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Autore: Midnight the mad    25/03/2014    1 recensioni
"Insomnia" perché sì. Perché è roba scritta in notti insonni e momenti del cazzo.
Canzoni perché sì. Perché sono più reali della vita.
Parole perché sì. Perché è l'unico modo di gridare.
Cose diverse tra loro, che vengono un po' quando vogliono. Se volete leggere, leggete.
1. Redundant
2. Basket Case
3. She's a Rebel
4. Uptight
5. Die young
6. Pompeii
7. St. Jimmy
8. Gli anni
9. X-Kid
10. Show must go on
11. Cry to heaven
12. '74-'75
13. Knockin' on heaven's door
14. The forgotten
Genere: Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ST. JIMMY
 
St. Jimmy’s coming down
across the alleyway,
up on the boulevard
like a zipgun on parade...
 
Il freddo ti penetra direttamente nelle ossa, facendoti rabbrividire. Ti stringi inutilmente nel vestito leggero, pregando che questa notte finisca presto, che arrivi qualcuno. Sì, sei persino disposta a sperare questo, piuttosto che rimanere lì da sola, illuminata soltanto dalla luce gelida dei lampioni.
Ormai ci sono anche poche macchine. è tardi, eppure a casa non puoi tornarci, non se non riesci a guadagnare qualcosa, altrimenti saranno guai seri un’altra volta. Ripensi alle mani di lui, cattive e fredde addosso, e ti vengono le lacrime agli occhi.
“Dannazione, per favore, deve arrivare qualcuno!”
E poi, eccoli lì. All’improvviso. I fari di una macchina.
 
...Light of a silhouette,
he’s insubordinate,
coming at you on account of wonder
1, 2, 3, 4...
 
L’auto si ferma accanto a te. Per un secondo tu rimani immobile, poi ti avvicini lentamente. Non riesci a vedere che aspetto abbia chi c’è dentro, la luce si riflette sul vetro e lascia intravedere solo una sagoma. Poi, però, il finestrino si abbassa.
La prima cosa che ti colpisce è la musica. A volume altissimo, spaccatimpani. è una vecchia canzone, di quelle che pensavi che non ascoltasse nessuno a parte te. Per un secondo ne insegui le parole, poi vieni investita dal calore. Ti spingi in avanti quasi involontariamente, poi ti rendi conto di quanto sembri patetica. Ingoi la paura, e guardi lui.
No, anzi, non lui. Lei. Quella seduta al volante è una donna, una donna dall’espressione impassibile e una cascata di riccioli scuri, di un colore che a te sembra viola, che le ricade sulla schiena.
Per un secondo ti chiedi cosa possa volere da te, poi ti rispondi da sola. Non sono solo gli uomini ad andare a puttane. Perciò prendi un respiro. Beh, comunque, ti pagherà. Non sei mai andata a letto con una donna, ma c’è sempre una prima volta, e la teoria la sai. Metti in chiaro rapidamente i prezzi. Lei solleva lentamente un sopracciglio. – Una notte. – dice.
Tu annuisci rapidamente prima di riuscire a pensare. L’unica cosa che vuoi è sentire di nuovo quel fantastico calore sulla pelle.
Lei sblocca lo sportello, tu sali. Dopo neanche due secondi, state percorrendo rapidamente la strada verso chissà dove.
 
...My name is Jimmy
and you better not wear it out...
 
