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Autore: Lelusc    25/03/2014    1 recensioni
In un liceo si è consumato un suicidio inspiegabile e da quel giorno hanno chiuso il laboratorio d'arte. Tezuya è al primo anno di liceo alla Tomizu e ogni volta che passa davanti a quell'edificio abbandonato gli susseguono nella mente miriadi di domande e percepisce sempre molte sensazioni inspiegabili. Perchè un anno fa il professore si è ucciso? E perchè in quella stanza? Leggete le avventure di Tezuya e ditemi che ne pensate. Lelusc.
Ci saranno alcune parole giapponesi con la loro spiegazione,spero leggerete il mio racconto.
Tratto dal racconto: Davanti a me vedo una figura diafana di una ragazza appesa per il collo, ha la testa riversa in avanti e i capelli lunghi e lisci che pendono verso terra, ma un attimo dopo è sparita,tanto che potrei credere di aver avuto un allucinazione. DPERO LEGGERETE LA MIA STORIA,CIAO A TUTTI.
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Buongiorno”auguro a tutti mentre entro in classe, ed ecco che Nazume alza il capo e mi guarda con un dolce sorriso.
 
Non posso fare a meno di sorridergli a mia volta e andare al mio banco, quello accanto a lei.
 
“Ciao, come stai?”
 
“Bene, perché ogni lunedì mi fai questa domanda?”Mi chiede pacatamente.
 
Alzo le spalle, poso la cartella vicino al banco e mi siedo.
 
“Che hai in mano?”Chiedo notando che stringe qualcosa.
 
“Ah, questo?" Chiede arrossendo.
 
"È un rossetto, l’ho comprato ieri, ma non so se metterlo o no, non vorrei sembrare vanitosa e poi non so nemmeno se il regolamento scolastico lo permetta”
 
“ma che t’importa di quello che dice la gente, fai quello che vuoi e per quanto riguarda il regolamento scolastico, al massimo i professori ti faranno notare che non lo puoi mettere, tutto qui”
 
“è vero, hai ragio…”
 
“Cos’hai in mano?”Chiede Qualcuno interrompendola.
 
Riconosco subito la voce. Alzo lo sguardo, infastidito e noto Yumi fissare con la sua perenne aria di sufficienza Nazume, che noto subito in difficoltà e timorosa.
Io onestamente non sopporto Yumi, è altezzosa e arrogante e tutto ciò solo perché il padre è ricco e importante e fa sostanziose donazioni alla scuola.
 
“Allora, lo sai che è maleducazione non rispondere”gli fa notare infastidita.
 
“è, un rossetto”dice in tono lieve Nazume.
 
“Come scusa? Non ho sentito”
 
“Smettila Yumi, ti ha risposto, quindi non infastidirla ulteriormente”dico posando una mano su quella di Nazume per darle sicurezza.
 
Chissà perché quando Yumi le rivolge la parola, non riesce mai a rispondere a tono.
 
“E tu chi saresti, il suo avocato difensore?”
 
“Sì, qualcosa in contrario?”Chiedo.
 
“Tsz, non sa neanche difendersi da sola. Andiamo ragazze” dice facendo un cenno alle due che la seguono sempre dappertutto.
 
“Grazie Tezuya”mi dice Nazume ritornata tranquilla e gioviale come prima, regalandomi un dolce sorriso.
 
“Figurati, per così poco e poi se non ci aiutiamo fra amici”dico togliendo la mano da sopra la sua, ed ecco che entra la professoressa e inizia la lezione.
 
Le ore passano come niente, tra le lezioni noiose e quelle impegnative con alti e bassi, fino a che non è il momento di pranzare.
In meno di mezzo minuto più di metà classe è scomparsa, sicuramente è andata a mangiare in giardino, mentre l’altra metà mangia in classe. Io sono uno del primo gruppo; non mi piace rimanere in classe quando ci si sta la maggior parte del tempo, comincio a soffrire di claustrofobia, così prendo il mio bento e mi alzo.
 
“Nazume, andiamo a mangiare in giardino?”
 
