuno non ti calpesta e allora ti spezzi in frammenti ancora più piccoli; il vento passa e ti spazza via, e così finisci, senza che nessuno si ricordi che tu sia mai esistito, neanche quello che ti ha ridotto a quel pezzo di vetro.
“Tesoro, tuo padre è molto impegnato, lo sai” mormora mortifica Sharyl, la segretaria di suo padre, dall’altro capo del telefono. “Gli dispiace tanto di non poter venire alla cena di stasera.”
“Immagino...” ribatte, duro.
“Tesoro...” sussurra lei, ancora una volta, con la voce intrisa di tristezza. “Ci vediamo noi? Ormai è quasi una tradizione...” continua, cercando di mettere un po’ di leggerezza nella voce.
Da quando lui era bambino e lei una semplice stagista, ogni volta che suo padre gli dava buca, Sharyl lo portava a cena; di certo non nel ristorante facoltoso in cui aveva promesso di portalo il Signor Anderson, ma Blaine amava quella piccola tavola calda in cui andavano. Sapeva di casa e poteva prendere un hamburger e sporcarsi tutta la faccia mangiandolo, tanto non c’era suo padre a rimproverarlo che “Non è decoroso, Blaine! Mantieni un comportamento civile!”, anzi, Sheryl rideva felice nel vedere il suo visino sporco di ketchup.
Nel corso degli anni non era cambiato poi molto. Insomma, era cambiato tutto, ma, quando sono in quella tavola calda, Blaine può sentirsi di nuovo un bambino spensierato che ancora crede al solito “Il tuo papà è tanto occupato, piccolo”.
“Grazie Sheryl, ma proprio non ce la faccio, ho un compito folle per domani e devo correre a finirlo” risponde con dolcezza, cercando di non far trasparire la rabbia che gli sta montando dentro. “Facciamo la prossima settimana, okay?”
Sanno entrambi che è una bugia, sanno entrambi che Blaine starà ovunque eccetto che nella sua stanza, quella notte, ma Sheryl fa finta di crederci perché sa che qual bambino è cresciuto e affronta il dolore a modo suo, forse non nel modo migliore, ma nel suo modo.
“Okay, tesoro” risponde lei. “Ti voglio bene, lo sai.”
“Ti voglio bene anche io, Sher” sorride appena, rimettendo apposto la cornetta del telefono con una sensazione di vuoto nello stomaco.

