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Autore: queen of night    04/07/2008    2 recensioni
BURNING MOTH - “Non avresti dovuto andartene…” parlo con calma, a pochi centimetri dal suo viso, nella speranza che le mie parole la raggiungano, ovunque lei sia. “Andrea era fuori di sé e io…- chiudo gli occhi, facendo un’espressione contrita - … mi spiace. Davvero. Di tutto…” La sento tremare, come vittima di un terremoto interiore. Levo gli occhi sul suo viso esangue e noto che sta trattenendo il fiato, mentre una lacrima solitaria ha cominciato a solcarle una guancia. “No…” poi il suo lamento rompe il silenzio e lei comincia a singhiozzare, respirando affannosamente. “Ti prego, credimi.” la supplico, risalendo con le mani dalle sue spalle al viso, come in una carezza. “Io ti amavo…” è un sussurro, eppure è carico di sentimento. Ha usato un tempo passato, ma il suo amore è ancora vivo. Lo percepisco.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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L'amore non deve implorare e nemmeno pretendere,
l'amore deve avere la forza di diventare certezza dentro di sé.
Allora non è più trascinato, ma trascina.
~ Hermann Hesse ~

 

 

 

 

 

 

Quando arriviamo sotto casa, il silenzio regna ancora tra di noi. Le parole sono superflue.
Entriamo nell’ascensore del palazzo, Andrea portando in braccio Fiore, io portando le sue scarpe e la sua borsa. In corridoio facciamo piano, per non detestare i vicini, e ci dirigiamo verso l’interno numero 9.
Ad occhi estranei, casa nostra risulta grande e accogliente. È caratterizzata da un’ ordine e da una semplicità quasi spartana, ma a me piace. 
Appena varchiamo il pesante portone di legno scuro e lucido, un tepore familiare ci accoglie. 
Accendo le luci dell’ingresso e vedo di spalle Andrea avanzare verso la sua camera. Conoscendolo avrà deciso di cedere il proprio letto a Fiore: lui dormirà sul divano del salotto.
Lo osservo mentre la deposita con delicatezza sul letto e poi prende un plaid dall’armadio per coprirla, mentre riposa tranquilla e serena. Con attenzione e premura il mio compagno le scioglie l’elastico che le lega i capelli e lo posa sul comodino. Infine, si siede sul bordo del letto, accanto a lei, e le osserva il viso, pensieroso.
Anche io la guardo, ma da lontano, rimanendo sulla soglia della porta, appoggiato allo stipite.
La quiete della notte è dolce e facilita il rinchiudersi nell’universo privato dei nostri pensieri.
Non so per quanto stiamo così, in silenzio, a contemplare qualcosa che ormai non ci appartiene più. Qualcosa che era rimasto relegato nei ricordi e che stasera ha preso nuovamente a vivere.
Forse è solo un sogno…

