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Autore: pickingupwords    25/03/2014    3 recensioni
Lily Evans aveva sempre odiato James Potter.
Remus Lupin aveva sempre mentito.
Sirius Black si era promesso che non si sarebbe mai innamorato.
Mary MacDonald era sempre stata invisibile.
Amelia Williams si era sempre nascosta.
Nina Clarks non aveva mai avuto paura.
"Se fossimo soltanto io e te a cercare di trovare la luce?"
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Mary MacDonald, Nuovo personaggio | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Nina.


Un tonfo sordo, si alzò dal letto di scatto, corse dai suoi genitori, il più veloce possibile che le gambe stanche le permettessero, aprì la porta violentemente. “Uscite, adesso!” urlò, urlò così forte che penso le si potessero rompere le corde vocali; loro si svegliarono, spaventati. Lo sapeva e lo sapevano anche i suoi genitori che sarebbe potuto accadere, ma lei aveva sperato fino all’ultimo che non succedesse, che si dimenticassero o che non li trovassero. E invece eccola là, a combattere contro qualcosa più grande di lei, qualcosa che non capiva.
“Fuori, dal retro” ordinò senza indugi, cercando di mostrarsi il più forte possibile, quando dentro stava morendo. I suoi genitori eseguirono gli ordini e si nascosero nel capanno, insieme a lei, che non poteva lasciarli soli; nessuno osava fiatare.
Non era mai stata così tesa in vita sua.
La porta d’ingresso di casa saltò in aria.
Sua madre pianse, suo padre la consolò, lei restò da sola, in attesa: qualche schiamazzo, qualche urlo, qualche incantesimo e qualche risata sadica.
Si tappò la bocca per evitare di fare il minimo rumore, la bacchetta stretta in mano e gli occhi chiusi.
Stavano arrivando: avevano capito dove fossero andati cercando di sfuggirli.
Puntò la bacchetta di fronte a sé, portò i suoi genitori dietro la schiena e la paura iniziò a farsi spazio in quelle quattro e strette mura.
La porta si spalancò di scatto per mostrare una figura vestita interamente di nero con un lungo mantello e una maschera a coprirgli il viso.
Stupeficium!” urlò, il Mangiamorte evitò il colpo e fece entrare nel capanno altri quattro dei suoi, uno dei quali rise istericamente, probabilmente contento di aver trovato qualcuno da uccidere.
Si fece più vicina a suoi genitori proteggendoli: suo padre stringeva sua madre a sé, cercando di mostrarsi forte.
“Non vogliamo loro” le disse uno dei tre. “Vogliamo te” la voce era distorta e lei iniziò a tremare.
“Non toccatela!” si fece avanti suo padre per difenderla, ma lei lo spinse subito via e lanciò una frattura ad un Mangiamorte, colpendolo in pieno.
“Giochi col fuoco, ragazzina” rise uno e la colpì, facendole fare un volo fino alla parete opposta del capanno; lei si rialzò immediatamente, tornando alla sua postazione precedente e cercò di lanciare qualunque incantesimo a chiunque, il primo che le venisse in mente, senza pensare: doveva solo difendere i suoi genitori, doveva solo combattere, doveva solo restare viva.
 Andò avanti così per qualche minuto: scoppi, luci colorate e urla di incantesimi. Avrebbe fatto qualunque cosa per non perdere; quando, ad un certo punto, una luce verde la sorpassò per colpire in pieno petto suo padre. Si voltò di scatto: era sdraiato, a terra, gli occhi e la bocca spalancati.
Iniziarono a fischiarle le orecchie, il cuore si bloccò per un istante; sua madre si portò una mano alla bocca e gridò. Non sentiva niente, non riusciva a sentire niente, era come se tutto si fosse bloccato, immobile, un arresto del tempo.
“Questo per farti capire cosa facciamo a quelli come te, Mezzosangue” sputò fuori uno dei Mangiamorte, per poi sparire insieme agli altri in una nuvola di fumo nero.
Cadde a terra in ginocchio, sfinita, guardò il corpo di suo padre ormai senza vita e non riuscì a respirare, a muoversi, a dire qualunque cosa. Sua madre era china sul petto del suo defunto marito e piangeva, urlava, gridava, mentre lei era lì, senza saper cosa fare.
Si sentiva svuotata, come se le avessero portato via tutto. Si ricordò di quando lui la portava al parco e la spingeva sull’altalena, di quando cucinavano la torta del compleanno per la mamma insieme, di quando l’aveva consolata perché il suo primo amore era finito, di quando l’abbracciava. E si rese conto che non avrebbe più potuto avere tutto quello, si rese conto che lui non c’era più.
Voleva piangere, ma le lacrime non riuscivano a scendere, erano bloccate e, allora, non lo fece. Non pianse quel giorno e nemmeno nei giorni  successivi e nei mesi e negli anni. Non pianse. Non piangeva da due anni.
