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Autore: Writer_Nives    24/03/2014    0 recensioni
"Amo gli adolescenti perché tutto quello che fanno lo fanno per la prima volta."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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1.

Stavamo percorrendo un corridoio stretto che sembrava infinito; le pareti erano ricoperte da foto dei diplomati degli scorsi anni e il pavimento in legno scricchiolava leggermente. La situazione mi metteva abbastanza a disagio, come se non lo fossi già abbastanza.

Arrivammo davanti ad una porta di legno, alta e larga con una targa centrale con incisa sopra una parola: presidenza. Ringraziai la signora che mi aveva accompagnata e bussai. Ad aprirmi fu una donna, avrà avuto più o meno trent'anni. Era alta, chioma bionda, occhi grandi e azzurri. Era magrissima e portava un paio di tacchi che le facevano risaltare le lunghe gambe. A guardarla bene era la mia copia, ma più vecchia. Mi accolse con un sorriso smagliante, mi accompagnò dentro lo studio e mi fece sedere.

Il suo modo di camminare, il suo sorriso, la sua calma, mi rilassarono e pensai che magari non doveva essere per forza un primo giorno traumatico il mio.

Intanto osservavo lo studio e capii che non solo lei trasmetteva tranquillità, ma anche il luogo dove lei lavorava.

Le pareti erano di un color nocciola chiaro, gli scaffali erano pieni delle sue foto da adolescente e di libri che sicuramente aveva o letto o utilizzato per gli studi; le lunghe tende, che partivano dal soffitto erano bianche e in quel momento aperte per far entrare la tenera luce del mattino. Da quell'enorme finestra si vedeva la meravigliosa Peachtree, nelle prime luci della giornata.

Dopo aver dato una breve occhiata allo studio mi ricordai che dovevo conoscere la mia nuova preside, e che in quel momento ero nel suo ufficio, quindi tornai alla realtà giusto in tempo che cominciasse a parlare.

 

«Bene, tu sei Nives Residori, giusto?» mi chiese con la massima dolcezza.

«Si, sono io.» cercai di sorridere, ma ciò che venne fuori fu solo una schifezza.

«Sono davvero contenta di averti qui Nives, i voti nella vecchia scuola erano eccellenti e spero ti troverai bene qua. Io sono la preside, mi chiamo Erika e sono italiana pure io. La tua nuova classe è la 3H , spero ti piaccia. Fra venti minuti suonerà la campanella della seconda ora e ti accompagnerò in classe, per ora, vieni che ti mostro un po' la scuola.»

«Grazie mille, è davvero molto gentile.» sorrisi e mi alzai seguendola fuori dallo studio.

 

Quei venti minuti passarono troppo in fretta.

La campanella suonò.

Mi ritrovai davanti a quella 3H che doveva essere la mia classe. Il mio stomaco era andato sottosopra e mi sentivo quasi male. Quando la preside bussò e aprì tutti gli alunni si alzarono tranne uno. Avete presente quei ragazzi che stanno sempre in fondo alla classe a farsi gli affari loro? Beh, era uno di quelli. Se ne stava in disparte e non si era nemmeno preoccupato di chi fosse entrato in classe.

Guardai la mai nuova classe, era numerosissima e trovarmi davanti a tanta gente mi metteva a disagio.
 

“Dai Nives, ci puoi riuscire, non sarà così difficile” pensai.

 

«Bene ragazzi, potete sedervi» disse la preside interrompendo i miei pensieri, e dopo una breve pausa continuò. « Questa è la vostra nuova compagna di classe, si chiama Nives Residori.»
 

Come risposta si sentì qualche 'ciao' sparso per la classe ma nulla di più. Dopo pochi secondi sentii la preside salutare e l'imbarazzo crescere sempre di più. Ero davanti alla mia nuova classe senza dire niente e con tutti gli occhi puntati su di me.

 

«Bene Nives, raccontaci un po' di te.» disse la professoressa rompendo quel silenzio.

«Bene.. io sono Nives Residori, ho sedici anni e sono italiana. La mia città natale è Torino.» dissi con voce tremolante.