*

Anche quella sera percorre il bancone con lo sguardo, sperando segretamente di non trovare nessuno; ma c’è un ragazzo che lo guarda da un po’ con i suoi occhioni blu, così si alza. Quando gli si avvicina vede le mani iniziare a tremargli e quel biondino spaventato gli fa quasi pena. Almeno non è uno stronzo, pensa, cercando di convincersi che alla fine sta facendo anche qualcosa di buono.
Il ragazzo sorride timidamente. “S-sono Justin” si presenta, porgendogli la mano e arrossendo violentemente quando il moro ricambia la stretta e gli rivolge un sorriso eloquente.
“Blaine” si presenta a sua volta. “Non mi piace questo posto, ti va se andiamo da qualche altra parte?” sussurra, avvicinandosi fino ad essere a pochi centimetri dalla sua bocca. Il ragazzo annuisce tremante.
Blaine gli afferra una mano, lo trascina fuori dal locale con urgenza e lo sbatte letteralmente contro un muro, nonostante il ragazzo sia almeno venti centimetri più alto di lui.
Fa incontrare le loro labbra più e più volte, ma quando Justin cerca con quelle sue mani tremanti di sbottonargli i jeans, Blaine realizza che è tutto sbagliato e si sente così sporco.
Sente l’improvvisa urgenza di scappare di lì, immediatamente. Perché tutto quello non può essere giusto, Kurt è giusto, la loro stanza è giusta, non questo ragazzo, non questo vicolo.
“No...no” sussurra, allontanando da se il ragazzo, che spalanca gli occhi arrossendo.
“Scusa, scusami, no-non volevo, io..” borbotta Justin, scusandosi non sa nemmeno per cosa e  cercando di ricomporsi.
“Non è colpa tua, ma... Mi dispiace, non ce la faccio” si scusa a sua volta con la voce che trema, cercando di capire che cosa diavolo gli stia succedendo. Justin abbassa la testa e scappa mortificato ed imbarazzato.
Blaine poggia la schiena al muro freddo e si lascia scivolare finché non si ritrova seduto a terra sul cemento ghiacciato del viottolo nel quale ha trascinato quel poveretto; si mette la testa tra le mani mentre sente le lacrime pungergli gli occhi, di solito le tratterrebbe, ma ora non c’è nessuno per cui essere forte, è solo, che senso ha nascondersi?  Così lascia che le guance gli si bagnino, sentendosi parecchio patetico mentre guarda verso la strada sperando che Kurt venga fuori da qualche angolo, lo raccolga e lo riporti nella loro stanza; ma sa benissimo che non succederà mai.
Rimane lì per un po’ ad ascoltare i rumori della strada e di New York che non si spengono neanche in piena notte; poi si alza lentamente, assicurandosi che le gambe lo tengano, e si dirige verso la facoltà più trascinandosi che camminando.
Quando arriva nella sua stanza sono quasi le quattro e Kurt ovviamente dorme nel suo letto; Blaine lo guarda per qualche secondo con gli occhi che ancora gli pizzicano un po’ e la mente più lucida.
Chissà cosa avrà pensato quando, dopo quel discorso tanto atteso da entrambi, Blaine si era allontanato in quel modo.
Sicuramente lo odia. E avrebbe anche ragione ad odiarlo.
Suo padre è di nuovo riuscito a portargli via quella che stava diventando la persona più importante della sua vita; ci  riesce sempre. Eppure continua a vivere tranquillo nella sua villa, con la sua donna più giovane e i suoi soldi, mentre la vita di suo figlio si sgretola e cade a pezzi come un castello di carte.
“Blaine..” borbotta Kurt, con la voce impastata dal sonno, alzandosi sui gomiti. “Sei tornato...”
“Io, emm, si. S-sono tornato” mormora, lasciandosi cadere stancamente su una sedia.
“Tutto bene?” domanda Kurt improvvisamente più attento,  cercando di non sembrare preoccupato, ma l’apprensione nella sua voce è palese ad entrambi.
Blaine non risponde, proprio non ci riesce a parlare. Si limita a portarsi le mani sul viso e a sospirare pesantemente, cercando con tutte le proprie forse di tenere insieme i pezzi di sé stesso; ma sembra così difficile ora che c’è Kurt così preoccupato per lui, è così dura farsi forza anche quando sai benissimo che, se cadessi ora, ci sarebbe qualcuno a prenderti.
Ma non ce la fa più, sa di non potercela fare più, così dimentica tutto. Dimentica di non voler pesare su di lui con le sue sofferenze, dimentica di non volerlo rovinare con la sua fragilità, dimentica di non volerlo trascinare con sé in quell’oblio, perché questa volta non è per niente sicuro di riuscire a venirne fuori. Non da solo.
Quindi si lascia andare. Scoppia a piangere e lascia che le lacrime gli bagnino completamente il viso; singhiozza forte e lascia che le spalle gli tremino. Tanto non ha senso continuare a fingere.
“Ehi...ehi” mormora Kurt, alzandosi istintivamente e sporgendosi verso di lui; ma Blaine non alza il viso e non sembra riuscire a calmarsi, così il castano rimane a guardarlo per qualche secondo senza una parola, cercando di convincersi che non gli importa se lui soffre. Le sue difese crollano definitivamente all’ennesimo singhiozzo strozzato di Blaine.
Si inginocchia, restando paralizzato per qualche secondo e trattenendo il respiro cercando di trovare qualcosa che lo spinga a scappare da lì subito; quasi spera disperatamente che Blaine si alzi ridendo e ammettendo che è tutto uno scherzo, ma non succede, così spegne il cervello per un attimo e ascolta l’istinto che gli dice di abbracciarlo perché non può soffrire così; e lo fa. Lo fa perché sente come se lo avessero colpito con un pugno al petto, si sente come se il cuore gli fosse stato strappato in mille pezzi e lo stomaco gli si è stretto in una morsa talmente dolorosa che non sa neanche come sia possibile che faccia così male; perché è proprio come gli ha detto sua madre.