La mattina dopo mi sveglio tardi: è domenica e almeno oggi posso permettermelo. Rimango immobile, ancora mezzo assopito. Cerco di ricordare i programmi della giornata… 
All’inizio, gli avvenimenti del giorno precedente restano sfumati e lontani dalla mia consapevolezza, ma pulsano nella mia mente, allertandomi. Non do loro peso.
Come al solito, mi reco prima di tutto in bagno, per la solita doccia mattutina, l’unica cosa che riesca a svegliarmi completamente; tuttavia, uscendo dalla stanza, sento delle voci e mi fermo ad ascoltare.
Vengono dalla camera accanto alla mia. Una è di Andrea, la riconosco. L’altra… mi sfugge. Siccome la porta è socchiusa, mi ci avvicino senza farmi notare.
Prima ancora di sbirciare mi viene in mente a chi appartiene la seconda voce e in quell’istante il torpore del sonno evapora totalmente.
Devono essersi appena svegliati anche loro: lo deduco dal fatto che l’atmosfera è tesa, come se entrambi aspettassero qualcosa di inevitabile. Evidentemente non si sono ancora chiariti. Il momento della verità non è ancora giunto.
Resto in ascolto, mentre i due girano attorno a ciò che vorrebbero davvero dire, senza trovare il modo adatto di introdurre l’argomento.
Poi Andrea alla fine si stanca e in uno slancio di coraggio pone la fatidica questione:
“Perché te ne sei andata, Cami?”
Lei tace per la crudezza di quella domanda diretta. Conoscendola avrà abbassato gli occhi e starà tormentando il lenzuolo con le mani. Io, dalla mia posizione, scorgo solo Andrea seduto sul letto, che guarda di fronte a sé, e le gambe di lei, stese sulle lenzuola.
“Ti sei inventata quella storia della borsa di studio e sei sparita… credevo fossimo amici…” 
La voce di lui è ansiosa: per molto tempo il fatto di non capire cosa l’avesse spinta ad agire in quel modo l’ aveva fatto uscire di testa. Me lo ricordo bene.
“Soffrivo…” sento rispondere lei tra i singhiozzi. È scoppiata in lacrime.
Vedo Andrea abbassare il capo, mesto. Silenzioso.
“Ah…” esclama infine, senza rialzare lo sguardo.
Sembra abbia capito tutto, mentre io, da quell’unica parola, non riesco a dedurre alcuna spiegazione concreta. È evidente come il loro feeling, dopo tutto questo tempo, sia rimasto intatto e non me ne stupisco. O forse il mio amico era già arrivato a delle conclusioni, prima del sottoscritto?
“Per lui?” sento chiedere Andrea dopo un po’. Sembra timoroso nella sua domanda, come trattasse una questione delicatissima.
Non sento nessuna risposta provenire dall’altra parte. Forse lei ha fatto solo un cenno con il capo. Diniego o assenso?
“Lo ami ancora?”
Sento solo dei singhiozzi, ma il suo mutismo vale più di mille parole.
E così, alla fine, tutto ha un senso. Non potevo pretendere che le mie azioni non avessero conseguenze o che lei subisse passivamente. L’istinto di sopravvivenza è insito in ogni essere vivente, ed il suo le ha suggerito di scappare da ciò che le era nocivo: io.
“Ma perché tagliare i ponti anche con me? Non capisco…”
Lei fa un sospiro pesante, prima di rispondere.
“Volevo dimenticare… lasciare tutto il mio vecchio mondo alle spalle e ricominciare da capo…- dice con voce tremolante - Non riesco a spiegartelo… ero come schiacciata da sentimenti contrastanti… un peso enorme che mi stancava sempre di più… ero in una spirale di amore e odio… assolutamente devastante… non ce la facevo a continuare così…”
Immagino che a questo punto mi detesti. Ma non mi dà troppo fastidio, perché in ogni caso lei ora è qui.
“Non è giusto…” sussurra il mio amico. Lo vedo scuotere il capo un po’ sconvolto.
Lo capisco: è stato tirato in ballo pur non essendo colpevole. Ora che ha scoperto chi è la causa della fuga di Camilla, immagino mi vedrà con altri occhi. Non lo biasimo: involontariamente, gli ho strappato una delle cose a lui più care.
“Mi spiace…”
È Fiore l’ultima a parlare; poi restano in silenzio per qualche minuto, forse mentre sono abbracciati. Non lo so con certezza, perché mi sono appena voltato e do loro le spalle.
Sto per allontanarmi, quando Andrea le fa una domanda, che desta la mia attenzione e mi blocca, vigile.
“Adesso sparirai di nuovo?”
Lei ci pensa un attimo.
“Credo di no… non pensavo ci tenessi così tanto a me… credevo di essere l’unica ad aver sentito la tua mancanza.” Ha smesso di piangere e parla tranquillamente.
Lui ride, nervoso. “Che sciocca… sono impazzito, senza di te.”
“Allora, perdonami.”
“Sarebbe bello se tornassi a vivere qui! La tua camera è rimasta vuota, in questi anni.”
“Come?” chiede, stupita.
Fiore non sa che Andrea non ha voluto nessun nuovo coinquilino con noi, dopo che se ne è andata. All’inizio avrebbe dovuto venire ad abitare il ragazzo che lei stessa aveva trovato come suo sostituto; tuttavia, quando abbiamo scoperto che lei non era andata a Londra, Andrea l’ ha gentilmente mandato via, perché sperava di ritrovare Camilla ovunque si fosse cacciata e convincerla a tornare.
I primi giorni dalla scoperta della sua bugia era davvero impazzito, a dire la verità. Poi il tempo ha fatto il suo corso e lui ha continuato con la vita di sempre, arrabbiato nei confronti di chi lo aveva lasciato senza alcuna spiegazione. Tutto è rimasto com’era però, e nessuno ha più abitato con noi.
Sento che ora stanno discutendo proprio di ciò.
