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Autore: PeaceS    26/03/2014    7 recensioni
Da un Malfoy ci si deve aspettare tutto, anche che ti renda la vita un inferno per noia. Specie per noia. I Malfoy annoiati, di solito, erano più pericolosi di un Potter arrabbiato. Ma Lily avrebbe dovuto saperlo… le migliori storie iniziano alle tre di notte e in quel momento, la lancetta più piccola, si posò proprio sul tre.
[ ... ]
Perché, se Scorpius Malfoy decide di renderti la vita un inferno e tu te ne innamori perdutamente, mentre la tua migliore amica è nelle mani di un certo Zabini - famoso per essere un porco - e cerca di conquistare un Nott di tua conoscenza anche se - alla fin fine - quel certo Zabini non è molto felice, non puoi fare altro che chiederti perché la vita ha deciso di renderti le cose così difficili.
Insomma, tutto quello, però, avrebbe dovuto aspettarselo: era o non era una Potter?
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy, Un po' tutti | Coppie: Lily/Scorpius
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Capitolo ventiseiesimo -
I love you



“Salve”
Lily Potter sorrise angelica e una ventina di demoni si girarono all'unisono verso di lei. Tutti con la sclera nera come la sua e venature bluastre a solcare la loro pelle di diamante, li fissarono con le bocche assottigliate dalla rabbia.
“E arrivederci” miagolò Scorpius, cercando di darsela a gambe e venendo afferrato dalla collottola da Lily.
Perché si era lasciato convincere? Perché era sempre presente a quelle spedizioni – che alla fine si rivelavano tutte punitive?
Perché la sua fidanzata era una sadica del cazzo e, lui – povera anima pia, cosa aveva fatto di male per meritarsi tutto quello?
“Il diamante aveva ragione: c'era un piccolo giglio nero che si aggirava per l'Inghilterra e noi non ce ne siamo mai accorti” sussurrò una donna, facendosi avanti e storcendo la bocca rossa e carnosa nell'imitazione grottesca di un sorriso.
Al posto dei denti, aveva delle zanne simili a quelli di uno squalo.
“E il diamante mi ha mostrato giusto. C'era una alcova di demoni che non aveva accettato di sottomettersi a lui e al Signore Oscuro” soffiò Lily, quasi impalpabile nella sua veste nera.
Era a piedi nudi, quasi come tutti loro e sorrise alle occhiate scettiche e incuriosite che le lanciavano la maggior parte dei presenti.
Scorpius piagnucolò.
“Cosa sei venuta a fare qui?” la interrogò la donna, con i capelli bruni sciolti in tanti riccioli sulle spalle esili.
Si fece avanti in un vestito bianco – stile greco – che ricadeva sul suo corpo slanciato, ma sottile... quasi delicato. L'unica pecca era il suo viso deturpato da vene gonfie, sfregi rossastri e cicatrici vecchie, bianche.
A Scorpius ricordava Lily al culmine della sua rabbia e gli metteva i brividi.
“Ci siamo fatti un giro, ora ce ne ritorniamo a casa. Vivi, possibilmente” si lamentò Malfoy, trattenendosi dal piangere solo perché tra quei demoni c'erano anche ragazzi della sua età – che già lo fissavano ghignando come idioti.
Lily lo fucilò con un'occhiata raggelante, intimandogli silenzio con un gesto imperioso della mano.
Fifone” mimò con le labbra, strappandogli un gemito agonioso.
“Che cosa hai detto?” sbraitò – quasi spettinandola con la forza dell'ugola e facendosi guardare sorpreso da quei darkettoni repressi sessualmente.
Non che lui avesse chissà che vita attiva: aveva fatto sesso con la sua ragazza dopo mesi e mesi di astinenza solo perché lei aveva le sembianze di Voldie; okay, era stato il miglior sesso della sua vita – questo doveva ammetterlo – ma appunto. Una sola e unica volta.