Nina si svegliò, aveva il respiro irregolare ed era sudata; si alzò dal letto, una notte con la luna piena le si presentava davanti, si passò una mano fra i capelli e prese un antidepressivo babbano, gliel’aveva prescritto lo psichiatra da cui andava; si accarezzò la nuca, mentre le sue amiche dormivano tranquille, lei uscì dalla stanza per dirigersi in Sala Comune, si strinse nel pigiama e prese un gran respiro, cercando di calmarsi. Sospirò profondamente e iniziò a girare per la stanza, perlustrandola e controllandola.
Sua madre le scriveva ogni settimana e lei rispondeva ogni volta, da quando era successo quello che era successo era diventata paranoica nei confronti di Nina, non lasciandola un attimo, non permettendole un momento per sé. Se quando era a casa usciva, lei doveva sapere dove andasse, con chi e quando sarebbe tornata; doveva conoscere di persona i ragazzi con cui si vedeva e fidarsi, altrimenti Nina sarebbe rimasta a casa.
La capiva, sapeva perché si comportava così e non la criticava per quello, ma quel fatto aveva segnato profondamente anche lei, rendendola tremendamente vulnerabile. Lei, che non aveva mai avuto paura, ora si sentiva completamente indifesa: temeva che sarebbero tornati a casa sua per far del male anche a sua madre, temeva che potessero far del male a lei, temeva che potessero far del male a qualunque persona conoscesse.
A volte le capitava di sognarli, a volte come quella notte e non si dava pace, finché non sapeva che era tutto a come al solito, che non ci fosse nulla fuori posto; ecco perché, quando ormai aveva finito il giro d’ispezione, si era seduta sul divano blu al centro della Sala, rannicchiata su se stessa.
Chiuse gli occhi ed inalò tutta la aria che i polmoni le permisero, i nervi iniziavano a distendersi e lei stava cominciando a tranquillizzarsi: il farmaco iniziava a fare effetto, riuscendo a calmarla.
Non le era mai piaciuto essere quella debole in un rapporto, di qualunque tipo: amore o odio non aveva importanza, doveva, per forza, essere la vincente. Ne era ossessionata.
E quella perdita così grande che aveva subito l’aveva distrutta, le aveva lacerato l’anima in milioni di pezzettini troppo difficili da cucire di nuovo insieme; era così sconvolta che qualche volta le capitava di vedere ancora i Mangiamorte, di fronte a lei, pronti a farle del male, oppure rivedeva la morte di suo padre, oppure, cosa peggiore, aveva delle visioni così reali, che si ritrovava come catapultata nel capanno, da sola, mentre un Mangiamorte cercava di ucciderla e si sentiva soffocare.
Poi si trovava a scuola, senza sapere perché o come, o magari si scopriva in mezzo al giardino di Hogwarts, da sola; era successo anche che si ritrovasse in Dormitorio, o nei bagni… Ovunque. E non sapeva come ci fosse arrivata.
Quel ricordo la tormentava a tal punto da renderle la vita impossibile: non l’aveva detto a nessuno e non l’avrebbe mai fatto. Perché ammetterlo avrebbe reso tutto reale.
 


***
 


Scese le scale per arrivare in Sala Grande in tutta fretta, quando vi giunse, era praticamente vuota, tranne per un gruppo di ragazzi seduti al tavolo di Grifondoro, che parlottavano fra loro. Notò Sirius ed abbassò la testa, dirigendosi alla sua tavolata, senza dire una parola o avvicinarsi a James per salutarlo.
Era molto tardi, ma lei non riusciva ad affrontare la giornata senza mangiare qualcosa, solo che, quando succedeva che non fosse in orario per le lezioni, la Sala solitamente era completamente vuota, ma non quel giorno: i Malandrini ridevano e parlavano fra loro, anche se ne mancava uno, Remus Lupin, infatti, non era presente. Probabilmente già in classe, o, forse, in Infermeria, come suo solito. Non conosceva Remus, ma sapeva che era particolarmente cagionevole di salute, cosa che gli causava più a meno una volta ogni mese il dover assentarsi dalle lezioni per guarire.
Iniziò a mangiare qualcosa di quel poco che era rimasto, si versò una tazza di caffè e li studiò: James aveva qualche graffio, Sirius aveva una fasciatura alla mano, mentre Peter era sano come un pesce; nonostante tutto, scherzavano come al solito.
Sirius si accorse di lei, che, non appena incrociò i suoi occhi, abbassò lo sguardo.
Restò ad osservarla per qualche secondo, come ammaliato, finché James non lo riscosse, lui gli fece cenno di aspettare un momento e si alzò dal tavolo. Aveva deciso che l’avrebbe avuta, in qualunque modo: lei sarebbe stata sua.
Si sedette vicino a lei, facendola sobbalzare. “Clarks” la salutò, addentando una mela.
Lei riprese fiato e strinse la presa sulla tazza di caffè. “Ciao Black” lo salutò con disinteresse, sorseggiandone un po’. “Qual buon vento?”
“Nessun buon vento, solo l’irrefrenabile ed irrinunciabile voglia di vederti” rispose spavaldo, spostandosi i capelli dal viso e sorridendole appena.
“Smettila” lo smontò subito, causando un’espressione sconcertata sul suo viso.
“Di far cosa?” le chiese con le sopracciglia inarcate.
