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Autore: Martyx1988    04/07/2008    1 recensioni
Un giovane elfo mandato a sorvegliare le azioni del sovrintendente, una ragazza allontanata da ciò che amava di più, costretta a mettere le sue doti di guerriera al servizio della Terra di Mezzo, in attesa del ritorno del Re e del suo principe...
Genere: Romantico, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Denethor, Faramir, Legolas, Nuovo personaggio
Note: Alternate Universe (AU), What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Canto di morte, canto di speranza

Casa é alle spalle, il mondo avanti. Le strade da seguire, tante. Nell'ombra il mio viaggio va finché luce nel cielo sarà. Nebbia e ombra, oscurità, tutto svanirà. Tutto svanirà.


La voce di Pipino riecheggiava attraverso i muri di pietra della cittadella di Minas Tirith. Un canto di sollazzo per il vecchio Denethor , impegnato a mangiare ciò che la tavola imbandita gli offriva. Un canto di cordoglio per la gente della città, che aveva assistito alla sfilata dei pochi cavalieri valorosi che andavano incontro a morte certa. Un canto di morte per Faramir, che per compiacere un padre fuori di senno stava conducendo quei valorosi e se stesso verso una fine immeritata. Un canto di rassegnazione per Gandalf, le cui parole non erano riuscite a fermare il giovane capitano, nè a convincere Denethor della follia dei suoi gesti. Un canto di dolore per Elanor, affacciata nuovamente alla terrazza, gli occhi chiusi e le mani giunte intorno ad un ciondolo a lei molto caro. Non una lacrima solcava il suo viso, piangere non serviva a nulla, bisognava solo sperare.

La voce di Pipino svanì lentamente tra le cerchie di mura della città, dei cavalli al galoppo non si udì più nulla, tutta la pianura era pervasa da un lugubre silenzio.
Elanor si lasciò cadere a terra, la schiena contro il muretto della terrazza, le mani sempre strette intorno al monile. Il fruscio dei piccoli passi del mezz'uomo le fece aprire gli occhi. Pipino si arrestò a pochi metri da lei.
"Hai visto cosa vuol dire essere fedeli a Denethor, Peregrino Tuc?"
Lo hobbit abbassò il viso rigato dalle lacrime "Era mio dovere, mi sentivo in debito" rispose sommessamente.
"Lo so, giovane hobbit. Il tuo è stato un gesto onorevole, ma giurare fedeltà a un folle può voler dire essere mandati a morire"
La creatura non rispose, ma abbassò ulteriormente lo sguardo.
"Siedi qui con me, Pipino" disse Elanor, intenerita dal mezz'uomo "Voglio farti vedere che si può ancora sperare"
Subito Pipino si sorprese dell'invito, ma il sorriso sul volto dell'elfo lo rassicurò e lo convinse a muovere il primo passo verso di lei, quindi a sedersi al suo fianco. Com'era calda, Elanor. Non sembrava un elfo, qualcosa di umano vi era in lei, qualcosa che non la rendeva fredda ed irraggiungibile. Non era come dama Galadriel, nè come Arwen. La sua non era diafana bellezza, ma fascino terreno. Eppure le orecchie a punta erano chiaro simbolo della sua appartenenza alla razza degli elfi.
Lentamente, la fanciulla dischiuse le mani, lasciando vedere a Pipino il tesoro in esse contenuto. Un ciondolo a foma di foglia, di colore verde come i suoi occhi, come le foglie di Lothlorien, come le colline della Contea. Tutte immagini che al piccolo hobbit fecero inspiegabilmente rinascere speranza e voglia di vivere.
"Si può ancora sperare, Peregrino Tuc" parlò allora l'elfo, guardando anch'essa il ciondolo.
"In cosa sperate voi, mia signora?" domandò Pipino.
"Nel ritorno di un re, che possa occupare con onore il trono di Gondor e riportare la pace"
E nel ritorno di un principe...concluse tra sè la fanciulla, e i pensieri di lei vagarono verso lande lontane, posti mai visti. E il ciondolo si illuminò di una leggera luce verde.