“Non chiedermi questo… io non tornerò sui miei passi e puoi benissimo immaginarne la ragione. Ma… possiamo vederci, noi due! Ti darò il mio nuovo indirizzo e il numero del cellulare, così possiamo sentirci…” 
Ora la sua voce trema ancora, ma d’emozione e di gioia. È evidente come la lontananza da Andrea le sia pesata.
Provo una strana sensazione: mi sento escluso e amareggiato. Sono tentato di entrare nella stanza, ma ho paura di rompere quell’atmosfera serena: lei non sarebbe tranquilla con me presente. Ne sono sicuro: non mi è sfuggito il “noi due” nella sua frase. È chiaro che non vuole avere a che fare con il sottoscritto.
Poco importa: io le parlerò. Non può ricominciare con Andrea e dimenticarsi proprio di me.
So che il mio amico è abbastanza protettivo e non me la lascerà avvicinare facilmente, così per adesso vado a fare la doccia e attendo il momento adatto per stare da solo con lei.
Venti minuti dopo, mentre mi sto rivestendo, Andrea entra d’un tratto in camera mia, senza nemmeno bussare. Il suo sguardo è ansioso e i lineamenti del viso rigidi.
So già cosa dirà.
“Preferirei che non la vedessi…- Addirittura, penso tra me e me - però sei cambiato in questi anni e sei mio amico. So che non ti comporterai male come una volta.”
Non posso fare a meno di sghignazzare, mentre finisco di abbottonarmi la camicia.
“Perciò ho il tuo permesso?” chiedo, schernendolo.
Il suo volto si rabbuia per un secondo, poi si rilassa.
“Stai attento a quello che le dirai, per favore. Non chiedo altro.”
La sua sembra quasi una minaccia, più che una semplice richiesta.
Annuisco, prima che lui se ne vada. Confesso di essere sorpreso: non mi aspettavo che mi lasciasse parlare da solo con lei, perché non l’ ho mai visto così protettivo con qualcuno, nemmeno con la sua stessa ragazza.
Per questo, il legame che lo unisce a Fiore va oltre la mia comprensione.
Senza indugi mi avvicino alla porta della camera di Andrea, che ora è chiusa. Al di là di essa, sento Fiore parlare con qualcuno. Probabilmente è al telefono.
“Ho le chiavi, Angela, non preoccuparti…”
Sta parlando con un’amica. Se non mi sbaglio, aveva una compagna di corso con quel nome. Chissà se è la stessa persona.
“Non so a che ora torno… tu comunque vai, se devi uscire. Io sto bene, ti ripeto.”
Ne deduco che la tizia all’altro capo del ricevitore sia anche la sua coinquilina. Evidentemente ieri sera non vedendola tornare si è spaventata.
In effetti, ora che ci penso, Fiore non poteva essere andata in un locale come quello tutta sola. Forse era con questa Angela, anche se, nel momento in cui l’abbiamo trovata, era senza compagnia (beh, più o meno).
Aspetto che finisca la telefonata, poi busso e, senza attendere una risposta, entro.
Fiore è in piedi accanto alla finestra, da cui filtra una luce splendente che illumina tutto l’ambiente. Ha il cellulare ancora in mano e mi guarda fisso, senza dire una parola o fare un passo. Noto che si è cambiata e riconosco un paio di pantaloncini da running e una vecchia camicia di Andrea.
Ha di nuovo i capelli raccolti in una coda alta e ordinata.
“Ciao.” la saluto, tanto per incominciare.
Lei mi risponde con un timido sorriso e contemporaneamente abbassa lo sguardo.
Vorrei che mi sorridesse come faceva un tempo: in un modo radioso tutto suo, che le faceva brillare gli occhi.
Chiudo la porta alle mie spalle, per avere un po’ di privacy nel caso Andrea fosse in ascolto. Lei si irrigidisce: avrà intuito che le voglio parlare e che non sarà una cosa breve. Forse l’idea di stare da sola con me in una stanza la rende nervosa. Meglio tranquillizzarla.
“Dormito bene?” le chiedo, avvicinandomi con nonchalance.
“Sì… scusate il disturbo…” Non mi piace questa sua cortesia: è troppo affettata. Mi sento trattato come un estraneo. Come se non avessi mai occupato un posto nel suo cuore.
“Nessun disturbo - ribatto, con un ampio sorriso - Ieri sera quando ti ho vista ballare sul palco non potevo immaginare che fossi tu - esordisco, cercando di avere un tono amichevole- Sei totalmente diversa… stento a crederci.”
Il mio tentativo di aprire una conversazione sembra avere un buon esito, perché lei finalmente mi guarda negli occhi.
“In che senso diversa?” Sembra sinceramente curiosa. Proprio la domanda che mi aspettavo. Mi appoggio contro la parete, rivolto verso di lei, che resta a pochi passi da me. La luce del mattino rende la sua carnagione ancora più chiara.
“Beh, dalla ragazzetta che eri sei diventata… una donna affascinante.”
Questo complimento, del tutto veritiero, ha lo scopo di blandirla, di scioglierla.
La vedo arrossire, mentre riabbassa lo sguardo. Però leggo anche dell’ inquietudine sul suo viso: credo di avere sbagliato a fare un confronto con il passato. Deve essersi ricordata di quando la chiamavo ragazzina
“Anche tu sembri molto più adulto.” mi dice infine, dopo essersi schiarita la voce. La tensione tra noi è quasi palpabile. Devo riuscire a spezzarla con qualche discorso rilassato: parlerò del più e del meno.
“Allora, che hai fatto in questi anni?” le chiedo, curioso.
Alza i suoi verdissimi occhi sul mio viso. Sembra diffidente.
“D’inverno davo gli esami, mentre d’estate lavoravo… nulla di che.” risponde, facendo spallucce. “E tu?” aggiunge, tanto per cortesia.
“Mi sono laureato un paio di mesi fa e adesso seguo un corso specializzato.”
Lei annuisce, facendo un sorriso tirato, di circostanza.
