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Oggi scrivo qui su per una piccola premessa: non odiatemi quando finirete il capitolo! Diciamo che l'ispirazione in questo periodo scarseggia "assai" e mi ritrovo, spesso e volentieri, a fissare una pagina bianca senza sapere cosa scrivere!
Comunque, si lo so, sto aggiornado di rado! Mi piacerebbe pubblicare almeno un paio di capitoli a settimana, ma a volte proprio non ce la faccio... Almeno questa volta cercherò di mantenere la mia parola e di pubblicare un altro capitolo prima di lunedì! Sarò in Germania per quasi una settimana e non riuscirò a fare nulla!
Buona lettura! Ci vediamo sotto! :)
“Maya, diluvia e a
meno che tu non voglia prenderti una polmonite, prendi le tue cose e
vai nella
mia tenda. Io, intanto, chiudo l’ombrellone”,
disse alzandosi.
Quando
il mio cervello ebbe recepito il messaggio,
ammassai tra le braccia tutte le mie cose e corsi verso la tenda,
affondando i
piedi nella sabbia bagnata. Mi accorsi solo in quel momento di avere
parte dei
pantaloni e del telo fradici.
Sistemai
la mia borsa e la macchina fotografica, che
fortunatamente non aveva subito danni, nel fondo della tenda, al sicuro
dalla
pioggia e, buttandomi la felpa ancora asciutta sulle spalle, entrai in
quel
rifugio di fortuna.
Travis
tornò poco dopo, ancora più zuppo di poco prima,
e
si sistemò accanto a me, dopo essersi scollato energicamente
i capelli con una
mano. In quel momento mi ricordò un cucciolo bagnato, anche
se di cucciolo non aveva proprio
niente.
La
tenda era molto più spaziosa di quello che sembrava,
infatti in due si riusciva a restare comodamente seduti.
Travis,
che ancora era a petto nudo, si passò velocemente
il telo sul corpo, mettendosi poi in fretta e furia una maglietta e la
felpa.
Si strinse in se stesso, scosso da lievi tremiti.
La
pioggia, nel frattempo, continuava a cadere incessante
e il rumore che provocava, sbattendo contro la parete della tenda, era
davvero
snervante. Un continuo martellare che, pian piano, ti entrava in testa.
Sentivo
il corpo completamente bloccato dal freddo, come
se i muscoli non rispondessero più ai miei comandi, ma anche
a causa di quella
strana situazione che stavo vivendo in quel momento.
“Maya, stai
tremando!”, esclamò Travis quasi
allarmato.
Lo
fissai per alcuni con sguardo assente, del tutto
comprensibile, mi dissi, analizzando bene il modo in cui mi aveva
svegliata,
poi mi resi conto di essere pervasa da brividi di freddo.
“Oh si, ho freddo”,
dissi con una voce che non sembrava affatto la mia.
Travis
sospirò, quasi rassegnato, poi si avvicinò a me.
“Devi toglierti questi pantaloni,
sono
fradici”, mormorò osservandomi.
Cos’ho
fatto io di male!?
La
situazione stava per diventare ancora più strana ed
imbarazzante di quanto già non fosse.
Sgranai
leggermente gli occhi, stupita da quanto lui mi
aveva appena detto, ma poi, per una sola volta, decisi di mettere da
parte
l’orgoglio. Ma solamente per quel momento.
Mi
sfilai i pantaloni, sentendomi la persona più goffa
sulla faccia del pianeta, e con ogni probabilità lo ero
davvero, in quella
tenda che, si, sembrava capiente per due persone sedute, ma un minimo
movimento
rendeva precario ogni equilibrio. Avvicinai le gambe al petto, dopo
aver
gettato i pantaloni in un angolo e mi strinsi nella felpa.
Nel
frattempo, Travis aveva preso dal suo borsone quella
che sembrava una coperta a motivo scozzese.
Quando
riuscii a scorgere una piccola parte del suo volto
e riconobbi quel suo sorrisetto divertito sulle labbra e, come di
consueto, mi
fece leggermente innervosire.
“Perché stai
ridendo, ora?”, chiesi stizzita.
Lui
mostrò la sua serie di denti perfetti, senza però
guardarmi, e soffocò una risata.
“Rido perché in
questo momento sembri più una bambina indifesa, invece che
la ragazza con la
lingua biforcuta che sei in realtà”,
disse guadandomi negli occhi.
Dissi
a me stessa che, la fitta nel ventre che avevo
appena sentito, non poteva essere causata dal suo sguardo.