“Di fare il cretino” lo rimbeccò, girando il volto verso di lui. “E di mentire” aggiunse, per poi tornare al suo caffè.
“Mentire?” chiese ancora, curioso.
Lei scosse la testa, ridacchiando e pensò che Sirius non era poi così intelligente come spesso voleva dar a vedere: non aveva ancora capito che lei si era perfettamente resa conto della persona che era in realtà? Erano troppo simili perché non lo facesse.
Erano due corazze, così facili da distruggere, ma così difficili da penetrare.
“Lascia stare” lo rassicurò, sventolando una mano all’aria. “Non state facendo tardi a lezione?” gli domandò voltando il viso verso di lui.
“Non potrei farti la stessa domanda?” ribatté, sfoderando quel suo solito sorrisetto strafottente che Nina –aveva spesso pensato- avrebbe voluto fargli sparire con un bacio.
“Non potresti rispondere e basta?” lo rimbeccò, fissando gli occhi sulla sua bocca.
“Non potresti evitare di fare domande in risposta?” e le labbra di Sirius si incurvarono verso destra, scoprendo i denti e lei chiamò a sé tutto il suo autocontrollo.
“Mi sono svegliata tardi” rispose infine, alzando gli occhi, finalmente, ed agganciandoli a quelli di lui.
“Anche noi” affermò Sirius a mezza voce, non capiva perché, ma quella ragazza gli faceva un effetto diverso da quello che gli causavano tutte. Non era solo bella, era molto di più, era perfetta e forte come un uragano; ma non era solo quello, c’era qualcosa in lei, qualcosa che la rendeva unica, qualcosa che gliela faceva desiderare come se lei fosse l’acqua e lui un uomo disperso nel deserto. Non solo la voleva, ne aveva bisogno. Non riusciva a capirne il motivo e questo lo frustrava, lo rendeva debole.
E a lui non piaceva essere debole.
“Beh, buon proseguimento di mattinata, allora, Black. Spero che le lezioni non siano troppo pesanti per il tuo cervellino sottosviluppato” gli lanciò un sorriso di scherno che lui accettò e ricambiò volentieri.
“Ah, mia Clarks, quando fai la stronza mi piaci ancora di più” confidò sussurrandole all’orecchio in un sospiro; Nina rise e si voltò verso di lui, il viso a qualche centimetro dal suo.
“Tu a me piaci sempre, invece” ammise lei, sempre in un sussurro, lasciandolo di stucco, per poi alzarsi e andarsene diretta all’aula di Difesa contro le Arti Oscure.
Le piaceva giocare con lui, era una cosa che la elettrizzava parecchio, forse per il modo di fare di Sirius o forse perché, giocando con lui, giocava anche un po’ con se stessa, data la loro somiglianza.
Arrivò in classe in qualche minuto e raggiunse Lily, che era insieme ad Amelia, stavano parlando fra di loro e quando la notarono le sorrisero e le andarono incontro.
“Nina!” la salutò Lily con entusiasmo, abbracciandola. “Come stai?”
“Bene, Rossa” rise l’altra, ricambiando la stretta. “Te?”
“Non c’è male” Lily si separò e fece spallucce, sorridendole appena.
“Amy?” si rivolse poi alla mora, che sollevò lo sguardo ed incontrò il suo, come spaesata. “Ho saputo che sei stata poco bene ieri, ora è tutto a posto?” chiese sinceramente preoccupata.
“Sì, sì, sto bene, benone” la rassicurò l’altra sforzandosi di sorridere.
“Con Remus?” domandò ancora Nina sentitamente.
Amelia non rispose. Continuava a ripetersi, giorno dopo giorno, che l’aveva superata, che non le importava più; ma i suoi occhi mostravano solo dolore quando vedevano la stessa scena che ogni giorno le si presentava davanti: Remus e Mary, sempre e perennemente insieme. Non lo sopportava, non riusciva a capacitarsene. Tante volte sarebbe voluta andare da lui e parlargli, chiarire o chiedere delle spiegazioni, ma poi le parole di quella che un tempo era una sua amica le tornavano in mente e si diceva che aveva ragione: era patetica. Così lasciava perdere e aspettava che lui tornasse, non aveva la forza di combattere, non più almeno.
Nina vide il sorriso di Amelia allargarsi facendosi finalmente vero e Lily abbassare lo sguardo non appena i Malandrini, o, meglio, tre componenti dei Malandrini, fecero il loro ingresso; Amy iniziò a correre verso Sirius e lui la prese al volo, sollevandola da terra e stringendola a sé con fare fraterno.
James scosse la testa divertito e si avviò verso Nina, facendole un baciamano. “Signorina Clarks” la salutò. “Perdonali, fanno sempre così” disse poi facendo un cenno a Sirius e Amelia, che, finalmente, si erano separati e stavano ridendo fra loro. “Mia dolce Evans” si rivolse poi a Lily, James, che gli sorrise appena. “Oggi siamo più radiose del solito” le guance della ragazza si colorarono di rosso, mentre sul volto di James si fece largo un sorriso intenerito e divertito allo stesso tempo.
“Chi si rivede!” fece poi capolino Sirius camminando verso Nina. “La mitica Clarks!” le fece un cenno, un ghigno dipinto alla perfezione sul suo viso.