«Come mai hai scelto di venire proprio a Peachtree a studiare?» disse una ragazza dalla chioma rossa con una voce da gallina.

«Diciamo che Peachtree l'ho amata dal primo momento nel quale ci sono stata, ovvero 9 anni fa e poi volevo cambiare totalmente, ho avuto problemi con dei miei amici a Torino e non volevo rimanere un minuto in più lì.» affermai sicura di me.

«Beh, siamo contenti che ti sia unita a noi.» una ragazza dalla chioma bionda, mi sorrise e mi fece cenno di andare a sedermi vicino a lei.

 

Mi andai a sedere vicino a lei e le tre ore successive passarono in fretta. Quando suonò l'ultima campanella della mattinata tutti si alzarono e la mia nuova compagna di banco mi chiese se mi andava di fare pausa pranzo con lei; sorrisi e accettai.

 

Lì, feci la mia prima figuraccia. Ero in fila a prendere da mangiare quando per sbaglio andai addosso ad un ragazzo di quarta facendo combaciare perfettamente il suo vassoio con il pavimento. Era davvero un bel ragazzo, biondo, occhi azzurri, muscolatura da atleta e sorriso invidiabile. In quel momento tutta la sala si era girata e tutta l'attenzione era su di noi, o meglio, su di me.

Molto bene, era il mio primo giorno e già mi facevo conoscere per quella sbadata che non sa camminare senza far cadere qualcosa. Intanto sentivo già mormorii mentre la gente mi guardava.

 

«Ehm.. oddio, scusami tanto» le mie guance erano ormai color pomodoro.

«Tranquilla, non è niente» mi sorrise come se davvero non fosse successo nulla. « anzi, non ti è caduto nulla su di te, vero? »

«No, tranquillo, quello sarebbe il minimo»

«Se lo dici tu! Comunque piacere Claudio»

«Piacere Nives» sorrisi e lo sentii salutarmi perchè doveva andare.

 

Arrivate al tavolo Bianca – la mia compagna di banco – mi stava ancora guardando stupita.

 

«Bianca, cos'ho combinato?» chiesi confusa.

«Eh?.. niente niente. » rispose quasi persa nei suoi pensieri.

 

Lasciai stare la storia e cominciammo a mangiare. Ad un certo punto, mentre io e Bianca stavamo parlando arrivò di corsa una ragazza con lunghi capelli mori e ricci, avvolti in una coda. Sembrava una di quelle ragazze tutte di corsa e sempre in movimento. Aveva la tuta con lo stemma della scuola quindi pensai che facesse parte di qualche squadra. Appena seduta non fece caso a me, si sedette e cominciò subito a mangiare. La sua fretta mi stupì.

 

“Se facessi una cosa del genere io mi strangolerei al primo morso” pensai e cominciai a ridacchiare da sola.

 

A quel punto la ragazza che era arrivata di fretta alzò lo sguardò e mi notò. Capii che mi aveva sentito ridacchiare e le sorrisi. Lei mi rispose con un sorriso e guardò Bianca in cerca di spiegazioni. Dato che nessuno voleva parlare e io come persona odio i lunghi silenzi decisi di presentarmi per prima per rompere un po' l'imbarazzo che si era creato.

 

«Ciao, sono Nives, sono nuova di questa scuola e vengo dall'Italia.» Dissi cercando di essere il più naturale possibile.

«Ciao, io sono Eva, e adoro l'Italia. Mia madre viene da lì ma non ho mai avuto l'occasione di visitarla.» Mi rispose.

Comunuque sono la migliore amica di Bianca e sono contenta che abbia una compagna di classe simpatica ora.»

«Ahahahah, perché tutte le altre ragazze come sono?» Chiesi.

«Sono tutte galline della squadra delle cheerleader.» Dissero all'unisolo le due ragazze. «Ma modestamente tutti sanno che è meglio la squadra di atletica femminile della scuola.» Finì la frase Eva.

 

Continuammo con le chiacchiere fino a che non suonò la campanella dell'inizio delle lezioni pomeridiane. Fortunatamente erano solamente due ore di educazione fisica oggi quindi non era quell'enorme difficoltà. Mi infilai la tuta della scuola e corsi in campo, pronta per correre. Le due ore volarono e, una volta finite le lezioni, salutai le ragazze e corsi a prendere la metropolitana.