“Va bene, so che l’aula ti diventa opprimente dopo diverso tempo”.
 
“Sì, è vero, andiamo”.
 
Usciamo dalla classe e c’incamminiamo verso il corridoio, sorpassiamo il negozio della scuola con una calca di studenti che urlano e si spingono per riuscire a prendere i panini prima che finiscano e ci rintaniamo in uno spazio tutto nostro in giardino.
 
Mi siedo sull’erba in mezzo ai fiori, il posto preferito di Nazume e apro il mio bento, demoralizzato e do una sbirciatina a quello di Nazume.
 
“Quant’è bello il tuo pranzo, è tutto così colorato e sembra anche appetitoso”
 
“non sembra, lo è”scherza Nazume facendo la finta orgogliosa.
 
“Invece il tuo?”
 
“Oggi ho dormito troppo e non ho fatto in tempo a prepararlo, l’ho comprato già fatto”.
 
“Capisco, allora tieni”dice prendendo con le bacchette una polpettina di carne e mettendomela nel mio cestino del pranzo.
 
“Però, in cambio voglio un pomodoro”
 
“affare fatto”dico portandomi la sua polpettina alla bocca.
 
"è deliziosa".
 
“Non parlare con la bocca piena, ingoia prima e comunque l’ho fatto perchè mi mette tristezza vederti mangiare un bento già confezionato”dice portandosi una salsicetta a forma di polipo alla bocca.
 
Dopo un po' di tempo che abbiamo mangiato e parlato del più e del meno, la pausa pranzo finisce e ritorniamo in classe, dove inizia una nuova ora di lezione fino a che giungiamo all’ultima.
 
“Allora ragazzi, oggi faremo una partita a pallavolo,ma prima facciamo un po’ riscaldamento, fate tre giri del campo fuori, d’accordo? Andiamo!” Esclama la professoressa, come sempre entusiasta.
 
Ci sistemiamo in una fila ordinatissima e silenziosa e ci dirigiamo in palestra. Ci cambiamo con la tuta negli appositi spogliatoi e usciamo fuori in giardino a fare i nostri tre giri di campo. Per quanto riguarda fisica io non ho problemi, sono molto sportivo,ma Nazume che è più un tipo intellettuale e a difficoltà a tenere i passo dei suoi compagni, così diminuisco l’andatura fino ad averla accanto.
 
“Ehi, stai bene? Hai il fiatone”le faccio notare.
 
Ride “sì”
 
“dai, corro con te”
 
“grazie Tezuya”
 
Dopo tre giri di campo rientriamo, ci diamo una rinfrescata, beviamo un po’ d’acqua e andiamo in palestra dove ci dividiamo in due squadre e iniziamo a giocare.
 
Dopo alcuni secondi la palla viaggia ancora al di la e al di qua della rete, tanto che sono così annoiato da sbadigliare e non è una bella cosa,fino a che.
 
“Mizunaga! Vedi di prenderla!”Esclama qualcuno.
 
Mi volto di scatto verso la voce, seccato e chi può mai essere se non Yumi. Quella stupida e pure lo sa che Nazume non vuoi la si chiami per cognome,visto che le ricorda il padre che non c’è più.
È già, proprio così, suo padre era il professore che è stato ritrovato impiccato nel laboratorio d’arte.
 
Successe tutto un anno fa, prima che lei s’inscrivesse al liceo, l’ho conosciuta proprio perché si aggirava spesso intorno alla costruzione abbandonata e faceva molte domande e siamo diventati amici. A me interessava il suicidio del professore perché è stato realizzato in una maniera impossibile e senza spiegazione e lei voleva capire perché fosse morto il padre, quindi non vedo perché deve farsi chiamare per cognome se non vuole e non capisco perché devono chiamarla in quel modo solo per dispetto e farla stare male; quella stupida! Penso mentre guardo Nazume che ha abbassato il capo e sta quasi per piangere.
 
"Yumi! Sei..."esclamo arrabbiato quando noto il pallone finire nel nostro campo dritto contro Nazume.
 