“Quindi l’università va bene?” le chiedo per farla parlare, anche se non ho dubbi su questo: è sempre stata una ragazza studiosa.
“Sì… tutto ok.”
Mi sembra un po’ troppo schiva: le sue risposte sono brevi e concise, come se fosse sulla difensiva. Potrebbe essere semplicemente mancanza di fiducia nei miei confronti, oppure risentimento, disprezzo. Ciononostante sento che non è così. E allora la risposta è una soltanto. Sorrido dentro di me: le faccio ancora un certo effetto e sta cercando di controllare le proprie emozioni. Non sa che più mi resiste, più mi attrae.
Sono sempre stato affascinato dal proibito e da ciò che mi sfuggiva. Ora come ora, sono una falena dalle ali nere e lei è una luce molto seducente.
Decido che è il momento di tentare il tutto per tutto e provare ad abbattere le sue difese. Se faccio crollare la barriera che sembra avere eretto tra di noi, riavrò indietro la ragazza dei miei ricordi.
D’altronde non è giusto che non mi conceda una seconda possibilità.
“Ci sei mancata…” pronuncio lentamente.
Le mie parole sembrano galleggiare nell’aria per una manciata secondi, come bolle di sapone. Il loro significato la raggiunge senza fretta, depositandosi nella sua mente, sillaba dopo sillaba.
La sua reazione è proprio come l’avevo immaginata: il plurale l’ ha stupita e ha aperto spazio ai dubbi, ai ricordi e alle speranze. Mi guarda con gli occhi sgranati, increduli, segno che ho fatto centro. Con un colpo solo ho frantumato le sue deboli difese.
Abbassa lo sguardo ed ora sembra fissare qualcosa di terribilmente lontano. Forse ripensa al passato.
È ora di insistere. Di riportarla nella mia vita. Dunque, mi accosto e le poso le mani sulle spalle, stringendole e avvicinandola a me. Fiore sussulta e tenta di ritrarsi. Il contatto le dà fastidio, come se la mia pelle la ustionasse. Però continua a tenere lo sguardo basso, spento e distante. 
È come se si fosse chiusa in un bozzolo, per non sentire altro. Distruggerò anche quello.
“Non avresti dovuto andartene…” parlo con calma, a pochi centimetri dal suo viso, nella speranza che le mie parole la raggiungano, ovunque lei sia. 
“Andrea era fuori di sé e io…- chiudo gli occhi, facendo un’espressione contrita - … mi spiace. Davvero. Di tutto…” La sento tremare, come vittima di un terremoto interiore.
Levo gli occhi sul suo viso esangue e noto che sta trattenendo il fiato, mentre una lacrima solitaria ha cominciato a solcarle una guancia.
“No…” poi il suo lamento rompe il silenzio e lei comincia a singhiozzare, respirando affannosamente.
“Ti prego, credimi.” la supplico, risalendo con le mani dalle sue spalle al viso, come in una carezza.
“Io ti amavo…” è un sussurro, eppure è carico di sentimento. Ha usato un tempo passato, ma il suo amore è ancora vivo. Lo percepisco.
Potrei sembrare ipocrita: è come se stessi recitando, in effetti. Ma il mio non è un inganno con fini malevoli. Voglio soltanto riaverla e per questo cerco di irretirla, di riportarla dalla mia parte. In realtà non sono triste come la mia espressione lascerebbe intendere. Non sono emozionato, come ho visto essere Andrea. Sono solo… esaltato. Per me questa è una sfida, ma non un gioco.
Questa la dice lunga sulla mia vera natura.
“Non scomparire di nuovo dalle nostre… dalla mia vita... ti prego.” Il mio tono implorante la risveglia da quella sorta di trance in cui sembrava caduta.
Le sue grandi e verdi iridi vagano sul mio viso alla ricerca di qualcosa. Della menzogna, probabilmente. La sua espressione impaurita mi intenerisce e stavolta il sorriso dolce che nasce sulle mie labbra è spontaneo, non calcolato.
Cos’ hai Fiore? Cos’è quella luce nei tuoi occhi umidi?
È amore?
Oppure è paura?
Alla fine, Camilla allaccia le braccia al mio petto, a cui si appoggia, e ricomincia a piangere. Tra un singhiozzo e l’altro sussurra il mio nome. 
Ricambio l’abbraccio di quel corpo caldo e fragile, che profuma di buono. Le sciolgo i capelli lentamente, per poter passare le dita nella sua chioma folta e morbida.
Sei di nuovo mia. Ed è stato più facile del previsto.
Adesso capisco di avere sbagliato i nostri ruoli.
Lei non è nient’altro che una falena dalle candide ali chiare ed io sono il fuoco da cui non può sfuggire. La sua mente, il suo istinto di sopravvivenza, l’ hanno portata per lungo tempo lontana da me. Ma non è nella natura delle falene resistere alla luce.
Alzo il capo e vedo il nostro riflesso sul vetro della finestra.
Un ragazzo biondo stringe tra le sue braccia un’esile figura bianca. Il suo sorriso è spietatamente vittorioso.
Io l’ ho bruciata inesorabilmente già una volta.
Cosa ti attraeva di me?
Non ho nulla di bello. La tua luce brilla cento volte più della mia.
Ti ho consumata e tu mi ami ancora.
Sei incorreggibile.
Anche adesso che sei rinata a nuova vita tornerai nella mia orbita, mio piccolo satellite? Oppure, reduce dall’esperienza passata, ti terrai lontana da me, che sono come veleno?
Non è nella natura delle falene stare lontane dal fuoco.
Sei così debole e indifesa. Una preda facile.
Dentro di me, sento nascere un desiderio famelico di possesso.
Affondo il viso nel tuo collo e aspiro il tuo profumo. Delizioso.
Sei così tenera, Camilla… una tenera pecorella…
Ed io sono cattivo, infido ed egoista.
Io sono un lupo.
E ti vorrei mangiare…