 

Arrivai in quella che era la mia nuova casa dopo soli venti minuti.

Mi dovevo ancora abituare a vedermi una bella villetta al posto dell'appartamento a Torino. La mia nuova casa era fortmata da tre piani, era enorme e bellissima. La famiglia che mi ospitava era gentilissima e mi facevano sentire come a casa mia e i figli dei signori erano piccolini e teneri.

Entrai in casa, salutai Victoria e Simon, i genitori che mi avevano in casa e salii in quella che era la mai nuova camera.
 

Entrai in camera e mi stupii.

Victoria l'aveva completata come mi aveva promesso ma non l'avrei mai immaginata così. Era tutto così perfettamente perfetto. Scesi giù di corsa, abbracciai Victoria e la ringraziai. Poi salii di nuovo in camera.

 

Il resto del pomeriggio passò tranquillamente. Studiai per il giorno dopo come mi era solito fare, poi mi rilassai con un bel bagno caldo e infine sistemai un po' gli scatoloni che avevo portato, ancora messi da una parte.

La sera cenai con la mia famiglia e poi guardai un po' di cartoni con i bambini. Era stranissimo sentirmi in una vera famiglia dato che i miei genitori si erano separati quando avevo cinque anni; avere dei fratelli poi, era ancora più strano dato che ero figlia unica. Per le dieci salii in camera, mi infiliai il pigiama e tirai fuori il mio diario.

 

“ Caro diario,

sono le 10.15 PM, ora ti scrivo come gli americani (ahaha) comunque oggi è stato il mio primo giorno di scuola, e non è andato per niente male. Ho una compagna di banco simpaticissima, si chiama Bianca, ed è molto simpatica anche la sua migliore amica, Eva.

La mia classe è formata da alcuni elementi della squadra di rugby, troppo montati per i miei gusti e dalle cheerleader cosa ancora peggiore per me. Però c'è un ragazzo, non so, mi sa da misterioso, mi piace, c'è qualcosa che attira in lui, e non è la bellezza!

Poi a mensa ho conosciuto Claudio, le ragazze non mi hanno detto nulla su di lui, spero di conoscerlo meglio, sembra davvero simpatico e pure gentile.

Insomma, mi sono fatta tante paranoie per nulla, sono davvero contenta.

Comunque caro diario, mi manca tanto la mamma, spero di sentirla presto.

Ora vado a letto che domani devo andare a scuola, ci sentiamo appena posso, tanto sai che ti dirò sempre tutto.

Un bacio.”

 

Per la prima volta, dopo tanto tempo, la notte mi passò traquillamente. Nessun incubo.

 

La mattina dopo mi svegliai molto attiva e con la voglia di andare a scuola. Sistemai per prima cosa la borsa e mi preparai la divisa, poi corsi in bagno per farmi una bella doccia calda. Dopo venti minuti tornai in camera e trovai Rachele, la mia nuova sorellina, che mi aspettava per scendere insieme a me a fare colazione. Sorrisi, mi cambiai e scesi con lei in cucina. A fare colazione eravamo tutti insieme e la calma sembrava regnare in quella casa. Nessun padre che aveva fretta di uscire per andare al lavoro, nessuna madre che metteva di fretta i bambini per farli andare a scuola. Niente di tutto questo. Solo una piacevole tranquillità familiare.

 

«Ehi Nives, ascolta, la mattina non c'è bisogno che tu prenda la metropolitana per andare a scuola, ci sono io che ti posso portare.» Mi disse Simon molto gentilmente.

«Beh, grazie mille Simon, veramente!»

«Bene, quindi ora sali a prepararti che fra 45 minuti le lezioni iniziano.» Mi rispose sorridente.

 

Salii in camera e finii di prepararmi. Lasciai far cadere lungo le guancie i boccoli e mi truccai. Poi presi lo zaino e scesi in salotto, dove Simon già mi aspettava. Salimmo in macchina e dopo una mezz'ora arrivai a scuola. Ringraziai e scesi dall'auto. Momento imbarazzante al massimo. Tutte le persone che in quel momento erano nel parcheggio della scuola mi stavano osservando e stavano osservando la macchina che si era appena allontanata. Camminai a testa bassa scrivendo un messaggio a Bianca per sapere dove fosse.