“Nazume la palla!”Esclamo, ma è impossibile che riesca a mettersi in posizione e batterla così su due piedi, sicuramente la colpirà, così mi metto di fronte a lei e batto al suo posto evitando che la colpisca; per fortuna che stiamo in squadra insieme, come sempre.
 
Guardo la palla andare con forza dall’altra parte della rete e nessuno riuscire a prenderla.
 
“E vai, punto!”Esclamo felice e mi volto verso Nazume che è rimasta silenziosa a guardarmi.
 
“Tutto bene? Dai, tranquilla, devi solo ignorarla quella stupida”dico arrabbiato.
 
Nazume mi fa un mesto sorriso e annuisce e dopo questa piccola ma orribile cattiveria fila tutto liscio come l’olio, fino alla fine delle lezioni.
 
È il momento di tornare a casa, così prendo la cartella ed usciamo.
 
“Nazume che fai oggi?”
 
“Aspetto mamma, mi deve venire a prendere”
 
“capisco, quindi il vostro rapporto è migliorato”
 
“Sì, poi con quello che è successo a papà mi si è riavvicinata molto,anche se ha un altra famiglia a cui badare non mi trascura”
 
“meglio così, allora resto ad aspettarla con te, ti viene a prendere davanti a scuola?”
 
“Sì e grazie, così mi fai compagnia”
 
Facciamo appena in tempo a passare il cancello della scuola che una macchina suona il clacson attirando la nostra attenzione. è una macchina rossa, è la madre di Nazume.
 
“Eccola, allora a domani”dico
 
“sì, a domani”dice salendo in auto.
 
Si scambiano qualche parola, poi la madre mette in moto e parte. Rimango a guardarle andare via finché la macchina non scompare.
Sono felice che abbiano riallacciato i rapporti.
 
Così, ormai solo, m’incammino verso casa che non è distante dalla scuola e intanto mi guardo intorno.
 
La brezza gentile della primavera non mi dispiace e nemmeno il cielo terso, se solo non ci fosse tutto questo silenzio, penso mentre cammino.
 
Non ci metto molto ad arrivare al mio palazzo, dove ho il mio appartamento. Salgo le scale fino al sesto piano, apro la porta e un silenzio tanto denso da sembrare palpabile, mi circonda tanto da scaturirmi malinconia, che tristezza!
 
Tiro le tende per far entrare la luce e apro le finestre per aerare il soggiorno, dopo mi sposto in bagno a riempire la vasca. Voglio darmi una rinfrescata, durante la corsa e facendo le scale ho sudato.
 
Quando la vasca è piena, mi siedo sullo sgabello e comincio a lavarmi, poco dopo m’immergo. È così rilassate stare in acqua calda fino al collo, anche se purtroppo una volta che mi metto a non far nulla comincio sempre a pensare.
 
Dopo qualche minuto esco dalla vasca, mi cambio maglietta e pantaloni logori e sbiaditi che in genere uso in casa e che mia sorella mi ha sempre detto di non indossare e vado in cucina sfregandomi la testa con un asciugamano che poi mi lascio sulle spalle. Apro il frigorifero e prendo gli ingredienti che mi servono per preparare la cena.
 
Mi preparo del buon riso con contorno di verdure saltate in padella, zuppa di miso e pesce alla griglia e mi metto a mangiare tutto con gusto; ho dovuto imparare a cucinare vivendo da solo, quindi per fortuna me la cavo bene ai fornelli.
 
Giusto il tempo di portarmi un po' di riso alla bocca che suona il cordless e vado a rispondere.
 
“Pronto”
 
“Tezuya”
 
“Nazume, ciao, tutto bene lì con tua madre?”
 
“Sì, anche se il figlio del suo nuovo marito è una peste”
 
“immagino, lo si capisce dalle urla che sento tramite il telefono,ma abbi pazienza,infondo è un bambino”
 
“sì, lo so, ti ho chiamato solo per dirti di non prepararti il bento sta sera, che te lo porto io”
 
“un bento fatto a casa da te e a cosa devo questo piacere?”
 
