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Autore: Rhona    24/03/2014    1 recensioni
Parigi, 1772.
I poveri sono stremati. Tutti ripongono le loro speranze nel Delfino, il futuro re, e nella sua nuova sposa, tanto amata dal popolo quanto odiata nella corte.
Poi ci sono loro...Pierre: uno scassinatore belloccio ma piuttosto stupido. Henri e Philippe: ladri di strada, gente dalle mani leggere e vellutate. Mathieu: l' orfano del mugnaio della Cité. Gilbert: un bracciante fuggito dal sud e approdato nella capitale. Jean: un vecchio mendicante che suona il violino sul sagrato di Notre Dame per quattro spiccioli di elemosina. Edouard e André: amici dal momento in cui sono nati in due case attigue, ma fin troppo diversi. Ognuno di loro fa parte di un gruppo, una banda, una strana combriccola di saltimbanchi che rubano e donano: la banda di Monsieur Dubois.
Scelte disumane, tragedie familiari, pregiudizi. Onore ai nobili, fasti di corte, lussuria. Amori impossibili o non corrisposti, un segreto tenuto nascosto per più di vent'anni... E la rivoluzione che, inesorabile, si avvicina.
«Ma chi credete di essere?!» chiese ridendo «Robin Hood, forse?!» Lui sorrise, le scostò i riccioli castani dall’orecchio e le sussurrò «Io sono Dubois.»
NOTE: ispirata in parte al classico ideale del “ladro-gentiluomo”.
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
Capitoli:
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3. La rabbia del popolo


André si svegliò non appena un raggio di sole, sbucando dalla finestra, lo colpì in pieno volto. Si voltò a guardare se gli altri dormivano. Dormiva in stanza con Edouard, Pierre e Mathieu. Tutti gli altri dormivano in quella accanto; tutti tranne Gilbert, che aveva insistito per dormire da solo nello scantinato. André sapeva il motivo, ed era l’unico –con Edouard– a saperlo. Poco importava a lui, che lo considerava esattamente come gli altri. Ma sapeva che, per ignoranza e non certo per cattiveria, gli altri non l’avrebbero accettato facilmente. Quando Gilbert glielo aveva detto aveva sottolineato che preferire gli uomini alle donne non voleva dire essere attratto da ogni uomo, esattamente come funzionava per le donne. André avrebbe capito meglio la similitudine, se non fosse stato così maledettamente attratto da ogni donna che passasse accanto a lui... Edouard diceva che era solo questione di tempo, e che avrebbe lasciato perdere tutte le altre quando avrebbe trovato quella giusta. André rigettava del tutto l’idea, secondo lui degna di una storiella effemminata di seconda classe. Si alzò e si rimise i vestiti, ormai asciutti, della notte prima. Cercò di non fare rumore, mentre si sedeva sul letto e infilava i pantaloni neri, tuttavia lo fece. Mathieu si alzò a sedere sul letto. «Sei sveglio?» chiese, mezzo addormentato.
«Vado a prendere il pane per tutti, tu dormi. Quando torno ti sveglio e andiamo, va bene?»
Il ragazzo annuì, si stropicciò un occhio e si rigirò nel letto. André uscì dalla stanza , ed entrò nella stanza principale. Henri, che era figlio di un calzolaio, si era offerto di metter su una bottega come copertura: avrebbe cominciato fra due o tre mesi prima.  Prese la pannella che Edouard metteva per lucidare le armi dalla sedia. Uscì dall’ingresso principale, una semplice porta in legno, resistente ma rozzamente lavorata.  Abitavano in uno dei quartieri poveri, ma non era di quelli disperati. La strada era già affollata, piena di persone che camminavano. La bottega del fornaio era poco distante: André camminò dritto poi svoltò destra e poi di nuovo a sinistra, e si trovò davanti al fornaio. Il fornaio, David, si era un tempo rifornito da Martin, il vecchio padre di Mathieu. Il negozio era discretamente affollato, e il fornaio guardava in faccia ognuno. C’erano stati diversi ladri che lo avevano rapinato. Ma André pagava sempre la povera gente, il denaro –fra le altre cose- non gli mancava. «Buongiorno, David!» lo salutò cordiale.