“Noi abbiamo bisogno di un aiuto. Non voglio che voi vi schiariate dalla nostra parte, semplicemente voglio che voi combattiate al nostro fianco e poi chi si è visto si è visto!” cinguettò tutta melensa Lily, ciondolando con il busto come una bambina.
La donna fissò prima lei – probabilmente chiedendosi se non avesse un problema grave al cervello – e poi spostò lo sguardo su di lui, come a volersi accettare che non stesse ridendo per la battutona di Lily.
“Stai scherzando, vero?”
Ecco, appunto. E quando le persone prorompevano in “stai scherzando, vero?” tutti incazzosi, significava che non avevano intenzione nemmeno lontanamente di dare corda.
“Sì” miagolò Scorpius, stropicciandosi le mani ansioso e pallido.
“No” lo interruppe Lily e da come lo stava guardando, probabilmente, quella notte di sesso era stata unica e ultima.
“Noi non ci intromettiamo nelle vostre beghe, umani!” sibilò un uomo sulla trentina, con una leggera barba incolta e lunghi riccioli neri.
Gli occhi quasi la fissarono con disprezzo e la rossa incrociò le braccia al petto , quasi in segno di sfida.
Oh merda, ora quelli li uccidevano e nessuno avrebbe saputo nulla; i suoi genitori avrebbero compianto una bara vuota, come quella di Hermione Granger e nessuno avrebbe saputo che fine avrebbero fatto le sue ossa.
E nemmeno che stava piagnucolando come una donnetta in piena fase mestruale. Hm, forse era meglio così.
“Senti, rossa della malora, io non ho nessuna intenzione di morire per mano di questi pazzi psicotici mentalmente instabili... quindi vedi di non farci ammazzare come cani e andiamocene da qua” sibilò Scorpius a bassa voce, cercando di non farsi venire un attacco di panico e strapparsi i capelli da testa.
“Se fai il bravo bambino, quando andiamo a casa, ti faccio una sorpresa” bisbigliò Lily, persuasiva e nuovamente – quasi come quando erano ad Hogwarts e non avevano le stesse preoccupazioni di ora – qualcuno nelle sue parti basse si svegliò.
“Oh”
E il suo pene esultò in tutte le lingue del mondo, risvegliandosi dal suo stato comatoso e quasi facendo le fusa nei boxer.
“Allora?” continuò Lily, guardandoli trepidante.
In realtà la prospettiva di poter combattere al loro fianco – di poter imparare le loro tecniche – essere in grado di osservare il loro potere, l'affascinava.
Quelli erano demoni veri e propri e nascondevano dentro sé un qualcosa che travalicava la magia o il potere. Erano esseri che avrebbero potuto avere il mondo tra le mani, se solo avessero voluto.
“E cosa ci verrebbe in cambio? Perché dovremmo farlo?” sbottò un ragazzino di appena sedici anni, con dei lunghi rasta bruni che gli arrivavano oltre la schiena.
“Perché io so di cosa vi nutrite” bisbigliò Lily, attirando immediatamente l'attenzione di Scorpius e il resto della combriccola.
Gli occhi grigi di Malfoy divennero due lastre di ghiaccio e si fossilizzarono su di lei – furiosi. Non gli aveva parlato di quel particolare, in realtà non aveva nemmeno accennato ad un possibile scambio per ricevere un aiuto da quei demoni.
“E di cosa, di grazia?” domandò la donna vestita di bianco, facendosi ancora avanti sul marmo bianco di quella chiesa diroccata.
Era strano... i Babbani passavano una vita a credere che bastasse una croce o una chiesa per salvarsi da quegli esseri, quando in realtà loro vivevano proprio lì – circondati da santi in preghiera e croci d'oro.
“Potere, direi” soffiò Lily, storcendo la bocca in un sorriso e camminando fino a fermarsi al centro della navata centrale – dove un tappeto rosso sangue seguiva, sporco e malridotto, il tragitto fino all'altare placcato d'oro massiccio.