 

 

 

The end

 

 

 

 

 

NOTE PERSONALI:

Cari lettori, purtroppo questo mio progetto non ha riscontrato molto successo: mi aspettavo più letture, più commenti... la cosa mi ha un poco abbattuto, ma... suvvia, siamo solo all'inizio e non lascerò certo perdere, almeno finché avrò qualcuno che mi recensisce e sostiene. Pertanto, un ringraziamento va di cuore alla mia amica Urdi, per il suo lavoro eccellente di beta, per gli stupendi pensieri che ogni volta mi scrivi nei commenti e per la tua amicizia! Grazie stella, sei unica!

Altro ringraziamento va a Purple: grazie per le tue parole. Sono sinceramente felice di avere suscitato in te emozioni tali da farti immedesimare in Fiore! Probabilmente anche tu sei un animo sensibile, quanto la mia protagonista, e ti sei rivista in lei^^ Sono felice che almeno tu abbia soddisfatto le mie richieste, quando ho domandato ai lettori di farmi sapere le vostre opinioni e quello che avete provato leggendo... continua così! Spero che la fine della shot non ti deluda.

Rinnovo l'invito ai lettori: fatemi sapere cosa vi colpisce della storia, cosa vi emoziona o se trovate il finale deludente... quali personaggi vi sono piaciuti di più ecc... ecc... Personalmente, spero abbiate compreso il morale della favola: il lupo perde il pelo, ma non il vizio^^

Detto ciò, vi saluto! Al prossimo, romantico aggiornamento, allora^^

Queen



  
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