- Vuole che le consigli un hotel? – domandi, dopo qualche minuto di viaggio.
Lei scuote rapidamente la testa. – Ho già un posto dove vado di solito. Grazie lo stesso, comunque. –
Non ti ha corretta, quando le hai dato del “lei”. Chissà quanti anni ha. La osservi, cercando di non farti notare, ma è impossibile capirlo. Potrebbe avere un’età qualsiasi tra i venti e i trenta, per quello che ne sai.
- Da quanto tempo è che lo fai? – chiede, all’improvviso.
Deglutisci. – Ehm... un paio di mesi. – ammetti. Forse dovresti mentire, dire che è di più, ma chi vuoi prendere in giro? Si vedono perfettamente, i tuoi sedici anni – anzi, forse sembrano anche di meno, bassa e piatta come sei –, esattamente come si vede la tua inesperienza. Nessuno ci crederebbe se dicessi che lo fai da tanto.
- E sei brava? –
Rimani bloccata. Cosa si risponde a una domanda del genere?
- Non l’hai mai fatto con una donna, vero? –
Batti le palpebre, quasi disperata. Adesso ti mollerà per strada, riesci quasi a vederlo. Ingoi le lacrime. Ti viene quasi da metterti a supplicare, ma sai benissimo che non puoi farlo, sembreresti ancora più patetica.
Ti guarda. Sbuffa. – Era solo un’informazione, cazzo. – Torna a fissare la strada, senza fermarsi. A quanto pare, non ti vuole lasciare lì.
- Come ti chiami? – domanda, dopo un po’.
- Natalie. –
- Mh. –
Vorresti sapere il suo, di nome. Non è che sia importante, però almeno quella conversazione sembrerebbe più normale. Potresti fingere di essere con una persona che conosci e di non stare andando chissà dove a fare un lavoro da puttana che detesti. Ma, visto che sai benissimo che non puoi chiederglielo, ti limiti a restare in silenzio e a goderti il riscaldamento.
All’improvviso, ti rendi conto che ti sta guardando. è come se ti stesse valutando, e ti fa paura. Deglutisci di nuovo a vuoto.
Lei sbuffa un’altra volta. – Datti una calmata, ragazzina. Comunque, mi chiamo Jimmy. –
Ti ritrovi a fissarla, e non riesci a evitarti di ripetere: - Jimmy? –
Un attimo dopo te ne penti, ma è troppo tardi. Lei ti lancia un’occhiata di sbieco. – Sì, esatto, Jimmy. Qualche problema? –
- No. – ti affretti a rispondere. Non capisci ancora perché te l’abbia detto, non capisci nemmeno perché abbia un nome da uomo. La guardi meglio. Non è che magari...
Sembra quasi leggerti nel pensiero e ridacchia. – No, non sono un trans, ragazzina. Quella del mio nome è una storia un po’ lunga, e non credo che te ne possa fregare più di tanto. Comunque, non usarlo troppo, il mio nome. Alla fine, usando un nome, si consuma sempre. E, in effetti, il mio è già un po’ consumato. –
Tu non capisci cosa voglia dire, ma non chiedi, e stavolta lei non si spiega. Continuate semplicemente ad andare avanti nella notte, la strada che si srotola sotto le ruote dell’auto.
 
...Suicide commando
that your momma talked about.
King of the forty thieves
and I’m here to represent
the needle in the vein of the establishment…
 
L’auto si ferma all’improvviso, e solo in quel momento ti rendi conto di esserti addormentata. Batti le palpebre più volte, cercando di capire dove ti trovi, e a un certo punto riesci a vedere una serie di edifici e la luce che indica l’insegna di un hotel. Siete arrivate in città, quindi.
La donna – Jimmy – scende e ti fa cenno di fare lo stesso. Obbedisci rapidamente. Lei entra nell’albergo, non proprio di lusso ma neanche brutto, e si avvicina al ragazzo semiaddormentato seduto dietro il bancone. Non appena la vede, lui si riscuote. – Needle. – fa, con un mezzo sorriso. – La camera? –
- Grazie. – risponde lei. Prende quella che il ragazzo gli porge, senza pagare né mostrare documenti, e si dirige verso l’ascensore. Tu la segui, senza sapere che altro fare. Quando siete dentro, ti ritrovi a guardarla di nuovo e poi ad abbassare gli occhi.
- Sì, esatto, hai capito benissimo. – dice, dopo un po’, quando le porte dell’ascensore si aprono. Imbocca il corridoio, e tu le vai dietro, mentre continua a parlare. – Needle. Sono l’ago nella vena dello spacciatore. –
 
...I’m the patron saint of the denial
with and angel face and a taste for suicidal...
 