«André!» disse educato l’altro, mentre sfornava un paio di pagnotte calde. Aspettò il suo turno in silenzio, osservano gli altri clienti. La maggior parte erano tutte donne, gli uomini lavoravano. Qualcuno avrebbe anche potuto chiedersi perché non lavorava anche lui... doveva trovare una copertura, forse? La fila passò in fretta.
«Tre pani.» lo informò.
«Subito.» disse,  passandoglieli uno ad uno. André li mise tutti nella pannella, girata al contrario. Pagò, salutò e se ne andò in fretta: meno quei pani stavano in quella pannella lurida, e meglio era. Fece il percorso inverso. Quando entrò in casa, ebbe una sorpresa infausta. Michelle, la sorella maggiore di Edouard, era seduta al tavolo della sala, piangente e disperata.  Michelle aveva gli occhi verdi e i riccioli biondo sporco come Edouard. Era una donna forte, sopravvissuta al vaiolo, sposata e con quattro figli.
«André, devo chiederti un favore!» lo bloccò Edouard all’ingresso.
«Certo.»
«Devi pagare il dottore per Claude, ti prego. Ha la febbre alta e nessuno sa cos’ha.»
«Prendi tutto quello che ti serve, Edouard. Non preoccuparti.»
Edouard gli sorrise. «Sei migliore di quanto credi, amico mio!» lo abbracciò. Michelle si alzò in piedi.  «Vi porto a casa, prendiamo Claude e andiamo dal dottore.» Annuì e seguì Michelle, correndo. Abitavano nel medesimo quartiere, spesso André vedeva i bambini di Michelle e Albert –suo marito- che giocavano in strada. La casa era preceduta da un piccolo cortile, entrandoci fu pervaso da un senso di rabbia e povertà. La casa era povera e spoglia, buia con le imposte chiuse, illuminata dalla fievole luce delle candele.
«Dice che la luce gli da fastidio agli occhi. Albert e i bambini sono con lui.» spiegò la donna.
Michelle chiamò: «Albert,» la sua voce era rauca e sottile, doveva aver pianto molto «ci porteranno loro dal dottore, che ti avevo detto...» Albert uscì dalla stanza seguito dai suoi figli, Louise, Jeanne e Jules, con il piccolo Claude in braccio. Claude aveva sei anni, gli piaceva girare per il quartiere facendo finta di essere una guardia reale: diceva che da grande avrebbe fatto il soldato della guardia.  Era un bambino dal viso simpatico e vitale, pieno di lentiggini. I capelli erano dello stesso castano chiaro dei capelli del padre, gli occhi verdi e sinceri, come la madre. Vederlo inerme fra le braccia del padre lo fece sentir male. Parlava pianissimo. Albert era un uomo basso e magro, Michelle era poco più alta. Il viso era scavato dall’età –ormai andava per i quarantotto- ma anche dal duro lavoro. «Vi ringrazio, io ero riluttante, ma Michelle mi ah convinto a chiedere aiuto a voi.»
«Qualora ti servisse qualsiasi cosa non esitare a chiedere, Albert.»
Si accorse che André guardava i bambini. «Resteranno a casa da soli, Louise può badare anche ai suoi fratelli, vero piccola mia?» chiese retoricamente, arruffando i capelli della figlia ormai tredicenne.  Albert aveva il viso rigato dalle lacrime, così come Michelle che aveva gli occhi molto arrossati, evidenti prove del fatto che non aveva dormito. Uscirono tutti insieme, mentre Claude chiamava la mamma. Edouard prese a correre, facendo strada verso il locale dove il dottore esercitava tutti i martedì. E, di conseguenza, anche martedì 28 luglio 1772. «Mamma, ma dove andiamo?»
«Dal dottore, Claude. Tranquillo, presto starai meglio: io lo so per certo!» sorrise tremante.
«Mamma, io voglio tornare a casa. Voglio giocare con i pupazzi di paglia insieme  Jules... Mamma... mi gira la testa...» Parlava con gli occhi semichiusi.