Così lo stringe, lo stringe forte, e anche il moro, dopo un attimo di smarrimento in cui annaspa cercando il giusto incastro delle loro braccia, seppellisce il volto nel collo dell’altro e si rifugia nel suo profumo così rassicurante e che sa di casa, anche se poi lui alla fine non l’ha mai conosciuta una vera casa.
Non dicono una parola perché Blaine lo sa bene che il petto di Kurt a contatto col suo basta a curarlo. Sente quasi le ferite della sua anima bruciare un po’ e chiudersi lentamente ad ogni secondo che passa; è un processo lungo che forse fa un po’ male, che non è ancora finito; ma sa che è la cosa giusta, che tutto quello è giusto.
Sanno benissimo che dopo questo momento nulla sarà come prima, ma non importa a nessuno dei due alla fine; anzi, vogliono che sia tutto diverso, diverso da quella cortina di ferro che si è creata tra loro, diverso da quel rapporto distaccato nel quale si è trasformata la loro amicizia, o qualunque cosa sia.
Blaine riesce a calmarsi, alla fine, inspirando affondo il profumo delicato di Kurt che lo rassicura e sembra far diminuire il tremito delle sue mani.
Il castano si allontana leggermente e il moro annaspa per attimo, quando lo fa, perché si sente stranamente incompleto quando il petto di Kurt non è più a contatto con il suo; lo guarda allarmato per un secondo, terrorizzato dall’idea che il suo compagno di stanza possa scappare via da un momento all’altro, ma Kurt non lo fa; sorride leggermente e gli stringe le mani tra le sue giusto per un momento prima di lasciargliele per andare ad asciugare delicatamente le lacrime che ancora scorrono sul viso ambrato dell’altro.
Quel gesto così naturale e dolce fa sprofondare nuovamente il cuore di Blaine, e non sa neanche perché visto che quello potrebbe essere il momento più bello di tutta la sua vita; ma contro ogni logica ricomincia a singhiozzare, forse proprio perché Kurt è così e lui si sente meschino e sporco a trascinarlo con sé nella propria disperazione, ma non ne può fare a meno, ha bisogno di lui. Così si sporge nuovamente verso di lui, con il disperato bisogno del contatto della sua pelle sulla propria che gli brucia la gola, lo abbraccia forte e, senza potersi trattenere, scoppia di nuovo a piangere.
“Ehi...ehi, Blaine...” mormora Kurt, sorpreso, strofinandogli le mani sulla schiena. “Va tutto bene, Blaine” continua, col migliore tono rassicurante che riesce ad adottare. “Va tutto bene.”
Questa volta è Blaine ad allontanarsi un poco per poi ricoprire immediatamente la distanza che aveva messo tra loro due avvicinandosi un po’ esitante al viso dell’altro; guarda Kurt negli occhi alla fioca luce della lampada da studio giusto il tempo necessario a cogliere uno scintillio nelle iridi color del ghiaccio, prima posare delicatamente le proprie labbra su quelle dell’altro. È un bacio che sa di lacrime e liberazione e qualcosa che nessuno dei due capisce; ma entrambi si sentono come se un peso immane che non sapevano neanche di avere, si sollevasse in quel secondo dal loro petto.
Si separano lentamente, guardandosi timidamente negli occhi, come se nessuno dei avesse ancora realizzato ciò che è appena successo; il silenzio che cala tra loro è leggero e non li pressa, forse è anche meglio delle parole; ma viene presto rotto dalla delicata e cristallina risata di Kurt, che arrossisce immediatamente, tappandosi la bocca con una mano.
“Sc-scusa!” esclama, nel panico. “Io, Blaine... Oddio!”
Blaine ridacchia affettuosamente del nervosismo dell’altro. “Kurt, ehi, tranquillo. Non è successo nulla” mormora con un sorriso, afferrandogli delicatamente i polsi e costringendolo a levare le mani dal viso. L’altro gli rivolge uno sguardo colmo di gratitudine mentre lascia che le loro mani si intreccino con naturalezza.
“Sono stremato” sussurra Blaine chiudendogli occhi, e perdendo quel po’ di vitalità che aveva riacquistato. Il castano lo guarda con preoccupazione giusto per un momento prima di rimettersi in piedi e obbligando dolcemente l’altro a fare lo stesso.
“Voglio restare su questa sedia per sempre” borbotta Blaine, opponendo resistenza.
“Non puoi” ribatte Kurt, obbligandolo ad alzarsi. Il moro si limita a farsi trascinare come un bamboccio di pezza fino al letto. Si perde un attimo a guardare la sua mano intrecciata a quella di Kurt, chiude per un qualche secondo gli occhi, godendo di quella sensazione di protezione che lo avvolge. La mano di Kurt ancorata in quel modo alla sua è l’unica cosa che lo tiene in piedi, e solo in quel momento lo realizza veramente; è innamorato di Kurt e lui ormai è diventato la sua ancora, l’unico che gli impedisce di cadere per non rialzarsi mai più.
Kurt lo trascina delicatamente verso di sé interrompendo i pensieri del moro. Lo fa sedere con cura e dolcezza e gli sfila le scarpe per poi farlo sdraiare spingendolo gentilmente sul materasso, quasi temesse  di romperlo; perché adesso Blaine sembra così fragile con quelle sue occhiaie profonde e il viso scavato.
“Io..” comincia debolmente Blaine, cercando di spiegarsi.
“Ora riposa” gli sussurra Kurt, bloccandolo, chinandosi su di lui per posargli un bacio sulla fronte. È un gesto così innato e naturale che non sembra strano a nessuno dei due, anzi; Blaine vorrebbe chiedergli di abbracciarlo, perché non sa se può resistere da solo, ma le palpebre gli stanno già cadendo e sente appena le labbra di Kurt che sfiorano le sue e le sue dita che gli accarezzano dolcemente i capelli, prima di addormentarsi.