“Al fatto che mi aiuti sempre e che hai evitato che mi arrivasse quella pallonata addosso, ti ringrazio”
 
“figurati, è normale che eviti che ti faccia male, comunque non dirò di no, mi fa piacere mangiare i tuoi manicaretti, allora grazie, a domani”.
 
“A domani”chiudo la chiamata e ritorno a mangiare, poi mi ritiro in camera, devo fare i compiti per domani.
 
Seduto alla scrivania, tiro fuori dalla cartella tutti i libri che mi servono e non trovo il libro di matematica. Possibile che a fine lezione invece di metterlo nella cartella l’abbia messo sotto il banco? Ma si può essere così distratti? Immagino di sì. Così indosso una maglietta qualsiasi, un paio di pantaloni, le scarpe da ginnastica ed esco dirigendomi a scuola. Quel libro mi serve per forza, altrimenti chi lo sente il professore domani.
 
Arrivo davanti a scuola, ma il cancello è chiuso e mi sembra anche ovvio, è tardi.
 
Intorno a me è tutto buio, c’è solo un lampione che illumina poco e male, ma meglio di niente, anche se mi mette lo stesso i brividi.
Bene, facciamo una birichinata, mi dico e comincio ad arrampicarmi sul cancello.
 
Scendo dall'altra parte con un salto, ed entro scuola.
Ci metto un attimo a percorrere il corridoio silenzioso e buio fino alla nostra aula e nonostante il disagio trovo il libro proprio dove avevo immaginato che fosse, sotto al banco.
 
Ignoro i brividi di paura e l'agitazione che mi manda l’aula vuota e buia e mi dirigo verso il cancello, quando passando per il giardino, non posso fare a meno di soffermarmi a guardare il vecchio laboratorio d’arte. La curiosità mi divora, sono troppo curioso di sapere perchè il padre di Nazume si è suicidato.
 
A quanto o saputo dalle voci di corridoio, era un tipo molto burbero e taciturno,ma bravissimo nella pittura,solamente quando c’era di mezzo il disegno prendeva magicamente vita e parlava; a volte anche troppo e soprattutto si dice che fosse un tipo molto eccentrico; sono troppo curioso.
 
Salgo le scale che portano al vecchio laboratorio d’arte e mi ritrovo davanti alla porta sbarrata da assi di legno.
 
Il vento si è alzato e dato che è sera la temperatura si è abbassata. Da film horror, manca solo un rumore spettrale e abbiamo fatto, ma che rumore spettrale! Qui c’è solo un puro e pesante silenzio che mette inquietitutine peggio della costruzione che ho davanti, comunque la porta è sbarrata e nonostante la curiosità, sono ancora insicuro se entrare o meno.
 
Beh, non è bello impicciarmi di cose che non mi riguardano e se la stanza è stata chiusa ci sarà un motivo, no? Mi dico, però se c’è un modo per aiutare Nazume a capire perché suo padre si è ucciso, devo provare.
 
Lei non sa che cos’è successo e perché si è ucciso, come nemmeno la polizia, allora se posso darle una mano saziando anche la mia curiosità, che naturalmente per la felicità di Nazume passa automaticamente in secondo piano, devo entrare.
 
Stacco con difficoltà le assi di legno inchiodate alla porta ferendomi alle mani, ma non importa, alla fine riesco ad aprirla. Non appena entro sento subito un forte odore di pittura; naturalmente la stanza essendo d’arte ne è rimasta impregnata.
 
Faccio un passo in avanti sorpreso da quando si veda bene all'interno quando improvvisamente mi sento a disagio e alzo lo sguardo.
 
Rimango immobile. Davanti a me, rischiarata dalla luce della luna e l'unico lampione posto fuori scuola, vedo una figura diafana di una ragazza appesa per il collo, ha la testa riversa in avanti e i lunghi capelli lisci che pendono verso terra.
 
Trattengo il respiro, ma giusto un istante che sparisce, tanto che potrei credere di aver avuto un'allucinazione.
 