«Claude, sta’ tranquillo: presto starai bene, allora potrai giocare anche per le strade con i tuoi amici: a far finta di essere soldati della guardia, proprio come piace a te...» Michelle piangeva.
«..si...» mormorò il bambino, appoggiato al petto di Albert. Entrando trovarono una stanza deserta. Poche persone potevano permettersi un dottore, nella maggior parte dei casi i mali venivano trascurati per questioni finanziarie. André bussò alla porta dell’altra stanza.
Giunse una voce «Andatevene.»
André sentì il sangue che ribolliva nelle vene.
«Un bambino è malato. Ha bisogno di cure urgenti.» disse André, avanzando nella stanza nonostante gli ordini dell’uomo.
«No,» continuò lui, tenendo lo sguardo fisso sulle carte che leggeva «conosco quelli di questo quartiere: siete poveracci che non pagano mai. »
«Le do la mia parola che la pagherò.»
«Che me ne faccio della parola di uno straccione?» sbottò ridendo l’altro.
«Il bambino sta morendo; faccia qualcosa, in nome di Dio!» intervenne Albert.
«Non mi importa. Io faccio il medico ai piani alti, sono sicuro che la mia parcella sarebbe troppo alta per voi.»
«E la parcella vale la vita di mio figlio?» gridò furibondo Albert.
«Cinquemila franchi bastano per questa parcella?» chiese André, cogliendo di sorpresa tutti.
Il dottore si bloccò «E dove li trova un uomo come voi cinquemila franchi?» chiese sospettoso.
«Vi pago per curare il bambino, non per fare domande.» dichiarò deciso. L’uomo si fermò per un secondo, poi fece segno di mettere Claude sul letto. Albert lo adagiò delicatamente, attento a non fargli sentire il distacco. Tremava tutto, ma non era freddo. Il dottore lo visitò, tenendo le distanze, André non ci capiva molto di dottori o di medicina, e non capì cosa stesse facendo, con precisione. Si spostò e andò alla scrivania, cominciando a scrivere qualcosa. «Cosa fa?! Perché non lo cura, perché?»
«Devo fare la diagnosi. Non è facile poi: dovrò disinfettare tutti i miei strumenti dopo: potreste avere ogni genere di malattia» poi aggiunse a bassa voce «voi bifolchi.»
Claude cominciò a piangere. Michelle e Albert si precipitarono dal lui. Il bimbo tossì sangue, e André capì. Era tisi...
«Claude, Claude sono io: sono io... sono mamma!» lo chiamava Michelle.
«Mamma...» chiamò il piccolo con un filo di voce, appena udibile «...Papà... perché piangete... io starò bene. Vedrete... diventerò un soldato della guardia, forte e bravo... sarete fieri di me...»
«Ti vogliamo tanto bene, Claude: ricordatelo.»
«Anch’io vi voglio bene. E ne voglio anche a... io quando diventerò grande vi ripagherò per quello che avete speso per il dottore... io diventerò un soldato della guardia... » tossì si nuovo sangue «sarete fieri di me.»
«Lo siamo già, piccolo mio...»sussurrò Michelle.
«Quando Jules viene a trovarmi... ditegli di portare i pupazzi di paglia... quello che ho fatto io è quello che ha il vestito blu... me lo porti mamma,vero? Me lo porti quando torni con Jules?»
«Certo Claude, te lo porto presto...» singhiozzò Michelle.
«Mamma? Papà?... io ho freddo...»  e chiuse gli occhietti verdi alla vita.


 
IL GIORNO SEGUENTE

 
Il corpicino di Claude venne inumato su una piccola collinetta fuori città, spazzata dal vento, con tutti i suoi sogni per quando sarebbe diventato grande e il pupazzo di paglia con il vestito blu che aveva chiesto. Tutto il quartiere partecipò al dolore della famiglia. Quando avevano portato il piccolo cadavere esanime dallo studio del dottore, questo aveva dimostrato di essere del tutto indifferente alla morte di un bambino di sei anni, appena affacciato alla vita. Lui stesso, quelli come lui, e tutti i cortigiani avevano contribuito a quella morte. André l’aveva minacciato di morte: « Dopo quello che hai fatto meriti la morte. »  L’altro aveva continuato a tremare inerme «Fallo di nuovo ed io lo saprò: non vivrai fino a vedere l’alba del giorno seguente, intesi?» Allora aveva annuito. Mentre stava per uscire lo aveva di nuovo fermato: «E il denaro?»