“Durante lo scontro, Diamond ha intenzione di usare un rito oscuro per resuscitare Lord Voldemort: oltre ad essere complicato già di per sé, ci sarà il piccolo particolare che non ho intenzione di lasciarlo fare e userò quell'incantesimo per... portare in vita qualcun altro” spiegò Lily, mentre quei demoni quasi pendevano dalle sue labbra.
La donna sogghignò, quasi affascinata dalla piega che aveva preso quel patto.
“Ci sarà così tanta magia oscura da intossicare Londra” bisbigliò, facendo spalancare gli occhi ai suoi compagni e rabbrividendo al pensiero.
Lily annuì e Scorpius spalancò la bocca, sorpreso.
“Cosa?! Affonderemo Londra?” sbraitò sconvolto, guardando la fidanzata con gli occhioni grigi spalancati.
La rossa respirò a fondo, chiudendo il ponte del naso tra pollice e indice: a forza di farsela con i Potter e i Grifondoro in generale, il suo ragazzo aveva preso le loro sembianze. Gli mancavano solo i capelli rossi o neri e una manciata di efelidi sul nasino alla francese.
“Non se loro partecipano e risucchiano tutta la magia oscura. Ma sicuro di essere un Malfoy, tesoro?
Eppure mi avevano detto che eravate pratici su queste cose” sbuffò la Potter, mentre lui le faceva la linguaccia.
Molto probabilmente Scorpius era uscito fuori razza.
“Direi che siete stati molto persuasivi... e intelligenti; il diamante grezzo ci ha promesso potere, luce. Come se noi non camminassimo sulla terra ogni giorno – senza venire riconosciuti.
Come se poi noi non avessimo già abbastanza potere da schiacciarvi quando più ci garba” rise la donna, scuotendo il capo divertita.
Il ragazzo con i rasta le poggiò una mano sulla schiena e lei annuì – inclinando il capo e lasciando che i capelli le scivolassero lungo un fianco.
“Combatteremo con voi”
E Lily Potter sorrise, sancendo quel patto con il sangue.
Perché quel coglione poteva anche avere vampiri e Mangiamorte dalla sua parte, ma lei aveva demoni e Auror... il che era anche peggio.

 
***

“Voglio partecipare anche io”
Lucy Weasley si aggiustò gli occhiali dalla montatura severa sul naso, fissandoli con le mani dietro la schiena e un sorriso speranzoso.
“Non se ne parla” sibilò Alice, fissandola come un insetto particolarmente molesto e liquidando la questione con uno sventolio di mano.
“In incantesimi e Difesa contro le Arti Oscure ho una E, mentre tu hai un accettabile giusto perché hai minacciato i professori. Quindi direi che sono molto più adatta io a questo gruppo che tu” soffiò con la sua solita aria superiore.
Lucy non si sentiva in quel modo, semplicemente sapeva di avere conoscenze superiori per lo studio. E sapeva anche di essere strana, li sentiva i bisbigli per i corridoi, quando passava e la prendevano in giro. Ma a lei non importava granché.
A Lucy piaceva leggere i suoi romanzi romantici e scrivere fino a farsi venire i calli alle dita. Le piaceva stare sola e rifugiarsi nei suoi sogni – in speranze che magari, nella realtà, non poteva nemmeno permettersi.
“E c'è una cosa che voi Purosangue proprio non sapete accettare” soffiò Lucy, mentre tutti quanti la guardavano con tanto d'occhi.
Alice la fissò.
“Cosa, di grazia?” mormorò, incrociando le braccia al petto e alzando il mento in segno di sfida.
I Flower e la banda della Paciock si avvicinarono per sentire meglio e Lucy si sistemò gli occhiali sul naso: lei era stata l'unica dei suoi cugini ad appassionarsi ai Babbani insieme a suo nonno; era stata l'unica ad aver preso parte – anche dopo Hogwarts – alle sue gite in quel mondo che, nonostante la mancanza di magia, nascondeva molto.
E aveva visto film, telegiornali, letto libri... e sapeva che oltre la bacchetta e gli incantesimi, esisteva qualcos'altro che poteva aiutarli. Che poteva farli vincere.