“E anche il mitico Collins!” esclamò il professore entrando in classe, facendo ridere gli studenti.
“E’ sempre un piacere, prof” Sirius fece un leggero inchino rivolto all’insegnate, che rise, divertito. Adorava quei ragazzi e loro adoravano lui. Era uno dei pochi professori che sapeva mischiare interesse e divertimento all’imparare.
“Anche per me, Black” sorrise all’alunno. “Ma, ora” richiamò l’attenzione di tutti con un battito di mani. “Spostiamo i banchi e mettiamoci al lavoro, ragazzi: oggi esercitazione a coppie” e gli studenti eseguirono gli ordini, appoggiando –senza la magia- tutti banchi ad una parete della classe. “Molto bene” si congratulò Collins. “Allora, per prima cosa, sceglierò io le persone con cui dovrete stare: non bisogna conoscere i punti deboli dell’altro, se vogliamo rendere questa lezione utile. Se potrebbe accadervi di incontrare un Mangiamorte…” Nina abbassò lo sguardo, “…in futuro, non saprete quali siano gli incantesimi con più effetto su di lui, quindi far combattere, ad esempio, Evans e Williams non avrebbe alcun senso: perché sono amiche e si conoscono, sanno cosa fa più male all’altra. Motivo per cui, oggi scelgo io chi dovrete affrontare” spiegò camminando fra gli studenti, toccò la spalla di James. “Tu con Evans, Potter” annunciò e James, riuscì a malapena a trattenere un urlo di felicità, si catapultò da Lily alla velocità della luce.
“Amelia” sorrise alla ragazza, che ricambiò. “Ti voglio con MacDonald” Amelia si voltò verso Mary, che ricambiò lo sguardo, incredula.
“Prof, noi…” iniziò quest’ultima.
“Non si discutono le mie decisioni” tagliò corto Collins, stava per rivolgersi ad un altro studente, quando Amelia lo interruppe.
“Noi siamo amiche, prof” constatò ovvia, anche se il tempo presente che aveva usato nella frase era più che falso.
“Non in questo momento, mi pare, Williams. O forse mi sbaglio?” lanciò un’occhiata alle due, che non risposero. “Dovete rendervi conto che i professori non sono solo entità che vivono solo nelle ore di lezione: vediamo, sentiamo e ci accorgiamo anche noi che c’è qualcosa che non va. Per voi, quindi, va bene così: magari vi sfogate anche un po’” dichiarò schietto, senza ammettere repliche. Amelia puntò lo sguardo a terra e si diresse al fianco di Lily, seguita da Mary, nettamente a disagio.
“Molto bene” disse soddisfatto il professore, fece qualche altra coppia, poi si soffermò su Sirius. “Black… Black, Black, Black, con chi ti metto?” ripeteva fra sé e sé, lasciando una pausa di qualche secondo ogni volta che diceva il suo cognome,  il ragazzo sorrise spavaldo. “Insomma, ti conoscono tutti” sospirò. Passò qualche momento di silenzio e poi: “Ti voglio con Clarks” dichiarò poi come se fosse stato colto da una qualche strana illuminazione.
Nina gli lanciò uno sguardo, che lui ricambiò. Si avvicinò a lui senza dire una parola; Collins finì di annunciare le coppie, i ragazzi si sparpagliarono per la stanza, uno di fronte all’altro, le bacchette sguainate.
“Al mio tre, lancerete una Frattura” disse il professore. “Una Frattura, chiaro? Niente di più” i ragazzi annuirono, facendo notare che avevano capito. “Molto bene. Uno… Due… Tre!” Amelia colpì Mary in pieno petto, facendola volare dall’altra parte della stanza; Lily sfiorò appena James, troppo veloce e abile grazie al Quidditch per non riuscire ad evitare l’incantesimo; Sirius beccò Nina ad un braccio, senza però farle male.
“Stai bene?” le si avvicinò, lei annuì tranquilla.
“Sì, non è niente” lo rassicurò. Tornarono tutti ai loro posti.
Collins gli fece fare ancora qualche prova, poi volle valutarli una coppia alla volta. “Per prime, Amelia e Mary. Prego” le due si avviarono al centro dell’aula, una di fronte all’altra. “Quando volete” li disse, allontanandosi.
Amelia e Mary si studiavano come se fossero state su un campo di battaglia, Lily e Sirius si scambiarono un’occhiata preoccupata, lui le annuì appena, segno che lei intese come un: ‘se le cose si mettono male, io e te interveniamo’, lei ricambiò il gesto.
Fu Mary ad attaccare per prima, cercò di disarmare Amelia, che però schivò il colpo. “Stupeficium!” esclamò, investendo Mary, che cadde a terra, per poi rialzarsi subito, lanciando una Frattura ad Amelia facendola crollare sulle ginocchia.
“Non mi batterai, Mary, non questa volta” disse, fra i denti, ma abbastanza forte perché tutti la sentissero. Si rialzò repentina e la disarmò, per poi scagliarle contro una Frattura a sua volta, facendola schiantare contro la parete della classe.