Jimmy – o Needle – continua tranquillamente a camminare lungo tutto il corridoio. Tu ti guardi intorno. Le luci sono soffuse, quasi piacevoli. Le porte delle stanze sono di un bel legno scuro. I numeri delle camere continuano a scorrerti accanto, e da quelli capisci che sei al settimo piano, ma lei non si ferma. Sale qualche gradino di una scaletta. La segui fino a quando lei non apre un’unica porta in cima alla scala. Sulla porta c’è una targa d’ottone uguale a tutte le altre, con sopra il numero 711.
Jimmy apre la porta.
E poi tu resti di sasso.
Quella che hai davanti non sembra affatto una camera d’albergo. è una stanza con il soffitto spiovente di legno che si vede appena per via di tutti i poster che ci sono appesi. Resti a fissarli per un secondo a naso all’insù. Ne riconosci due dei Pink Floyd e uno di Kurt Cobain che suona la chitarra su sfondo azzurro. Un altro ha la scritta identica a quella che si trova a volte nei film o sui CD: Parental Advisory. Contro c’è stato tirato qualcosa, qualcosa che sembra vernice rossa, e sotto c’è una scritta a pennarello fatta direttamente sul legno con una grafia illeggibile.
Vedi altri poster, tutti piuttosto belli, poi abbassi gli occhi sulla stanza. C’è una grande portafinestra con balcone, e fuori vedi il vento che infuria trasportando i primi fiocchi di neve che iniziano a cadere. Per terra c’è un parquet chiaro, le pareti sono prive di quadri e dipinte: su una c’è un graffito che rappresenta il profilo nero di una città su sfondo rosso, arancio e giallo – fiamme, probabilmente – con la scritta: This dirty town is burning down in my dreams.
Il secondo rappresenta una... rimani di sasso. Quella sembra... la croce di Gesù sulla collina dove è stato crocefisso, ma... ma la collina è ricoperta di rifiuti, la croce è terribilmente storta e con il legno mangiato dalle tarme, e dietro si estende una distesa di palazzi grigi tutti uguali. Il cielo e qualcosa a metà tra l’azzurro e il viola, e lì galleggiano le parole JESUS OF SUBURBIA.
Abbassi lo sguardo, mezza sconvolta. Che accidenti vuol dire quel graffito?
All’improvviso, senti una risata. La risata di Jimmy. Sollevi la testa di scatto, e lei ti guarda divertita. – Di’ la verità. Hai voglia di scappare? –
Sì. Sì, ne hai voglia. Ma, per qualche motivo, scuoti la testa prima di pensarci.
Ti osserva, come se ti stesse valutando per capire se stai dicendo la verità. – Beh, siediti, se vuoi. – dice, indicandoti dei pouf colorati sul pavimento, ammassati contro una parete su cui è dipinta una siringa nera su uno sfondo fatto di macchie colorate e la scritta: Give me Novacaine. Tu annusci e ti metti lì rapidamente, senza sapere che dire. Jimmy, invece, si lascia cadere sul letto. è a due piazze, e ha un baldacchino di veli che nasconde per metà quello che c’è sulla parete. Tu lo guardi rapidamente, e ti stupisci quando ti rendi conto che il muro è ricoperto di parole. Parole, parole e parole, tutte in nero, scritti a caratteri simili a quelli di una macchina da scrivere, che si accavallano le une sulle altre. E poi, simile a uno schizzo di sangue sul muro, c’è un’altra scritta, in carattere diverso. Le parole fanno schifo. Voglio dire, tutto è già stato detto.
Lei ridacchia. – Scommetto che stai iniziando a pensare che io sia pazza. – osserva. – Mh. Forse. Dicono che St. Jimmy è il santo patrono del rifiuto. è per questo che mi chiamano così, sai. –
La guardi. – Non... non capisco. –
Scrolla le spalle. – Certo che no. Ma è meglio lasciar stare. Allora, sinceramente, cosa pensi di me per ora? –
Ingoi aria. Non sai che dire, non perché hai paura di offenderla, ma perché davvero non sai cosa pensare di lei.
E poi succede una cosa strana. Ti guarda, con l’espressione più calma, sorridente e innocente del mondo, un’espressione da segretaria appena laureata che è felice del suo lavoro e accoglie i clienti con estrema tranquillità. Senza perdere quell’espressione così diversa, ma contemporaneamente così normale, lancia un’occhiata al graffito che rappresenta la siringa. – Una tossica? – chiede.
Scuoti lievemente la testa. No, non lo è, potresti giurarci. Ne hai visti tanti, di tossicodipendenti, nella tua vita, e lei decisamente non è una di loro.
- Allora... una satanista? Una pazza? Un serial killer? –
- No. – rispondi.
- E che cosa sono, allora? –
E, improvvisamente, capisci. Capisci cosa significano quelle parole, e le ripeti. – Tu sei... sei il santo patrono del rifiuto. Il rifiuto di tutto, di qualsiasi realtà, perché la realtà... la realtà non ti piace. E le daresti fuoco. –
Sorride, e quella faccia, quel viso così rassicurante, sparisce distorto in un ghigno. – Sì, esatto. Sono il santo patrono del rifiuto, con una faccia da angelo e... – si interrompe.
- E...? – chiedi, prima di riuscire a fermarti.
Sorride di nuovo. – Dimmelo tu. –
Tu guardi quei muri, quel soffitto, che in effetti di pazzia un po’ ne parlano. Guardi la città in fiamme, guardi la siringa, guardi tutte quelle parole e la croce. E capisci di nuovo.
- ...E, decisamente... – conclude Jimmy al posto tuo. – ...un gusto malsano per il suicidio. –
 