“Incantesimi, fatture, spade e, se magari riusciamo a procurarcele, anche un bel paio di pistole” cinguettò con una luce perversa nello sguardo.
Jakie Alaia sogghignò, stringendosi il ponte del naso tra indice e pollice: come mai non ci aveva pensato prima?
“Grandioso...assolutamente grandioso” soffiò, fissandola con gli occhi castani accesi dall'eccitazione.
“Vero?” si esaltò Lucy, battendo le mani come una bambina con evidenti problemi mentali e già pregustando le sparatorie nel libro che stava scrivendo: 3.00am, dove Lilith Porter aveva scoperto l'amore e aveva combattuto una guerra per salvare tutto ciò che aveva sempre amato.
Perfetto! Tutto assolutamente perfetto, pensò eccitata, accarezzandosi la coda che le teneva legati i capelli.
Sarebbe diventata una scrittrice di successo grazie a sua cugina, di quello ne era sicura.
“E mi dici dove diavolo prendiamo una quarantina di pistole, intelligentona?” disse Anthony Bridford, il protettore di Alice che aveva origini Babbane da parte di padre.
Lucy si bloccò e storse la bocca in una smorfia.
“Merda” si sgonfiò, abbassando le spalle e piagnucolando stizzita e sbattendo i piedi per terra.
Dove diavolo trovavano una quarantina di pistole? Che ne sapeva lei?
Merda, merda, merda!
“A Brixton c'è un negozio che vende vestiti a cento sterline” soffiò Jakie, mentre tutti quanti la guardavano come se fosse impazzito improvvisamente.
“E si chiama Alaia store” s'intromise anche sua sorella Annie, battendogli il cinque per l'idea grandiosa che aveva avuto il suo gemello.
“State facendo pubblicità al vostro negozio?” domandò Alice, sbattendo le palpebre e chiedendosi se fosse finita in un mondo parallelo.
“È una copertura” ridacchiò Jakie, alzando il pollice verso Lucy e facendole brillare gli occhi.
“Continuo a non capire”
E quando Alice non capiva, cominciava ad innervosirsi. E tutti sapevano che era meglio non far innervosire l'ape regina. Se non si voleva avere guai, almeno.
“Mio nonno ha un'armeria illegale a Brixton, tesoro” spiegò Annie, rollandosi una delle sue canne speciali e coccolate con tanta gioia e giubilo.
Lei e suo fratello avevano nonni Babbani da parte di padre, proprio come Bridford e da lì avevano iniziato la loro carriera di sperimentalisti; Jhon Alaia viveva in uno dei quartieri periferici di Londra e aveva avuto più volte problemi con la giustizia, ma da quando suo nipote – che chissà perché gli dava sempre corda – con un incantesimo aveva fatto in modo di rendere invisibile la stanza delle armi a chiunque avesse cattive intenzioni.
Jakie già sapeva che suo nonno avrebbe acconsentito ad aiutarlo... visto che si era salvato più volte le chiappe grazie a lui. E, sempre grazie a lui e sua sorella, guadagnava anche un bel po di soldi.
“E credi che possa aiutarci?” domandò Lucy – portandosi le mani sotto al mento e sospirando alla prospettiva di ciò che avrebbe potuto scrivere.
Scontri a fuoco, incantesimi che cozzavano uno contro l'altro... “Sono eccitata” mormorò in estasi.
“Certo che ci aiuterà” rispose Jakie, fissandola con un sorrisetto sulla bocca.
Uhm, pensò Lucy.
Magari, nella sua storia, lui sarebbe stato il suo amore impossibile – il ragazzo che l'avrebbe circuita e portata sulla strada sconosciuta dell'amore e del sesso.
“Meraviglioso” acconsentì Lysander, mentre gli altri miagolavano al pensiero di quella novità.
“Mmmm, molto meraviglioso” sospirò Lucy, già sentendo le mani di Jakie su di sé.