 

Nives: Dove sei? Momento imbarazzante.

 

Continuai a camminare verso l'entrata, avevo le cuffiette alle orecchie e non guardavo in faccia a nessuno. Entrai a scuola e cercai di ricordarmi dove si trovava il mio armadietto. Accidenti! C'erano troppi corridoi, non ci sarei mai riuscita ad orientarmi. In Italia non avevo mai avuto un armadietto e la cosa mi sembrava ancora strana. Niente zaino pesante da portare tutte le mattine, solo una borsetta dove poter mettere un quaderno e una penna. Mentre pensavo mi vibrò il cellulare, lo presi e vidi che era un messaggio.
 

Bianca: All'armadietto, vicino al tuo. Ricordi dov'è? Comunque che succede?

 

Le risposi subito dicendole che non mi ricordavo e mi disse dove andare per trovarlo. Mentre le scrivevo un messaggio per ringraziarla andai a sbattere contro un corpo freddo, robusto e alto. Le mie guance avvamparono per la vergogna dato che tutto il corridoio aveva visto la scena e piano piano, risalì con gli occhi quel corpo a cui ero andata addosso.

Vidi una maglietta attillata nera, un paio di spalle larghe, un viso con dei lineamente rigidi, capelli corti neri ed infine incrociai un paio d'occhi color smeraldo. Era lui, il ragazzo della mia classe. Lui, senza degnarmi di uno sguardo in più non disse niente e si allontanò, lasciando a me un corridoio da passsare per andare dalla mia amica.

 

674. Il mio armadietto. Ero davanti al mio armadietto con Bianca di fianco che mi guardava. Avevo detto un semplice buongiorno e poi mi ero incantata a guardare i miei libri con uno sguardo perso nel vuoto. D'improvviso mi venne voglia di parlare di quel ragazzo, volevo sapere come si chiamava, almeno.

 

«Bianca.. ascolta, quel ragazzo, misterioso di classe nostra..» cominciai la frase un po' insicura su quel che poteva pensare.

«Ethan intendi..» disse serena senza far caso al mio tono di voce.
 

“Si chiama Ethan, un passo in avanti” pensai.

 

«Si lui, uhm forse, boh, insomma.. è sempre così?» chiesi.

«Così come?» Mi rispose non capendo probabilmente.

 

Stavo per risponderle quando la campanella della prima ora suonò. Entrammo in laboratorio di chimica e mi sedetti di fianco alla mia amica. Quando entrò la professoressa ci fece alzare e disporre lungo il muro in fondo all'aula.

Non capivo il suo scopo. Qualcuno aveva combinato qualcosa di sbagliato? O ero solo io che mi facevo prendere dal panico troppo facilmente?

Vedevo sul viso dei miei compagni di classe lo stesso punto interrogativo che possedevo io. Tenevo sempre la testa bassa e mi scambiavo sguardi confusi con Bianca.

Il ticchetio dei tacchi della professoressa Si fece più vicino e quindi mi costrinsi ad alzare la testa. Squadrava tutti quanti, ci guardava negli occhi e cercava di capire cosa stessimo pensando.

Fece un passo indietro e cominciò a parlare.

 

«Bene ragazzi, da ora fino alla fine del trimestre lavorerete in coppie in laboratorio..» iniziò contenta di vedere le nostre facce più rilassate e d'accordo.
 

Io guardai Bianca e ci capimmo al volo. Lei sarebbe stata la mia compagna.

 

«Ma.. c'è sempre un ma ricordatevi, le coppie le deciderò io e solo io.» Sottolineò la penultima parola in modo secco.

 

Feci una breve smorfia ma non dissi niente, al contrario di alcuni miei compagni di classe. Detto questo la professoressa tornò alla cattedrà e aprì il registro dove teneva i nomi delle coppie. Si avvicinò a noi con il foglio.