“Okay, okay!” intervenne Collins, appostandosi di fronte ad Amelia, che, ne era sicuro, se non fosse stato per lui sarebbe andata avanti a colpire Mary. Sirius si precipitò verso Amelia, mentre Lily andò ad aiutare Mary.
“Calmati” le disse, poggiando le sua mani sulle spalle della ragazza.
“Sono calmissima” dichiarò Amy sicura.
“Davvero?” lui inarcò un sopracciglio, sarcastico.
“Williams, vai a fare un giro con Evans” consigliò il professore, Lily andò dall’amica e le circondò le spalle, conducendola fuori dalla stanza, sotto gli sguardi un po’ allibiti di tutti. “MacDonald, stai bene?” si rivolse poi a Mary, la quale annuì e si sedette su un banco appoggiato al muro. “Okay. Black resta qui, ora tocca a te, Clarks raggiungi il tuo degno compare” disse a Nina, che eseguì. “Cerchi di essere meno scontrosa della sua amica” le sussurrò, lei rise appena, divertita.
Lei e Sirius si misero uno di fronte all’altra, pronti a reagire a qualunque attacco da parte dell’altro.
Nina era sul punto di attaccare quando successe qualcosa di strano: la stanza diventò buia tutto d’un colpo, non permettendole di vedere; iniziò a chiamare Sirius, senza ottenere risposta.
Era completamente spaesata, non aveva idea di dove si trovasse.
Allora fece quello che ogni strega o mago avrebbe fatto in una situazione del genere, specialmente se aveva subito quello che aveva subito lei: afferrò la bacchetta più saldamente puntandola di fronte a sé, cercando di restare calma e di non perdere il controllo di se stessa. Iniziò a camminare cautamente. Aveva imparato a pensare lucidamente in momenti come quelli: era l’unica soluzione per restare in vita; non farsi prendere dall’emozione, dalla paura di sbagliare qualcosa e rischiare di perdere qualcuno, doveva solo restare concentrata.
Era da sola e sapeva che nessuno sarebbe venuto a salvarla: se i Mangiamorte avevano deciso di ucciderla, ci sarebbero riusciti e lei ne era consapevole. Doveva solo cercare di resistere il massimo di cui era capace: non sarebbe morta senza combattere.
Probabilmente avevano usato una qualche magia per permetterle di arrivare in quel posto sconosciuto da sola e far dissolvere l’aula di Difesa contro le Arti Oscure; oppure era una sua visione. Anzi, si rese conto che lo era per forza. Non esistevano magie per far sparire una persona da un luogo e portarla immediatamente in un altro.
“Svegliati, Nina, svegliati” disse a se stessa a bassa voce nel mentre cercava di capire come uscire da lì. “E’ solo una delle tue visioni, Nina, non è reale” ripeté in un sussurro, cercando di mantenere i nervi saldi. Poi una luce illuminò un punto del posto in cui si trovava, garantendole una visuale totale di quello che le si presentava davanti: il pavimento era di legno come le pareti, che erano completamente spoglie. Si avvicinò allo spiraglio, piano, cercando di non far rumore: un uomo era steso a terra, probabilmente morto, completamente illuminato da quella luce troppo chiara. Si portò una mano alla bocca, spaventata, dopo di che si accucciò e guardò l’uomo da più vicino. Era suo padre. Suo padre, morto, al centro del nulla. E se non fosse stata una visione? Se fosse morta anche lei?
Del sangue iniziò ad uscire dal corpo di suo padre, dalla bocca, dagli occhi, dal naso… Sangue, solo sangue, rosso, denso, pulito. Iniziò a macchiarla, lei si rimise in posizione eretta, terrificata ed indietreggiò; ma il sangue la raggiungeva sempre, il sangue di suo padre ormai morto; più andava veloce lei, più scorreva veloce quel liquido rosso scuro e la raggiungeva, la sporcava. Iniziò a gridare, terrorizzata, urlò così forte che aveva paura di aver perso la voce. Urlava e gridava, in continuazione, disperata, ma era sola, nessuno la sentiva.
Due mani forti le afferrarono  le braccia, una presa salda e sicura: era un Mangiamorte, chi altri, se no? E con quel poco di ragione che le era rimasta, ma urlando a più non posso, schiacciò la bacchetta contro la pancia di quello, Schiantandolo. Quando il corpo cadde a terra con un tonfo, lei aprì gli occhi chiusi in precedenza e si trovò davanti una scena che non si sarebbe mai aspettata: i suoi compagni di classe erano divisi in due gruppi, chi attorno a qualcuno a terra, chi la guardava stralunato.
Scosse la testa e si diresse verso il mucchio di ragazzi concentrati su qualcuno, facendosi spazio. James stava aiutando Sirius a rialzarsi da terra, Nina spalancò la bocca e lo raggiunse.