Questo la guardò con le sopracciglia arcuate – chiedendosi perché avesse quasi la bava alla bocca e l'espressione perversa di chi sta facendo sogni erotici sul ragazzo\a dei propri sogni.
“Proprio meraviglioso” miagolò con vocetta soave, tossendo ripetutamente quando Jakie arrivò con la bocca sotto l'ombelico.
“Stai bene?” domandò proprio questo, mentre Annie dava le giuste indicazioni per arrivare a Brixton e uscirne armati.
“Sei bravo con la bocca” annuì Lucy, ridacchiando come una pervertita quando – nella sua immaginazione – Jakie infilò anche la lingua.
Molto bravo. Anche il modo in cui le teneva ferma le gambe con le mani, spingendo i pollici nell'interno coscia.
“Eh?” domandò Jakie, quasi sconvolto.
“Eh?” sospirò anche lei – ridacchiando di nuovo quando, sempre nella sua immaginazione, Jakie passò anche alle dita.
Oh, oh!”
“Mi fai paura” mormorò Alaia, guardandola con gli occhi castani dilatati dallo spavento.
Lucy sembrava posseduta.
“Quindi, questa sera io e Jakie scriveremo una lettera al nonno e al suo via decideremo chi verrà con noi” disse Annie, passando la canna a Marissa Brown e cogliendo l'assenso in tutti.
“Io vengo con voi qualsiasi decisione prendete” s'affannò a precisare Lucy, prima che una di quelle fattone si aggrappasse al braccio del suo sicuro futuro fidanzato.
La sua fantasia aveva deciso così e basta.
Non che Jakie sembrasse il tipo di lasciarsi abbindolare... ma Lucy sapeva sempre come finiva in quelle situazioni: era o non era una lettrice di romanzi rosa? C'era sempre una zoccola in agguato. Sempre.
“Okay” borbottò Annie, facendo spallucce.
Lucy sorrise a mo' di iena, congiungendo le mani dietro la schiena.
“Grazie cognatina”
Annie gelò sul posto e Lucy le intimò silenzio con un dito sul naso – visto che nessuno aveva ascoltato quel nomignolo da Horror.
Annie guardò suo fratello quasi spaventata dalla possibilità che una pazza del genere potesse riuscire a conquistarlo; in effetti, Jakie quasi era attratto dalle psicopatiche con gravi problemi mentali – e la Weasley, sotto quel punto di vista, stava davvero rovinata, questo lo sapeva tutta Hogwarts. -
“Che c'è? Perché mi guardi così?” domandò Jakie, ricambiando lo sguardo della sorella.
Annie si appuntò mentalmente tutte le cadute che Jakie prendeva la mattina perché usciva dal dormitorio maschile con gli occhi chiusi, il suo vestirsi da donna quando beveva troppo o quando si sbrodolava con il tè la mattina dopo aver fumato. Poi guardò Lucy, con quei libri sotto il braccio e il dire sempre quello che le passava per la testa – il suo non curarsi minimamente di quello che dicevano gli altri e la passione spropositata per l'impossibile.
Bah, in effetti stavano bene insieme.
“Niente” rispose sua sorella, scuotendo il capo nel vedere Lucy ridacchiare ancora.
“Allora ci vediamo domani alla stessa ora. Andate in pace e ammazzatevi per le scale” e la solita dolcezza di Alice, che con la sua solita finezza li stava mandando a fare in culo.
“Muori anche tu” rispose Roxanne – con Frank alle calcagna.
Quei due, oramai, erano diventati come Scamandro e Paciock: dove c'era uno, ci stava anche l'altro e viceversa; era una cosa vomitevole, perché se con la prima coppia dovevi infilarti le dita in gola per la tensione sessuale che scaturiva dai loro pori, per la seconda coppia non potevi far altro che ridere per il cambio di ruoli.
Rox l'uomo e Frank la donna, come sempre.
“Sempre tanto amore tra voi due, eh?” borbottò Frank verso la ragazza, mentre Alice li sbatteva fuori dalla Stanza delle Necessità a calci nel culo.