«Perché, “dottore”? Quale servizio mi avete reso, perché io debba pagarvi?» E il dottore aveva taciuto.
Gli sembrava impossibile: aveva visto nascere e crescere quel bambino, sarebbe dovuto essere Claude ad assistere al funerale di André: non il contrario... Quando scesero dalla collina era già passata l’ora di pranzo, Michelle era distrutta dal dolore, Albert –che camminava tenendo abbracciata la moglie- era guardava un punto fisso e lontano, forse l’Oltretomba. Edouard teneva per mano Jules e camminava accanto a Louise e Jeanne. Le ragazze erano tristi, e Jules chiedeva del fratello. Non sapeva, povero piccolo, che avrebbe rivisto il fratello solo alla fine del suo tempo.
«Ti ho detto io di non portarlo dal dottore... che sarebbe costato troppo, che si sarebbe rimesso da solo... È  solo colpa mia, maledizione!» imprecò Albert.
«Non avrebbe fatto alcuna differenza. La tisi non lascia scampo, tantomeno ad un bambino piccolo come Claude.»
Albert scosse la testa lentamente, stringendo a sé la moglie. Rientrando in città, Michelle placò i suoi singulti. Il tramonto illuminava Parigi con la sua luce fioca e calda. Le strade erano inondate dalla folla: i bambini correvano e giocavano, approfittando delle ultime ore di sole. Le donne si raggruppavano a parlare del più e del meno, gli uomini tornavano dal lavoro. La strada affollata aveva ostruito il passaggio alle carrozze ormai: ma erano pochissime le carrozze che passavano di lì a quell’ora. André intuiva appena ciò che provavano Michelle e Albert; si augurò di non doverlo mai sperimentare sulla sua pelle. Per strada incontrarono David, il fornaio. «Albert, voglio che tu sappia che ti sono vicino: io ho perso mia figlia Marie per il vaiolo cinque anni fa.»
«Grazie, David. Te ne sono grato.» si strinsero la mano, abbracciandosi come vecchi amici. André rifletté che dovevano avere più o meno la stessa età, Mentre Albert si allontanava con la sua famiglia, André lo prese da parte. «Sembra che tu abbia visto un fantasma, David.»
«No, nessun fantasma. Mi hanno rubato un’altra fila di pane: è la quinta sono in questo mese. Vorrei che gli altri capissero che il pane è al prezzo minimo che posso fare: altrimenti ci rimetterei e mi ritroverei con l’acqua alla gola...»
«Lo sanno, David, lo sanno. Ma la fame è dura da sopportare, lo stomaco che grida è più convincente di una spada puntata al collo.» David rise amaramente, gli diede una pacca sulla spalla e proseguì. Si sentirono delle grida. Una carrozza arrivò a tutta velocità sulla strada. L’aria che mosse lo fece cadere a terra, tanto andava veloce. Si alzò immediatamente. La carrozza si arrestò bruscamente. Il cocchiere gridò di cedere il passo. Alcuni si mossero, ma un paio di bambini continuarono a rincorrersi. Tutti gli altri si scansarono; tutti tranne Albert e Michelle. Il cocchiere ripeté l’avvertimento, minacciando di passare sopra i popolani. Un uomo scese dalla carrozza, infuriato.
«Levatevi di mezzo!» gridò. Era un uomo di mezza età, con la testa ricoperta da una ridicola parrucca impomatata, come quella rubata al barone di Fournier. Vestito riccamente, con un temperamento a dir poco egocentrico e egoista, era sicuramente un nobile. Aveva l’espressione fredda e gli occhi glaciali, nonostante fossero marroni.