“Che diavolo ti salta in mente?” la interruppe bruscamente Collins, andandole incontro. “Non è corretto fare attacchi di questo tipo: avresti potuto fargli davvero male! Fingersi instabile per poi scagliare un incantesimo del genere, Clarks! Non me lo sarei mai aspettato da te! Una settimana di punizione, alle cinque ti voglio nel mio ufficio. A partire da oggi!” la rimproverò, mentre lei non seppe cosa replicare e restò quindi zitta, con lo sguardo fisso su di lui e la bocca semiaperta, come a voler spiegare qualcosa, ma con le parole bloccate in gola. “Potter, porta Black in Infermeria” ordinò al ragazzo, che annuì e accompagnò l’amico fuori; quest’ultimo lanciò un’occhiata preoccupata a Nina: sapeva che non l’aveva fatto apposta, era successo qualcosa, ne era sicuro. Era consapevole del fatto che Nina non avrebbe mai ingannato nessuno, specialmente per vincere uno stupido duello a scuola

 

***
 
 

Nina arrivò in Infermeria appena finiti la punizione e l’ennesimo rimprovero di Collins, spalancò la porta e varcò la soglia, superando una Madama Chips troppo intenta a leggere la Gazzetta del Profeta per accorgersi di lei.
Due ragazzi giocavano a Scacchi Magici su un letto solo, tutti e de a gambe incrociate, uno di fronte all’altro. Nina si avvicinò con cautela e poi tossicchiò per farsi notare.
Sirius alzò lo sguardo verso la ragazza con le sopracciglia inarcate. “Clarks”
“Ciao” ricambiò Nina.
“Ehi” le sorrise dolcemente Remus.
“Ciao, Remus” si sedette vicino a lui, con il sorriso sulle labbra. “Come stai?”
“Bene, grazie. Stasera torno in Dormitorio” rispose facendo muovere l’alfiere, sempre con tono affettuoso.
Lei annuì appagata. “Ti dispiace se parlo un attimo con Black?” gli chiese poi.
Remus lanciò un’occhiata a Sirius che ricambiò il gesto, facendogli un cenno.
“Nessun problema: dovevo anche andare in… ehm… in bagno” concluse alla fine Remus scendendo dal letto. “Ci vediamo, Nina”
“Prenditi cura di te stesso, Remus” lo salutò.
“Farò del mio meglio” disse per ultima cosa, per poi chiudersi la porta del bagno alle spalle.
Nina osservò Sirius per qualche secondo, lui la scrutava intensamente, in cerca di risposte. Lei si tolse la borsa a tracolla per poi sedersi di fronte a Sirius, passandosi una mano fra i capelli. “Mi dispiace” furono le uniche parole che riuscì a dire, senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi.
Ci fu qualche secondo di silenzio, momenti che Nina trovò pesantissimi da reggere. Non sapeva dove avesse trovato il coraggio per andare da lui e chiedergli scusa, sapendo che avrebbe corso il rischio di dovergli confessare tutto quello che accadeva nella sua testa.
Il trauma per la morte di suo padre non l’avrebbe mai abbandonata e ne era consapevole, ma raccontarlo a qualcuno avrebbe reso la situazione definitiva e questo la spaventava; ma non poteva nascondere quella situazione ancora, non a Sirius.
“Ti dispiace per avermi fregato l’anello d’argento o per avermi Schiantato?” le chiese ridacchiando facendo un cenno alla sua collana, per alleviare la tensione.
Nina abbassò lo sguardo di scatto, stupita. “Questo dici?” indicò l’anello che usava come ciondolo, lui annuì appena. “Oh, io l’ho… l’ho trovato in biblioteca, per terra, non pensavo che… io… Se… se lo rivuoi non c’è problema” spiegò titubante, mentre Sirius scuoteva la testa.
“No, non ce n’è bisogno, puoi tenerlo” regalarglielo lo faceva sentire più vicino a lei, in qualche modo, sapere che Nina costudiva qualcosa di prezioso di suo, lo rendeva felice. “Aveva ragione quel deficiente di Lunastorta: l’avevo davvero perso” scosse la testa divertito passandosi una mano fra i capelli e poi puntò lo sguardo sulla ragazza, che lo guardava ammaliata. Dopo altri attimi di silenzio si decise a parlare. “Cos’è successo?” le chiese, difatti, spostando la scacchiera per terra e avvicinandosi a lei.
Nina sospirò profondamente e chiuse gli occhi. “Ho detto che mi dispiace” ripeté: sperava che fosse bastato per chiudere la conversazione, pensando che il discorso si fosse ormai spostato sull’anello di Sirius.
“L’ho capito che ti dispiace” la rimbeccò lui con menefreghismo. “E accetto le scuse; ma voglio sapere cosa è successo, non se ti dispiace o meno” si chinò verso di lei, sollevandole il viso con un dito poggiato sotto il mento ed incontrando i suoi occhi.
Nina restò senza fiato, ammaliata dalla bellezza del ragazzo e per un attimo si dimenticò del motivo per cui fosse andata a parlargli. “Ho visto qualcosa” rispose poi, secca e scostando il volto, riacquistando lucidità.
“Hai visto…?” Sirius iniziò la frase, ma si bloccò, incredulo. “Sei una sensitiva o qualcosa del genere?” inarcò un sopracciglio.
Nina rise. “No, non sono una ‘sensitiva o qualcosa del genere’, non sono nulla” fece spallucce.
“E allora cos’hai visto?” insistette.