“Se lo merita, è una stronza” soffiò Roxanne, facendo spallucce e strafregandosene di stare al cospetto del fratello della suddetta stronza.
Frank sospirò e alzò gli occhi al cielo, continuando a trascinare la sua borsa e anche quella della fidanzata, cosa che non era cambiata minimamente – visto che lo faceva anche prima in qualità di segretario. O zerbino, come diceva Alice e mezza scuola.
“Non essere dura con lei, sai che è solo apparenza” disse Frank, anche se non ne era molto sicuro.
Insomma, sua sorella gliene aveva fatte di tutti i colori, ma lui ricordava la ninnananna che Alice cantava quando erano piccoli e le urla dei loro genitori erano così alte da far tremare le mura.
Frank ricordava anche il teatrino di burattini che aveva costruito lei stessa quando la mamma piangeva perché il papà – grazie alla droga che assumeva – non si svegliava per giorni; le carezze, le volte che gli preparava la colazione, il pranzo e la cena perché la mamma si chiudeva in camera e non ne voleva sapere nulla. Perché la mamma prendeva degli anti-depressivi così forti che la portavano a rannicchiarsi su se stessa nel letto freddo e vuoto.
E poi Frank aveva cominciato ad avere gli attacchi di panico, l'ansia e lei aveva rifiutato categoricamente di fargli prendere quella medicina Babbana che quasi stava stroncando e spegnendo la loro mamma; c'era lei a cullarlo e a preparargli la camomilla quando l'aria veniva meno e le stanze rimpicciolivano tanto da fargli temere di soffocare; lei bloccava il tremore delle mani – del suo corpo – gli asciugava il sudore e scacciava le sue paure.
Alice non era cattiva, era solo un'armatura di ferro e un cuore che aveva subito tutto.
“Tu sei troppo buono” lo rimproverò Roxanne, guardandolo con gli occhi verde foglia socchiusi.
Lui si bloccò alle sue spalle e la ragazza dalla pelle mulatta si fermò – storcendo la bocca in una smorfia.
“E tu sei troppo bella”
A volte Frank aveva quegli attacchi. Si fermava e diceva quello che pensava senza arrossire – come se il suo cervello si bloccasse improvvisamente e la sua bocca parlasse di per sé. La guardava e le smuoveva qualcosa dentro, quasi mettendole paura.
Perché Rox continuava ad aver paura di quello sguardo serio, limpido... sincero; lui continuava a guardarla come se fosse la cosa più fragile di quel pianeta e quasi cominciava a sentirsi così.
Con Frank cominciava a sentirsi fragile, bella, quasi donna quando lui la sfiorava solo con lo sguardo. Lui riusciva a tirare fuori le sue paure e annullarle, cullarle con una dolcezza che la disarmava.
“Mi ricordi perché ancora devo sbatterti al muro e violentarti come se non ci fosse un domani?” domandò Roxanne, facendolo arrossire dalla punta dei capelli fino a quella delle scarpe.
Frank miagolò.
“Sta attento, la notte non sai mai cosa potrà capitarti sotto le mie grinfie” sghignazzò perfida la riccia, strofinandosi le mani tra di loro soddisfatta.
“Sembra più una minaccia che una dichiarazione d'amore”
E Rose Weasley spuntò alle spalle di Frank, causandogli quasi un mezzo infarto per l'apparizione da fantasma.
“Le mie dichiarazioni sono così, che vuoi?” sibilò Roxanne, guardandola superiore.
Rose sorrise.
“Lo so” sospirò, volgendo il sorriso a Tom alle sue spalle.
“Abbiamo saputo che vi state allenando sotto ordine di Lily” disse Nott, allacciando le dita a quelle della propria ragazza e guardandoli con gli occhi blu finalmente sereni.
Roxanne guardò Frank prima di socchiudere gli occhi: sua cugina era stata molto chiara nella missiva che le aveva scritto e non poteva ignorarla. Non se c'era un pericolo di quelle proporzioni in giro per Hogwarts come una mina vagante.