*

“Ehi” mormora Kurt, vedendo gli occhi dorati aprirsi lentamente.
“Ehi” borbotta Blaine in risposta coprendosi gli occhi dalla luce del sole.
“C-come ti senti?” domanda timidamente il castano, alzandosi per accostare leggermente le tende per poi sedersi sul bordo del letto dell’altro con un sorriso intenerito.
Blaine si passa le mani tra i capelli ricci e scompigliati cercando di dargli un ordine mentre una strana felicità gli mette sotto sopra lo stomaco; allunga lentamente la mano andando ad intrecciare le proprie dita a quelle di Kurt. “Bene, decisamente bene” risponde, sorridendo di rimando e sporgendosi per sfiorare le labbra dell’altro che però si ritrae appena dopo pochi secondi. “K...Kurt?” mormora flebilmente Blaine, temendo di essersi solamente illuso; ma Kurt lo rassicura subito con un sorriso prima di far incontrare ancora le loro labbra per qualche secondo.
“Cos’è successo?” domanda, piano, temendo di turbarlo. “Insomma, sei praticamente sparito dopo che abbiamo parlato e... e poi ieri sei tornato in quelle condizioni....Io ho pensato che..” balbetta, abbassando lo sguardo.
“Kurt, mi dispiace; io non volevo farti pensare che fossi tu la causa del mio comportamento, io sono stato solo un egoista perché non dovrei coinvolgerti in questo gigantesco casino” comincia, con la voce che gli tremola appena. “Ma non è colpa tua, affatto. È colpa di mio padre e... e del casino che sono. Lui mi ha dato buca di nuovo, per l’ennesima volta, il giorno dopo la nostra... diciamo chiaccherata, e l’unica cosa che ho saputo fare è stata fare l’idiota per locali ed ubriacarmi fino a non reggermi più in piedi. E trattare male te, tra l’altro...
Avrei voluto tornare qui e raccontarti tutto ogni singola notte, venire a chiederti scusa, ma alla fine mi ritrovavo sempre con uno diverso e con un terribile mal di testa in qualche stanza di non so quale albergo schifoso.
Ma...ieri notte, quando ero con uno non riuscivo a smettere di pensarti; non volevo renderti la vita un inferno con la mia fragilità e i miei stupidi problemi, ma quando mi sono ritrovato in quel vicolo orribile non ce l’ho più fatta e sono venuto qui da te. Capisco se vuoi cancellare tutto quello che c’è stato ieri sera, non mi devi per forza ricambiare...” mormora, con lo sguardo basso.
Kurt sorride tristemente guardandolo per qualche secondo in silenzio prima di alzargli lentamente il viso fino a far incontrare i loro sguardi. “Sta tranquillo, davvero. Capisco quello che hai passato e mi dispiace da morire per il comportamento di tuo padre; ma non sei un idiota, credimi. E no, non voglio cancellare nulla di ieri notte, perché finalmente sei tornato da me e io non volevo altro” le labbra di Blaine si incurvano in un sorriso acquoso, mentre cerca di trattenere le lacrime. “Non sei un casino, e se lo sei va beh, lo sono anche io!
Ma per favore non ti distruggere più in questo modo, puoi parlare con me quando vuoi.”
“Quindi ora stiamo tipo insieme?” domanda timidamente Blaine, con un grande sorriso; sentendo una nuova energia riempirgli il cuore.
“Spero di si” sorride di rimando Kurt.