 

«Bene, ora io chiamo le seguenti coppie e voi seguendo l'ordine numerato dei banchi vi posizionerete.

Cominciamo.

La prima coppia è Farris e Clementhon.

La seconda è Parker e Rossi.

La terza è Letiziano e Histon.

La quarta è Bertolin e Houston.»

 

“Bene, e Bianca non sarà con me” pensai guardandola mentre lei mi rispondeva con uno sguardo dispiaciuto. Era l'unica ragazza con cui avevo fatto amicizia durante questi due giorni e senza lei di fianco mi sembrava orrendo.

La professoressa continuò.

 

«La quinta è Residori e Crover

La sesta Predok e Bellen.» disse infine soddistatta del fatto che ci eravamo già posizionati ai nostri posti.

Ci guardò e ci invitò ad iniziare il lavoro ci conoscenza che avremmo dovuto consegnare per il giorno dopo.

 

E con chi ero capitata? Con Ethan.

Ero imbarazzata al massimo, ma nessuno dei due parlava e dovevamo assolutamente cominciare una conversazione per fare il lavoro.

Guardai la scheda, piena di domande da fare al compagno e poi guardai lui, completamente assente, con uno sguardo vuoto che girava lentamente la matita tra le dita. Non riuscivo a staccare gli occhi dalle sue mani, erano bellissime, come il resto del suo corpo. Effettivamente nulla di lui era così brutto da poterlo non notare. Per essere un diciasettenne liceale era bello, eccome.
 

«Quando finirai di fissarmi in quella maniera?» Disse acido.
 

Bene, bello ma acido e stronzo. Non sapevo cosa dire, mi aveva spiazzata, non pensavo neanche mi stesse guardando. Presi un respiro profondo e risposi cercando di essere più secca possibile.

 

«Quando potremmo cominciare il lavoro. A proposito, sono la tua compagna di lavoro per il prossimo trimestre e mi chiamo ..» non mi lasciò finire la frase.

«So come ti chiami». Mi rispose secco lasciandomi a bocca aperta.

«E come fai a saperlo?» Chiesi curiosa.

«Ti chiami Nives Residori, sei italiana, sei nata il 25 Maggio del 1997, hai sedici anni e ti piace la musica moderna, ma non quella commerciale perché è troppo rumorosa. Non ti piace vestirti alla moda ma ti piace farti notare per quel che sei. Odi te stessa.»

Per la seconda volta in due minuti mi aveva spiazzato come mai prima d'ora. Come faceva a sapere tutto questo di me?

Era sicuro di quello che diceva, glielo leggevo negli occhi, quegli occhi che pochi secondi prima non mi avevano lasciato neanche per un momento solo per vedere la reazione del mio corpo del mio viso.
 

«E invece te, cosa sai di me?» Chiede con fare deciso.

«Niente, non so niente, so che ti chiami Ethan Crover, che hai diciasette anni e che sei un mio compagno di classe. Che sei di Atlanta ma che per molto tempo hai vissuto in California e ora per il lavoro dei tuoi abiti qui a Peachtree. Sei un ragazzo chiuso, duro e non vuoi troppa gente intorno, non ti piace la musica, non la consideri un qualcosa di utile nella società di oggi.»

 

Guardai i suoi occhi spalancati e contemporaneamente mi resi conto di avere gli occhi spalancati anche io. Come diavolo facevo a sapere tutte queste cose su di lui? Non sapevo neanche chi fosse un momento prima ed ora, così di punto in bianco dicevo cose su di lui che a quanto pare erano vere?

Mi ero girata un attimo per riprendere fiato quando suonò la campanella, mi girai verso di lui quanto mi trovai la sedia vuota e Bianca che mi guardava in modo perplesso.

Non ero riuscita neanche a chiedergli qualcosa sul compito?

E ora?



ANGOLO AUTRICE: Ciao lettrici, scusate tanto se alla fine non ho più iniziato con la storia, mi farò perdonare il prima possibile. questo è il primo capitolo e beh, spero vi piaccia. lasciatemi qualche recensione, criticate anche, non fatevi problemi, prendo esempio sempre io. 
Al prossimo aggiornamento ! 

  
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