“Tom, dobbiamo parlare” mormorò Rox, invitandoli a seguirla con un cenno del capo.
Se c'era una cosa che odiava, quella erano i traditori. Lei proveniva da una famiglia numerosa e unita per la pelle e non riusciva a pensare di poter essere tradita da sangue del suo sangue. Da carne della sua carne.
Entrò in una classe vuota e venne raggiunta dagli altri tre: si sedette sulla cattedra impolverata e si chiese quanto dolore potesse sopportare una persona prima di crollare.
“Cos'è successo?” domandò Tom, sedendosi anche lui su un banco di fronte a lei e guardandola curioso.
Roxie si chiese quanto dolore potesse sopportare una persona prima di rimanerne uccisa. Perché lei lo sapeva: il dolore prima o poi avrebbe ucciso.
Quello lo dimostrava l'assenza di nonno Arthur. Gli occhi a volte spenti di suo padre.
“Due giorni fa Lily è stata posseduta” iniziò Rox, facendo sobbalzare Rose.
“No, sta bene” la tranquillizzò, bloccando sul nascere qualsiasi domanda; doveva concentrarsi sull'essere il più dolce possibile.
Lei odiava le persone che non sapevano essere chiare e concise e lei per prima era di una faccia tosta impressionante, ma in quei casi... ma in quei casi le parole erano importanti. Il dosarle e renderle il meno possibile dolorose.
“E tu sai che quando una persona viene posseduta, le due menti – quella del posseduto e quella di chi la possiede – vengono a contatto.
Essendo Lily nel pieno delle sue forze e Diamond concentrato a nascondere alcune informazioni, lei ha avuto accesso ad altro” continuò Roxanne, congiungendo le dita sotto al mento.
A volte si chiedeva perché le affidassero compiti così difficili. Lei odiava il dolore: ci aveva vissuto così tanto tempo a contatto che ora era arrivata ad esserci intollerante.
Rose sembrò capire qualcosa, perché strinse la presa su Tom con violenza.
I funerali di sua madre ancora dovevano tenersi, suo padre non si era capacitato di quella morte e lei e zia Ginny stavano cercando di organizzare il tutto anche con l'aiuto delle donne di casa Weasley.
“C'era e c'è un traditore qui ad Hogwarts, Tom”
I suoi occhi blu si sgranarono, quasi dilatandosi per la sorpresa.
Rose socchiuse gli occhi e rilasciò un sospiro brusco, mentre Rox osservava dolcemente le sue occhiaie profonde e l'incarnato pallido; era dimagrita dalla morte della mamma – anche se accanto a Tom sembrava più serena di quel che era.
“Perché lo stai dicendo a me?” bisbigliò Nott, ignorando il cuore accelerare di battito.
“È tua sorella, Tom”
Tom sorrise e scosse il capo, “impossibile” mormorò in risposta – ridendo per quella stupidaggine.
Era tutto uno scherzo. Sua sorella non sarebbe mai stata in grado di metterlo in pericolo né di voltargli le spalle.
“Mi dispiace” disse Roxanne, mentre Frank si schiacciava contro la porta dell'aula nel vederlo tremare.
Impossibile. Sua sorella non avrebbe mai potuto fargli del male. Quella ragazza dai suoi stessi occhi, dal suo stesso sangue, non gli avrebbe mai voltato le spalle.
“Dalton è in coma e Scorpius probabilmente verrà ucciso dalla sua stessa ragazza e mia sorella li considerava come parte integrante della famiglia. Non è in grado di fare questo. Non può” s'impuntò, quasi sentendosi morire.
Gli abbracci, le risate, i litigi e il fare pace... come può una sorella baciare come Giuda?
“No” bisbigliò, sentendo il cuore produrre un crack così rumoroso da assordarlo per cinque secondi netti.
“NO!” urlò così forte da far scoppiare le finestre nella classe e cadere i quadri attaccati alle pareti di pietra grezza.