Avrai
preso freddo, scema!
Di
certo, quella piccola parte del mio cervello che
utilizzava ancora un briciolo di ragione, non mi era d’aiuto
in quel momento.
Aprii
la bocca per replicare con una delle mie solite
frecciatine, ma poi mi venne da ridere e lasciai perdere la questione.
Guardai
ancora fuori dalla tenda e notai che, se
possibile, la pioggia era addirittura aumentata.
Sentivo
ancora lo sguardo di Travis addosso, ma non osavo
voltarmi e guardarlo in faccia, poi si spostò leggermente e
con una zip,
comparsa da chissà dove, chiuse la tenda, restringendo il
nostro raggio d’azione.
Chissà
per quale assurdo motivo avevo la sensazione che,
quella pioggia non avrebbe portato nulla di buono.
Vidi
con la coda dell’occhio lui spostarsi leggermente
verso di me aprendo la coperta scozzese.
Quella
non era assolutamente la situazione che mi sarei
aspettata di vivere insieme a Travis, non era quello che mi ero
immaginata
quella mattina, appena uscita di casa. Mi sentivo estremamente a
disagio, anche
se sembrava non esserci nulla di preoccupante.
Almeno
non ancora.
“Vieni qui, Maya”,
disse Travis dopo alcuni attimi, distogliendomi dai miei pensieri.
Guardai
Travis e lo trovai spostato più indietro, come se
aspettasse che mi gettassi tra le sue braccia.
E
allora fallo!
Ecco
che, nei momenti meno opportuni, arriva la parte
decisamente non razionale del mio cervello.
Lo
fissai dubbiosa, non avendo ben capito cosa volesse da
me, ma lui si mostrava tranquillissimo.
Hai
capito benissimo, invece, testona!
“Come, scusa?”,
esclamai, dopo aver cercato di scorgere qualcosa nel suo sguardo.
“Vieni qui da me,
Maya! Non ho nessuna intenzione di farti del male, se è
questo a preoccuparti”,
rispose in tono esasperato, alzando gli occhi al cielo.
Come
poteva essere cambiata così tanto in così poco
tempo, la situazione che stavo vivendo?
Lo
sguardo impertinente, anche se un po’ tediato, di
Travis sembrava volesse chiedermi di fidarmi di lui.
Come
posso!?
Con
quale coraggio potevo porre un minimo di fiducia in
lui quando, fino a neanche un paio d’ore prima, aveva sputato
sentenze
tutt’altro che leggere su di me?
Lo
guardai ancora, per alcuni secondi, senza sapere cosa
fare oppure come interpretare il suo sguardo forse spazientito dalla
mia
titubanza. Probabilmente non aveva capito quanto mi avesse spiazzata.
Alla
fine mi decisi e per una volta assecondai la sua
richiesta, avvicinandomi a lui.
“Finalmente”,
mormorò ancora esasperato, quando gli fui davanti.
“Ora girati e siediti”.
Obbedii ancora.
Appena
mi voltai, Travis, fece passare sopra la mia testa
la coperta e me la posò addosso, poi si avvicinò
ancora a me e mi ritrovai
improvvisamente imprigionata tra le sue braccia.
Sgranai
gli occhi, scioccata e forse un po’ preoccupata
da quel momento. Ero praticamente chiusa a riccio, con la schiena
poggiata al
petto di Travis, mentre lui, seduto, accerchiava le mie gambe con le
sue. Le
sue braccia, strette sulla coperta, mi circondavano il collo, ma la
cosa che mi
mise a disagio più di tutte fu il suo mento poggiato sulla
mia spalla ed i
nostri volti terribilmente vicini.
“Travis…”,
dissi, quasi impaurita. “Che diavolo
stai
facendo?! Smettila!”.
Provai
a divincolarmi, ma i miei tentativi si rivelarono
completamente inutili perché lui, da grande simpaticone che
era, non fece che
rafforzare la sua stretta su di me. Non riuscivo a muovermi e, piccola
com’ero
rispetto a lui, non avevo alcuna possibilità di uscire
vincitrice da quel
confronto.
“Stai zitta, almeno
per una volta, Maya. Sia tu che io stiamo congelando, quindi questa
è la nostra
unica soluzione possibile”. Il suo alito soffiava
sulle mio orecchie,
facendomi il solletico. “A meno che
tu
non voglia uscire da questa tenda e raggiungere la tua auto,
è ovvio”,
aggiunse sarcastico.