*

“Blaine?” mormora Kurt, sistemandosi meglio sul petto del ragazzo.
“Si?”
“Lo sai che non possiamo essere.... questo in pubblico, vero?” domanda, con la voce che gli cala sul finire della frase; Blaine lo stringe un po’ di più a sé.
“Potremmo” ribatte, volendo sembrare determinato.
“Lo sai cosa intendo” replica il castano, quasi stancamente.
Certo che lo sa; due ragazzi che stanno insieme nel 1968 sono una cosa della quale non si può nemmeno parlare, è ovvio che ne è a conoscenza, e sa benissimo che Kurt ne soffre non poco. E anche a lui fa male sapere che la società li ritiene talmente sbagliati da non potersi assolutamente permettere di stare insieme in pubblico. Però lui capisce che la società odia tante cose, ripugna tante cose, considera immorali molte cose; ma lui sa anche  di non essere una di quelle cose che è giusto odiare, lui e Kurt non possono essere una di quelle cose, come non lo sono le altre persone come loro.
Il mondo se ne sarebbe accorto, un giorno, forse tra un anno o due, o forse dieci; ma se ne sarebbe accorto.
“Lo so” risponde dolcemente ma con una punta di amarezza nella voce. “Certo che lo so; e mi fa stare male pensare che non ti posso baciare quando mi pare oppure che non ti posso tenere la mano mentre stiamo prendendo un caffè al bar, ma vedrai che il mondo cambierà. Un giorno ci accetteranno anche là fuori, però per il momento dobbiamo resistere” continua, strofinandogli lentamente una mano sul braccio. “A me basta poter stare con te e non mi importa se là fuori non possiamo; per me è abbastanza pensare che quando torno qui tu ci sei e possiamo essere noi stessi.
Però ti prometto che potremmo, se vorrai. Okay?” conclude, posandogli un bacio dolce tra i capelli scompigliati.
Kurt annuisce con gli occhi lucidi, stringendosi ancora di più a lui sotto le coperte. “Okay” risponde, con la voce leggermente rotta dall’emozione affondando il viso nell’incavo del collo del moro e inspirando profondamente il suo profumo.