...Cigarettes and raman and a little bag of dope...
 
Jimmy sospira. Poi tende la mano e la infila in un cassetto del comodino, tirandone fuori un accendino e un pacchetto di sigarette. Te ne offre una con un gesto.
- No, grazie. –
Lei non risponde e si accende la sua, infilandosela in bocca, poi ripone tutto il resto. – Sai, penso che una sigaretta ogni tanto non faccia così male. –
Esiti. Non conosci nessuno che sia capace di fumare solo una sigaretta ogni tanto. O fumi o non fumi, no?
Jimmy ti guarda. Sembra aver intuito quello che stai pensando per l’ennesima volta. – Niente è per sempre, ragazzina. Basta volere o non volere. Cazzo, tutto in questo mondo viene dalla volontà. Quello che io voglio vedere, vedo. E quello che vedo del mondo è il mio mondo. –
Quell’affermazione ti stupisce. Batti le palpebre, nervosa. Ancora lei non ha accennato al sesso, ma sai benissimo che prima o poi dovrete farlo. Eppure, non riesci a convincerti a metterle fretta. Non solo perché hai paura, ma forse anche perché, tutto sommato, parlare con lei ti piace.
Per l’ennesima volta, Jimmy sorride. Di nuovo quello strano leggerti nel pensiero. Poi prende una tirata dalla sigaretta. – Beh, allora, parlami un po’ di te. –
 
...I am the son of a bitch and Edgar Allan Poe,
raised in the city under a halo of lights...
 
Istintivamente, ti chiudi a riccio. Il tuo lavoro non comprende il parlare di te stessa. Se mai, ascoltare gli altri, ma parlare no. Tu non sei nessuno, sei solo una puttana. E Jimmy lo sa benissimo.
Ma lei non è una cliente normale, decisamente no.
Non sai cosa rispondere, ma qualcosa in te scatta, e le rispondi con il suo stesso tono acido. – Sono la figlia di una puttana, e sono qui a fare la puttana. Non c’è molto altro da sapere di me. –
Ride. – Quanto ti sbagli, cara mia. – ribatte. Dopo qualche secondo, aggiunge: - Ti piacciono i Ramones, i Sex Pistols e i REM. Giusto? –
Tu la fissi, stupita. Come fa a saperlo?
Jimmy ti guarda di rimando, semplicemente. Poi porta la sigaretta alle labbra. – Hai mai letto I delitti della Rue Morgue? –
Sei così stupita da quel cambio di discorso che annuisci prima di pensarci.
- Un libro decisamente di merda, oserei dire. Per nulla soddisfacente. – sbuffa, e una voluta di fumo le si arriccia sopra la testa. – Eppure, a quanto pare Edgar Allan Poe era un buon osservatore. E aveva un gusto particolare per i finali a sorpresa. Potrei essere sua figlia, cazzo. – ridacchia. – Già, figlia di una puttana immaginaria e di uno scrittore strafatto con una passione per il noir. Sembra figo. – Fa un ultimo tiro e spegne la sigaretta nel posacenere, poi si rimette a guardarti. – Non credi in Dio, tu, vero? Eppure hai paura di lui. –
- Come fai a sapere tutte queste cose? –
- Beh, per la musica è facile, è quella che sembrava che ti piacesse quando la mettevo, in macchina. E quella cosa di Dio, beh... quello. – Indica il graffito con sopra la croce. – Lo guardi come se ti piacesse e ti facesse paura. –
- è realistico. – ti esce.
Jimmy fa un mezzo sorriso. – Già, anche secondo me. Ecco come si è ridotto Gesù adesso... in questo mondo di santi peccatori. Ormai ce l’hanno tutti l’aureola, anche quelli che non se la meritano. Ma poi, in realtà, chi è che decide chi se la merita e chi no? –
A questo non sai rispondere.
 