Rimango pietrificato a guardare ancora in alto, dove prima c’era quella ragazza e noto un asse di legno scuro dall’aspetto molto robusto, sicuramente il professore aveva legato la corda con il cappio proprio lì prima di togliersi la vita, i brividi.
 
Guardo ancora quella direzione. Comincio a non sentirmi molto bene, che cos’era quell’immagine? Mi chiedo e faccio un grande respiro.
 
Che stupido che sono, mi sono solo lasciato impressionare dal luogo e la storia del professore, era sicuramente un’allucinazione, penso entrando dentro all'aula, molto più tranquillo e comincio ad aggirarmi fra le tele coperte, i cavalletti e i tavoli pieni di vasetti con pennelli impolverati e bottiglie di tempere ormai secche.
 
Non trovo assolutamente niente, non c'è nulla oltre alla polvere e qualche ragnatela, per tanto decido di ritornare indietro. Sicuramente il professore si è ucciso e basta, penso ormai convinto, quando in lontananza, sul fondo dell’aula noto un dipinto. Non so perché non è vicino agli altri, è tipo la pecora nera fra i dipinti, così incuriosito, non tornandomi qualcosa, vado a scoprirlo.
 
È un autoritratto, lo so perchè Nazume un giorno mi ha mostrato una foto di suo padre, ma il quadro è strano.
 
Mi avvicino e lo scruto attentamente e mi risalta all’occhio una cosa più delle altre.
 
Il professore è in piedi davanti ad un tavolo, tipo quelli qui nel laboratorio, lui stesso si è dipinto in laboratorio e guarda verso destra.
 
Il suo sguardo è talmente esplicito che mi fa voltare a mia volta verso quella direzione, ma c’è solo un tavolo e un muro,niente di che.
 
Guardo ancora il dipinto, tieni la mano sinistra appoggiata sul tavolo, sopra un libro voluminoso e scuro, mi faccio il giro dell’aula guardando ogni tavolo, perfino a terra, nel caso fosse caduto, ma del libro neanche l’ombra, che lo abbia ancora la polizia?
 
Non lo so, ma c’è qualcosa di strano. Sicuramente la polizia avrà pensato che il quadro fosse un semplice autoritratto un po’ inquietante, ma niente di più, poiché il professore era eccentrico, ma non credo sia così.
 
Vado a destra come m’indica l’autoritratto e cerco qualcosa nel muro, toccandolo palmo a palmo,è una sciocchezza la mia idea,degna di un film horror di serie B ,ma chissà...
Non trovo niente, tanto che m’inginocchio sul pavimento impolverato e guardo sotto il tavolo pieno di ragnatele, magari è stato incollato sotto un tavolo, sorrido alla mia idea, le sto pensando proprio tutte.
 
No, purtroppo il tavolo è apposto, costato, ma quando sto per rialzarmi, non so come, scivolo e cado in avanti finendo sotto il tavolo e contro il muro.
Evito di sbattere portando istintivamente le mani in avanti e sento qualcosa di strano, come qualcosa di ruvido, forse è importante penso e sposto la scrivania.
 
Perché il muro qui è diverso? Ci sono dei mattoni, senza tappezzeria o pannelli di plastica e si muovono anche.
Lì tolgo con estrema facilità e dietro ci trovo un buco grande e nel buco, un libro nero.
 
Sorrido vittorioso, chissà che cosa c’è scritto qui dentro, mi chiedo.

ECCOMI!COME PORMESSO ORA VI SPIGHERò ALCUNE COSE.

1 BENTO O OBDENTO: è il cestino del pranzo, perché i giapponesi pranzano a scuola.
 
2 INIZIO DELLA SCUOLA: i giapponesi iniziano la scuola ad aprile e la finiscono a marzo.
 
3 ORARIO SCOLASTICO: i giapponesi entrano a scuola alle 8.50 e escono alle 13.00 e se fanno parte di un club anche alle 15.00.
 
SPERO DI AVRVI ILLUMINATO, CIAO MIEI CARI LETTORI.
una recensione piccola piccola come questa scrittura?
  
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