“Sono sette  mesi che vivi a New York e non sei mai stato al Giardino Botanico?” domanda Blaine, sbigottito.
“No, non mi ci hai mai portato. Hai una tua parte di responsabilità” ribatte Kurt, fingendosi offeso e allontanandosi di almeno due passi dal moro scatenando una sincera risata in quest’ultimo, che subito copre la distanza tra loro e gli circonda la vita con le braccia. Kurt non può trattenersi dal sorridere di cuore.
Ma immediatamente la consapevolezza di dove si trovano gli ricade addosso e si affrettano ad allontanarsi, guardandosi intorno un po’ per verificare che nessuno li abbia visti, un po’ perché entrambi sono sicuri di non poter sostenere lo sguardo dell’altro, sarebbe troppo doloroso.
Varcano il cancello improvvisamente silenziosi, sentendo la leggerezza che li aveva accompagnati fin lì scivolargli via di dosso.
Pochi secondi dopo essere entrati Kurt ha gli occhi spalancati per lo stupore e corre da una parte all’altra del giardino d’ingresso come un bambino al parco giochi; Blaine si ritrova un’altra volta a guardarlo con dolcezza mentre il castano sorride sfiorando le composizioni floreali colorate dai colori sgargianti. Riesce a malapena a stargli dietro mentre il più piccolo si destreggia tra i labirinti di arbusti quasi li conoscesse a memoria.
Lo lascia girare liberamente per un po’ prima di frenarlo quasi a malincuore. “Vieni, Kurt, ora ti faccio fare un giro turistico come si deve” gli sorride, afferrandogli delicatamente un polso per poi lasciarlo andare pochi secondi dopo. Kurt annuisce con un sorriso imbarazzato, rivolgendogli uno sguardo timido da sotto le ciglia chiare, sentendosi improvvisamente stupido per aver corso da una parte all’altra come un bimbo iperattivo. “Sc-scusa” borbotta, arrossendo violentemente e mordicchiandosi un labbro.
“Non farlo” risponde Blaine, sorridendogli sinceramente. Poi si fa coraggio e gli afferra di nuovo un polso e delicatamente lo trascina con sé. Vorrebbe prendergli la mano, ma sa bene che già con quel gesto sta compiendo qualcosa di estremo; quindi si accontenta di sentire la forma del polso dell’altro sotto la stoffa del suo cappotto.
Kurt sente una certa inquietudine montargli dentro per via di quel contatto, ma questo viene presto cancellato da una felicità che sembra quasi assurda da quanto è inebriante e travolgente.
Passano le ore successive a visitare le varie zone del Giardino e per ogni nuovo trionfo di colori o composizione stravagante Kurt ha una diversa esclamazione di sorpresa e Blaine non può fare altro che osservarlo da fuori, illudendosi quando il suo sguardo dorato incontra quello dell’altro di poter avere accesso a quel mondo magico nel quale il castano entra ogni volta che gli occhi di ghiaccio si riaccendo di quella scintilla inafferrabile.
“Vieni” gli sussurra, incoraggiandolo con una leggera spinta a dirigersi verso una zona che fino a quel momento Kurt non aveva notato. Attraversano un arco incorniciato da rampicanti e si ritrovano davanti un ponticello in legno sorretto da una struttura in ferro verde circondata da rampicanti e arbusti di ogni genere.
La zone è praticamente deserta, solo un paio di persone ai aggirano nel giardino attorno al ponticello non facendo assolutamente caso a loro; così Blaine gli afferra la mano e gli rivolge un sorriso esitante, sperando con tutte le proprie forze che Kurt non la ritiri; l’altro sente un brivido quando percepisce la stretta dell’altro e poi il suo sguardo esitante, sta per ritirarla spaventato quando il moro seppellisce l’intreccio delle loro dita tra i loro due corpi, ben al riparo dagli sguardi grazie agli imponenti cappotti. Il castano gli sorride, sentendo le lacrime pizzicargli gli occhi, per poi voltarsi ad osservare l’acqua che scorre placidamente sotto il ponticello.