“Niente” si sforzò di sorridere e si alzò dal letto, raccogliendo la borsa da terra. “Io vado, sono contenta che tu ti sia rimesso” e iniziò a dirigersi verso l’uscita.
Sirius la guardò disorientato per qualche secondo, poi si alzò e la fermò, prendendola per i fianchi e facendosi molto vicino a lei. “Vuoi dirmi che succede?” le sussurrò a mezza voce all’orecchio. Quella vicinanza turbava tutti e due.
Lei si divincolò dalla sua presa e si voltò verso di lui, respirando affannosamente. “Non farlo più” lo avvertì.
“Non cambiare argomento” puntò i suoi occhi in quelli di lei.
“E tu impara a farti i fatti tuoi”
“Voglio solo capire perché mi hai Schiantato a distanza esageratamente ravvicinata”
“Ti ho detto che ho visto qualcosa”
“Ma cosa, Clarks? Cos’hai visto? Eri terrorizzata, tremavi e gridavi, dannazione!” iniziò ad alzare la voce e lei fece lo stesso.
“Non ho visto niente di importante, okay?”
“So che non mi avresti mai fatto del male, ti conosco abbastanza da saperlo, quindi, ora, mi dici che diavolo ti è preso!” le si avvicinò.
“Ho delle visioni!” esclamò dandogli uno spintone e facendolo allontanare da lei. “Ho delle visioni da quando mio padre è morto per mano di un Mangiamorte a casa mia, i posti dove sono si dissolvono per diventare qualcos’altro e io sono dentro quel qualcos’altro; oppure mi trovo da qualche parte senza sapere come ci sono arrivata” spiegò con il fiato corto, mentre Sirius la guardava con un’espressione indecifrabile sul volto. “E’ due anni che vado avanti con questa storia e prendo degli antidepressivi, i quali sono praticamente delle pastiglie…”
“So cosa sono gli antidepressivi” la interruppe bruscamente lui.
Pausa. Si scoprì incredibilmente leggera dopo aver confessato il suo più grande segreto: era stato difficile, ma quando aveva iniziato non era più riuscita a fermarsi, le parole erano uscite da sole e velocemente, come un fiume in piena e non si pentì di averlo fatto, perché, dopo averlo detto, capì che aveva sempre avuto bisogno di farlo, di parlare di questo suo difetto con qualcuno, di condividere la sua paura con una persona fidata.
“Ora che è tutto risolto me ne posso andare” fece poi come se non fosse successo niente, dato che non sapeva che altro dire, ma voleva solo scappare, avviandosi alla porta.
“Fatti aiutare” disse Sirius in un sospiro.
Si era reso conto di quanto lei fosse debole solo in quel momento, quando, invece, anche l’evento della mattina stessa avrebbe dovuto farlo riflettere, aveva pensato che avesse solo avuto una specie di crisi di nervi data dal troppo stress; ma scoprire che Nina aveva dei problemi mentali evidenti lo destabilizzava, non sapeva come comportarsi, ma sapeva che cercare di aiutarla, probabilmente era l’unico modo per farla uscire da quella situazione.
Lei si voltò –di nuovo- verso di lui e gli andò incontro. “E come vorresti aiutarmi?”
“Standoti vicino” rispose semplicemente lui.
“Non ho bisogno di aiuto” si portò le braccia al petto.
Lui rise nervoso. “Davvero, Clarks? Davvero?” la chiese sarcastico.
“Senti, Sirius Black,” iniziò sviando la domanda. “… com’è che vuoi aiutare tutti tranne te stesso?”
“Aiutare me? E perché mai?” alzò un sopracciglio, spiazzato.
“So che c’è qualcosa che non va, smettila di fare il cretino con me: l’ho capito subito che stai male per un particolare motivo” ribatté Nina sicura.
E Sirius si trovò in difficoltà, senza saper cosa dire o fare. Ancora una volta gli aveva fatto perdere l’equilibrio.  “Non c’è niente che non vada” azzardò.
Nina lo osservò per qualche secondo, per poi sporgersi verso di lui. “Non mi prendi in giro”
Sirius non rispose, era semplicemente paralizzato, spaventato dal fatto che lei lo avesse capito in così poco tempo, preoccupato di quello che avrebbe potuto scoprire: non voleva che sapesse della sua famiglia, di quello che erano tutti loro –suo fratello compreso-, era una cosa che lo faceva soffrire e vergognare e lui non sopportava mostrarsi debole.
“Fatti gli affari tuoi, Clarks” disse infine acido, sulla difensiva.
Fu come se un muro si fosse improvvisamente innalzato tra di loro, facendole fare mille passi indietro dei cinque che aveva fatto avanti, si sentì tagliata fuori e non le sembrava giusto questo comportamento da parte di Sirius.
Perché lei si era aperta, mentre lui aveva completamente rifiutato il suo aiuto? Voleva solo dargli una mano e sapeva quanto fosse difficile parlare dei propri problemi, specialmente per lui, dato che erano molto simili.
Eppure ora sembravano così diversi. Lei aveva accettato il suo aiuto, non l’aveva declinato senza nemmeno dare una spiegazione, gli aveva spiegato la situazione in cui si trovava, perché sperava di uscirne finalmente, con l’appoggio di qualcuno; mentre lui l’aveva ripudiata senza pensarci due volte.