...the product of war and fear that
we’ve been victimized...
 
- Posso fartela, una domanda? – chiede, poi continua senza aspettare una risposta. – Tu di cosa hai veramente paura? –
Non rispondi subito, ma nella tua testa lo sai benissimo, di cosa hai paura. Hai paura di lui.
Jimmy te lo legge negli occhi. Sospira. – Hai mai pensato di smettere di fare la vittima? –
La fissi. – Che vuoi dire? –
Scrolla le spalle. – Beh, non ha importanza. Se non sei capace di capirlo da sola, allora non vale neanche la pena che te lo spieghi. –
 
...Are you talking to me?
I’ll give you something to cry about!...
 
Senti qualcosa nascerti nel petto, simile alla rabbia. Perché quella donna ti prende in giro da tutto il tempo, sta giocando con te. – Sono troppo stupida per te? – sibili.
La sua espressione diventa gelida, e per un secondo torna la paura. La paura di aver parlato troppo, la paura e basta, anche, quella che regna sempre nella tua testa e che in quello scatto di rabbia eri riuscita a dimenticare.
Jimmy ti ride in faccia. – Sì, lo sei. Sei talmente terrorizzata che non riesci neanche ad aprire bocca, ragazzina. Eccotela, la verità. Adesso ti va bene? –
Rimani paralizzata. Perché ha ragione, ha terribilmente ragione. Una lacrima ti scivola sulla guancia prima che tu riesca a fermarla e lei ti fissa con amarezza. – è questo che sei. Una codarda. Sai, non è con me che devi parlare se vuoi paroline dolci, troietta. Anzi, tu non puoi parlare proprio con nessuno che te le dia. Il massimo che otterrai sarà la verità. Se non ti va bene, allora ti conviene un bel colpo in testa. –
 
...St. Jimmy!
My name is St. Jimmy!...
 
Il silenzio regna della stanza da chissà quanto, ormai. Jimmy guarda il soffitto, e tu te ne stai raggomitolata sul pouf. Silenzio, silenzio, silenzio. Riesci a sentire i battiti del tuo cuore che rimbombano. Eppure, ti sembra di stare sempre meglio. Cioè, le lacrime se ne sono andate, e sei più calma di quanto avresti potuto pensare.
- Jimmy... – mormori, all’improvviso.
Non risponde, ma tu continui a parlare lo stesso. – Come... si fa a non avere paura? –
Lei ridacchia di nuovo. – Beh, non è così semplice, ragazzina. –
- Potresti darmi una mano? –
- Non faccio miracoli. Sono una peccatrice con l’aureola, non una santa. –
- E chi te l’ha messa, l’aureola? –
Per la prima volta da quando è cominciata la conversazione, Jimmy sembra vacillare. C’è un guizzo, nei suoi occhi, qualcosa di diverso. Qualcosa di umano.
Ma, un attimo dopo, è già sparito, e lei resta in silenzio.
- Rispondimi. – dici.
- Perché dovrei? –
- Perché no? –
Ti fissa, gelida, eppure alla fine risponde. Una risposta che non capisci del tutto, ma pur sempre una risposta. – Sono una santa di periferia. Mi ha fatta santa la periferia, direi. –
- Perché santa? –
Ride. – Perché no? Dopotutto, nessuno è santo. Questo titolo si potrebbe dare a chiunque, visto il valore che ha. Non significa assolutamente niente. –
- E... Jimmy? – chiedi. – Perché ti chiamano Jimmy? –
Esita. Per la seconda volta in meno di cinque minuti. – Perché il mio nome l’hanno già consumato un po’, te l’ho detto prima. All’inizio era St. Jimmy. Ora... si è consumato. –
Tu non capisci. Ti limiti a fissarla.
- Lui si chiamava Jimmy. – dice, all’improvviso. – Il mio Gesù di Periferia. Quello che pensava di poter salvare tutti. Ma... te l’ho detto, questa è una storia lunga. E non credo che ti interesserà. –
- Perché non dovrebbe interessarmi? –
Lei ti guarda, e nei suoi occhi c’è come una consapevolezza dolorosa. – Perché è inutile parlare dei morti, vero? Sì, adesso decisamente puoi dirlo, che Dio è morto. E non si è neanche sacrificato, per nessuno. è morto e basta. è così che va il mondo, ragazzina. –
 
...I’m a son of a gun,
I’m the one that’s from the way outside...
 