“E’ un posto fantastico...” mormora, con la voce che tremola un po’ per lo stupore, un po’ per l’incredibile sensazione di libertà e felicità incondizionata che sta provando. Lo sta tenendo per mano in un luogo pubblico. Certo, sono nascosti, ma sono comunque fuori e questo lo fa sentire più come se fosse una cosa reale e non solo un segreto della loro stanza.
“Questa è la riproduzione del Giardino di Monet che si trova a Ginevra” spiega con dolcezza, stringendo forte la mano candida e ricoperta dal guanto di lana nella sua.
“C’è pochissima gente, per essere domenica” commenta Kurt, guardandosi intorno ancora con aria vagamente sognante. Blaine annuisce distrattamente, come se la sua mente fosse già da un’altra parte. “Vieni con me” mormora piano, sorridendo e strattonandogli appena la mano senza liberare la loro stretta dal riparo di stoffa in cui è nascosta. Questa volta è Kurt ad annuire piano; si lascia guidare dall’altro guardandosi distrattamente intorno beandosi di tutta la bellezza che lo circonda.
Si muovono in sincrono per non svelare l’intreccio delle loro dita, ed arrivano dopo pochi minuti
in una zona che non sembra avere nulla di particolare; ci sono infatti solo alcune strutture semi-circolari metalliche, vuote all’interno e bloccate a terra, sulle quali si intrica una fitta rete piante rampicanti. **
Kurt le guarda titubante e rivolge a Blaine uno sguardo interrogativo; ma quest’ultimo si limita ad inginocchiarsi a terra trascinando con sé uno stupefatto Kurt, che inizia a balbettare sorpreso nel vano tentativo di chiedere cosa diavolo stia combinando.
Il moro ridacchia leggermente senza rispondere ed entra in quella specie di tunnel di metallo, lasciando per forza di cose la mano di Kurt ma costringendolo comunque a seguirlo; il castano sospira e si infila all’interno del semi-circolo metallico gattonando sul cemento.
Spalanca gli occhi sorpreso quando si accorge che dai rampicanti che si intrecciano nella struttura sopra la sua testa pendono delle zucche, zucche di ogni forma, dimensione, specie e colore. Ce ne sono lunghe con striature verde chiaro; altre bianche piccole e tonde; altre invece sembrano essere ovali ma sono deformate da bozzetti tondi che le rendono di una forma indefinibile.
Non può fare a meno di scoppiare a ridere di gusto alla vista di quel ‘cunicolo di zucche’ del quale Blaine sembra andare così fiero; infatti il moro si è accovacciato con la schiena curva e le  gambe incrociate ad osservare fieramente l’altro ragazzo.
“Sono zucche” ridacchia Kurt, sistemandosi alla meglio davanti al moro cercando di non rovinare i vegetali che gli crescono tutti intorno; il moro annuisce solenne. “Blaine, ma sei sicuro che possiamo stare qui?”
“Affatto” risponde il moro sorridendo con una leggera alzata di spalle. Al castano sfugge un’altra risata.
“E’ un posto molto carino” ammette, guardandosi intorno ancora una volta. “Le zucche sono carine; ce ne sono di così tanti tipi” commenta, provando entusiasmo anche per quella piccola cosa.
“Tu sei carino” replica Blaine con un sorrisino intriso di dolcezza e affetto, spostandosi non senza qualche difficolta, di fianco all’altro ragazzo. Kurt sente un brivido percorrergli la schiena quando il moro gli si avvicina, aprendo il palmo della mano facendogli intendere di metterci sopra la propria; dopo alcuni secondi di esitazione il castano lo fa e le loro dita si intrecciano. “Blaine...” mormora debolmente quando il moro fa per avvicinare il proprio viso a quello del castano.
“Non viene nessuno, qui” lo rassicura Blaine, stringendogli forte la mano; così Kurt respira affondo e si tranquillizza, lasciando che l’altro si avvicini. Le loro labbra si incontrano con ancora un attimo di esitazione che si perde dopo pochi secondi; le labbra morbide di Blaine abbracciano quelle dell’altro con dolcezza e naturalezza, come se fossero fatte appositamente per trovare il loro incastro in quelle del castano.
“Te l’avevo promesso” mormora Blaine sulle sue labbra.
“Già, l’avevi promesso” sorride Kurt, tornando a baciarlo.