Seimila uomini. L'esercito che Rohan avrebbe portato in soccorso a Gondor. Troppo pochi.
Legolas li osservava dall'altura dove il re e gli alti ufficiali avevano preso dimora per la notte. Il sole stava tramontando su Dunclivio, e degli uomini che si sarebbero dovuti aggiungere alle seimila lance accampate sotto i suoi occhi nemmeno l'ombra. Aragorn era stato chiaro "Abbiamo fino all'alba, poi dobbiamo andare"
Verso Minas Tirith pensò il giovane elfo, e i suoi occhi verdi presero a brillare. La mano destra si poggiò sul petto, all'altezza del cuore, dove la stoffa nascondeva un piccolo ciondolo a forma di foglia verde. Non manca molto si disse, ripensando a lei, ai suoi occhi, ai suoi capelli, al suo calore non elfico, ma tipico di chi, come lei, era anche umana. Tutto di lei l'aveva fatto palpitare.

Legolas Trandhuilion, principe del Bosco Atro. Tra le creature più belle che la Terra di Mezzo avesse mai visto. Una bellezza che molti desideravano ma a cui pochi potevano veramente aspirare. Tra le dame elfiche del suo popolo, Legolas non aveva trovato in nessuna colei che potesse prendere il suo cuore. Molte si erano presentate al suo cospetto, tutte di indescrivibile bellezza, ma nessuna era riuscita a prendersi il cuore del principe. A tutte mancava qualcosa di cui Legolas sentiva di aver bisogno. Un qualcosa che nemmeno lui sapeva identificare, ma che era certo fosse da qualche parte.
Poi un giorno la vide. Così diversa, così calda. Era giunta nella dimora reale per un'udienza col re, vestita del suo povero abito che caratterizzava la sua razza, i Mezzelfi, i capello castani raccolti in una disordinata treccia, l'insicurezza che si faceva largo nei suoi occhi di smeraldo. Eppure Legolas vide in quella piccola creatura per molti insignificante il tesoro più grande che potesse trovare. La fanciulla brillava di una luce calda, umana, una luce che forse solo lui vedeva, ma che la rendeva splendida ai suoi occhi.
Le prese la mano mentre vagava spaurita in attesa dell'udienza, la fece sobbalzare, provò un brivido. Anche la sua pelle era calda, rosea, accogliente. Lo guardò con occhi spaventati, tentò di ritrarsi, ma la presa di Legolas era forte e allo stesso tempo delicata. Come non poter restare abbagliate da tanta bellezza. Ma era una bellezza troppo lontana e irraggiungibile per lei. Eppure non riusciva a distogliere lo sguardo, si sentiva come ipnotizzata. L'elfo le sorrise e le guance di lei si colorarono tenuamente di rosa, un chiaro segno della sua parziale appartenenza alla razza umana. La fanciulla si portò le mani al viso per tentare di nascondere quel deplorevole colorito e fuggì via, il principe la inseguì e fu più veloce, le si parò davanti. Ancora quello sguardo, ancora quel rossore sulle guance, la giovane si coprì il viso con entrambe le mani, ma l'elfo le afferrò i polsi e la costrinse ad abbassarle.
"Perchè nascondere ciò che vi rende così bella e irresistibile ai miei occhi?" le disse dolcemente, per poi appoggiare le sue stesse mani sulle gote di lei e godere del calore che emanavano.
La fanciulla chiuse gli occhi,sussultò al tocco freddo dell'elfo, ma poi lo sentì lentamente scaldarsi sulla sua pelle.
"Come vi chiamate, mia dama?" domandò gentile Legolas.
"Elanor" rispose in un flebile sussurrò la fanciulla, ritornando ad osservare quello sguardo magnetico.
Poi l'arrivo delle guardie reali, era proibito ai Mezzelfi parlare coi reali senza un'udienza o un permesso. Elanor si scansò dal tocco gentile del principe e fuggì via, nel bosco.
"Elanor" ripetè Legolas tra sè e sè "Ti ho trovata"

   
 
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