Albert si voltò «Perché?» chiese,  calmo e pacato, come se avesse fatto una domanda a un suo familiare.
«Io sono il...» cominciò, ma fu interrotto.
«Non mi importa chi siete, cosa fate o che volete: mio figlio è morto. Aveva solo sei anni ed è morto, sacrificato in nome di una monarchia cieca e ignorante. Per quelli come voi!» gridò. Michelle lo tirò per la manica. Albert la scansò da un lato, lentamente, spingendola verso Edouard.
«Non permetto insulti!» disse esterrefatto, scendendo dai gradini della carrozza.
«Me ne sbatto di quello che non permettete, cane bastardo! Mio figlio è morto, se volete passare aspettate che io passi, perché ho diritto di passare come voi!»
«Come mi hai chiamato?» chiese allibito.
«Come meritano di essere chiamati quelli come voi.» si voltò e se ne andò verso casa, precedendo André e gli altri. C’era mancato poco, pensò. Ancora un po’ e poteva venir arrestato: le guardie dei nobili non andavano per il sottile, poi. Sembrava che il nobile stesse per ripartire... ma non lo fece. Con un movimento fluido e naturale estrasse la pistola. André se ne accorse solo sentendo il botto, arrivato del tutto senza preavviso, e la grande macchia rosso sangue che si allargava sui vestiti semplici di Albert. Si accartocciò su se stesso e cadde a terra. Michelle gli corse in contro, seguita dai bambini, André, quasi senza volerlo, la seguì a distanza. «Albert, no!» cominciò a piangere convulsamente «Perché non hai lasciato stare! Perché! Albert...» si inginocchiò e appoggiò la testa sul suo petto. Albert la scostò con una mano e la baciò.
«Ti amo, Michelle. E voglio bene anche a tutti voi, molto più... di quanto... pensiate. Michelle, tu bada a... Louise, Jeanne e ...Jules. Penserò io a Claude... ti aspetterò, Michelle... tu sii felice, mi raccomand... » morì in mezzo alla strada, come un cane cieco che viene preso a calci da un gruppo di teppisti.  André d’istinto guardò Edouard, si voltarono insieme a vedere il “gentiluomo”. Vedendolo ancora lì, a bearsi della vista di quello che aveva fatto, parlò. Dapprima in un sussurro, poi in un grido «Assassino!» la folla guardava la scena: alcune donne gridarono, i bambini smisero di giocare e tornarono dalle loro madri.
«Lui se lo è meritato.» rispose l’altro disinvolto.
«Qui l’unico che merita la morte siete voi!»
«Sta’ zitto, idiota bifolco!» lo spintonò gettandolo a terra.
«Siete voi il bifolco!» gli gridò Edouard.
«Avete ucciso un uomo!» gli urlò contro André.
«Io non permetto di venir insultato! Io sono il colonnello Emile Antoine Martin de Bayonne, fratello del ben più noto generale Bernard Jaques Louis de Bayonne, e ho con me un invito formale alla Reggia di Versailles per stasera. Volete forse far aspettare il vostro Re? Io non ho tempo per discutere con gentaglia come voi, né tantomeno per curarmi della morte per malattia di un plebeo. Cedete il passo!»
André lo fissò negli occhi, si alzò in piedi dignitosamente. Poi si inchinò profondamente. «Come Sua Maestà il re di Francia e di Navarra Luigi XV impone.» pose l’enfasi sull’ultima frase, arrivando quasi a toccar terra con le mani, nel suo ampio gesto. Il colonnello rimontò in carrozza non accorgendosi dell’insulto implicito nelle parole e nei gesti di André. La carrozza ripartì al galoppo. Michelle, piegata sul cadavere del marito, piangeva fiumi di lacrime. Con le lacrime che le inondavano il volto e la voce roca e rabbiosa gridò: «Morte! A coloro che uccidono la povera gente: morte!» Una luce rossa e brillante come il sangue che bagnava la strada si accese negli occhi di André, intensa, disegnando una “V” sul suo iride.


Un “V”  che stava per Vendetta...
  
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