“Chi l’avrebbe mai detto, Kurt Hummel, il ragazzo ‘io non ho bisogno di favori da un viziatello’ si è innamorato del figlio di papà per eccellenza” lo sfotte  Blaine con dolcezza, ritrovando la sua sbruffonaggine. Il castano mette su un’espressione di sfida e alza un sopracciglio, scettico. “E chi ha detto che sono innamorato di te?” ribatte, incrociando le braccia sul petto con aria di superiorità.
“Non le sei?”
“Non ho mai detto neanche questo” replica. Blaine ride di cuore e gli cinge i fianchi con le braccia prima di baciarlo dolcemente sulle labbra.
“Beh, certo, sono Blaine Anderson” ride il moro sulle labbra dell’altro, sentendo la sofferenza delle ultime settimane scivolargli via di dosso.
Il castano sbuffa cercando di contenere il sorriso che sta per affiorargli sulle labbra “Anderson non tirare troppo la corda, se no ti faccio sfrattare.”

*

Non è facile,  ma alla fine ce la fanno perché gli anni ’60 passano e nemmeno così male, in realtà. New York si evolve, cresce, cambia e loro possono permettersi di essere ‘quello’ in pubblico un po’ di più.
Dopo un po’, entrambi si accorgono che quello che hanno è una di quelle cose che durano per sempre. Perché Blaine, man mano che passano i mesi, ha sempre meno bisogno dell’alcol e, alla fine, non ci pensa neanche più; così, quando suo padre gli da buca, non va in qualche locale sperduto ad ubriacarsi fino a svenire, ma si rifugia tra le braccia di Kurt che sono sempre lì per lui, calde e protettive; pronte ad accoglierlo quando sembra che più nulla stia andando per il verso giusto. Un po’ dell’entusiasmo del castano passa a lui e il mondo gli sembra di nuovo un bel posto, alla fine. 
E nei suoi racconti mette un po’ di quel bene che Kurt gli insegna ad amare, perché capisce che la dannazione da sola non basta; in una storia ci vuole sempre un po’ di bene. Come è successo nella sua vita; ha vissuto tanto tempo in una spirale fatta di voglia di dimenticare e metodi sbagliati con cui provarci ma poi nella sua vita è arrivata quella scintilla, quel candore e quell’amore per la vita che gli hanno fatto capire che neanche il buio può esserci senza la luce.
Kurt, invece, alla fine la smette di inseguire quell’ideale dello scrittore del secolo, perché si accorge che non deve dimostrare nulla a nessuno, specialmente non a suo padre. Poi diventa uno dei più importanti scrittori di quegli anni, ma perché lo vuole e non per soddisfare le aspettative di altre persone. Blaine lo aiuta, lo aiuta tanto. Gli fa capire che a volte nelle cose ti devi buttare, perché se non lo fai non avrai mai nulla dalla vita; non puoi semplicemente aspettare che le cose piovano dal cielo, devi andare e prendertele anche se rischi di cadere durante il percorso. E Kurt cade tante volte, ma Blaine lo aiuta a rialzarsi ed a continuare quella corsa verso ciò che vuole; e questo alla fine paga.
E nei suoi racconti mette un po’ di quella dannazione che Blaine gli insegna a conoscere, perché capisce che neanche il bene da solo basta; in una storia ci vuole sempre un po’ di dannazione. Come è successo nella sua vita; ha vissuto tanto tempo provando a negare il male, a fare finta che non esistesse, almeno non nelle sue pagine  ma poi nella sua vita è arrivata quell’ombra eppure quella scintilla di realtà che gli hanno fatto capire che neanche la luce senza il buio può esistere.
Così loro semplicemente si completano. Blaine col suo realismo e Kurt col suo entusiasmo; si bilanciano in un equilibrio perfetto che  non è perfetto  perché non si spezza mai, anzi, succede più di una volta; ma tutte le volte i pezzi tornano insieme proprio come loro,  forse con qualche cicatrice ma insieme; è questo l’importante, no?
Cadono tante volte entrambi, durante il percorso, più volte di quanto avessero immaginato, in realtà, ma ogni volta si rialzano e ci riprovano perché hanno sperimentato com’è farsi trascinare dagli eventi, e non è affatto utile.
Così, un giorno del 1992, dopo più di vent’anni insieme, si ritrovano di nuovo su quel ponticello nel giardino di Manet come quel Marzo di tanti anni prima e le loro mani si intrecciano naturalmente e i loro sguardi si incastrano come se fossero ancora quel diciannovenne e quel diciottenne di vent’anni prima; ma questa volta non hanno bisogno di seppellire la loro stretta tra i cappotti perché le persone gli passano affianco senza nemmeno notarli.
Perché il mondo ha capito; o almeno New York ha capito, che non c’è nulla di sbagliato in loro. 
Il moro attira a sé l’altro e gli stringe le braccia al collo, facendo incontrare poi le loro labbra.
Entrambi sorridono in quel bacio con una felicità dentro che sembra quasi fargli scoppiare il cuore.
“Non pensavo ce l’avremmo mai fatta” sospira Kurt sulle labbra dell’altro.
“Già. Te l’avevo promesso” risponde Blaine, con la voce intrisa di soddisfazione.
Sorridono entrambi nuovamente prima di stringersi forte l’uno all’altro lasciando che un vento delicato gli scompigli i capelli.

L’ho trovato, mamma. 


**  Questo sarebbe il 'tunnel di zucche' 
http://24.media.tumblr.com/tumblr_mcvm8yJ3301rk42cco1_1280.jpg 

Angolo autrice: 
Ehi! 
Io, emm, in realtà non so cosa dire. Questa storia è un esperimento perché non avevo mai pubblicato - né tantomeno scritto- nulla del genere, quindi è un campo abbastanza nuovo per me. 
Mi scuso per delle evenutuali inesattezze storiche, ma non credo di aver fatto nessun errore pericolosamente eclatante perché comunque mi sono informata un po' sulla situazione dell'epoca quindi... insomma spero di non avere commesso nessuno sbaglio. 
Avevo pensato di pubblicare l'ultima parte sotto forma di piccolo epilogo e magari dilungarmi un po' di più sull'evoluzione della situazione di New York in quegli anni con i Moti di Stonewall ecc... Ma poi veniva una lezione di storia e non volevo annoiarvi ancora di più. 
Mi aiuterebbe davvero molto avere delle opinioni, accetto di buon grado le critiche costruttive perché so di dover migliorare moltissimo:). 
Ringrazio chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate e anche chi l'ha letta in silenzio, davvero grazie!
Un rigraziamento speciale a chi ha recensito, siete state carinissime! Un rigraziamento super mega iper speciale alla meravigliosa (e pazientissima)  Locked, mia compagna di scleri per mp c': 
Insomma grazie ancora e spero vi sia piaciuta questa mini-long! 
Anyway.... tomorrow is Glee day! Con tutti i rumors Klaine che stanno circolando non sto più nella pelle! Kurt e Blaine nello stesso edificio! 
Sto divagando... 
Grazie ancora!
A presto, un bacio enorme! 




 
  
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