Ha
pure voglia di fare il simpatico!
Ascoltai
la pioggia che ancora sferzava contro quel
trabiccolo, costretta a rassegnarmi alla condizione in cui mi trovavo.
Misi il
broncio.
Scossi
leggermente la testa, rassegnata, e sbuffando
esasperata.
Di
certo, quando ero uscita di casa quella stessa
mattina, non mi sarei mai immaginata che sarei finita prigioniera delle
braccia
di Travis, in quella tenda che ancora resisteva tenacemente alla
pioggia.
“Quindi, vuoi
andare la fuori, Maya?”, mi chiese sfidandomi,
sempre soffiandomi
sull’orecchio.
“No, resto qui, ma
non pensare che questa situazione mi vada a genio, perché
non è così!”,
esclamai innervosita. “Penso di non
essermi mai sentita tanto a disagio come in questo momento”,
aggiunsi con
un mormorio, più a me stessa che a Travis, chiudendomi
ancora di più a riccio,
sperando di mettere una manciata di centimetri di distanza tra il suo
corpo e
il mio.
“Pensi davvero che
io sia a mio agio, Maya?”, chiese lui, ridendo. Mi
strinse ancora di più,
rendendo vani i miei tentativi di allontanarmi da lui. Il suo mento era
ancora
poggiato sulla mia spalla.
Con
la coda dell’occhio potevo scorgere parte del suo
viso e sembrava molto più tranquillo di quanto voleva par
apparire, ma pensare
che anche lui si sentiva leggermente
a disagio, mi risollevava un po’ il morale.
“Beh,
almeno questo mi fa sentire un po’ meglio”,
sussurrai con un mezzo sorriso stampato sulla faccia.
“Non ho alcun
dubbio che, qualcosa che dia fastidio a me, faccia piacere a te, Maya”.
Rise ancora.
“Si può sapere per
quale motivo, ogni volta che mi dici qualcosa, ripeti il mio nome?”,
gli
chiesi curiosa.
Non
me ne ero accorta fino a quel momento, ma, man mano
che ripercorrevo con la mente le nostre brevi conversazioni, mi rendevo
conto
che il mio nome compariva spesso e volentieri.
Rimase
zitto un momento, Travis, e con la coda
dell’occhio vidi la sua fronte aggrottata, poi
parlò: “Non lo so, mi
viene naturale, Maya”, disse incerto, con una
risata
imbarazzata. “Vedi? Non so dirti il
perché… forse perché mi piace il tuo
nome e come suona”.
Le
sue parole furono sorprendenti, per me.
Mi
irrigidii e mi voltai a guardarlo.
Non
appena mi girai, una fitta di dolore mi colpì il
collo, facendomi mancare per un momento l’aria nei polmoni.
D’istinto mi portai
la mano sul punto dolente.
Alzai
lo sguardo ancora un po’ stralunato da quel
frangente e, a pochi centimetri dal mio, trovai il suo viso.
Dannazione!
Restai
per la seconda volta senza fiato.
Gli
occhi cangianti di Travis, quella volta con delle
particolari venature verdi, erano lì davanti a me a
scrutarmi con uno strano
sguardo: tra il preoccupato ed il sorpreso.
Per
un momento studiai i lineamenti del suo viso ed ebbi,
per l’ennesima volta, la conferma di quanta bellezza
possedesse quel ragazzo.
Le sopracciglia folte e marcate, ma comunque ben delineate, la mascella
squadrata e le labbra piene.
Se
solo non avesse avuto quel caratteraccio…
Era
davvero strano trovarsi prigioniera delle braccia di
quello che, per me, era praticamente uno sconosciuto. Da sola con lui,
in una
tenda su una spiaggia deserta, mi sentivo davvero come se in quel posto
non
avrei dovuto esserci, come se fosse sbagliato, ma come poteva essere
sbagliata
una cosa che mi faceva sentire all’improvviso così
leggera?
Terra
chiama Maya! Terra chiama Maya!
*
Eccomi qua!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e... non odiatemi! Non odiatemi! Non odiatemi! Ormai questi finali sembrano essere diventati la mia firma... Comunque fatemi sapere dcosa pensate di questo capitolo e dello svolgimento della storia! Sono curiosa!
Come sempre... GRAZIE A TUTTI per le recensioni, i commenti, per aver messo la mia storia tra le preferite o le seguite... GRAZIE DI CUORE!
Alla prossima e un abbraccione enorme!
Chiara