Ora Roxanne lo sapeva: una persona poteva sopportare un'infinità di dolore... il problema era l'impatto. Se si superava l'impatto iniziale, ci si salvava.
Se non si superava l'impatto iniziale... semplicemente, si impazziva.

 
***

Aveva le mani fredde di chi è vicino all'ipotermia e le vene così gonfie da creare solchi sul metacarpo. I polpastrelli erano ruvidi e gli accarezzavano le guance con delicatezza – quasi graffiandolo con i calli.
La pelle delle spalle, del seno e le gambe era liscia, ma ogni tanto veniva intaccata da sfregi o cicatrici, scaglie inumane o vene.
I capelli erano una massa di seta rossa e Scorpius, più volte, li aveva lasciati scorrere tra le dita: odoravano ancora di gigli e iris quando li annusava e a lui rassicurava quel profumo. Lo faceva sentire a casa.
Lo faceva sentire vivo, come se poi la vita iniziasse quando c'era lei. Come se iniziasse solo quando c'era lei.
“Lily” la chiamò con voce bassa, quasi come se avesse paura di disturbare il silenzio che li circondava.
Non erano tornati a casa, quasi come se il bisogno di pensare – di restare soli e perdersi per un attimo nei propri pensieri – fosse primordiale; il mare di notte era uno spettacolo unico ed irripetibile e questo Scorpius l'aveva solo letto nei libri o sentito dire: non si era mai azzardato ad avvicinarsi alle onde di notte né di lasciarsi in ammollo nell'acqua gelida per così tanto tempo.
Ma ora aveva osato e aveva i capelli bagnati dall'acqua salmastra. Ora aveva osato e Lily gli teneva le braccia legate al collo e le gambe alla vita – tenendosi in equilibrio nell'acqua come una sirena.
Era nuda e Scorpius la sentiva contro di sé con una prepotenza unica e inimitabile: era come se tutto fosse cambiato e tutto fosse uguale; era come se, contro il bagliore della luna e l'oscillo adulatorio delle onde, lei lo stesse – per la prima volta da quando si era trasformata – finalmente amando.
Perché Scorpius la sentiva la differenza.
Perché lei ora era più calma e lo guardava negli occhi con la consapevolezza che quella sarebbe potuta essere l'ultima volta che si trovavano così vicino. Perché ora, se una sua mano si trovava tra i suoi capelli bagnati, l'altra si trovava intrecciata alla propria, in un modo quasi dolce di fare l'amore.
Lily sembrava una di quelle sirene che si raccontavano nelle fiabe, che con i lunghi capelli rossi e la bocca carnosa attiravano i viaggiatori per ucciderli e trascinarli in fondo al mare. Quelle sirene che, una volta raggiunto il proprio obiettivo, ritornavano alla loro forma terrificante.
E Scorpius lo sapeva: di terrificante, la sua Lily, aveva solo il potere di poterlo spezzare in due dal dolore. Non quello di uccidere. Non quello di poterlo ferire carnalmente – ma sentimentalmente, di spezzarlo dentro.
“Ti amo”
L'aveva detto. Forse la voce gli tremava un po, forse un gabbiano aveva attutito il sospiro che aveva sentito bene uscire dalla sua bocca sorridente – ma l'aveva detto. E ora lei lo guardava con gli occhi socchiusi, come se invece di una confessione avesse sentito una delle sue canzoni preferite, che poi magari alla radio non passavano mai e quella – quella – era la prima volta che lo facevano.
Lily lo fissò.
Quel “ti amo” stava mettendo fine a tutto ciò che era successo, a tutti i limiti che si erano imposti – alla scommessa che si erano fatti alle tre di quel mattino maledetto e agli insulti che non si erano risparmiati.
Quel “ti amo” stava mettendo fine al loro essere Malfoy e Potter e a quel cambiamento che li aveva visti prima allontanarsi – per colpa di lei – e poi essere ancora più uniti – per la tenacia di lui.
Quel “ti amo” stava mettendo fine e, automaticamente, stava dando un inizio.
“Anche io”
Al loro inizio.
   
 
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