- Ed è così che vai anche tu? –
Ti è uscito prima che potessi pensare. Quella domanda resta sospesa nell’aria tra voi due per qualche attimo.
Jimmy – No, anzi, St. Jimmy – stringe i pugni. – Non sono affari tuoi. E poi, se tu avessi davvero voluto capire, ci saresti già riuscita. –
Tu la fissi per un secondo, e poi ci arrivi. – Needle. – sussurri.
 
...A teenage assassin executing some fun
in the cult of the life of crime now...
 
- Tu non sei solo una povera pazza. – mormori. – L’hai detto anche tu. Hai detto di essere qualcos’altro. Di essere l’ago nella vena dello spacciatore. –
St. Jimmy ti guarda in silenzio, in attesa che tu continui a parlare.
- Sei... un’infiltrata dall’interno. – aggiungi. – Ma... in che cosa? –
Nei suoi occhi si accende una scintilla. Una scintilla di divertimento. Stai giocando con fuoco, e lo sai. Eppure, sembra che lei abbia deciso di ascoltare fino in fondo quello che hai da dire.
- Sei... un’infiltrata dall’interno nelle teste delle persone. –
St. Jimmy sorride. – Esatto. –
- E... – continui, senza riuscire a fermarti.
- Ferma. – ti blocca. – è meglio che tu ti fermi, sul serio. Non sei la persona giusta per sapere troppo di me. –
- Sei una santa di periferia. Vuol dire che sei... una peccatrice nel mondo reale. – concludi.
Ti guarda, e stavolta ti fa paura davvero. – E che peccatrice. – ghigna.
 
...I’d really hate to say it,
but I told you so,
so shot your mouth before
I shoot you down, ol’ boy...
 
- Però, come ho detto... – continua. – Non sono fatti tuoi. E adesso dovrò ucciderti. –
Rimani di sasso. Cosa? Ma perché?
Ti fissa. – Continui a non capire, eh? Hai detto che sono una peccatrice. Tu non hai idea del modo in cui lo sia. Nessuno che non stia dalla mia parte deve vedere la mia faccia se non voglio che la veda il mondo intero. E, ancora, non è il momento, lo capisci? –
Ingoi aria. – E se io volessi essere dalla tua parte? –
 
...Welcome to the club,
and give me some blood,
I’m the resident leader of the lost and found...

- Non sai neanche qual è, la mia parte. –
- Oh, sì che lo so. Tu vuoi vendicare un Gesù della Periferia ammazzato dalla società. –
Non sai come hai fatto a capirlo. Sa solo che, in questo momento, quello che vuoi è essere... lei. Essere St. Jimmy.
- Anche se io sto per dare fuoco a una città intera? Perché i miei sogni sono più reali di quello che pensi. –
- Ero su una strada a fare la puttana perché un uomo mi minacciava. –
Sbuffa, ma sembra divertita. – Sì, adesso decisamente sono una santa che raccoglie pecorelle smarrite. Sai, a volte è un bel rompimento di coglioni essere umani. –
Poi ti guarda. – Benvenuta nel club. –
 
...It’s comedy
and tragedy,
it’s St. Jimmy
and that’s my name...
 
Apri gli occhi di scatto, il freddo che ti colpisce come uno schiaffo in pieno viso. Batti le palpebre, e ti rendi conto che sei immersa nel buio dell’autostrada, un buio appena segnato dalle prime luci dell’alba.
Ti guardi intorno, sconvolta. è stato tutto un sogno? No, non è possibile. Non riesci a...
Ti blocchi. C’è qualcosa, per terra, davanti a te. Un biglietto. Lo tiri su. Sopra c’è una scritta.
 
711
 
Rimani di sasso. Ma quindi, questo significa che...
Volti il foglietto, ma non c’è niente, a parte un plettro di plastica gialla attaccato con lo scotch con una scritta. Prima di riuscire a leggerla, intravedi l’ora sul tuo orologio da polso.
7:11
In quel momento, un rumore ti fa alzare la testa. Musica, Sex Pistols a tutto volume.
Un’auto che si avvicina.
Sorridi, mentre fissi la scritta sul plettro.
 
...and don’t wear it out!
  
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