“Agli ordini” disse lei alla fine, voltandogli le spalle e uscendo dall’Infermeria, mentre sentiva Remus uscire dal bagno e dire: “Amico, sei proprio un cretino”.
 

***


Corse il più veloce possibile in Dormitorio, chiudendosi la porta della camera alle spalle e appoggiandocisi con la schiena, facendo respiri profondi.
Continuava a chiedersi, perennemente, come avesse potuto perdere il controllo in quel modo, si rigirò l’anello di Sirius fra le mani e pensò che fosse l’unica cosa che gli restasse di lui. Lo sentiva così lontano, distante… Non l’aveva mai sentito così, come non l’aveva mai sentito particolarmente vicino, ma aveva percepito che qualcosa, tra loro due, si stava costruendo. E vederlo distruggersi così, davanti ai suoi occhi con la consapevolezza di non poter far nulla se non stare a guardare la faceva andare in bestia. Fortunatamente le sue compagne di stanza erano in biblioteca a studiare perché molto probabilmente non avrebbe retto la loro presenza. Chiuse gli occhi e cercò di mantenere la calma, non pensando a quello che era accaduto nelle ore precedenti: non era mai successo che perdesse le staffe, che avesse delle visioni così pesanti in pubblico.
Aveva davvero bisogno d’aiuto.
Eppure non voleva accettarlo.
L’aiuto rendeva deboli, fragili, vulnerabili ed esposti.
Ammettendo di aver bisogno di qualcuno che l’aiutasse, sarebbe stato l’equivalente dell’ammettere di essere una persona estremamente dipendente da qualcun’altro, una persona che si sarebbe fatta male, se non ci fosse stato neanch’uno a sostenerla. E lei non era quel tipo di persona: lei era forte, decisa e non aveva bisogno di nessuno. Nina non aveva mai avuto bisogno di nessuno, in qualunque caso era sempre guarita da sola; andava dallo psichiatra babbano solo perché sua madre, quando era con lei, la obbligava, prendeva gli antidepressivi per evitare visioni troppo frequenti e pensare positivo, ma dopo l’episodio di quella mattina, non credeva che funzionassero molto bene.
Sprofondò nel letto con un tonfo e fissò il soffitto con insistenza, controllando il respiro.
Odiava essere quello che era.
Perché dopo quello che era accaduto due anni fa, non era più la stessa: era diventata più scontrosa, più acida, più cinica e si nascondeva dietro una persona che non rispecchiava quello che lei era realmente; dato che Nina, era, effettivamente, una persona debole, fragile e vulnerabile. Si sarebbe spezzata con una parola detta di troppo, con un gesto impulsivo; ma allo stesso tempo era così forte che avrebbe potuto buttar giù chiunque.
Aveva sofferto e quella sofferenza l’aveva resa delicata, ma le aveva anche insegnato ad essere potente: aveva imparato a pensare lucidamente, a superare una perdita, a non piangere, a non pensar troppo al giudizio delle persone che la vedevano come la ‘ragazza-a-cui-è-morto-il-padre-e-deve-soffrire-molto’. Lei non era così, lei non era la ragazza che si piangeva addosso o che piangeva in generale, lei era Nina Clarks, forte a vedersi, ma debole in verità. Però non importava come lei fosse sul serio, non importava mai a nessuno come qualcuno fosse veramente, chiunque si fermava al suo aspetto esteriore, anche Lily, che aveva capito che ci fosse qualcosa che non andasse in lei, ma non le aveva mai chiesto nulla a riguardo e anche Sirius, il quale all’inizio sembrava diverso dagli, con il quale pensava di avere un particolare legame, perché lei sapeva, sentiva, che erano simili, alla fine si era rivelato come tutti gli altri.
Un grandissimo cretino con troppa paura di esporsi.



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flowers's hall.
scusate il grandissimo ritardo non volevo vi giuro ma la scuola mi ammazza e io non ho tutto il tempo del mondo perché non sono un signore del tempo quindi okay.
capitolo leggermente più corto dei precedenti, ma ho fatto il meglio che ho potuto.
bene: capitolo super nosense! ahahahah
no, volevo approfondire la personalità di nina, dato che mi avete detto che è un personaggio che v'intriga molto, tutto qui e poi farle fare degli sviluppi con il nostro felpato!
belli sviluppi del cavolo, ma who cares. hanno litigato, che cosa bellissima, non trovate?
perché faccio queste cose ahahahah
comunque ecco che compaiono i mangiamorte e tratto l'argomento a grandi linee (mi scuso subito per la mia incapacità di scrivere parti nelle quali si svolgono duelli o combattimenti), come ho detto già al primo capitolo, mi concentro di più sulle vite private dei personaggi, dato che sono pochi capitoli.
sul fronte remus e amelia nessun risvolto, ma aspettate il prossimo capitolo: lì mi divertirò moltissimo.
ho finito di rubarvi tempo. vado a vedere teen wolf, tzé.
un abbraccio ed un bacio sul naso.
rose.

 
  
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